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1.3 Voices off

1.3.1 Le istanze consumeriste

Le prime istanze che rivendicavano maggiori opportunità di partecipazione nel processo decisionale delle riforme organizzative e di governance nella sanità e nei servizi presero cor- po con la seconda metà del secolo scorso e l’emergere, tra i movimenti sociali per i diritti ci- vili, dei movimenti per i diritti dei consumatori (consumerismo) che chiedevano una maggior tutela dei diritti del paziente (Dwyer 1989; Charles, DeMaio 1993; Rodwin 1994). Questi gruppi, che si andarono costituendo in vere e proprie lobby, chiedevano ai governi e alle cate- gorie professionali che i fruitori dei servizi sanitari fossero inclusi e avessero voce nella for- mulazione delle politiche sanitarie e sociali, nella regolamentazione professionale e nella pia- nificazione dei servizi (Dwyer 1989; Rodwin 1994; Thompson et al. 2002).

Tra i vari movimenti, quello per la salute delle donne è spesso ricordato come la pietra miliare delle rivendicazioni nel settore sanitario (Dwyer 1989) in ragione dell’ampia critica da questo portata all’assistenza sanitaria tradizionale (Zimmerman, Hill 2000: 771). Il nodo fondamentale, che ha connotato le rivendicazioni femministe e che merita di essere sottoli- neato, riguarda la tematizzazione della questione del potere25, in un modo che raramente tro- va riscontro nelle considerazioni in merito a strategie di ‘voice’26

e di partecipazione dei cit- tadini in ambito sanitario. La critica femminista ha infatti messo in discussione la legittimità dell’identificazione dei detentori del potere e dei meccanismi regolatori del settore sanitario, compresi i governi, le professioni sanitarie, le industrie della salute – in particolare l’industria farmaceutica – la ricerca, i finanziamenti, e gli organismi regolatori a livello na- zionale ed internazionale. Le richieste femministe, attraverso la rivendicazione del diritto per le donne di gestire il proprio corpo, hanno rappresentato la prima voce dissonante rispetto alla prevalenza dell’approccio biomedico e all’egemonia degli specialisti (medici). Per la prima volta veniva rivendicata la centralità della qualità della cura, non solo in termini di si-

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Ci riserviamo di approfondire la questione nel capitolo successivo. 26

Le categorie di “exit” e “voice” sono state definite da Albert O. Hirschman, in un suo celebre saggio intitolato “Exit, voice and loyalty”, dove analizzava le dinamiche che si possono verificare quando il soggetto, che può ve- stire rispettivamente i panni del consumatore oppure dell’elettore, avverte un deterioramento qualitativo del pro- dotto (bene o servizio). Di fronte a questo evento il consumatore ha due strategie o l’uscita (exit) se nell’ospedale ‘A’ i miei cari non vengono assistiti a dovere, li sposterò presso la struttura ‘B’; o la palese protesta (voice) trami- te la quale manifesterà il proprio disagio e le proprie ragioni. Secondo l’autore la prima strategia (exit) sarebbe tipica del mercato, mentre la seconda della fattispecie politica: il cittadino a fronte di orientamenti presso i quali non si rispecchia, non tenderà a trasferirsi (exit) in un’altra località, bensì cercherà di far emergere il proprio dis- senso e le proprie ragioni, tramite una palese protesta (Hirschman 2002).

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curezza ed efficacia del trattamento, ma anche in termini di accettabilità sociale (Rose 1990)27.

Nell’esaminare i successi del movimento, Rodwin sostiene che l’eredità più importante risiede nell’aver tematizzato “l’idea che i professionisti – siano essi medici o specialisti di provata qualità – non sono sempre l’unico o il miglior giudice degli interessi del gruppo cui prestano i propri servizi. Le persone che ricevono il servizio possono, e spesso lo fanno, in- dividuare problemi piuttosto importanti che gli esperti avevano trascurato” (1994: 166).

Il portato dei movimenti sociali degli anni sessanta e settanta ha contribuito significati- vamente all’evoluzione del concetto stesso di salute pubblica: dalla tradizionale attenzione in materia di igiene e malattie trasmissibili si è assistito ad una crescente attenzione ai fattori socio-economici e culturali come determinanti di salute e di malattia, sui quali il modello biomedico non riusciva ad agire con efficacia (Beaglehole, Bonita 1997). La comprensione dell’importanza e del ruolo giocato da fattori esterni al settore sanitario nell’influenzare pro- fondamente lo stato di salute ha rafforzato le istanze di coinvolgimento delle comunità locali nel processo decisionale in materia di salute. Trasformare i servizi in modo che siano più ac- cettabili e accessibili ai beneficiari ultimi impone di dar loro voce nella fase di definizione dell’architettura dei servizi stessi.

Un’altra importante spinta nella direzione di una maggiore partecipazione dei cittadini al processo di decision-making sanitario è arrivata dalle indagini sugli errori medici. I risultati delle indagini suggerivano la necessità di maggiori controlli sui processi sanitari e sull’erogazione dei servizi per garantire una maggiore tutela ai pazienti. Il concetto di con- senso informato ha così assunto una rilevanza crescente, portando con sé la necessità di un approccio partecipato alla salute individuale28 e una maggiore attenzione ai diritti dei consu- matori e al bisogni di informazioni sanitarie29. Ne seguirono istanze che chiedevano l’inclusione dei consumatori nella definizione delle norme e prassi di controllo e di monito- raggio (Thompson et al. 2002).

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Molti dei problemi affrontati dal movimento per la salute delle donne avevano una valenza universale, ci rife- riamo in particolare al consenso informato, all’approccio olistico alla salute, all'accesso alle informazioni, alla riforma delle strutture decisionali e alla rappresentanza della voce dei cittadini all’interno della struttura del si- stema sanitario (Coney 2004).

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Le istanze per i diritti all’informazione sanitarie si sono fin da subito (anni Sessanta) tradotte nella produzione autonoma da parte dei movimenti per la tutela dei diritti dei consumatori di utilizzare propri canali per comunica- re direttamente al pubblico informazioni che precedentemente erano riservate ai professionisti, pubblicando op u- scoli, libri, riviste ecc. (Boston Women's Health Book Collective 1971). Questa tendenza è stata rafforzata in mo- do esponenziale con l’avvento e la diffusione della rete. “Ora i consumatori possono accedere facilmente e diret- tamente, nella privacy delle loro case salute, alle informazioni sanitarie, compresi i risultati della ricerca medica. Nonostante le ampie variazioni nella qualità, Internet ha svolto un ruolo di primo piano in riferimento all'emanci- pazione dei consumatori e la democratizzazione della sanità” (Coney 2004: 10).

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Altre spinte in favore della partecipazione dei consumatori sono arrivate dall’approccio evidence-based e dai movimenti per la qualità. La evidence-based medicine è sembrata proporre una piattaforma di comunicazione con i consumatori, in quanto fornisce una base “oggettiva” (di dati e informazioni) sulla quale era possibile impostare un processo decisionale condiviso in campo sanitario che mitigava la dottrina della ‘libertà clinica’ e forniva una solida base per l’informazione dei consumatori.

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Le tendenze a favore di una maggiore partecipazione delle comunità locali nella defini- zione delle modalità di gestione dei servizi e di controllo sugli stessi hanno subito un periodo di stagnazione per circa due decenni tra il 1980 e il 1990, durante i quali ha prevalso l’ideologia del mercato e un crescente favore verso stili di gestione di tipo aziendalistico. Come si è già anticipato in questo periodo la pretesa libertà di scelta dei clienti dei servizi sanitari sembrava rispondere perfettamente ad entrambe le esigenze e risolvere così i pro- blemi sollevati dal movimento consumerista appellandosi al mercato. La rappresentazione delle istanze collettive in fase di definizione e implementazione dei servizi veniva così supe- rata attraverso la libertà di scelta dei clienti, che potevano acquistare sul mercato il servizio che meglio rispondeva alle loro preferenze ed esigenze.

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