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Un crocevia di visioni e di interessi divergent

La prova della Costituzione

2. Gli antefatti della Costituzione

2.3 Un crocevia di visioni e di interessi divergent

Andando oltre la composizione della Convenzione, occorre considerare tutta una serie di diverse linee di frattura che è stato necessario superare per ottenere il risultato finale. D’altra parte anche nelle precedenti Conferenze intergovernative ognuno dei governi partecipanti si era trovato a difendere i propri interessi a una politica europea avvertita perlopiù come estranea.

Gli stessi progetti per l’Europa sono sempre stati totalmente divergenti. Le posizioni di ordine ideologico sull’integrazione europea possono essere raggruppate in quattro tendenze che sono andato pian piano a inserirsi all’interno del dibattito europeo: la visione federalista, funzionalista, intergovernativa e nazionalista. Il progetto federalista viene solitamente associato al nome di Altiero Spinelli, e può essere schematizzato in due punti: l’obiettivo consiste nella

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Cfr. J. Ziller, La nuova Costituzione europea, Il Mulino, Bologna 2004. John Kerr (Kinlochard, 22 febbraio 1942) è un politico ed ex-diplomatico britannico di origine scozzese. Per molti anni ha servito come diplomatico presso varie sedi, e successivamente come ambasciatore negli Stati Uniti d’America, per poi essere nominato ambasciatore e rappresentante permanente dell’Unione europea a Bruxelles per la Gran Bretagna. Si diceva che il ruolo di Kerr alla guida del segretariato della Convenzione fu di importanza fondamentale, soprattutto perché riuscì ad accogliere le posizioni delle varie parti e a conciliare interessi divergenti, tanto che all’epoca molti osservatori fecero notare criticamente come lui fosse il vero «burattinaio» della Convenzione, e non il suo presidente.

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creazione di una federazione europea dotata di sovranità esterna, paragonabile in qualche modo agli Stati Uniti d’America, e lo strumento è costituito da istituzioni di tipo federale, stabilite per mezzo di una Costituzione, in primo luogo un parlamento che rappresenti i popoli europei. Il progetto funzionalista è legato invece al nome di Jean Monnet, ed è presente nel cuore dei trattati dal 1951, per effetto dell’esistenza del metodo comunitario. Molto più pragmatico del progetto federalista, di cui condivide, tuttavia, la finalità, esso insiste più sul metodo che sull’obiettivo. Le istituzioni create per realizzare l’integrazione europea sono concepite anzitutto come un mezzo per superare gli egoismi nazionali che si esprimono attraverso le posizioni delle diplomazie: le solidarietà create in determinati campi progressivamente più ampi devono a poco a poco condurre ad un trasferimento di poteri dallo Stato sovrano tradizionale alle istituzioni comuni. Sotto questo aspetto, il progetto funzionalista è doppiamente esposto ai rischi della tecnocrazia, sia per la particolarità delle istituzioni che gli sono proprie, sia per la volontà di non affrettare troppo le conseguenze di ogni tappa, sia, infine, per la paura di urtare la sensibilità dei governi, attaccati alla propria sovranità226. Jacques Delors227 è stato forse l’ultimo dei sostenitori convinti del metodo funzionalista a saper comunicare una visione dell’integrazione europea. Il progetto intergovernativo, invece, è stato per lungo tempo associato al nome di Charles De Gaulle e al suo slogan dell’Europa delle patrie. Quest’approccio è stato generalmente percepito come ostile all’integrazione europea, poiché incarna il rifiuto della morte della sovranità nazionale. Lo stesso De Gaulle si oppose

226 Cfr. F. Clementi, Il trattato che adotta una Costituzione per l’Europa: dalla Convenzione alla

Conferenza intergovernativa, in F. Bassanini, G. Tiberi (a cura di), La Costituzione europea: un primo commento, Il Mulino, Bologna 2004. Durante i lavori della Convenzione, l’espressione più

chiara del progetto funzionalista è stata senz’altro il «progetto Penelope», studio di fattibilità di un trattato costituzionale realizzato su richiesta del presidente della Commissione europea Prodi e presentato come contributo dai due rappresentanti della Commissione alla Convenzione.

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Cfr. A. Colombo, I volti dell'Europa: idee, identità, unificazione, Giuffrè, Milano 2003. Jacques Lucien Jean Delors (Parigi, 20 luglio 1925) è un economista e politico francese. In campo politico è noto per essere un convinto europeista e, come tale, è stato presidente della Commissione europea tra il 1985 ed il 1995, per ben tre mandati di fila. Tutt’oggi è stato l’unico presidente della Commissione ad esercitare tre mandati. Durante il mandato di Delors venne istituito il mercato unico, venne riformata la politica agricola comune e furono firmati l'Atto unico europeo, gli accordi di Schengen e soprattutto il trattato di Maastricht, che istituì l'Unione europea. L'attività delle commissioni Delors ebbe dunque una grande importanza e lasciò in eredità un'influenza molto rilevante.

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costantemente, per mezzo del metodo intergovernativo, a Monnet228, puntando come obiettivo al rafforzamento della cooperazione interstatale per impulso dei paesi più importanti, avendo come istituzione chiave, e quindi come punto di partenza, il Consiglio dei capi di Stato e di governo. Il metodo intergovernativo ha per lungo tempo trovato il suo principale campo di applicazione nelle materie, strettamente politiche, della politica estera, della sicurezza e della difesa229. A partire dal trattato di Maastricht, poi, il progetto intergovernativo ha ricevuto nuovo sostegno da parte dei Lӓnder tedeschi e di altre regioni con poteri legislativi, in particolare del Belgio e della Spagna, per le quali era inaccettabile che i rispettivi governi possano assumere decisioni relative alle loro sfere di competenza costituzionalmente garantite. Infine, il progetto intergovernativo ha ricevuto nuove spinte per opera del consiglio europeo di Lisbona del marzo 2000, grazie all’interesse suscitato e al consenso riscosso dal cosiddetto «metodo di coordinamento aperto», come nuovo strumento utile al riavvicinamento delle politiche nazionali di politica sociale e del lavoro. Si tratta, infatti, di materie che, pur non avendo a rigore un legame diretto con la sovranità, sono tuttavia fortemente condizionate dai rapporti politici di forza interni agli Stati. È noto che molti membri della Convenzione hanno per lungo tempo considerato Giscard d’Estaing il campione del metodo intergovernativo e una sorta di rappresentante naturale degli interessi dei capi di Stato e di governo dei maggiori paesi dell’Unione, per quanto non occorre dimenticare che allo stesso tempo ha agito attivamente non solo per la creazione del Consiglio europeo, ma anche per l’elezione a suffragio universale del Parlamento europeo e per la creazione del sistema monetario europeo, disegni che, potremmo dire, appartenevano rispettivamente al progetto federalista e a quello funzionalista. Il progetto

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Cfr. E. Paciotti, La Costituzione europea. Luci e ombre, Meltemi, 2003. I «piani Fouchet» dell’ottobre 1961 e del gennaio 1962, attraverso i quali De Gaulle tentò di rilanciare la costruzione dell’Europa politica nel 1964, si opponevano apertamente al metodo comunitario. Essi prendono il loro nome da Christian Fouchet, politico francese che all’epoca svolgeva l’incarico di ambasciatore francese in Danimarca. La sua idea era quella di formare un’«Unione di Stati» che si configurasse come un alternativa intergovernamentalista alle Comunità europee. De Gaulle temeva un’eventuale perdita dell’influenza francese all’interno delle Comunità europee, che all’epoca stavano acquisendo un carattere sempre più sovranazionale. Era quindi soprattutto un modo per mantenere l’equilibrio dei poteri favorevole alla Francia.

229 Cfr. R.A. Cangelosi, N. Verola, L’azione esterna e la politica di sicurezza e difesa dell’Unione, in F. Bassanini, G. Tiberi (a cura di), La Costituzione europea: un primo commento, Il Mulino, Bologna 2004.

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nazionalista, infine, è chiaramente legato alle reazioni ostili al trattato di Maastricht in un certo numero di Stati membri. Due caratteristiche lo distinguono, in ogni caso, dal progetto intergovernativo: l’ostinazione su alcune posizioni di principio, per opposizione al pragmatismo sia, ad esempio, di Charles De Gaulle che di Tony Blair, e soprattutto l’assenza di un progetto strutturato per l’Europa. Mentre i progetti federalista, funzionalista e intergovernativo sono in realtà complementari, come dimostrato dall’andamento tutt’altro che lineare dell’integrazione europea, il progetto nazionalista vi si oppone in maniera sostanziale. Contrariamente ai tre progetti precedenti e per riprendere la teoria dei giochi, esso considera la cooperazione intergovernativa non un gioco a somma positiva, bensì un gioco a somma zero. In un gioco a somma positiva tutti guadagnano qualcosa dalla messa in comune delle risorse, mentre in un gioco a somma zero i prodotti sono proporzionali alle risorse e se un giocatore vince, ciò accade necessariamente a scapito di un altro. Il progetto nazionalista è paradossalmente più ottimista rispetto agli altri, poiché esso nega il rischio fondamentale della contrapposizione di interessi in Europa.

La Convenzione del 2002-03, sotto questo aspetto, si è distinta apertamente dalle precedenti Conferenze intergovernative poiché essa ha permesso al progetto nazionalista di esprimersi apertamente. A testimonianza di ciò si possono considerare gli interventi sistematici di un gran numero di commentatori.