L’identità culturale europea: il rapporto problematico tra unità e differenze
3. Dalle identità locali all’identità europea
3.3 L’identità etnica come mezzo di affermazione
Accanto all’idea di identità nazionale, e per lungo tempo subordinate ad essa, la storia europea ha conosciuto anche altre forme di identità. Del resto, già nella tarda antichità l’appartenenza all’impero non escludeva affatto la fedeltà alla città natale o alla provincia di provenienza. La penetrazione dei popoli germanici introdusse un altro tipo di identità, di carattere prevalentemente etnico, che si perpetuerà nei secoli del Medioevo: quella derivante dall’appartenenza a una determinata stirpe. Prima che si affermi l’identità nazionale, ovvero quando il termine «nazione» indicava soltanto la regione di origine, il legame con la propria città e quello con il proprio popolo rappresentano le due forme principali di identità presenti sulla scena europea151. In altre parti d’Europa, soprattutto nelle regioni orientali, dove le città non acquistarono mai autonomia politica, prevale invece un’identità su base etnica152
. Il ritardo nel processo di urbanizzazione e lo scarso peso delle città lasciarono perciò il campo al permanere dei legami comunitari che quei popoli recavano con sé. In quest’area dell’Europa il fondamento principale dell’identità rimase per secoli, fino a tutto il XX secolo, non la città, bensì l’appartenenza alla stirpe.
Ma anche nell’Europa occidentale sopravvissero forme di identità su base etnica, soprattutto nelle regioni che il processo di centralizzazione delle monarchie nazionali aveva relegato in una posizione secondaria oppure emarginato, soffocando le lingue e le culture locali. Ciò avvenne, per esempio, nel mondo occitanico, ma anche in regioni come la Bretagna e i Paesi Baschi. Ma il caso emblematico di identità etnica perpetuatasi nel corso dei secoli, anche grazie al sostegno della sua posizione insulare, è quello dell’Irlanda. Rimasta ai margini del
151 Ovviamente la prevalenza dell’una o dell’altra dipende perlopiù dalla diversa evoluzione storica delle varie regioni d’Europa. Nelle aree di principale sviluppo delle città, naturalmente, l’identità cittadina assume di solito un ruolo decisivo. Per una migliore analisi dell’evoluzione delle città in epoca medievale si veda G. Vitolo, Medioevo: i caratteri originali di un’età di transizione, Sansoni, Firenze 2000.
152 Nei confronti degli Ungari, ad esempio, ma in generale anche nei confronti dei vari popoli slavi che si insediarono nella penisola balcanica nel corso dell’Alto Medioevo, l’impero bizantino non ebbe una vasta capacità di attrazione, riuscendo con il tempo a realizzare un modello di organizzazione fondato sulla dipendenza dal potere religioso da quello politico, ma non un’integrazione effettiva. Si veda ancora G. Vitolo, Medioevo: i caratteri originali di un’età di
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mondo romano, cristianizzata tardivamente ma poi divenuta, con i suoi monasteri, una roccaforte della cultura cristiana, investita dalle invasioni vichinghe e in seguito oggetto della conquista anglo-normanna, l’Irlanda riuscì per secoli a sottrarsi al controllo della monarchia inglese, anche quando quest’ultima estese, alla fine del Quattrocento, la propria legislazione e quando, nel 1541, Enrico VIII assunse il titolo di re d’Irlanda cercando di imporre la religione anglicana153
. A partire da allora la fedeltà alla Chiesa cattolica divenne un elemento costitutivo dell’identità irlandese, finendo per integrarsi con la sua base etnica. Caratterizzato da una casistica piuttosto eccezionale nell’Europa occidentale, l’innestarsi della componente religiosa su di un’identità a base etnica rappresenta invece la regola, o quantomeno una situazione normale, nell’Europa orientale e più particolarmente nella penisola balcanica. Lì le varie chiese locali hanno da sempre rappresentato un potente fattore identitario innanzitutto nei confronti del dominio ottomano, e in epoca più recente anche nei confronti dello sforzo di unificazione compiuto dalle strutture statali sorte, all’indomani della prima guerra mondiale, sulle rovine sia dell’impero austro-ungarico che dell’impero ottomano. La dissoluzione dell’ex- Jugoslavia si è infine compiuta attraverso la lotta tra una Croazia cattolica ed una Serbia ortodossa, e ancora con lo scontro di quest’ultima con le regioni a prevalenza islamica, cosicché le differenze e i conflitti etnici hanno trovato una legittimazione religiosa che ne ha accresciuto enormemente la violenza.
Il risultato di questi processi, in ogni caso, non è univoco: “nell’Occidente europeo l’indebolimento dell’identità nazionale – un fenomeno generale nella seconda metà del XX secolo, con l’eccezione della Francia legata alla propria immagine di nazione-guida – ha dato luogo all’affermarsi di particolarismi regionali, portatori di un’esigenza di autonomia: questo è il caso della Catalogna e dei Paesi Baschi, come già del Belgio vallone. Nell’area centrale del continente la struttura federale dello Stato tedesco ha consentito il progressivo distacco dall’eredità di un nazionalismo aggressivo, entro il quadro di un’unità politica dapprima inseguita, poi recuperata in seguito alla caduta del Muro di Berlino. Nell’Europa orientale, invece, l’identità nazionale di popoli grandi e piccoli, mantenuta e rafforzata dalle differenze religiose, ha favorito la disgregazione delle
153 Cfr. G. Gullino, G. Muto, E. Stumpo, Il Mondo moderno. Manuale di storia per l’università, Monduzzi, Bologna 2007.
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strutture statali artificiali sorte dopo il 1918 e il fiorire di micro-nazionalismi di base etnica. Mentre i particolarismi regionali non mettono in questione il quadro dello Stato nazionale, ma cercano piuttosto di ampliare lo spazio legislativo e amministrativo delle singole regioni, i micro-nazionalismi inseguono, a distanza di due secoli, il disegno di dar vita a uno Stato il cui territorio deve coincidere con una popolazione etnicamente determinata”154
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