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5 Alcune riflessioni conclusive

Come è emerso abbastanza chiaramente nel corso di questo capitolo, a livello di Unione europea la fiscalità assume un ruolo strumentale al raggiungimento degli obiettivi statuiti nei Trattati istitutivi, in modo particolare all’instaurazione del mercato interno.

Si è osservato come l’armonizzazione positiva imponga dei vincoli esclusivamente alla potestà impositiva del livello di governo, centrale o decentralizzato, che detiene la competenza per regolare quella determinata fattispecie.

All’inizio è stata analizzata l’unione doganale e ciò che è emerso è che il divieto di istituire dazi e qualsiasi altra tassa di effetto equivalente non riguarda solo i confini nazionali ma, coerentemente con l’obiettivo della creazione di un mercato interno senza barriere alla circolazione delle merci, coinvolge anche quelli interni.

Si è constatato che l’armonizzazione delle imposte dirette pone condizioni abbastanza limitate e queste, dal momento che si riferiscono esclusivamente alla tassazione delle

persone giuridiche, si indirizzano quasi esclusivamente al livello di governo centrale, essendo questa una prerogativa che è rimasta fortemente centralizzata200.

Molto più rilevante, invece, è l’influenza del diritto europeo in tema di armonizzazione delle imposte indirette.

La direttiva in materia di iva però, riconoscendo una potestà tributaria residuale in capo agli Stati membri, ammette la possibilità che vengano istituite altre imposte indirette, a condizione che queste, fatte salve deroghe esplicite, non siano similari all’iva201. La Corte di giustizia, la cui giurisprudenza su questo punto è ormai consolidata, ha affermato che i tratti significativi dell’imposta sulla cifra d’affari risiedono in quattro caratteristiche che sono tra di loro cumulative, ovvero nell’applicazione generalizzata nei confronti di tutte le operazioni commerciali aventi ad oggetto beni o servizi, nella proporzionalità al prezzo di detti beni e servizi, nella riscossione ad ogni fase del processo di produzione e di distribuzione e, infine, nel fatto che colpisca esclusivamente il valore aggiunto creato dall’azienda.

La possibilità di introdurre altre imposte indirette è prevista altresì dalla normativa in tema di accise, la quale non può che essere letta congiuntamente con quanto emerso in tema di iva.

La direttiva relativa al regime generale delle accise, difatti, individua in capo ai Paesi dell’Unione una potestà tributaria residuale ravvisabile in due distinte direzioni.

Innanzitutto, viene concessa la possibilità di gravare i prodotti già assoggettati ad accisa purché questo ulteriore gravame abbia una finalità specifica. In questo caso, il tributo regionale ripeterà la medesima struttura del tributo armonizzato ma se ne differenzierà per l’elemento extra-fiscale perseguito. Va però sottolineato che, da un lato, l’imposta deve presentare la struttura dell’iva o quella delle accise e, dall’altro lato, il fine specifico deve concretizzarsi attraverso l’esistenza di un nesso diretto sia tra lo scopo dell’imposta e i prodotti colpiti che tra la finalità dell’imposta e la destinazione del gettito202. Questa disposizione, di conseguenza, costituisce un’eccezione esplicita contenuta in una disposizione comunitaria che deroga il divieto previsto dall’art. 401 della direttiva 2006/112/CEE.

200 Costituiscono un’eccezione le CC.AA. di regime forale, le quali hanno assunto competenze anche in

tema di tassazione delle società.

201 Ex art. 401 direttiva 2006/112/CEE. 202 Ex art. 1, par. 2, direttiva 2008/118/CE.

In secondo luogo la normativa europea consente l’istituzione di tributi aventi la medesima fattispecie impositiva di quelli armonizzati, i quali però incidono su beni non inclusi nella disciplina europea o su servizi connessi alla vendita di prodotti che ne sono assoggettati. In questo frangente, la distinzione rispetto alle accise armonizzate risiede in un elemento della fattispecie, il bene oggetto di consumo e non coinvolge necessariamente il fine perseguito. Inoltre, deve essere rimarcato che, conformemente a quanto contenuto nell’art. 401 della direttiva 2006/112/CEE, la struttura di questi tributi non può replicare quella dell’iva203.

Tutte queste ulteriori imposte indirette, in ogni caso, coerentemente con quanto previsto in tema di unione doganale, non devono creare formalità connesse con il passaggio delle frontiere.

A questo punto, illustrati i vincoli e le connessioni esistenti tra gli stessi, è opportuno sottolineare che quelli discendenti dall’armonizzazione positiva devono essere necessariamente limitati alla disciplina riguardante le imposte oggetto di armonizzazione, come appunto l’iva e le accise. Per questo motivo, quindi, non è ammissibile una differenziazione delle aliquote all’interno di un medesimo Paese dell’Unione, visto che le direttive stabiliscono espressamente che le stesse devono essere fissate dagli Stati membri. Sulla base di queste considerazioni, infatti, nonostante le molte pressioni che sono state esercitate dalle CC.AA. in materia soprattutto di iva, in Spagna la normativa è rimasta di esclusiva competenza del livello centrale204. Affinché si possano adottare delle differenziazioni su base regionale, come analizzato in tema di accise sui prodotti energetici in Spagna, è quindi necessaria una espressa autorizzazione che deroghi la normativa generale.

Le limitazioni alla potestà impositiva degli Stati membri, al contrario, non possono estendersi a quelle disposizioni che, anche se inserite all’interno delle direttive, delimitando i confini dell’oggetto dell’armonizzazione riconoscono una potestà

203 Ex art. 1, par. 3, direttiva 2008/118/CE.

204 A questo proposito si veda M.D. MORA LORENTE, Impuestos cedidos: implicaciones internas y

comunitarias, cit., pp. 178 ss. e P.M.HERRERA MOLINA-A.GARCÍA MARTÍNEZ, El derecho comunitario

como límite a la cesión del IVA a las Comunidades Autónomas, in Revista valenciana de economía y hacienda, 2001, n. 2, p. 182, il quale afferma che «el tenor literal de la sexta Directiva – y también su espíritu – prohíben una diversidad de tipos en el seno de cada Estado miembro con la única excepción de los tipos reducidos para cada categoría de bienes». Alle CC.AA., per cercare di soddisfare le loro

istanze, è stata riconosciuta solamente una compartecipazione al gettito iva su base territoriale. Alle stesse, invece, non sono state cedute competenze normative in quanto il governo centrale non ha ritenuto che questo fosse compatibile con l’ordinamento europeo.

tributaria residuale in capo agli Stati membri. In queste circostanze, la potestà impositiva che viene lasciata agli Stati membri è piena e l’applicazione circoscritta ad un’area limitata di uno Stato membro, piuttosto che la presenza di differenziazioni su base regionale, non può rilevare nella valutazione che la Corte di Giustizia sulla compatibilità della stessa con la normativa europea in tema di armonizzazione positiva. Deve essere infine ribadito che le direttive europee in tema di imposizione diretta si limitano a regolare la disciplina sostanziale dei tributi, lasciando pieni poteri agli Stati membri sulle modalità attraverso le quali normare le fasi procedimentali.

Quindi, per quanto riguarda l’accertamento e la riscossione, gli Stati membri sono liberi di attribuire queste funzioni alle autonomie locali e questo atteggiamento dell’Unione, soprattutto alla luce del fatto che si tratta di risorse proprie dell’Unione Europea, dovrebbe essere valutato come una attestazione della rilevanza del ruolo che le autonomie locali svolgono all’interno dell’Unione.

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