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3.2.2 L’estensione della libera circolazione dei capitali ai Paesi terz

La libera circolazione di capitali, dal 1986, con le modifiche introdotte dall’Atto unico europeo87 si applica anche ai Paesi terzi. La potenziale espansione di questa novella è stata limitata, da un lato, dalle espresse “esimenti” inserite all’interno dell’art. 65, par. 1, del TFUE88 e, dall’altro lato, dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia. Le disposizioni dei Trattati, difatti, permettono in ogni caso agli Stati membri sia di trattare in modo differenziato quelle situazioni che, per il luogo di residenza dell’investitore o per il luogo di collocamento dell’investimento, non sono paragonabili,

84 Corte di giustizia, causa C-196/04, Cadbury Schweppes, punto 33.

85 Corte di giustizia, sentenza 3 ottobre 2006, causa C-452/04, Fidium Finanz AG v. Bundesanstalt für

Finanzdienstleistungsaufsicht, in Racc., I-09521, punto 48. Sulla riluttanza della Corte di Giustizia nell’applicare la libera circolazione dei capitali nel caso in cui siano coinvolte più liberatà fondamentali, in dottrina si rinvia a C.H. PANAYI, The Fundamental Freedoms and Third Countries: Recent

Perspectives, cit., pp. 573 ss.

86 Direttiva del Consiglio 88/361/CEE, del 24 giugno 1988, relativa all’attuazione dell’art. 67 del Trattato

CEE.

87 L'Atto unico europeo, firmato a Lussemburgo il 17 febbraio 1986 da nove Stati membri e il 28 febbraio

1986 dalla Danimarca, dall'Italia e dalla Grecia, costituisce la prima modifica sostanziale del trattato che istituisce la Comunità economica europea. L'Atto unico europeo è entrato in vigore il 1° luglio 1987.

88 Art. 65, par. 1, del TFUE:

«Le disposizioni dell'articolo 63 non pregiudicano il diritto degli Stati membri:

a) di applicare le pertinenti disposizioni della loro legislazione tributaria in cui si opera una distinzione tra i contribuenti che non si trovano nella medesima situazione per quanto riguarda il loro luogo di residenza o il luogo di collocamento del loro capitale;

b) di prendere tutte le misure necessarie per impedire le violazioni della legislazione e delle regola- mentazioni nazionali, in particolare nel settore fiscale e in quello della vigilanza prudenziale sulle istituzioni finanziarie, o di stabilire procedure per la dichiarazione dei movimenti di capitali a scopo di informazione amministrativa o statistica, o di adottare misure giustificate da motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza».

sia di adottare le misure che ritengono necessarie per contrastare i fenomeni evasivi e quelli elusivi.

La Corte di Giustizia, inoltre, ha constatato che i movimenti di capitali provenienti da Paesi terzi o ad essi diretti si svolgono in un contesto giuridico diverso da quelli che hanno luogo in seno alla Comunità. Difatti, in ragione del grado di integrazione giuridica esistente tra gli Stati membri dell’Unione europea e, in particolare, dell’esistenza di atti legislativi comunitari in favore della cooperazione tra autorità fiscali nazionali, l’assoggettamento ad imposta da parte di uno Stato membro di attività economiche con aspetti transfrontalieri che si collocano in seno alla Comunità non è sempre paragonabile a quello di attività economiche attinenti a relazioni tra gli Stati membri e i Paesi terzi89.

Sulla base di questo ragionamento il giudice europeo ha ritenuto ammissibili le restrizioni nei confronti dei Paesi terzi, qualora ricorra una giusta motivazione, su tutte il fatto che non sia garantito un adeguato scambio di informazioni ai fini fiscali90.

In queste circostanze, tuttavia, la misura deve essere proporzionata all’obiettivo che intende perseguire, pena l’incompatibilità con il diritto europeo91.

A questo proposito va però considerata la recente sentenza Itelcar92, la quale ha aperto nuove prospettive. La Corte, difatti, nell’analizzare una disposizione portoghese che

89 Corte di giustizia, causa C-446/04, Test Claimants in the FII Group Litigation, punto 170; causa C-

101/05, Skatteverket v. A, punto 37; sentenza 23 aprile 2008, causa C-201/05, The Test Claimants in the

CFC and Dividend Group Litigation v. Commissioners of Inland Revenue, in Racc., I-02875, punto 95 e sentenza 20 maggio 2008, causa C-194/06, Staatssecretaris van Financiën v. Orange European Smallcap

Fund NV, in Racc., I-03747, punto 89. A questo proposito vanno evidenziate le Conclusioni dell’Avvocato generale L.A. Geelhoed del 6 aprile 2006, causa C-446/04, Test Claimants in the FII

Group Litigation, in Racc., I-11753, dove, al punto 121, viene affermato che «ciò che caratterizza il contesto specifico della libera circolazione dei capitali all'interno della Comunità è che essa deve essere considerata come un elemento costitutivo dell'Unione Economica e Monetaria» e che «il fatto che, con la realizzazione dell'Unione economica e monetaria, la politica monetaria venga fissata dalla Banca Centrale Europea, presuppone un'assoluta unità in termini di circolazione di denaro e capitali. Tale contesto non vige nel caso dei movimenti di capitali tra Stati membri e paesi terzi, per quanto anche a livello mondiale abbia avuto luogo una consistente liberalizzazione dei capitali. Perciò non escludo che uno Stato membro possa dimostrare che una restrizione ai movimenti di capitali con un paese terzo sia giustificata in base ad un determinato motivo, in circostanze nelle quali lo stesso motivo non servirebbe a giustificare una restrizione ai movimenti di capitali solamente tra Stati membri». Per un’analisi di questa giurisprudenza si veda C.H. PANAYI, The Fundamental Freedoms and Third Countries: Recent

Perspectives, cit., pp. 579 ss.

90 Corte di giustizia, causa C-201/05, The Test Claimants in the CFC and Dividend Group Litigation v.

Commissioners of Inland Revenue, punto 97 e causa C-101/05, Skatteverket v. A, punto 67.

91 Corte di giustizia, causa C-194/06, Staatssecretaris van Financiën v. Orange European Smallcap Fund

NV, punto 9 e causa C-446/04, Test Claimants in the FII Group Litigation, punto 172.

92 Corte di giustizia, sentenza 3 ottobre 2013, causa C-282/12, Itelcar - Automóveis de Aluguer Lda v.

prevedeva la limitata deducibilità degli interessi passivi ma limitatamente ai casi di indebitamento eccessivo nei confronti di società residenti in Paesi non appartenenti all’Unione Europea, ha evidenziato come queste restrizioni nei confronti dei Paesi terzi, per essere giustificate, oltre ad essere proporzionate all’obiettivo che intendono perseguire, non possono in ogni caso includere le situazioni in cui vi sia effettività economica, senza che venisse fatto alcun riferimento all’esistenza o meno di accordi in favore della cooperazione tra le differenti amministrazioni finanziarie93.

Alla luce di questa decisione bisognerà attendere le prossime sentenze della Corte su questo tema al fine di meglio comprendere in quale direzione si indirizzerà l’orientamento del giudice europeo. Una lettura conciliante, volta a considerare la sentenza Itelcar come una evoluzione e non come punto di discontinuità all’interno della giurisprudenza europea, potrebbe essere quella di ritenere incompatibili le misure restrittive che colpiscano le situazioni in cui vi è effettività economica solamente nel caso in cui il Paese terzo garantisca un adeguato livello di cooperazione ai fini fiscali94, risultando la fattispecie, esclusivamente in questa circostanza, meritevole di una tutela pari a quella garantita all’interno dell’Unione.

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