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Il traguardo: un’identità debole e frammentaria

L’identità culturale europea: il rapporto problematico tra unità e differenze

3. Dalle identità locali all’identità europea

3.4 Il traguardo: un’identità debole e frammentaria

L’eclissi dell’identità nazionale, o perlomeno della preminenza che essa aveva acquisito nel corso dell’Ottocento, non ha prodotto soltanto la nascita o la rinascita di forme d’identità più circoscritte, definite in riferimento a una regione specifica o a una comunità etnica, ma ha consentito pure lo sviluppo e la diffusione di un’identità più ampia. All’indomani della Seconda guerra mondiale i cittadini degli Stati vincitori come di quelli vinti furono indotti a riconoscere la propria appartenenza a una comunità più vasta, quella europea, che la «guerra civile» aveva messo in crisi, ma che proprio per questo motivo doveva essere riaffermata e consolidata. Il ricordo dei milioni e milioni di morti in battaglia si tradusse nell’insegnamento a evitare il ripetersi di scontri fratricidi, indebolendo automaticamente il ruolo dell’identità nazionale. Particolarmente significativa, sotto questo punto di vista, è stata l’atmosfera di riconciliazione che ha caratterizzato, all’indomani del conflitto, i rapporti tra due nazioni a lungo nemiche come la Germania e la Francia.

Ma l’affermazione dell’identità europea ha conosciuto anche, nei decenni successivi, limiti imprevisti e vicende alterne. Questi, del resto, erano insiti nel carattere stesso di tale identità, che impedivano un passaggio analogo a quello che si è avuto dalla «nazione culturale» allo Stato nazionale. In realtà, né l’eredità antica né il Cristianesimo con le sue varianti né tantomeno la successiva eredità dei popoli barbari sono stati in grado di assicurare l’unità del patrimonio culturale europeo: come sottolineava François Guizot, la civiltà europea è intrinsecamente

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plurale, e la sua caratteristica distintiva è la varietà delle forme che ha assunto e dei principi sui quali si fonda155. E infatti l’Europa ha conosciuto divisioni molteplici, conseguenza del diverso destino storico delle sue varie regioni. Fin dall’origine la parte occidentale e quella orientale hanno conosciuto vicende differenti e su diversi piani. Esposte prima alle ricorrenti invasioni mongole, poi alla spinta espansiva della potenza russa e di quella ottomana, le regioni orientali dell’Europa sono state contraddistinte da un difficile equilibrio tra l’influenza dei grandi movimenti culturali come l’Umanesimo e l’Illuminismo e modelli di vita importati dai popoli dell’Asia centrale. A partire dalla ribellione di Lutero contro il predominio della Chiesa romana, inoltre, questa dicotomia si è trasformata in seguito alla nascita di un terzo «polo», quello dell’Europa centrale, dove la presenza di un’autorità imperiale, per quanto formale, non solo ha bloccato per secoli il processo di formazione dell’identità nazionale, ma è stata anche di ostacolo all’affermarsi dell’identità europea. Le tre principali confessioni cristiane, ovvero Cattolicesimo, Protestantesimo e chiese ortodosse, segnano la divisione dell’Europa in tre grandi aree territoriali. E quando, nonostante tutto, il ruolo della religione si è attenuato, le differenze sono riemerse in forma diversa, traducendosi in forma piuttosto emblematica nella reazione romantica contro l’Illuminismo di matrice anglo-francese.

Più che da una cultura comune, la storia dell’Europa moderna appare dunque caratterizzata da un sistema politico unitario, fondato sulla ricerca dell’equilibrio tra le sue potenze. Come abbiamo visto nel corso del I capitolo, le numerose guerre che si sono succedute da Carlo V a Napoleone hanno avuto non soltanto un obiettivo positivo, quello dell’espansione territoriale, ma anche, e soprattutto, uno scopo negativo: quello di impedire il predominio di un singolo Stato. Da ciò il mutevole gioco di alleanze che hanno coinvolto in misura anche crescente i due imperi orientali, integrandoli alla fine all’interno del sistema politico europeo. I conflitti del Novecento ne rappresentano, in larga misura, la continuazione e lo sbocco forse necessario: con l’aggravante che, tramontato il cosmopolitismo illuministico di qualche secolo prima, la guerra tra Stati è diventata anche scontro tra culture nazionali, schierate a difesa della propria patria

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contro la minaccia nemica. Nella prima metà del secolo infatti si è profilata una spaccatura profonda tra due concezioni dell’Europa, quella occidentale, passata attraverso la romantica stagione delle rivoluzioni, e quella germanica, che si richiamava ad un diverso modello di società: tra l’ideale francese della civilisation e l’ideale tedesco della kultur156

, che trova le sue radici nel rapporto tra il «sangue» e il «suolo». In seguito la guerra fredda ha rinnovato, in termini diversi, la modalità di questo scontro, contrapponendo due ideologie e due sistemi politico-economici.

Lo sviluppo dell’identità europea ha poi trovato, nella seconda metà del secolo scorso, un ostacolo nella divisione in due dell’Europa sancita dagli accordi di Jalta157, che si è perpetuata dal 1945 al 1989. Al riavvicinamento di quelli che erano stati i principali avversari nel corso della «guerra civile europea», la Germania e le potenze occidentali, ha fatto riscontro una nuova contrapposizione, fondata sulle diversità di sistema economico e di istituzioni politiche. Questo ha generato una situazione totalmente nuova e diversa rispetto al recente passato, poiché ha favorito da una parte l’affermarsi di una solidarietà atlantica che travalicava lo scenario europeo, e quindi il consolidarsi del legame tra l’Europa centro-occidentale con gli Stati Uniti d’America, dall’altra la formazione del blocco delle «democrazie popolari» sotto il dominio sovietico. Quest’ultimo costituiva, in realtà, una formazione imperiale che concedeva agli Stati satelliti un’autonomia limitata, legittimando il diritto d’intervento della potenza egemone per soffocare, come avvenne a Budapest e a Praga, le tendenze centrifughe158.

156 Cfr. http://www.treccani.it/enciclopedia/civilta_(Dizionario-di-filosofia)/. La contrapposizione ha origine quando il termine civilisation penetra per la prima volta in Germania, dove si scontra con un altro termine, kultur appunto, che gli impedisce di acquisire lo stesso significato assunto in Francia o in Gran Bretagna.

157 La conferenza svoltasi a Jalta, in Crimea, fu un vertice tenutosi dal 4 all'11 febbraio del 1945, mentre la Seconda guerra mondiale era ancora in corso, nel quale i capi politici dei tre principali paesi Alleati, ovvero Stalin, Roosevelt e Churchill, in rappresentanza rispettivamente dell’Unione Sovietica, degli Stati Uniti e della Gran Bretagna presero alcune decisioni di fondamentale importanza sia sul proseguimento del conflitto che sul periodo immediatamente successivo, andando quindi a stabilire punti altrettanto importanti, come quello sul futuro assetto della Polonia o i primi accordi che avrebbero portato alla nascita dell'Organizzazione delle Nazioni Unite. Per la storia e l’evoluzione delle relazioni internazionali nel corso del XX secolo si veda J. Ikenberry, V.E. Parsi, Manuale di relazioni internazionali. Dal sistema bipolare all’età globale, Laterza, Roma-Bari 2009, oppure M. Mazower, Governing the world: the history of an idea, Penguin Books, New York 2012.

158 Cfr. P. Rossi, L’identità dell’Europa, Il Mulino, Bologna 2007. Possiamo ricordare in tal proposito il caso dell’Ungheria del 1956, dove il tentativo di Imre Nagy si concluse nel sangue, e

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All’interno dell’alleanza atlantica, sotto l’ombrello protettivo della forza militare americana , prendeva invece l’avvio un processo di integrazione che coinvolse soprattutto Francia, Repubblica federale tedesca, Italia e i paesi del Benelux159, incontrando a lungo la diffidenza, se non l’ostilità, della Gran Bretagna. La spinta verso l’integrazione ha avuto il suo principale fondamento nell’esigenza di allargamento dei mercati al di là dell’ambito nazionale e la sua giustificazione ideologica nel netto rifiuto dei nazionalismi, che tuttavia si riproponevano e continuano ancora oggi a riproporsi sotto forma di difesa degli interessi economici dei singoli paesi. Ma né la Comunità né l’Unione è mai riuscita a definire una politica estera comune né a varare una comune difesa militare; anzi, ancora oggi l’una e l’altra appaiono lontane. A sfide comuni che li coinvolgevano tutti, gli Stati nazionali hanno spesso fornito risposte divergenti, talvolta antitetiche.

L’identità europea è rimasta perciò un’identità debole, né a rafforzarla sono serviti l’aumento crescente della mobilità attraverso il continente, le migrazioni di manodopera all’epoca dei vari «miracoli economici», il venire meno di molti tratti culturali specifici dei singoli paesi e dei pregiudizi connessi a questi ultimi, la nascita di una cultura giovanile comune, nonché l’uniformazione dei consumi e degli stili di vita che ne è derivata. All’Europa è mancato, e continua a mancare, il legame costituito dall’appartenenza ad una medesima comunità statale, di qualunque genere, e quindi una comune cittadinanza. È anche venuto meno, con il passare del tempo, un elemento identitario essenziale (che abbiamo avuto modo di esaminare precedentemente) come quello della contrapposizione a un mondo esterno, concepito come differente da quello europeo, addirittura ostile o minaccioso. In realtà, fin dai secoli dell’espansione coloniale, l’Europa ha concepito i propri valori non come un patrimonio esclusivo e personale, ma piuttosto come valori universali, destinati ad essere diffusi in tutto il globo: sotto questo profilo persino il tanto decantato cosmopolitismo settecentesco ha avuto un ruolo ambivalente. Paradossalmente, infatti, l’Europa oggi tende a far valere la propria identità non tanto nei confronti di civiltà estranee, quanto delle altre

così di nuovo nel 1968 in Cecoslovacchia, dove il tentativo di da vita ad un socialismo nuovo, dal «volto umano» e la «primavera di Praga» furono soffocati dalle truppe dell’Armata Rossa.

159 Gli stessi paesi che, come abbiamo visto già nel I capitolo, avrebbero poi sancito la nascita della Ceca, ovvero della Comunità europea del carbone e dell’acciaio.

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Europe sorte al di là degli oceani che si sono rese autonome dalla madrepatria. Priva com’è di tutti gli elementi che possono, anzi devono sostenere il processo di unificazione nazionale, l’identità europea non è ancora riuscita ad assumere un rilievo politico, né a trovare una caratterizzazione definitiva.

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4. L’evoluzione dell’Europa contemporanea e della