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L’affermazione del diritto/dovere di partecipare nei documenti internazionali

scimento formale del “diritto e dovere di partecipare individualmente e collettivamente alla

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Dei dieci punti di cui si compone la dichiarazione ben due adottano una prospettiva partecipativa: il n.4 che recita: “Le persone hanno il diritto e il dovere di partecipare individualmente e collettivamente alla progettazione e alla realizzazione dell'assistenza sanitaria di cui hanno bisogno”; e il punto 7, dedicato all’assistenza sanitaria primaria, che, al punto e, afferma “richiede e promuove al massimo (…) la partecipazione alla progettazione, or- ganizzazione, funzionamento e controllo dell’assistenza sanitaria primaria stessa, usando appieno le risorse locali,

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progettazione e alla realizzazione dell’assistenza sanitaria di cui hanno bisogno” (ivi, punto 4). Quali ambiti preferenziali di applicazione di questo diritto/dovere vengono individuate: la progettazione, l’organizzazione, il funzionamento e il controllo dell’assistenza sanitaria pri- maria. Si tratta quindi di un diritto/dovere circoscritto e funzionale all’obiettivo di poter at- tingere appieno a tutte le risorse disponibili in quel territorio e per quel territorio o, meglio,

comunità locale.

Abbiamo visto, nel corso del precedente capitolo, come il concetto di comunità locale si intrecci a livello teorico con quello di partecipazione, ebbene, è precisamente alle dichiara- zioni di questi organismi internazionali che dobbiamo la prima declinazione programmatica di questo principio che enunciato già nel documento del 1978, troverà una sua declinazione programmatica nel documento immediatamente successivo (Helath21; WHO 1981). Con il programma Helath21 le organizzazioni internazionali si pongono, per la prima volta, il pro- blema di sostenere adeguatamente le comunità locali che erano state investite del compito di sviluppare i propri programmi per la salute131. Il compito delle comunità locali crescerà ulte- riormente con la Prima Conferenza Internazionale sulla Promozione della Salute, riunita a Ottawa (1986)132, che attribuisce loro un ruolo chiave per definire le priorità, prendere le de- cisioni, pianificare e realizzare le strategie che consentano di raggiungere un migliore livello di salute. Questo importante documento introduce anche il tema del controllo da parte della comunità sulle scelte che la riguardano da vicino (WHO 1986) 133 .

Alla luce del percorso teorico compiuto è possibile cogliere come simili dichairazioni e inviti, pur aprendo la strata ad un diverso approccio alla programmazione in ambito sanitario,

nazionali e le altre disponibili; per questo fine sviluppa, attraverso un’adeguata educazione, la capacità delle co- munità a partecipare” (WHO, UNICEF 1978).

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Il programma è stato confermato aggiornato con il documento del 1998 (WHO 1998b). La nuova strategia imperniata sulla partecipazione di individui, gruppi e comunità oltre che delle istituzioni, organizzazioni e settori nello sviluppo della salute. ha potuto contare sulla precedente adozione della World Health Declaration (WHO 1998a), con la quale si rinforzava il ruolo delle strategie nazionali e soprattutto locali per la promozione e lo svi- luppo della salute. Una delle azioni chiave della rinnovata strategia consiste infatti in un “participatory health de- velopment process that involves relevant partners for health, at all levels – home, school and worksite, local community and country – and that promotes joint decision-making, implementation and accountability” (WHO 1998b: 25).

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La 1° Conferenza Internazionale sulla Promozione della Salute, riunita a Ottawa il 21 novembre 1986, ha i n- serito all’interno dell’omonima Carta, adottata per stimolare l'azione a favore della Salute per Tutti per l’anno 2000 e oltre, il riconoscimento tra i requisiti per la promozione della salute la mediazione: “Le strategie e i pro- grammi di promozione della salute dovrebbero essere adattati ai bisogni locali e alle possibilità dei singoli paesi e regioni, in modo da tenere conto dei diversi sistemi sociali, culturali ed economici”, affermazione che pone le basi per il successivo riconoscimento, tra gli strumenti d’azione, della centralità di un rafforzamento del ruolo della comunità locale “La promozione della salute agisce attraverso una concreta ed efficace azione della comuni- tà nel definire le priorità, assumere le decisioni, pianificare e realizzare le strategie che consentano di raggiungere un migliore livello di salute. Al cuore di tutto ciò vi è il processo che attribuisce un maggior potere alle comunità, vi è il possesso e il controllo da parte delle comunità stesse dei loro sforzi e dei loro destini. Lo sviluppo della comunità attinge alle risorse umane e materiali esistenti nella comunità stessa per aumentare l’auto-aiuto e il sup- porto sociale e per sviluppare sistemi flessibili che rafforzino la partecipazione e la direzione pubblica sui temi della salute. Ciò richiede un pieno e continuo accesso alle informazioni, la possibilità di conoscere le opportunità di salute e un adeguato supporto finanziario” (WHO 1986).

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La terza Conferenza Internazionale sulla Promozione della Salute, riunitasi in Svezia, a Sundsvall dal 9 al 15 giugno 1999, sviluppa attorno al concetto di empowerment e di partecipazione dei cittadini le strategie chiave per la promozione della salute nelle comunità.

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aprissero la strada ad un proliferare di esperienze spesso frammentate ed incerte (Dwyer 1989; Bowl 1996). Proprio per rispondere a queste criticità le successive conferenze ed i do- cumenti prodotti dalle stesse organizzazioni hanno assunto un taglio più pragmatico, concen- trandosi piuttosto che sulla chiarificazione del quadro teorico di riferimento, su tecniche mi- rate a rilevare l’efficacia di questi percorsi e ad individuare gli elementi determinanti il suc- cesso.

È a Jakarta, nella Quarta Conferenza134 che, per la prima volta e alla luce delle prime e- sperienze realizzate, si comincia a centrare l’attenzione sull’efficacia dei processi decisionali che sostengono la partecipazione dei cittadini nella promozione della salute. È così che si giunge a tematizzare la necessità, da un lato, di abbattere le tradizionali frontiere all’interno dei settori governativi, tra il governo e le organizzazioni non governative, tra il settore pub- blico e quello privato e, dall’altro, di rinforzare le capacità della comunità e dei singoli indi- vidui. “It emphasizes the necessity of participation, with action being carried out by and with people, not on or to people” (Heritage, Dooris 2009: 45).

La successiva Quinta Conferenza135 pur non apportando significativi contributi in merito alle azioni da compiere merita di essere ricordata in quanto incentra l’attenzione sul metodo e le modalità, “il che manifesta la consapevolezza, ormai diffusa anche a livello politico e non solo tecnico, della assoluta necessità di un’integrazione delle iniziative, che può realiz- zarsi solo attraverso la definizione di politiche e di programmi pubblici in grado di governar- le e attraverso la costruzione di reti” (Curzel 2009: 20).

Il documento conclusivo della conferenza londinese, Accesso all’informazione, parteci-

pazione pubblica e accesso alla giustizia nelle questioni riguardanti l’ambiente e la salu- te136, da evidenza del crescente riconoscimento politico del tema della partecipazione della cittadinanza nel processo decisionale della pubblica amministrazione. La partecipazione del- la popolazione e delle ONG ai processi decisionali veniva riconosciuta come auspicabile non solo perché

tende a migliorare la qualità delle decisioni e ad accrescere il livello del consenso pubblico rispetto alle conseguenze di tali decisioni, ma anche perché, se pur in modo meno tangibile, ma non meno importante, ci si può aspettare che una società in cui la gente si rende conto che può far sentire la propria voce e può influire sulle decisioni, viva in uno stato d’animo più positivo rispetto ad una società in cui la popolazione percepisce di non avere alcuna voce in capitolo per quanto riguarda le proprie condizioni di vita e di lavoro (Curzel 2009: 40).

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Jakarta, Indonesia, 21-25 luglio 1997. 135

Città del Messico, Messico, 2000. 136

Terza Conferenza Ministeriale della Regione Europea sull’Ambiente e la Salute, Londra, Gran Bretagna, 16- 18 giugno 1999.

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A vent’anni dalle prime affermazioni del principio di partecipazione nei documenti delle organizzazioni internazionali, che lo avevano concepito all’interno delle strategie rivolte ai paesi in via di sviluppo, è il nostro Continente che fa compiere al principio della partecipa- zione un passaggio decisivo. Il Consiglio d’Europa, con la raccomandazione n. 5 del 2000 (2001), invita infatti i governi dei divarsi paesi europei a sviluppare strutture per la parteci- pazione dei cittadini e dei pazienti al processo decisionale in ambito sanitario; fondando così, per la prima volta, il ruolo del cittadino e del paziente come principio normativo (Tallachini 2006: 23)137. La differenza, che rende così interessante questo documento, poco noto e del tutto trascurato, riguarda il suo “salda(re) salute e cittadinanza, partecipazione e democrazia, scienza e società” rappresentando in questo “il punto di partenza di una revisione democrati- ca della salute (…): partire dai cittadini invece che dal sistema della salute” (ivi: 24).

La stessa Autrice sottolinea come

cominciare dal sistema, sia esso istituzione, associazione o gruppo organizzato, significa partire da un potere che in qualche misura già esiste e possiede una voce. La via dei diritti, in questo conte- sto, equivale a riconoscere una possibilità di parola a chi, per molte ragioni, non è rispecchiato o rappresentato a livello sociale. Non è un caso che questo diritto fondamentale dei cittadini non sia descritto in termini sostanziali, ma procedurali: è il diritto di esserci, di partecipare, di avere parola e di concorrere al processo decisionale circa la salute. Questa prospettiva procedurale è ciò che salda la dimensione individuale a quella collettiva; la tutela del singolo agli interessi più generali; il sapere, di cui ognuno è portatore, al potere che l’atto partecipativo restituisce a ogni individuo (ibidem).

Alla luce delle riflessioni maturate nel corso del precedente capitolo è possibile cogliere come, a fronte di un intento dichiarato di favoire un maggior coinvolgimento dei cittadini nelle decisioni relative al sistema sanitario e di offrire indicazioni chiare e univoche, teori- camente fondate ma empiricamente orientate, i riferimenti proposti aprano scenari densi di criticità. Non solo infatti la partecipazione è chiamata a migliorare i contenuti delle decisioni assunte, ma intende garantire un più elevato consenso per le stesse e, non ultimo e nel lungo periodo, favorire l’empowerment dei soggetti coinvolti e aumentare così il numero dei sog- getti ‘vincitori della riflessività’ (Ellison 1997) e il tasso di democraticità del sistema.

Per quanto si tratti di obiettivi auspicabili e persino desiderabili non sono, come abbiamo avuto modo di sottolineare nel corso del testo, completamente ascrivibili alle stesse cornici

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Il documento e le allegate linee guida stabiliscono alcuni punti importanti, che vale la pena di ricordare: la n e- cessità che i cittadini partecipino alla determinazione delle scelte di salute; il diritto dei cittadini, in società demo- cratiche, di concorrere all’individuazione degli obiettivi del settore sanitario; la necessità di dare più potere ( em- powerment) ai pazienti e ai cittadini, rendendoli capaci di interventi e scelte di gestione rispetto alle policy sulla salute; l’inscindibilità della condizione di paziente da quella di cittadino; i diritti partecipativi di pazienti e citta- dini come parte integrante di ogni società democratica e come modo per rivitalizzare le democrazie (cfr. Racco- mandazione n.5 del 2000: 2001).

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teoriche né ad approcci tra loro coerenti. Non solo, rischiano di prestarsi ad interpretazioni funzionali ad obiettivi contrapposti, orientati sia ad una redistribuzione del potere decisionale che al suo contrario.

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