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2.6 Le aporie della partecipazione: rappresentatività, legittimità e responsabilità

2.6.2 Rappresentanza e responsabilità

Il concetto di rappresentatività è strettamente collegato ad altri due nozioni estremamente rilevanti nell’analisi dei processi partecipativi. Si tratta del concetto di responsabilità e di quello di efficacia.

Se l’approccio tecnocratico, centrato sulla competenza personale, maturata dall’esperienza, vincola l’efficacia della partecipazione, intesa come possibilità che le opi- nioni espresse dai non professionisti incidano sui contenuti della decisione finale, al grado di utilità di quella stessa esperienza in relazione alla decisione da assumere (lasciando il giudi- zio di utilità sostanzialmente interamente nella mani degli “esperti”), nell’approccio demo- cratico questa è direttamente connessa con la rappresentatività dell’organismo costituito at- traverso il coinvolgimento dei cittadini. Il grado di legittimità democratica determina il grado di potere decisionale demandato a questo organismo. Ci soffermeremo nel prossimo paragra- fo sui possibili esiti di un processo partecipativo, per affrontare, in questa sede, l’altra con- nessione, tra rappresentatività e responsabilità.

Va da sé che, anche in questo caso l’approccio tecnocratico, separa rappresentatività e re- sponsabilità. Il soggetto partecipa uti singuli in funzione del particolare stock di conoscenze e competenze maturate. Anche quando il soggetto appartiene a gruppi organizzati è chiamato a portare il proprio contributo personale. Il gruppo rappresenta, in questo caso, un canale di visibilità e/o di selezione. Il partecipante non ha quindi alcuna responsabilità, verso un collet- tivo.

Diverso il punto di vista dei democratici, siano essi di impostazione liberale o radicale. Nel primo caso non si dà responsabilità solo in caso di selezione fondata sulla rappresentan- za statistica, in quel caso infatti si assume che il punto di vista espresso dai partecipanti sarà “naturalmente” aderente a quello della popolazione di riferimento, con la quale condivide le caratteristiche demografiche, sociali ed economiche considerate per la stratificazione. Cia- scun partecipante non si assume nessun obbligo di fronte alla popolazione di riferimento,

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semplicemente aderisce ad un invito dell’istituzione che lo chiama a partecipare per esprime- re il suo punto di vista. La sua responsabilità non è molto diversa da quella che si assumono i giurati. Al contrario sia la rappresentanza fondata sul mandato elettorale sia la c.d. rappre- sentanza esperienziale presuppongono un’assunzione di responsabilità del rappresentante verso i rappresentati.

La questione è molto delicata perché il processo stesso di partecipazione opera un cam- biamento, determina un aumento di competenze e conoscenze da parte dei partecipanti che tende a differenziali e distanziali dai rappresentati. Alcuni hanno sostenuto che questo pro- cesso di differenziazione, ove non bilanciato da meccanismi di attivazione della relazione di rappresentanza, può essere utilizzato strumentalmente dai rappresentanti per consolidare il proprio ruolo e rafforzare il loro potere (Bastian 1998), inficiando così l’intero impianto par- tecipativo.

Le ricerche condotte in materia hanno inoltre evidenziato come i cittadini inseriti negli organismi di partecipazione del settore sanitario siano suscettibili alle pressioni e, quindi, al- le influenze degli attori più forti (Jewkes, Murcott 1998). Alcuni (Dwyer 1989) suggeriscono di bilanciare questa tendenza aumentando il numero di cittadini coinvolti in questi organismi, mentre altri propendono piuttosto per il coinvolgimento di cittadini attivi, inseriti in gruppi organizzati come garanzia di una migliore capacità di resistenza alle pressioni degli altri atto- ri (White 1999; Marmor, Morone 1980).

Nelle loro ricerche Marmor e Morone sottolineano come le questioni legate all’ambito sanitario presentino delle caratteristiche tali per cui rimangono opache, negli interessi degli individui, finché non entrano in contatto diretto o indiretto con l’esperienza della malattia. Per questo avrebbero un punto di vista, delle opinioni più incerte sulle questioni trattate e tenderebbero più facilmente ad affidarsi al punto di vista degli operatori. Questo rischio di- minuisce sensibilmente per i cittadini attivi nell’associazionismo legato alla salute, i quali, tra l’altro, possono contare su canali informativi privilegiati e sulle risorse dell’organizzazione per rafforzare e difendere i proprio punto di vista. Secondo i due autori inoltre la selezione che questi gruppi organizzati riescono ad operare al loro interno per indi- viduare il proprio rappresentante porta spesso all’individuazione di soggetti abili e orientati agli interessi generali, poco corruttibili, indipendenti e competenti (Marmor, Morone 1980). Non altrettanto efficiente sembrerebbe essere il riferimento alla comunità locale. Godbout (1981), attraverso uno studio condotto sui centri di servizio alla comunità in Quebec, ha ri- levato che la capacità di attingere e mobilitare le risorse presenti nel quartiere dei rappresen- tanti era direttamente dipendente dal loro grado di integrazione nel quartiere, e come, in pre- senza di una scarsa integrazione, questi soggetti tendessero a diventare subalterni del gruppo dominante.

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Tuttavia non sempre le organizzazioni riescono a svolgere queste funzioni. Uno studio condotto sui comitati di comunità nell’ambito dei progetti ‘Salute per Tutti’ ha scoperto che molti partecipanti non riferivano né alle organizzazioni di volontariato a cui appartenevano né, tanto meno, alle comunità (Jewkes, Murcott 1998). Uno studio americano (Latting 1985), sui centri di salute di quartiere negli Stati Uniti, ha rilevato che i partecipanti inseriti negli organismi di partecipazione avevano più possibilità di avere una stabile comunicazione con la propria organizzazione quanto erano formalmente sponsorizzati dalla stessa, se partecipa- vano regolarmente alle riunioni dell’organizzazione e se la loro appartenenza era nota agi al- tri membri dell’organismo di partecipazione. Per questo Latting pensa che solo i cittadini membri di organizzazioni possano essere utilmente inseriti negli organismi di partecipazione, perché identificati come leader della/dalla comunità di riferimento e questo aumenta note- volmente la responsabilità del rappresentante verso i rappresentati. Inoltre, questo studio ha dimostrato che in ragione del “sense of missionary commitment” che caratterizza questo tipo di rappresentanti, questi sono portati a favorire il consenso e il supporto da parte dell’organizzazione o della comunità che rappresentano, piuttosto che favorire o fomentare conflitti e competitività.

La questione della responsabilità diventa ancora più seria quando si tratta di decidere su questioni rilevanti e centrali, come le priorità o l’allocazione dei finanziamenti, o la chiusura di servizi. Spesso in questi casi vengono convocate giurie di cittadini ma Pickard (1998) ri- tiene che siano un modello particolarmente critico, ove le si analizzi dal particolare punto di vista della responsabilità. Infatti le giurie di cittadini sono:

one-off organizations which are disbanded as soon as the four days are over and cannot, therefore, engage in anything approaching an ongoing dialogue with the Health Authority, which appointed them, or with the community from whence the jurors were plucked. By contrast, their permanent remit means that (Community Health Councils) can inevitably be called to account, both to local communities and to the rest of the health service….There is a burden of accountability on the pub- lic themselves in their special capacity as a jury, to the wider public on non-jurors – yet the jurors didn’t feel sufficiently involved even to attend the Health Authority public meeting which was convened to discuss the findings of the jury together with plans to consider and eventually imple- ment findings (ivi: 241).

Anche se si osserva la questione dal lato dell’efficacia, sembra che la partecipazione di consumatori appartenenti a gruppi organizzati sia decisamente da preferirsi a quella di singo- li consumatori. Van Wersch e Eccles (2000) hanno, ad esempio, verificato l’impatto dell’inserimento di diversi tipi di consumatori in gruppi che avevano l’obiettivo di sviluppare delle linee guida. Dallo studio condotto emerge chiaramente che i pazienti necessitano di

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competenze specifiche per potersi relazionare all’interno di tali gruppi di lavoro, di tipo con- tenutistico ma anche relazionale, competenze che risultano diffuse e agite più da rappresen- tanti, i quali possono contare sula propria esperienza pregressa, che da singoli consumato- ri114.

I benefici crescono quando aumenta la scala, tanto più i rappresentati appartengono orga- nizzazioni che operano su ampia scala, ad esempio quella nazionale, tanto più la loro azione riesce ad essere efficace. Reti nazionali di consumatori che coordinano gruppi locali riescono ad agire in modo coordinato e coerente ed influenzare la politica nazionale (King’s Fund 2002). Utilizzando l’esempio del Consumers’ Health Forum australiano, Dwyer (1989) sot- tolinea tra i vantaggi di avere coinvolto rappresentanti di un organizzazioni ombrello a livel- lo nazionale, per differenti gruppi per la tutela della salute dei consumatori, fornisce una so- lida base di risorse per il dibattito e rappresenta una seria sfida all’egemonia professionale. Questi rappresentati hanno infatti anche il vantaggio di garantire una maggiore resistenza al- le pressioni politiche cui saranno sottoposti all’interno degli organismi consultivi (Marmor, Morone 1980).

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