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3.3 Una differente prospettiva: l’interesse territoriale come interesse europeo

Allo stato attuale, come si è cercato si spiegare nel paragrafo precedente, la dottrina prevalente ritiene vigente il principio di neutralità con riferimento all’atteggiamento attraverso il quale i singoli Stati decidono di organizzarsi al proprio interno.

15 luglio 2003. In questo caso non è stato necessario modificare il Convenio Económico nell’immediato perché la CC.AA. della Navarra non aveva in vigore disposizioni similari a quelle dei Paesi baschi che causavano un’incompatibilità con il diritto comunitario.

54Per un’analisi più dettagliata, si rinvia a G.ORÓN MORATAL, Poder tributario y compencia fiscal: en

especial el caso de la Rioja, Instituto de Estudios Riojanos, Logroño, 2003, pp. 139 ss e, nello specifico,

p. 177.

55 E. TRAVERSA, L’autonomie fiscale des Régions et des collectivités locales face au droit

communautaire, cit., p. 99 ed E.TRAVERSA, Implementation of Regional Taxing Powers and EU Law:

Recent Cases and Future Challenges, in AA.VV., Fiscal Federalism in the European Union, Bruxelles,

In questo lavoro si cercherà di esaminare la consistenza dell’orientamento di questa dottrina verificando se, all’opposto, l’interesse territoriale56 possa trovare una connotazione positiva, elevandosi a elemento degno di tutela a livello europeo.

L’ipotesi che si intende investigare in questa tesi è dunque quella di accertare se l’interesse territoriale possa assurgere a elemento rilevante, da un lato, in tema di aiuti di Stato al fine di determinare l’ambito territoriale di riferimento per l’applicazione di tale divieto e, dall’altro lato, come causa di giustificazione in tema di libertà fondamentali.

L'idea portante che caratterizza e accompagna l’intero elaborato consiste nel verificare l’ipotesi dell'esistenza di un principio positivo, il quale sancisca l’importanza e tuteli a livello di Unione Europea le autonomie locali.

La sussistenza di una tale positivizzazione non sarebbe di poco conto. Difatti, mentre la neutralità ha un carattere svilente e denota una connotazione negativa o perlomeno passiva, quasi di disinteresse, l’emersione di un principio positivo comporterebbe la presa di coscienza del ruolo nodale svolto dalle autonomie locali e porterebbe alla necessaria ponderazione dello stesso con gli altri principi presenti a livello europeo. Questo implicherebbe la conseguenza di dover bilanciare la tutela delle autonomie locali con gli altri principi emergenti in ambito europeo, con l’ipotesi concreta che la tutela delle Regioni e degli enti locali piuttosto che delle Comunità Autonome possa assurgere, a determinate condizioni, a causa di giustificazione di un trattamento discriminatorio, per esempio in quanto necessario per salvaguardare, ovvero garantire, un adeguato finanziamento alle stesse.

All’interno dei Trattati, come già ricordato, l’art. 4, par. 2, del TUE, afferma che l’Unione rispetta gli Stati membri, ivi compreso il sistema delle autonomie locali e regionali.

Il termine “rispetta”, come accennato in precedenza, sembrerebbe ricondurre ad un atteggiamento neutrale, di indifferenza, da parte dell’Unione nei confronti dell’organizzazione interna dei singoli Stati membri.

56 Deve essere immediatamente precisato che con l’espressione “interesse territoriale” si fa riferimento

alle autonomie locali e agli enti territoriali. Nel prosieguo, ad ogni modo, al fine di esprimere il medesimo concetto verranno utilizzati anche altri termini come enti sub-statali, enti locali, enti decentrati, enti infrastatali, questo poiché sia la Corte di Giustizia che la dottrina internazionale tendono a impiegare queste espressioni in modo pressoché equivalente.

Ci si potrebbe domandare se questa asserzione, introdotta con il Trattato di Lisbona, possa avere una portata più ampia di quella che sinora le è stata riconosciuta.

A parere di chi scrive, il termine “rispetta”57 implica, o quantomeno potrebbe implicare, qualcosa in più rispetto alla semplice imparzialità. Dal punto di vista strettamente semantico, il verbo “rispettare” deriva dal latino respectus, che significa avere riguardo, rispetto e considerazione. Ponderando più attentamente la consistenza di questo vocabolo, l’articolo soprammenzionato potrebbe aprire qualche spiraglio nei confronti di un atteggiamento propositivo, di apprezzamento, nei confronti delle istituzioni locali. Bisognerà vedere come la Corte di Giustizia, nel momento in cui sarà chiamata a esprimersi su questa nuova formulazione del Trattato, la interpreterà; se opterà per una lettura restrittiva, in linea con la giurisprudenza precedente, oppure se, riscontrando un'innovazione rispetto al passato, verrà registrata una discontinuità con susseguente formulazione di un principio positivo.

Ai fini della presente analisi, inoltre, un’altra disposizione contenuta all’interno dei Trattati UE assume rilievo.

Si tratta dell’art. 6, par. 3, del TUE58, il quale stabilisce che «i diritti fondamentali, garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, fanno parte del diritto dell'Unione in quanto principi generali».

Da una prima rapida e veloce lettura si potrebbe pensare che in questa disposizione vi rientrino eclusivamente i diritti inviolabili dei singoli.

Una parte autorevole, seppur minoritaria, della dottrina59, tuttavia, ha evidenziato che all’interno di questa definizione devono essere ricompresi anche quei principi che, essendo prodromici all’effettiva realizzazione di quelli facenti capo ai singoli individui, ne consentano e favoriscano l’attuazione concreta, seppure in via indiretta.

Al fine di verificare se le autonomie locali, intese come organizzazione dei pubblici poteri che possono meglio garantire la realizzazione sul territorio dei diritti

57 È opportuno ricordare che nella versione inglese del Trattato viene utilizzata la locuzione “the Union

shall respect” e nella versione spagnola “la Union respetará”.

58 Questa disposizione fu adottata con il Trattato di Maastricht sull’Unione europea del 7 febbraio 1992,

del quale costituiva l’art. F, n. 2.

59 A.PIZZORUSSO, Il patrimonio costituzionale europeo, Bologna, 2002, p. 30, il quale afferma che i

principi costituzionali comuni «possono distinguersi in due grandi gruppi a seconda che riguardino direttamente i diritti fondamentali, ovvero si riferiscano ad essi solo indirettamente, attraverso la realizzazione di quell’organizzazione della società, che cosituisce il necessario presupposto della tutela giuridica dei diritti stessi, dato che fornisce i mezzi per la realizzazione di tale tutela».

fondamentali riconosciuti in capo ai singoli, possano essere apprezzate o meno come rientranti nel novero contenuto della richiamata disposizione, si dovrà condurre un’indagine su due livelli.

Difatti, da un lato, sarà necessario svolgere una ricerca all’interno dei singoli ordinamenti nazionali e, dall’altro lato, si dovrà analizzare il piano internazionale. Per ciò che concerne il livello interno, è sicuramente vero che sia la Spagna che l’Italia, seppur attraverso modalità differenti, hanno da sempre riconosciuto e tutelato le autonomie locali.

Questa posizione, difatti, è riscontrabile in modo chiaro in più disposizioni dei rispettivi testi costituzionali.

Basti pensare che l’art. 2 della Cost. spagnola sancisce l’indissolubilità e l’unità della nazione ma allo stesso tempo riconosce e garantisce il diritto all’autonomia delle regioni che la integrano, nonché la solidarietà tra queste ultime60. La portata di questa

disposizione va letta congiuntamente al contenuto degli artt. 13761 e 156.162 della stessa Costituzione, i quali specificano che lo Stato si organizza territorialmente in comuni, province e CC.AA. e che queste godono di autonomia, rispettivamente, per la gestione dei loro interessi e per lo sviluppo e l’esecuzione delle competenze loro spettanti.

In merito all’ordinamento italiano, invece, il punto di partenza è senz’altro rappresentato dall’art. 5 della Cost., il quale statuisce che “la Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento”. Sennonché questa disposizione, affinché possa essere riempita di significato, è necessario che venga esaminata in modo congiunto sia con gli artt. 117 e 119 Cost. che con gli Statuti delle Regioni speciali, i quali distribuiscono le competenze normative tra potere centrale

60 Articúlo 2 de la Constitución Española, Unidad y autonomía:

«La Constitución se fundamenta en la indisoluble unidad de la Nación española, patria común e

indivisible de todos los españoles, y reconoce y garantiza el derecho a la autonomía de las nacionalidades y regiones que la integran y la solidaridad entre todas ellas».

61 Articúlo 137 de la Constitución Española, Organización Territorial del Estado:

«El Estado se organiza territorialmente en municipios, en provincias y en las Comunidades Autónomas

que se constituyan. Todas estas entidades gozan de autonomía para la gestión de sus respectivos intereses».

62 Articúlo 156.1 de la Constitución Española, Autonomía financiera de las Comunidades Autónomas:

«Las Comunidades Autónomas gozarán de autonomía financiera para el desarrollo y ejecución de sus

competencias con arreglo a los principios de coordinación con la Hacienda estatal y de solidaridad entre todos los españoles».

ed enti decentrati.

Guardando gli altri Paesi membri, peraltro, non possono non essere menzionate le ben note esperienze federali di Germania, Austria e Belgio63.

Detto questo, e anche sulla base delle spinte autonomistiche registrate negli ultimi anni da più parti64, alcuni autori ritengono che l’esistenza di queste esperienze sia di per sé sufficiente a ritenere presente una tradizione comune in capo all’Unione europea per ciò che concerne il riconosciemento delle autonomie locali65.

Nel caso in cui venisse riconosciuta la positivizzazione di questo principio atto a tutelare gli enti decentrati, il punto successivo sarebbe quello di stabilirne la portata. Difatti, bisognerebbe capire se questa tutela si spinga a tal punto da ricomprendere anche l’autonomia tributaria o se si limiti alla sola autonomia finanziaria di spesa. A questo proposito va precisato che autonomia tributaria e autonomia finanziaria, benché utilizzati in molte circostanze come sinonimi, identificano due concetti altamente differenti66.

Precisamente, se il secondo si risolve nella possibilità di decidere come impiegare le risorse erogate dal livello centrale, il primo prevede la possibilità di agire non solo sul versante delle uscite ma anche su quello delle entrate, stabilendo così il giusto trade-off tra l’incidenza dell’imposizione e il livello, inteso sia come quantità che qualità, dei servizi offerti.

Dall’analisi che verrà svolta nel prossimo capitolo si evincerà come, quantomeno nei due Paesi analizzati nello specifico nell’ambito di questa ricerca, il minimo comun denominatore riscontrabile nelle differenti realtà è senza dubbio rappresentato dall’autonomia finanziaria, non solo di spesa ma anche di entrata.

Sul piano internazionale, diversamente, bisogna segnalare che il 15 ottobre 1985, a Strasburgo, è stata firmata la Carta Europea delle Autonomi Locali67, un Trattato

63 Per un’analisi esaustiva si rimanda a G.BIZIOLI, L’autonomia finanziaria e tributaria regionale, cit.,

pp. 28 ss. Per un’analisi minuziosa del sistema belga si rimanda a E.TRAVERSA, L’autonomie fiscale des

Régions et des collectivités locales face au droit communautaire, cit., in particolare pp. 47 ss.

64 Si pensi al caso della Scozia in Gran Bretagna o a quello, un po’ meno recente, della Corsica in

Francia.

65 A questo proposito A.PIZZORUSSO, Il patrimonio costituzionale europeo, cit., p. 151, afferma che è

«ormai in via di affermazione una tradizione costituzionale comune nel senso del riconoscimento di forme di autonomia alle entità regionali».

66 La differenza è tracciata da G.A.MICHELI, Diritto tributario e diritto finanziario, in Enc. Dir., XII,

Milano, 1964, pp. 1119 ss. Sul punto, tra gli altri, si veda A.FEDELE, La potestà normativa degli enti

locali, in Riv. dir. trib., 1998, n. 2, I, p. 109. Si veda, inoltre, L.TOSI, Finanza locale, in Dig. disc. priv.

internazionale sottoscritto da tutti gli Stati membri del Consiglio d’Europa68, quindi anche da tutti gli Stati membri dell’allora CEE.

A questo proposito, si considera opportuno evidenziare che nel preambolo di questo documento viene affermato che lo stesso è stato redatto poiché il Consiglio, avendo lo scopo di raggiungere il maggior grado di unitarietà possibile tra gli Stati membri con il fine precipuo di salvaguardare gli ideali e i principi che ne costitutiscono le tradizioni comuni, considera le autonomie locali una delle basi su cui si fonda ogni sistema democratico.

L’art. 9 di questo Trattato parrebbe individuare nell’autonomia finanziaria di spesa il livello tutelato; nei primi due paragrafi, difatti, viene affermato che le autonomie locali devono essere dotate delle adeguate risorse finanziarie per l’esercizio dei loro poteri69.

Al paragrafo successivo70, nel momento in cui viene richiesto che almeno una parte di

queste entrate finanziarie debba derivare da tributi locali sui quali gli enti decentrati abbiano il potere di determinarne le aliquote, non si può non rilevare un rinvio alla nozione di autonomia tributaria.

D’altro canto ci sono almeno un paio di elementi che lasciano intendere che il riferimento all’autonomia di entrata e non solo a quella di spesa costituisca unicamente un accenno, probabilmente più con una funzione di indirizzo piuttosto che precettiva. Prima di tutto, il fatto che venga specificato che almeno una parte delle risorse debba poter in qualche modo essere determinabile dalle autonomie locali, senza indicare che debba trattarsi della quasi totalità o della maggior parte, lascia più di una perplessità.

67 European Treaty Series no. 122. L’Italia ha provveduto alla ratifica e a darne esecuzione con la L. n.

439 del 30 dicembre 1989.

68 Il Consiglio d’Europa, fondato il 5 maggio 1949 con il Trattato di Londra, è un’organizzazione

internazionale che, attualmente, è formata da 47 Stati membri e il cui scopo è quello di promuovere la democrazia, i diritti dell’uomo, l’identità culturale europea e la ricerca di soluzioni ai problemi sociali europei.

69 Art. 9, par. 1 and 2, of the “European Charter of Local Self-Government”, Financial resources of local

authorities:

«Local authorities shall be entitled, within national economic policy, to adequate financial resources of

their own, of which they may dispose freely within the framework of their powers.

Local authorities' financial resources shall be commensurate with the responsibilities provided for by the constitution and the law».

70 Art. 9, par. 3, of the “European Charter of Local Self-Government”, Financial resources of local

authorities:

«Part at least of the financial resources of local authorities shall derive from local taxes and charges of

In secondo luogo, il richiamo esclusivo alle aliquote e non agli elementi costitutivi del tributo nel loro insieme considerati porta a ritenere preponderante il richiamo all’autonomia di spesa.

Difatti, non si può pensare che la possibilità di variare, generalmente limitatamente a un certo intervallo, le aliquote col riguardo a entrate di ammontare marginale rispetto a quelle complessivamente gestite dall’ente territoriale, possa essere considerata sufficiente per porre in esssere una concreta ed effettiva autonomia tributaria.

È forse più coerente pensare che ci fosse una piena condivisione sull’autonomia finanziaria e che l’accenno a quella tributaria, non essendoci il consenso unanime, sia stato fatto soprattutto in una prospettiva di indirizzo.

Riassumendo, quindi, a livello dei singoli ordinamenti viene riconosciuta, almeno in via teorica, un’autonomia finanziaria piena; sul piano internazionale, invece, appare rilevabile un riconoscimento delle autonomie locali, inteso principalmente sotto la forma della libertà di spesa, viene cioè garantita la sufficienza delle risorse messe a loro disposizione al fine dell’espletamento delle funzioni che gli vengono attribuite.

A supporto di quanto affermato, ovvero del sempre più marcato riconoscimento dell’importanza del ruolo svolto dagli enti territoriali, va ricordato che la Commissione nel 2001 pubblicò un libro bianco intitolato “La governance europea”71. Questo documento, che ha la valenza di un atto di soft law e quindi non è vincolante, in più parti sottolinea l’importanza crescente degli enti locali nell’attuazione delle politiche comunitarie e auspica un sempre maggiore coinvolgimento degli stessi nella loro elaborazione, prevedendo anche una maggiore flessibilità nell’applicazione delle normative comunitarie, al fine di tener conto delle specificità regionali e locali72.

71 Il testo definitivo è stato pubblicato il 5 agosto 2001.

72 COMMISSIONE EUROPEA, Libro Bianco – Governance europea, Bruxelles, 2001, pp. 4 e 12 ss. Viene

indicato che «occorre una più stretta interazione con le autorità regionali e locali e con la società civile. Ciò è principalmente compito degli Stati membri, ma la Commissione, da parte sua:

- instaurerà un dialogo più sistematico con i rappresentanti delle autorità regionali e locali, tramite associazioni nazionali ed europee, sin dalla prima fase dell’elaborazione delle politiche;

- introdurrà maggiore flessibilità nelle modalità esecutive della normativa comunitaria, in modo da tenere conto delle specificità regionali e locali;

- definirà e renderà pubblici criteri di qualità (standard minimi) da rispettare nelle consultazioni sulle politiche dell’Unione europea» e che «l’attività dell'Unione negli ultimi quindici anni si è progressivamente avvicinata alle regioni, città e collettività locali, che sono diventate responsabili dell'attuazione di molte politiche dell’Unione, dall'agricoltura e dai fondi strutturali sino alle norme in tema ambientale. La maggiore partecipazione delle autorità regionali e locali nelle politiche dell'Unione riflette anche le loro crescenti responsabilità in alcuni Stati membri e un maggiore impegno dei singoli cittadini e delle organizzazioni di base nella democrazia locale».

Tutto questo, considerato nel suo insieme, potrebbe far propendere per l’emersione di un riconoscimento positivo dell’interesse regionale, il quale, come emerso dalla descrizione compiuta in questo paragrafo, potrebbe avvenire per mezzo dell’art. 4.2 oppure dell’art. 6.3 TUE.

Da ultimo, si ritiene opportuno evidenziare ancora una volta che, benché il minimo comun denominatore sembri essere circoscritto all’autonomia finanziaria di spesa, nel caso di un riconoscimento positivo del ruolo e della funzione delle autonomie locali, meritevole di tutela a livello di Unione europea, questo rivestirebbe una portata notevole.

Difatti, il principio positivo così sancito dovrebbe essere ponderato con gli altri principi emergenti a livello europeo.

Ciò non dispenserebbe gli enti territoriali dall’assoggettamento e dal rispetto dei vincoli provenienti dall’Unione, tutt’altro. Questo implicherebbe esclusivamente, per esempio, il ridimensionamento dell’ambito territoriale all’interno del quale effettuare le comparazioni in tema di libertà fondamentali o di aiuti di Stato, oppure la possibilità, in determinate circostanze, di poter giustificare il mancato rispetto di un differente principio emergente e parimenti degno di tutela all’interno dell’Unione, sulla base del bilanciamento dei differenti interessi coinvolti.

Su quest’ultimo punto si vuole infine accennare un aspetto che verrà poi ripreso e sviluppato nei successivi capitoli. Se la Corte di Giustizia, a partire dalla sentenza

Marks & Spencer73, ha dato rilievo all’interesse fiscale dei singoli ordinamenti nazionali, adottando quindi un atteggiamento più restrittivo nei confronti della nozione di mercato interno ed elaborando come causa di giustificazione l’equilibrata ripartizione del potere impositivo tra i differenti Stati74, non si vede per quale motivo debba essere esclusa a priori la possibilità dell’applicazione in via estensiva, in determinate circostanze, della medesima causa di giustificazione all’interno dei singoli Stati membri, ovverosia alle autonomie locali.

73 Corte di giustizia, causa C-446/03, Marks & Spencer plc.

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