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Modelli valutativi e approcci deliberativi

2.7 Verso un modello analitico-valutativo orientato teoricamente

2.7.2 Modelli valutativi e approcci deliberativi

Abbiamo già accennato, occupandoci delle differenti cornici teoriche che sostengono il momento deliberativo, come sia possibile ricondurre i principali modelli analitico-valutativi ai diversi approcci teorici alla deliberazione.

Il modello normativo ha trovato una declinazione empirica nel primo schema di valuta- zione orientato a verificare i presupposti della ‘situazione discorsiva ideale’ di matrice ha- bermasiana nella proposta di Webler (1995) che ruota attorno allo sviluppo di due meta- criteri: equità e competenza.

L’equità richiede che vi sia una distribuzione equa delle opportunità e delle possibilità di contribuire in maniera significativa a tutti gli aspetti del processo di partecipazione (come la definizione dell’ordine del giorno, la definizione delle norme procedurali, la selezione e l’utilizzo di informazioni, ecc. ).

La competenza si riferisce invece al contenuto del processo di partecipazione. Un criterio importante per valutare il successo della partecipazione è che il processo stesso porti ad un

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Da questo punto di vista inoltre i mercati di salute presenterebbero degli squilibri intrinseci e necessitano di meccanismi atti a riequilibrare il potere (Marmor, Morone 1980). I due Autori proponevano, in primis, due mec- canismi: l’assegnazione di personale ai rappresentanti dei consumatori e consentendo a gruppi esterni di selezio- nare i propri rappresentanti.

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Il modello goal-free è stato proposto per la prima volta nel testo di Micael Sriven (1986), Chess lo riprende in quanto lo ritiene capace di “to safeguard against undue bias that might result from evaluators focusing on vague or politically driven goals articulated by evaluation sponsors, managers or stakeholders” (2000: 776).

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livello di condivisione delle conoscenza attraverso l’interpretazione corretta delle informa- zioni scambiate. Si considera inoltre determinante che tutti i partecipanti possano accedere alle informazioni rilevanti per la definizione della questione. Webler sostiene inoltre la ne- cessità di seguire procedure corrette per selezionare le conoscenze che saranno utilizzate du- rante il processo di partecipazione.

In sintesi il modello webleriano intende garantire che i criteri della razionalità siano messi in condizione di diventare operativi nel consesso deliberativo, consentendo a tutti i parteci- panti di raggiungere le conoscenze, scientificamente fondate e validate, necessarie per ragio- nare correttamente e giungere ad una decisione razionalmente fondata.

Il modello webleriano rappresenta il riferimento del successivo modello (Abelson et al. 2003a) che pur rifacendosi esplicitamente al primo e dichiarando di proporre una mera ope- rativizzazione dello stesso di fatto lo interpreta alla luce delle riflessioni critiche sollevate nei confronti del modello normativo.Approfondendo infatti le implicazioni di equità del proces- so e di competenza interni al processo deliberativo gli Autori hanno individuato dei criteri guida per i processi partecipativi (rappresentanza, strutturazione del processo e delle proce- dure, informazione, e risultati) che non fanno più riferimento ad una correttezza razional- mente fondata quanto piuttosto tendono a verificare che il processo favorisca, in ogni sua fa- se, il confronto e la condivisione di procedura e metodo per evitare gli effetti discorsivi ed escludenti del modello normativo (fig.2.2)

Tab.2.1: i criteri proposti da Abelson et al.(2003a: 245)

Il modello analitico che più da vicino raccoglie le istanze critiche all’imparzialismo e re- cepisce alcune delle indicazioni del modello integrazionista è quello proposto a inizio secolo

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da Rowe e Frewer (2000)127. A differenza del modello di Webler e di quello di Abelson et al. (2003a) quello proposto dai due Autori intende individuare indicatori utili non solo all’interno del momento deliberativo ma che forniscano riferimenti utili all’inquadramento dello stesso dall’esterno, da parte della società civile e democratica. I due autori propongono infatti un modello che si articola secondo due criteri fondamentali di riferimento: i criteri di

accettabilità, orientati a definire le caratteristiche che rendono un percorso partecipativo ac-

cettabile socialmente e democraticamente, e i criteri processuali, che sono invece orientati a garantire una buona dinamica partecipativa tra i soggetti coinvolti nel percorso.

I primi, criteri di accettabilità (Rowe, Frewer 2000: 12 ss.), hanno a che fare con l’accettazione o meno del metodo da parte della popolazione che deve percepire il processo partecipativo come trasparente e democratico. Una volta condivise le regole di base volte a dare queste garanzie, queste regole devono essere adeguatamente sviluppate e applicate cor- rettamente. Le articolazioni interne di questo criterio vedono cinque componenti analitiche:

- la rappresentatività. Secondo i due Autori non c’è miglior garanzia da offrire della rap- presentatività. Teoricamente la miglior declinazione concreta sarebbe la rappresentativi- tà statistica – e la peggiore l’autoselezione in quanto tenta a riprodurre, rafforzandole, le differenze sociali128 – ma poiché l’obiettivo è quello di rappresentare tutti i punti di vista rilevanti si potrebbe teoricamente ricorrere ad altri sistemi. Ad esempio propongono una stratificazione statistica sviluppata sulla base di una Survey orientata a rilevare i diversi punti di vista sulla specifica questione oggetto del processo partecipativo (Frewer et al. 2001; Rowe, Frewer 2000);

- l’indipendenza. Il processo partecipativo deve svolgersi in modo indipendente e auto- nomo. Per questo deve essere gestito da soggetti terzi, imparziali (anche affiancati da

facilitatori), o da un team di persone di diverse organizzazioni o di organismi terzi (che

può assumere anche la forma di un comitato di sorveglianza). Solo con un’organizzazione di questo tipo può essere ridotta, se non annullata, l’ingerenza dell’organizzazione che ha promosso il processo (Rowe, Frewer 2000; Coney 2004); - il coinvolgimento precoce. I cittadini devono essere coinvolti il prima possibile nel pro-

cesso decisionale, la condizione migliore sarebbe che il processo partecipativo venisse attivato quando sono ancora in discussione le priorità politiche (Rowe, Frewer 2000; Coney 2004);

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Nonostante i due autori attribuiscano le differenze tra il loro modello e quello proposto da Webler (1995) alle specifiche dell’oggetto, che nel loro caso sarebbe più ampio della stretta arena partecipativa oggetto di interesse di Webler e dei suoi successori (Abelson et al. 2003), il loro approccio raccoglie molto da vicino le osservazioni critiche all’approccio habermasiano.

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Le persone con una debole posizione socioeconomica, le minoranze etniche e altri gruppi emarginati spesso non dispongono di sufficiente capitale economico, sociale e culturale per avere accesso alle iniziative di parteci- pazione. Nello specifico ambito di interesse rischierebbero di essere iper-rappresentate le istanze dei malati croni- ci che si organizzano in associazioni e organizzazioni di volontariato con il preciso obiettivo di incidere su l pro- cesso decisionale, a discapito di quelle dei malati acuti (Traulsen, Almarsdottir 2005).

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- l’influenza sulla decisione politica. La procedura di partecipazione deve realizzare la possibilità che la decisione assunta e/o le indicazioni prodotte dai cittadini coinvolti ab- biano la concreta possibilità di influire sul processo decisionale. In merito sottolineano come sia importante che il processo fornisca fin dall’inizio indicazioni in merito alle forme e ai modi di questa influenza non solo ai partecipanti ma anche alla popolazione e che siano previste delle forme di pubblicità adeguate che consentano a chiunque sia in- teressato, indipendentemente dal fatto che abbia partecipati direttamente al percorso partecipativo, di seguire gli sviluppi del percorso decisionale successivi all’espressione/trasmissione all’organi preposto dei contenuti dell’accordo da parte del gruppo di partecipazione (Rowe, Frewer 2000);

- la trasparenza: tutti, partecipati e non, devono poter essere in grado di seguire i passag- gi decisionali (collocazione del processo nel quadro politico più ampio, regole del pro- cesso, di formazione della decisione e previsioni circa il destino del contributo dei par- tecipanti). Se è necessario che qualche aspetto rimanga secretato è opportuno che sia comunicata tale necessità e sia adeguatamente giustificata (Coney 2004; Rowe, Frewer 2000).

I criteri di processo (Rowe, Frewer 2000, 15 ss.) si riferiscono invece ai fattori che con- sentono un regolare sviluppo del processo partecipativo. In questo caso emergono come ele- menti centrali:

- le risorse funzionali ad una partecipazione proficua. Anzitutto l’informazione che deve essere tempestiva e pertinente all’oggetto del processo ma che deve anche prevedere dei feedback da parte dei destinatari (Farrell 2004; Consiglio d’Europa 2001; Santé Canada 2000; Frewer et al. 2001; Coney 2004; Maloff, Bilan, Thurston 2000). I due autori sot- tolineano inoltre come le iniziative di partecipazione debbano collocarsi in un continu-

um temporale che vede sequenze ripetute, è per questo fondamentale che le autorità

prevedano momenti di verifica delle esperienze precedenti per orientare le nuove espe- rienze. Una proficua interazione si basa inoltre su un agevole accesso alle risorse neces- sarie, un ambiente piacevole e rassicurante, una buona organizzazione, contatti con e- sperti, infrastrutture adeguate e materiali di presentazione e un tempo adeguato (Rowe, Frewer 2000; Chess 2000; Coney 2004). I partecipanti devono essere messi in condizio- ne di formarsi adeguate competenze in materie complesse legate anche a conoscenze mediche specialistiche (Simces et al. 2003; Farrell 2004; Coney 2004; Maloff, Bilan, Thurston 2000);

- una chiara definizione dell’obiettivo. È opportuno che si chiarisca ai partecipanti l’obiettivo della partecipazione, i metodi e forma della stessa, allo scopo di evitare frain- tendimenti e alimentare aspettative errate (Rowe, Frewer 2000; Coney 2004).

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- il processo di partecipazione deve svilupparsi in modo strutturato e organizzato. Gra- zie a questo principio è possibile realizzare quello della trasparenza, precedentemente citato. (Rowe, Frewer 2000).

- un rapporto equilibrato costi/efficacia: i mezzi devono essere adeguati all’obiettivo che si intende raggiungere attraverso il processori partecipazione (Rowe, Frewer 2000). I due autori sottolineano inoltre l’importanza che l’autorità politica supporti completa- mente il processo (Coney 2004), a garanzia non solo della legittimazione dello stesso ma an- che della possibilità che il percorso sia dotato di risorse adeguate per la sua corretta imple- mentazione (rispettosa dei criteri illustrati in precedenza).

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