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La strada verso l’identità

L’identità culturale europea: il rapporto problematico tra unità e differenze

5. Quale identità?

5.1 La strada verso l’identità

L’identità europea si è spesso tradotta, sul terreno culturale, nell’auto- rappresentazione dello sviluppo europeo come uno sviluppo non solo differente, ma eterogeneo rispetto a quello di altre società. Una prospettiva del genere, prevalsa per tutto l’Ottocento, è sopravvissuta anche alla crisi dell’eurocentrismo, del quale ha costituito una versione attenuata. All’indomani della prima guerra mondiale Max Weber sottolineò il carattere peculiare dello sviluppo europeo rispetto a quello delle altre società. In realtà egli non guardava tanto all’Europa quanto più generalmente all’Occidente, o meglio all’Occidente moderno: pur attento agli aspetti specifici della vita americana, Weber dava per scontato che le sue strutture fondanti fossero comuni all’Europa183. La specificità dell’Occidente

moderno si configurava ai suoi occhi in termini di distinzione e di contrapposizione alle direzioni di sviluppo che si erano affermate nelle altre regioni del mondo: in tal senso il razionalismo orientato in senso formale è la caratteristica propria dell’Occidente.

A distanza di tempo l’impostazione weberiana richiede di essere riveduta e corretta in maniera sostanziale. È cambiata, infatti, l’immagine delle società non europee in base alla quale Weber sosteneva l’esclusività del nesso tra capitalismo razionale ed etica protestante, e quindi il carattere peculiare dello sviluppo dell’Occidente moderno. Se dall’età Moderna, infatti, risaliamo ai secoli in cui l’Europa venne a formarsi, non è difficile rendersi conto che la distanza tra la società europea e le altre società di quell’epoca era molto minore di quella che si determinò più tardi, in seguito alla sua espansione verso gli altri continenti, dall’Asia al Nuovo Mondo. La divaricazione sostanziale tra lo sviluppo europeo ed il resto del mondo è stato l’esito di un lungo processo nel quale ha avuto un ruolo decisivo lo sviluppo del sapere e di una tecnologia più progredita, i cui punti di forza sono da cercare nell’arte della navigazione e nell’industria degli

183 Per questa e altre tematiche dell’analisi weberiana si veda W. Schluchter, Lo sviluppo del

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armamenti. Ancora nel XVII e nel XVIII secolo le forme di attività economica erano sostanzialmente analoghe, e soltanto con la rivoluzione industriale l’Europa effettuerà un balzo rispetto alle altre società, diventando così per secoli il centro del sistema economico e della politica mondiale.

Lo sviluppo europeo è, al pari di quello di qualunque altra società, uno sviluppo specifico, anche se non può essere connotato in termini di eccezionalità, o, più precisamente, esso diventa uno sviluppo eccezionale solo a partire da una certa epoca, come detto poco fa. Se di eccezionalità si vuol parlare, come fa Weber, si deve sempre tener presente che essa non costituisce un presupposto ma un risultato: il risultato di un intreccio di circostanze e di processi ben precisi, che ha fatto sì che una regione relativamente marginale del globo sia riuscita ad assumere una posizione preminente. Soprattutto ci si deve rendere conto che questo ruolo appartiene ormai al passato. Allo stesso modo in cui si è compiuto il miracolo europeo, esso si è ormai consumato nel tempo, e ormai ne rimane soprattutto il ricordo. Perché? L’eurocentrismo, che per secoli ha accompagnato l’espansione degli europei al di là degli oceani, è sempre stato un potente veicolo identitario. Di rovescio, la recente critica ad esso ha finito per indebolire l’identità europea che si era venuta a formare nel corso del tempo, con la paradossale conseguenza che, proprio nell’epoca in cui l’Europa è riuscita a realizzare il più elevato grado di integrazione economica e un’elevata uniformità nei modi di vita della sua popolazione, si è determinato il progressivo indebolimento di tale identità.

La minaccia più forte all’identità europea, in realtà, è venuta in parte dallo stesso processo di globalizzazione, o quantomeno dai suoi lati più negativi. Non tanto da quelli che possono essere considerati i suoi aspetti più visibili, come la deindustrializzazione in atto in molti paesi europei o i fenomeni di disoccupazione e di sotto-occupazione che ne sono conseguiti, quanto piuttosto dal fatto che i processi di uniformazione socio-culturale in atto in Europa si sono ormai estesi anche ad altri continenti. Quella che sta venendo meno è, in effetti, la stessa specificità europea, ovvero quella specificità sulla base della quale l’Europa aveva costituito la propria egemonia. A questo hanno contribuito, tra le altre cose, una versione popolareggiante del relativismo culturale, inteso non come giusto

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riconoscimento della pluralità delle culture ma come appiattimento di queste ultime sullo stesso livello, che non tiene conto delle loro diverse vicende storiche così come delle loro altrettanto differenti acquisizioni. Così ai diritti sociali e individuali che la società europea ha realizzato nel corso dei secoli si è talvolta contrapposta la rivendicazione del valore della comunità, anche quando questa comporta al suo interno differenze di status e vere e proprie discriminazioni. Per cui, in un momento in cui l’unità politica dell’Europa dovrebbe compiere qualche importante e significativo passo in avanti, essa non trova più il necessario sostegno in un’identità ormai debole e sempre più fragile.

Oggi l’identità europea sembra essere alle soglie di una profonda trasformazione. Da una parte si è indebolita la consapevolezza della specificità dell’Europa e del ruolo che essa aveva esercitato, dall’altra parte la stessa composizione etnica dell’Europa è andata e va mutando, e alle guerre tra le sue nazioni stanno ormai subentrando nuove forme di conflitto su base etnico- religiosa, come si è visto nei Balcani. Questo comporta il ripensare completamente lo stesso discorso relativo alle «radici» dell’Europa, a ridurre il peso attribuito ad alcune sue componenti e a riconoscerne di nuove, integrandole e rendendole europee, a partire da quelle religiose. Ovviamente un processo di questo genere non è universalmente valido, e può piacere o meno, ma bisogna comunque mettere in conto che, come ogni trasformazione epocale, il processo in atto può andare incontro all’alternativa tra trasfigurazione e morte.