• Non ci sono risultati.

2.1 L’espresso divieto di discriminazione fiscale contenuto nei Trattat

La libera circolazione delle merci è riconosciuta dall’art. 28 del TFUE e si inserisce nel contesto dell’istituzione di un’unione doganale che, nei rapporti fra gli Stati membri, impedisce l’istituzione di dazi, sia all’importazione che all’esportazione, e ogni misura di effetto equivalente.

Queste disposizioni, la libera circolazione delle merci e l’instaurazione dell’unione doganale, devono essere analizzate congiuntamente all’espresso divieto di discriminazione fiscale ex art. 110, par. 1, del TFUE. Questa proibizione, difatti, la quale costituisce una applicazione specifica del principio generale presente all’art. 18 del TFUE22, rappresenta l’ideale completamento delle prime e ha la funzione di integrarle al fine di contribuire all’effettiva costituzione di un mercato comune, all’interno del quale non siano presenti ostacoli allo spostamento dei prodotti. Anche in questa circostanza emerge immediatamente e in modo inequivocabile il carattere strumentale svolto dalla fiscalità a livello europeo.

L’unione doganale e il divieto di misure di effetto equivalente, come è già stato osservato nel capitolo precedente, prevengono l’istituzione di barriere connesse al superamento non solo dei confini nazionali ma anche dei confini interni di uno stesso Stato membro.

Questa prescrizione però, al fine dell’instaurazione del mercato interno, avrebbe avuto un’efficacia limitata se, parallelamente, non si fosse provveduto a prevenire anche quelle circostanze in cui una normativa nazionale, sebbene non connessa al superamento di un confine, finisce per imporre un maggiore aggravio sui prodotti provenienti da un differente Paese membro23. Il divieto di discriminazione statuito al primo paragrafo dell’art. 110 del TFUE, avendo lo scopo esplicito di proibire che la normativa interna di uno Stato membro, direttamente o indirettamente, conduca a

22 E. TRAVERSA, L’autonomie fiscale des Régions et des collectivités locales face au droit

communautaire, cit., p. 160.

23 Su tutti G. BIZIOLI, Il processo di integrazione dei principi tributari nel rapporto fra ordinamento

costituzionale, comunitario e diritto internazionale, cit., p. 167 e P.BORIA, Diritto tributario europeo,

qualsiasi forma di vantaggio fiscale della quale ne beneficino esclusivamente i prodotti nazionali, è complementare rispetto all’unione doganale e conferisce a quest’ultima una maggiore efficacia24.

Il divieto contenuto al secondo paragrafo dell’art. 110 del TFUE25, invece, si prefigge di eliminare le imposizioni, aventi natura protezionistica, che colpiscono i prodotti concorrenziali provenienti da altri Stati membri. Questa disposizione trova applicazione nei confronti di quelle norme fiscali che proteggono, anche in via indiretta, i prodotti nazionali.

Le due misure contenute all’interno di questo divieto espresso di discriminazione fiscale delle merci in materia fiscale, oltre a inserirsi all’interno della libera circolazione delle merci, sono altresì complementari alla disciplina sulla concorrenza, avendo come obiettivo l’eliminazione delle misure di natura protezionistica nei confronti sia dei prodotti similari che di quelli concorrenziali26.

Va subito precisato che le disposizioni contenute negli artt. 28 e 110 del TFUE, avendo una funzione differente, non possono essere utilizzate congiuntamente e l’applicazione di una esclude quella dell’altra.

Difatti, mentre l’art. 28 del TFUE, vietando qualsiasi dazio doganale all’importazione e all’esportazione e le tasse di effetto equivalente fra gli Stati membri, si rivolge alle disposizioni interne volte a colpire esclusivamente le merci non nazionali (o quelle prodotte internamente) in ragione del superamento di un confine, l’art. 110 del TFUE, diversamente, essendo espressione del principio di eguaglianza, necessita sempre di un confronto tra le produzioni interne e quelle non nazionali similari o concorrenti.

24 Corte di giustizia, sentenza 14 dicembre 1962, cause riunite C-2/62 e C-3/62, Commissione v. Belgio e

Lussemburgo, Pan pepato, in Racc., 00813, p. 804, dove la Corte chiarisce che l’attuale art. 110 del TFUE «è inteso ad impedire le scappatoie che potrebbero essere offerte da un determinato trattamento fiscale». Detto in altri termini ha lo scopo di negare che dietro provvedimenti di natura fiscale si celi una politica tributaria protezionistica.

25 L’art. 110, par. 2, TFUE afferma che «inoltre, nessuno Stato membro applica ai prodotti degli altri Stati

membri imposizioni interne intese a proteggere indirettamente altre produzioni».

26 In modo sostanzialmente analogo E.TRAVERSA, L’autonomie fiscale des Régions et des collectivités

locales face au droit communautaire, cit., p. 164; A.J.EASSON, Taxation in the European Community,

London, 1993, pp. 49 ss.; F.A.GARCÍA PRATS, Incidencia del derecho comunitario en la configuracion

juridica del derecho financiero (II): politicas comunitarias con incidencia sobre el derecho financiero, in Revista de Derecho Financiero y de Hacienda Pública, 2001, n. 260, p. 525; A.E.LA SCALA, I principi

fondamentali in materia tributaria in seno alla Costituzione dell’Unione europea, Milano, 2005, pp. 134-

135 e G.BIZIOLI, Il principio di non discriminazione, in A.DI PIETRO-T.TASSANI (a cura di), I principi

La Corte ha specificato che la differenza sostanziale tra una tassa di effetto equivalente a un dazio doganale rispetto a un’imposta interna consiste nel fatto che la prima colpisce esclusivamente il prodotto importato in quanto tale, la seconda invece include anche quelli nazionali27. Inoltre, è stato chiarito che la mancanza di una produzione nazionale non è sufficiente per considerare un’imposta come rientrante nella categoria delle tasse di effetto equivalente a un dazio doganale. Questo, nello specifico, non è ammissibile nel caso in cui la norma faccia parte di un sistema generale di tributi interni che colpiscono in modo sistematico i prodotti secondo criteri obiettivi applicati indipendentemente dall’origine dei prodotti28.

Peraltro, mentre il divieto connesso all’instaurazione dell’unione doganale è assoluto, quello correlato al divieto di discriminazione fiscale ha carattere relativo, in quanto il differente trattamento può essere giustificato, sia da finalità riconosciute dall’ordinamento europeo che da quelle discendenti dagli ordinamenti interni29.

27 Corte di giustizia, sentenza 7 maggio 1987, causa C-193/85, Cooperativa Co-Frutta SRL v.

Amministrazione delle finanze dello Stato, in Racc., 02085, punto 9. L’applicazione dell’art. 110 del TFUE, a differenza di quella dell’art. 28, prevede sempre un confronto tra due tipologie di prodotti, uno dei quali di origine nazionale e l’altro proveniente da uno Stato membro differente. Su questo punto bisogna però precisare che in precedenza la Corte di giustizia, sentenza 19 giugno 1973, causa C-77/72,

Carmine Capolongo v. Azienda Agricola Maya, Pieve di Soligo, in Racc., 00611, al punto 14, aveva affermato che «il contributo che rientra in un regime generale di tributi interni, gravanti tanto sui prodotti nazionali quanto su quelli importati, secondo gli stessi criteri, può cionondimeno essere una tassa di effetto equivalente ad un dazio doganale all'importazione, qualora sia esclusivamente destinato a finanziare delle attività che giovano in modo specifico al prodotto nazionale tassato».

28 Corte di giustizia, causa C-193/85, Cooperativa Co-Frutta SRL, punti 10 e 11. La Corte ha dedotto che

«anche se, per qualificare un onere gravante su prodotti importati, fosse necessario in taluni casi assimilare l'ipotesi di una produzione nazionale estremamente ridotta alla mancanza di tale produzione, non per questo se ne potrebbe concludere che il tributo litigioso andrebbe necessariamente considerato una tassa di effetto equivalente ad un dazio doganale. In particolare, ciò non sarà vero qualora esso faccia parte di un sistema generale di tributi interni che colpiscono sistematicamente categorie di prodotti [...] secondo criteri obiettivi applicati indipendentemente dall'origine dei prodotti».

29 Corte di giustizia, sentenza 10 ottobre 1978, causa C-148/77, Hansen v. Hauptzollamt Flensburg, in

Racc., 01787, punto 16, dove la Corte ha affermato che «nello stadio attuale della sua evoluzione, ed in mancanza di unificazione o armonizzazione delle norme rilevanti in materia, il diritto comunitario non vieta agli Stati membri di concedere agevolazioni fiscali, sotto forma di esenzione da tributi o riduzione di questi, a taluni tipi di prodotti alcolici o a talune categorie di produttori; agevolazioni fiscali del genere possono infatti servire a legittimi fini economici e sociali, quali l'uso, da parte della distilleria, di determinate materie prime, la conservazione della produzione di bevande alcoliche tipiche di alto livello qualitativo, o il mantenimento in vita di talune categorie di imprese, come le distillerie agricole» e sentenza 14 gennaio 1981, causa C-140/79, Chemial farmaceutici SpA, in Racc., 00001, punto 14, al quale la Corte ha ribadito che ciascuno Stato membro è libero di «istituire sistemi impositivi differenziati per taluni prodotti in funzione di criteri obiettivi, quali la natura delle materie prime impiegate o i procedimenti di fabbricazione seguiti». Difatti, prosegue la Corte «siffatte differenziazioni sono compatibili col diritto comunitario purché perseguano scopi di politica economica compatibili, anch'essi, con gli imperativi del Trattato e del diritto derivato e le loro modalità siano tali da evitare qualsiasi forma di discriminazione, diretta o indiretta, nei confronti dei prodotti importati dagli altri Stati membri, o di protezione a favore di prodotti nazionali concorrenti». In dottrina si rinvia a P.J.G. KAPTEYN-P.

Va infine evidenziato che, benché il tenore letterale della normativa non specifichi nulla in proposito, la giurisprudenza della Corte di Giustizia ha applicato l’art. 110 del TFUE esclusivamente in tema di fiscalità indiretta.

La Corte di Giustizia, inoltre, ha svolto un ruolo determinante nel riempire di significato il concetto di similarità, la cui definizione non è rintracciabile all’interno dei Trattati. A questo proposito deve essere osservato che la Corte, nella sua funzione di interprete del diritto dell’Unione, non vi ha compreso solamente i prodotti aventi caratteristiche analoghe ma, al contrario, ha esteso la nozione anche a quelli alternativi, poiché allo stesso modo in concorrenza con i primi. Il giudice europeo, quindi, nell’effettuare la valutazione, anziché utilizzare la prospettiva del produttore ha privilegiato, coerentemente con la finalità della normativa di garantire la formazione del mercato interno, quella del consumatore.

Ripercorrendone la giurisprudenza, in un primo momento era stato sancito che il carattere di similarità dovesse essere valutato guardando se i prodotti presentavano proprietà analoghe dal punto di vista del produttore e rispondessero alle stesse esigenze dei consumatori, dando importanza a fattori tecnici come la classificiazione delle merci ai fini doganali30.

Il giudice europeo però, successivamente, al fine di evitare operazioni di non semplice comparazione, come tra le banane e altri frutti da tavola31 o tra differenti bevande alcoliche32, e anche alla luce del secondo paragrafo del medesimo articolo, ha optato per

VERLOREN VAN THEMAAT, Introduction to the Law of the European Communities: from Maastricht to

Amsterdam, London, 1998, pp. 609 ss.; F.AMATUCCI, Il principio di non discriminazione fiscale, cit., pp. 194 ss. e P.BORIA, Diritto tributario europeo, cit., p. 164.

30 Corte di giustizia, sentenza 17 febbraio 1976, causa C-45/75, Rewe-Zentrale v. Hauptzollamt Landau-

Pfalz, in Racc., 00181, punto 12, dove la Corte, parlando della similarità, ha statuito che «la circostanza

che la merce di produzione nazionale e quella importata siano o meno classificate sotto la stessa voce della tariffa doganale comune costituisce un importante criterio di valutazione».

31 Corte di giustizia, causa C-193/85, Cooperativa Co-Frutta SRL, in tema di banane e frutta di origine

nazionale.

32 Corte di giustizia, sentenza 27 febbraio 1980, causa C-168/78, Commissione delle Comunità europee v.

Repubblica francese, in Racc., 00347, in tema di differente trattamento tra l’acquavite di ginepro, prodotta in Francia, e le acquaviti di cereali, principalmente importate; sentenza 27 febbraio 1980, causa C-169/78, Commissione delle Comunità europee v. Italia, in Racc., 00385, riguardo all’imposta differenzia tra acquavite di cereali e di canna, oggetto di importazione, e quelle derivate da vino e vinacce, prodotte in Italia; sentenza 27 febbraio 1980, causa C-171/78, Commissione delle Comunità

europee v. Regno di Danimarca, in Racc., 00447, relativa alla comparabilità tra akvavit, acquavite di

produzione danese, e altre bevande alcoliche, oggetto essenzialmente di importazione, quali la vodka, il gin, il rhum e il whisky; sentenza 9 luglio 1987, causa C-356/85, Commissione delle Comunità europee v.

Regno del Belgio, in Racc., 03299, sull’incomparabilità, in linea generale, tra birra e vino; sentenza 17 giugno 1999, causa C-166/98, Socridis v. Receveur principal des douanes, in Racc., I-03791, punto 18, ancora sulla limitata similarità tra birra e vino e sentenza 5 ottobre 2004, causa C-475/01, Commissione

un apprezzamento della similarità alla luce dell’analogia e della comparabilità nell’utilizzazione, valutando, nella sostanza, il fatto che i prodotti fossero in grado o meno, agli occhi del consumatore, di soddisfare gli identici bisogni33.

Questa interpretazione estensiva della nozione di similarità, di fatto, ha ridotto la portata del secondo paragrafo dell’art. 110 del TFUE, in quanto l’impossibilità di discriminare i prodotti concorrenziali34 di origine straniera è stata considerata nella sostanza direttamente desumibile dal divieto previsto per i prodotti similari.

Outline

Documenti correlati