Dall’analisi svolta si è visto come l’unione doganale e l’interpretazione della nozione di tassa di effetto equivalente operata dalla Corte di Giustizia condizioni l’autonomia tributaria degli enti locali.
Va ricordato che la normativa interna sia spagnola che italiana, a livello costituzionale, già sanciva l’impossibilità di ostacolare in qualsiasi modo, attraverso l’imposizione di dazi o altri provvedimenti, la libera circolazione delle merci tra le Regioni in Italia37 e
tra le CC.AA. in Spagna38.
33 Su questo punto si rimanda alle conclusioni dell’Avvocato generale M.P. Maduro, causa C-72/03,
Carbonati Apuani.
34 Per un approfondimento su questo caso si rinvia ad A.CARINCI, Autonomia tributaria delle Regioni e
vincoli del Trattato dell’Unione europea, in Rass. trib., 2004, n. 4, pp. 1231 ss.
35 Corte di giustizia, sentenza 8 novembre 2005, causa C-293/02, Jersey Produce Marketing Organisation
Ltd v. States of Jersey e Jersey Potato Export Marketing Board, in Racc., I-09543. La Corte, in questa circostanza, ha giudicato incompatibile con i Trattati costitutivi una normativa che conferiva ad un ente il potere di imporre ai produttori di patate di Jersey, una delle Isole Normanne, un contributo il cui importo era stabilito in funzione dei quantitativi di patate prodotte che venivano esportate nel Regno Unito.
36 Corte di giustizia, causa C-293/02, Jersey Produce Marketing Organisation, punto 65. 37 Ex art. 120 Cost. italiana.
Deve però essere precisato che il tenore letterale delle due disposizioni non è similare. Difatti, se la Costituzione spagnola39 prevede un divieto generale e categorico, quella italiana40, invece, proibisce esclusivamente le restrizioni all’interno del territorio nazionale tra le differenti Regioni.
La divergenza tra le disposizioni interne perde però di rilevanza se letta congiuntamenta con l’obiettivo dell’Unione di uniformare la politica doganale nei confronti dei Paesi terzi. Difatti, visto che la politica doganale comune impedisce ai singoli Stati membri di adottare misure unilaterali nei confronti dei Paesi che non fanno parte dell’Unione, il divieto di ostacolare la libera circolazione delle merci deve considerarsi assoluto sia per le CC.AA. che per le Regioni.
L’impossibilità di adottare una politica commerciale e tariffaria che si discosti da quella dell’Unione, evidentemente, non può che ricomprendere sia i dazi che le tasse di effetto equivalente41.
Una chiara esemplificazione del fatto che l’unione doganale includa anche le tasse di effetto equivalente è costituita dal caso del cosiddetto “Tubatico siciliano”. Questo tributo ambientale sui gasdotti installati nel territorio della Regione Sicilia42 è stato
39 L’art. 157.2 della Cost. spagnola, in termini molto ampi, afferma che le CC.AA. in nessun caso
potranno adottare misure tributarie che riguardino beni situati al di fuori del proprio territorio o che creino un ostacolo alla libera circolazione delle merci o dei servizi.
40 L’art. 120 della Cost. italiana stabilisce che le Regioni non possono adottare alcun provvedimento che
ostacoli la libera circolazione delle cose tra le Regioni.
41 Secondo una giurisprudenza costante della Corte di Giustizia, difatti, è vietata l'introduzione di nuove
tasse o misure di effetto equivalente sulle merci importate direttamente da Paesi terzi. Ex plurimis, Corte di giustizia, sentenza 13 dicembre 1973, cause riunite C-37 e C-38/73, Sociaal Fonds voor de
Diamantarbeiders v. Indiamex e al., in Racc., 01609, punti 10-18 e sentenza 16 marzo 1983, causa C- 266/81, SIOT v. Ministero delle finanze, in Racc., 00731, punto 18, dove la Corte afferma che «benchè nel Trattato il divieto relativo alle tasse d'effetto equivalente a dazi doganali figuri soltanto nella prima sezione (artt. 12-17) del capitolo relativo all'unione doganale, sezione riguardante i prodotti che si trovano in libera pratica negli Stati membri, e non nella seconda sezione (artt. 18-29) dello stesso capitolo, la quale riguarda i prodotti importati direttamente da un paese terzo, ciò non significa che dette tasse possono essere istituite o mantenute in vigore per questi ultimi prodotti. Come viene parimenti ricordato nella sentenza sopra indicata [cause riunite 37 e 38/73], l'instaurazione della tariffa doganale comune è intesa alla parificazione degli oneri doganali gravanti, alle frontiere della Comunità, sulle merci importate dai paesi terzi, al fine di evitare sviamenti di traffico nei rapporti con questi paesi e distorsioni nella libera circolazione interna o nelle condizioni di concorrenza. Per identici motivi, la mancanza, nelle stesse disposizioni, di un espresso divieto relativo ai tributi sul transito non può significare che siffatti tributi possano essere istituiti o mantenuti in vigore dagli Stati membri, mentre essi sono per definizione, incompatibili con una unione doganale e, a fortiori, col principio della libera circolazione delle merci, che è il fondamento stesso del mercato comune».
considerato incompatibile con l’ordinamento comunitario prima dal giudice nazionale43 e poi dalla Corte di Giustizia44, in quanto, sostanzialmente e a dispetto della denominazione, finiva per applicarsi esclusivamente sul gas metano proveniente dall’Algeria e il momento impositivo era riconducibile a quello dell’importazione, senza che vi si potessero individuare le caratteristiche del tributo a carattere remunerativo45. Da tutto ciò ne consegue che le autonomie locali, sia in ambito europeo che nei confronti dei Paesi terzi, potranno tutt’al più prevedere tributi a carattere remunerativo, quindi prestazioni che esulano dalla materia tributaria, a condizione che rispettino i requisiti evidenziati in precedenza, ossia che si tratti di un corrispettivo legato a un servizio effettivamente effettuato al fine di osservare un obbligo imposto dall’Unione, a cui sono soggetti anche i beni prodotti internamente, e il cui ammontare, da un lato, sia proporzionato al servizio prestato e, dall’altro lato, sia quantificabile sulla base di elementi oggettivi e misurabili.