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Verso l’Unione europea

6.2 “Unirsi o perire”

7. Verso l’Unione europea

7.1 Le nuove consapevolezze degli europei

Il secondo dopoguerra presentava una situazione internazionale del tutto nuova, totalmente capovolta rispetto al recente passato. Gli Stati europei avevano di fatto perso il loro tradizionale ruolo di potenze economiche e militari a livello mondiale, mentre il terreno di scontro era ormai divenuto planetario a causa della crescente contrapposizione tra Stati Uniti e Unione Sovietica. Nel nuovo contesto che si era venuto a formare, quello della Guerra fredda, i vari paesi europei si trasformarono rapidamente in satelliti delle due superpotenze: quelli occidentali, in virtù di legami preesistenti, finirono per gravitare nell’orbita degli Stati Uniti mentre quelli orientali divennero sfera di influenza dell’Unione Sovietica. La principale fonte di eventuale pericolo per i paesi europei, a quel punto, non proveniva più dalla possibilità delle reciproche aggressioni, ma era diventata esterna e molto inquietante: la Guerra fredda comportava infatti la minaccia reciproca da parte delle due nuove superpotenze di ricorrere all’arma atomica, scelta di cui l’Europa per prima avrebbe pagato le spese. Questa minacciosa situazione internazionale rafforzò l’idea che l’integrazione europea fosse assolutamente necessaria.

Il 9 maggio del 1950 il ministro degli esteri francese, Robert Schuman85, tenne a Parigi un discorso in cui propose un piano comune, comprendente anche la Germania, per la gestione del carbone e dell’acciaio che consentisse all’Europa occidentale di affrontare con successo la difficile ricostruzione economica. La cosiddetta «dichiarazione Schuman» viene in effetti considerata come il primo discorso politico ufficiale in cui compare il concetto di Europa come unione economica e, in prospettiva, politica tra i vari Stati europei, rappresentando l'inizio del processo d'integrazione europea. In particolare la dichiarazione prospettava il superamento delle rivalità storiche tra Francia e Germania, legate anche alla

85 Cfr. S. Gozi, Il governo dell’Europa, Il Mulino, Bologna 2011. Jean-Baptiste Nicolas Robert Schuman (Clausen, 29 giugno 1886 – Scy-Chazelles, 4 settembre 1963) fu un politico francese, considerato come uno dei padri fondatori dell'Unione europea.

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produzione di carbone ed acciaio, grazie alla realizzazione di un'Alta Autorità per la messa in comune ed il controllo delle riserve europee di tali materie prime. L'auspicio trovò realizzazione poco meno di un anno dopo, con la creazione della Comunità europea del carbone e dell'acciaio. Con questo discorso si diede avvio al processo di creazione delle successive Comunità europee, da sviluppare come base concreta per una futura unione federale. La dichiarazione Schuman si colloca d’altra parte in una fase storica ben precisa, nella quale gli Stati Uniti d'America erano favorevoli ad una ripresa economica della Repubblica Federale Tedesca, che avrebbe permesso di arginare ulteriori avanzate sovietiche in Europa, nonché combattere eventuali malcontenti che avrebbero potuto portare al diffondersi dell’ideologia comunista. La Francia, inizialmente timorosa di fronte alla prospettiva di una ripresa tedesca, ma al tempo stesso desiderosa di essere considerata dagli Stati Uniti l'alleato privilegiato in Europa al posto della Gran Bretagna, decise di trasformare l'acciaio tedesco, di fatto, nell'acciaio «europeo». In questo modo una futura guerra tra Francia e Germania sarebbe stata impensabile, facendo dello storico motivo di discordia tra le due nazioni , ovvero il controllo di queste risorse, un motivo di integrazione e pacificazione. Attraverso la propria dichiarazione, Schuman compì un gesto di grande coraggio politico, tanto che in ricordo di tale iniziativa la data del 9 maggio è stata successivamente assunta e attualmente celebrata come Festa dell'Europa. In definitiva, nel suo discorso il ministro sosteneva che l’idea dell’integrazione europea nasceva per fare in modo che non si verificassero mai più massacri e distruzioni.

La guerra era conclusa, ma le ferite dei popoli che l’avevano affrontata non erano ancora rimarginate. L’astio, se non addirittura vere e proprie forme di odio, per la Germania era ancora forte e vivo in buona parte del continente europeo e in molti all’epoca ricordavano ancora, ad esempio, che il solo fatto di sentire parlare tedesco generava autentico terrore. Eppure la «lezione» della Seconda guerra mondiale riportava al monito di Aristide Briand, a quell’«Unirsi o perire» che dopo la devastazione acquisiva nuova forza e verità. La nascita, sulla scia della dichiarazione Schuman, della Comunità europea del carbone e dell’acciaio (Ceca), il 18 aprile 1951, rappresentò, con la vittoria su antichi rancori e recenti rivalità, il primo vero e proprio nucleo dell’Unione europea. La proposta

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della sua creazione, nata per iniziativa di Robert Schuman e di Jean Monnet86, fu rapidamente accettata da tutti i paesi interessati, ovvero Francia, Repubblica Federale Tedesca, Italia, Olanda, Belgio e Lussemburgo, che ratificarono il trattato in meno di un anno. La scelta del settore carbo-siderurgico era, come già evidenziato, giustificata da molti fattori: innanzitutto la posizione dei principali giacimenti delle risorse, situati in una zona di confine piuttosto ampia tra Francia e Germania, ovvero il bacino della Ruhr, l’Alsazia e la Lorena, che in passato erano state oggetto di numerosi conflitti e di lunga contesa. Inoltre l'oggetto dell'accordo era una risorsa fondamentale per la produzione di armamenti e materiale bellico, e quindi il suo controllo avrebbe impedito un eventuale riarmo segreto a tutte le nazioni coinvolte. Insomma, dietro l’aspetto puramente economico, come la volontà di instaurare un mercato comune, sopprimendo i diritti di dogana e favorendo la libera circolazione di queste merci, si nascondeva la chiara volontà di riunire i vecchi nemici ancora sconvolti dagli orrori della guerra.

7.2 Un futuro incerto

Come abbiamo avuto modo di vedere attraverso una lunga serie di esempi, ovvero attraverso i numerosi tentativi compiuti nel corso dei secoli da diversi Stati e popolazioni, e dai rispettivi leader politici e militari, di dar vita ad un unico dominio continentale, un vero e proprio blocco europeo posto sotto la guida di un paese dominante, tali tentativi, per quanto importanti e determinanti per le epoche successive, si risolsero in un nulla di fatto sino al periodo immediatamente successivo alla fine della Seconda guerra mondiale. Il ricorrere agli strumenti tipici delle grandi nazioni al fine di realizzare tale scopo, come un’accorta politica matrimoniale o, in maniera decisamente più usuale, le guerre di conquista, non diedero mai del tutto i frutti sperati. L’unico risultato di rilievo, in tal senso, fu che

86 Cfr. Ivi. Jean Omer Marie Gabriel Monnet (Cognac, 9 novembre 1888 – Bazoches-sur-Guyonne, 16 marzo 1979) fu un politico francese, ritenuto uno dei padri fondatori dell'Europa. Nel 1952 fu nominato primo presidente dell'Alta Autorità della Ceca. La sua intuizione più grande fu senz'altro l'utilizzo delle risorse carbo-siderurgiche, fino a quel momento oggetto di aspre contese tra Francia e Germania, come strumento di cooperazione.

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tutti questi tentativi diedero vita poco alla volta, in un arco di tempo decisamente ampio, ad una nuova consapevolezza, alla coscienza di una vera e propria identità europea. In tal senso si potrebbe dire che la Seconda guerra mondiale ha rappresentato il culmine di questo lungo processo, aprendo infine la strada verso l’integrazione europea. Un processo che, dunque, ha in definitiva condotto al risultato sperato, anche se non nella forma che era stata concepita inizialmente, ad esempio, dagli Asburgo, o da Napoleone, ma in una dimensione nuova, differente e, forse, più ovvia e naturale (effettivamente, cioè realisticamente, conseguibile). Fino ad oggi, tuttavia, il processo di integrazione europea così com’è sorto nel corso della seconda metà del Novecento ha privilegiato le questioni dell’economia e degli scambi commerciali ottenendo, in tal senso, risultati di rilievo. Sul piano politico e sociale, invece, l’integrazione di fatto ha proceduto molto a rilento a causa degli ovvi timori dei vari Stati di perdere la loro identità e la loro sovranità nazionale. Il Parlamento europeo, l’istituzione che meglio rappresenta i cittadini dell’Unione, ha tuttora poteri piuttosto limitati e i governi europei si sono dimostrati quasi sempre incapaci di intraprendere un’efficace politica estera comune. Per queste ed altre ragioni, in particolar modo di fronte alle questioni o alle crisi internazionali, gli Stati europei si sono presentati sistematicamente in ordine sparso, confermando in tal modo l’opinione di chi vede contemporaneamente l’Unione europea con più di un volto, come una somma apparentemente contraddittoria che la porta ad avere un certo impatto sul piano economico ma di fatto nessun autorità su quello politico, e quindi come un insieme sfasato (per non parlare delle problematiche legate alla volontà di costruire una specifica identità culturale europea, che risulta però sotto molti aspetti forzata). Ma di questi e di altri problemi tratteremo più avanti.

Attualmente la divisione politica interna all’Unione si sta rivelando sempre più un pericolo anche per l’economia. Manca, infatti, un potere politico che sia nella condizione di controllare la moneta unica e ciò rende l’intera Unione europea facile preda degli attacchi della speculazione finanziaria. In conclusione, dunque, siamo ancora ben lungi dal potere parlare di «Stati Uniti d’Europa»87; e

87 Cfr. P. Rossi, L’identità dell’Europa, Il Mulino, Bologna 2007. La storia del termine «Stati Uniti d’Europa» è, in effetti, molto interessante, in virtù del semplice fatto che tale concetto è molto meno recente di quanto non possa sembrare. Esso indica una serie di proposte e di ipotetici scenari

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tuttavia, per quanto ancora imperfetta, l’Unione europea si presenta oggi come un elemento importante, forse decisivo, per la stabilità mondiale. La fine della Guerra fredda e la crisi dell’Unione Sovietica hanno lasciato inizialmente gli Stati Uniti come unica vera e propria superpotenza mondiale e questo «unipolarismo» non è stato privo di rischi. In seguito invece alla crisi finanziaria internazionale del 2007 lo scenario mondiale è stato ulteriormente capovolto, anche se non del tutto, determinando l’ascesa di nuovi protagonisti politici ed economici, ma finendo al tempo stesso per gettare la situazione di innumerevoli paesi, europei e non, nel caos. È invece fondamentale che le scelte in campo mondiale, e quindi scelte di notevole rilievo, vengano prese sulla base di un confronto tra attori diversi, posti sullo stesso piano e dunque capaci di influenzarsi a vicenda. Un’Europa divisa sotto svariati punti di vista non può avere alcun potere né alcuna rilevanza internazionale mentre un’Europa unita può e deve giocare un ruolo determinante come potenza mediatrice. Quello che abbiamo imparato dalla nostra storia è che l’instabilità di un singolo paese, nel contesto europeo ma non esclusivamente, rischia di coinvolgere gli altri e di generare conflitti, dando vita ad un effetto domino. L’Unione, pertanto, è la strada più sicura per evitarli.

di unificazione europea, come una federazione di Stati sull’esempio degli Stati Uniti d’America. Le prime proposte, tuttavia, risalgono addirittura al XV secolo, per quanto le formulazioni successive abbiano avuto un impatto decisamente diverso. Basti pensare a quanti, tra politici, filosofi, politologi ed esponenti del mondo culturale abbiano fatto ricorso a tale formula, da Immanuel Kant nella sua opera Per la pace perpetua a George Washington, da Victor Hugo al filosofo italiano Carlo Cattaneo, fino ad arrivare a veri protagonisti della politica europea del Novecento quali Aristide Briand o Winston Churchill.

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Capitolo II

L’identità culturale europea: il rapporto