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3.3.2 – Le differenti questioni da affrontare

Al fine di rendere l’analisi più efficace, si ritiene opportuno evidenziare immediatamente e in modo schematico le differenti questioni che devono essere analizzate.

Queste, sostanzialmente, possono essere ricondotte a tre macroaree.

La prima riguarda le accise oggetto di armonizzazione e l’eventuale possibilità di attribuire competenze normative alle autonomie locali.

La seconda, invece, concerne l’eventualità di prevedere ulteriori imposizioni, a livello centrale e/o locale, sui prodotti già sottoposti ad accisa. La terza, infine, attiene la facoltà o meno concessa agli Satati membri o alle rispettive autonomie locali competenti per materia di stabilire delle accise sui prodotti non rientranti tra quelli oggetto di armonizzazione.

3.3.2.1. – Le accise oggetto di armonizzazione

Parlando di accise armonizzate, dal momento che si tratta di armonizzazione positiva in ambito di imposizione indiretta, come nel caso dell’imposta sulla cifra d'affari, appare utilizzabile anche in questa situazione la giurisprudenza già approfondita precedentemente in ambito iva. Quindi, mutatis mutandis, analogamente a quanto concluso anteriormente, i prodotti soggetti ad accisa armonizzata devono subire lo stesso trattamento impositivo in tutto il territorio dello Stato.

In questa circostanza, tuttavia, la possibilità di differenziare le esenzioni su base regionale dovrebbe incontrare meno riserve rispetto a quanto visto nell’iva, in quanto il livello di armonizzazione raggiunto nelle accise è decisamente inferiore.

In merito alle competenze in tema di accertamento e riscossione, queste, analogamente a quanto visto nell’iva, potranno essere affidate alle autonomie locali.

Infine, merita di essere ravvisato che l’art. 19 della Direttiva 2003/96/CE103, in tema di tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità, il quale prevede che il Consiglio, deliberando all'unanimità su proposta della Commissione, possa autorizzare gli Stati membri, per un periodo massimo di sei anni, ad applicare ulteriori esenzioni o riduzioni in base a considerazioni politiche specifiche, è stato utilizzato per permettere l’introduzione di differenziazioni su base locale in materia di accise. Questo benché la dicitura “considerazioni politiche specifiche”, in virtù dell’interpretazione restrittiva delle deroghe da sempre effettuata a livello comunitario104, apparisse circoscritta a eccezioni che dovevano essere motivate da circostanze puntuali e precise e che quindi non sembrava lasciare adito a differenziazioni su base regionale. La disposizione sotto scrutinio, ciò nonostante, è stata impiegata per consentire alla Francia di attribuire alle autonomie locali regionali, per un periodo limitato di tre anni, la facoltà di prevedere una riduzione dell’accisa sul carburante effettivamente consumato sul territorio di competenza105. Questa decisione, ovviamente, anche se non appare coerente con la normativa comunitaria sulle accise, potrebbe costituire un precedente importante in questo ambito.

3.3.2.2. - La possibilità, espressamente riconosciuta dalla direttiva, di applicare ai prodotti sottoposti ad accisa altre imposte indirette

L’art. 1, par. 2, della direttiva in oggetto106, espressamente, prevede la possibilità che gli Stati membri sottopongano i prodotti gravati da accisa ad altre imposte indirette aventi finalità specifiche, purché tali imposte siano conformi alle norme fiscali comunitarie applicabili per le accise o per l'imposta sul valore aggiunto107.

103 Direttiva del Consiglio 2003/96/CE, del 27 ottobre 2003, che ristruttura il quadro comunitario per la

tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità.

104 E. TRAVERSA, L’autonomie fiscale des Régions et des collectivités locales face au droit

communautaire, cit., p. 380.

105 Decisione del Consiglio 2005/767/CE, del 24 ottobre 2005, con la quale la Francia è stata autorizzata

ad applicare un livello di tassazione differenziata su determinati carburanti, conformemente a quanto disposto dall’art. 19 della Direttiva 2003/96/CE.

106 Ex art. 1, par. 2, direttiva 2008/118/CE. 107 Art. 1, par. 2, direttiva 2008/118/CE:

Dalla lettura della normativa emergono chiaramente i due requisiti che sono richiesti affinché questa ulteriore imposta indiretta che colpisce dei prodotti già assoggettati ad accisa sia considerata compatibile con il diritto europeo.

La prima condizione prevede che l’imposta abbia uno scopo specifico, mentre la seconda dispone che la struttura della stessa debba riprodurre le caratteristiche essenziali dell’iva o delle accise108.

Questi due requisiti, che sono cumulativi, sono stati interpretati dalla Corte di Giustizia in modo molto rigoroso. La stessa, difatti, ha sancito che gli Stati membri non possono invocare questa disposizione per raggirare gli obblighi stabiliti dalla direttiva109.

Passando all’analisi dettagliata delle due condizioni, innanzitutto, è utile evidenziare che la Corte con l’espressione finalità specifica ha escluso tout court le motivazioni basate su necessità puramente finanziarie110. Inoltre, sembra che la Corte osservi non

solo all’obiettivo in astratto che l’imposta si pone ma anche alla destinazione concreta degli importi riscossi, constatando l’esistenza o meno di una diretta connessione tra la finalità dichiarata e l’impiego dei proventi conseguiti111.

«Gli Stati membri possono applicare ai prodotti sottoposti ad accisa altre imposte indirette aventi finalità specifiche, purché tali imposte siano conformi alle norme fiscali comunitarie applicabili per le accise o per l'imposta sul valore aggiunto in materia di determinazione della base imponibile, calcolo, esigibilità e controllo dell'imposta; sono escluse da tali norme le disposizioni relative alle esenzioni».

108 Questa disposizione va letta congiuntamente con l’art. 401 della direttiva 2006/112/CE, il quale

sancisce che è vietato mantenere o introdurre imposte che abbiano le stesse caratteristiche dell’iva, ferme restando le altre disposizioni comunitarie.

109 Corte di giustizia, sentenza 10 giugno 1999, causa C-346/97, Braathens Sverige AB e Riksskatteverket,

in Racc., I-03419, punto 25. In questa sentenza la Corte chiarisce che gli Stati membri non possono colpire con un’altra imposta indiretta i prodotti che la direttiva esenta da accisa in modo specifico. Nello specifico, un tributo danese sul trasporto aereo di carattere commerciale, commisurato alle emissioni di idrocarburi e ossido d’azoto, incompatibile con il divieto contenuto nell’art. 8, n. 1, lett. b), della Direttiva del Consiglio 19 ottobre 1992, n. 91/81/CEE, perché «consentire agli Stati membri di colpire con un’altra imposta indiretta i prodotti che, come nella specie, debbono essere esonerati dall’accisa armonizzata conformemente all’art. 8, n. 1, lett. b), della direttiva 92/81, toglierebbe a tale disposizione ogni effetto utile». In modo analogo, Corte di giustizia, sentenza 25 settembre 2003, causa C-437/01, Commissione

delle Comunità europee v. Repubblica italiana, in Racc., I-09861, punto 33. Deve essere rilevato che tale interpretazione è funzionale al mantenimento di un minimo grado di armonizzazione fiscale nel settore delle accise.

110 Corte di giustizia, sentenza 24 febbraio 2000, causa C-434/97, Commissione delle Comunità europee

v. Repubblica francese, in Racc., I-01129, punto 19. La Corte, nello specifico, osserva che «questa disposizione mira a consentire agli Stati membri di stabilire, in aggiunta all'accisa minima fissata dalla direttiva sulle strutture, altre imposte indirette che perseguono una finalità specifica, cioè uno scopo che non sia di bilancio» e causa C-437/97, EKW e Wein & Co., punto 35.

111 Corte di giustizia, causa C-437/97, EKW e Wein & Co., punti 30 ss. In modo analogo E.TRAVERSA,

Relativamente al secondo requisito, invece, questo obbliga gli Stati membri a riproporre, alternativamente112, la struttura dell’iva o quella delle accise. É stato più volte evidenziato dalla Corte di Giustizia che non è necessario che vengano riproposti in modo integrale tutti gli aspetti di queste imposte, al contrario, è sufficiente che ne riflettano le caratteristiche essenziali113.

Dall’analisi combinata del testo normativo e della giurisprudenza della Corte di Giustizia, quindi, si avverte come vengano lasciati aperti alcuni margini di azione, sebbene sottoposti a condizioni stringenti, sia agli Stati membri che alle autonomie locali eventualmente competenti sulla base del riparto interno delle competenze che consentono di colpire con altre imposte indirette i prodotti già sottoposti ad accisa.

3.3.2.3. - Le imposte sui prodotti non sottoposti ad accisa e sulle prestazioni di servizi connesse ai prodotti sottoposti ad accisa

Ai sensi dell’art. 1, par. 3, della direttiva 2008/118/CE114, gli Stati membri possono applicare imposte indirette sia sui prodotti diversi da quelli sottoposti ad accisa, sia sulle prestazioni di servizi, comprese quelle connesse a prodotti sottoposti ad accisa, purché non abbiano il carattere di imposte sul volume d'affari. Dall’applicazione di tali imposte, tuttavia, coerentemente con l’obiettivo dell’instaurazione del mercato interno,

112 Cfr., Corte di giustizia, causa C-437/97, EKW e Wein & Co., punto 44, dove la Corte sottolinea che il

rispetto simultaneo di entrambe le strutture, date le loro differenze inconciliabili, sarebbe impossibile. La Corte, nel sottolineare le differenze esistenti tra l’iva e le accise, osserva che «la prima è proporzionale al prezzo dei beni che essa colpisce mentre le seconde sono calcolate, in via principale, sul volume del prodotto. Inoltre, l'IVA è riscossa in ogni fase del processo di produzione e di distribuzione (essendo in via di principio deducibile l'imposta versata a monte all'atto dell'operazione precedente), mentre le accise divengono esigibili all'atto dell'immissione in consumo dei prodotti assoggettati ad imposta (senza che intervenga un analogo meccanismo di deduzione). Infine, l'IVA è caratterizzata dalla sua generalità mentre l'accisa è imposta solo su prodotti determinati».

113 Corte di giustizia, causa C-437/97, EKW e Wein & Co., punto 47 e causa C-434/97, Commissione v.

Francia, punto 97.

114 Art. 1, para 3, direttiva 2008/118/CE:

«Gli Stati membri possono applicare imposte:

a) su prodotti diversi dai prodotti sottoposti ad accisa;

b) sulle prestazioni di servizi, compresi i servizi relativi a prodotti sottoposti ad accisa, che non abbiano il carattere di imposte sul volume d'affari.

Tuttavia, l'applicazione di tali imposte non può comportare, negli scambi tra Stati membri, formalità connesse all'attraversamento delle frontiere».

anche in questo frangente non possono derivare formalità connesse all’attraversamento delle frontiere.

Se la prima categoria non pone particolari difficoltà interpretative, la seconda merita alcune riflessioni, in modo particolare a proposito della definizione di prestazione di servizi e la linea di demarcazione esistente con la cessione di beni.

La Corte, nella sua giurisprudenza, pone l’accento, attraverso un case by case approach, sull’elemento preponderante dell’operazione analizzata, facendo propria la distinzione tra prestazione di servizi e cessione di beni sviluppata in ambito iva115.

Per la Corte, ad esempio, la vendita di bevande alcoliche costituisce una cessione di beni. Se però la stessa operazione viene svolta all’interno di un’attività di ristorazione con consumazione sul posto, questa viene qualificata come prestazione di servizi116.

Le ripercussioni che ne derivano per gli Stati membri non sono irrilevanti.

Difatti, nel primo caso, per poter essere compatibile con l’ordinamento europeo l’imposta dovrà rispettare le condizioni dello scopo specifico e della struttura similare all’iva o alle accise; nella seconda situazione, differentemente, sarà sufficiente che l’imposta non replichi l’iva in tutti i suoi aspetti essenziali, oltre a non dare luogo a formalità connesse all’attraversamento delle frontiere.

Come è emerso da questo esempio, la definizione della linea di confine tra prestazione di servizi e cessione di beni è fondamentale per determinare l’estensione dell’autonomia tributaria rimasta in capo agli Stati membri.

Anche in questa circostanza, limitandosi la direttiva ad affermare una potestà tributaria residuale in capo ai Paesi dell’Unione, questa non può che essere considerata piena sulla base delle medesime ragioni presentate nei paragrafi precedenti.

115 Sull’inopportunità dell’utilizzo della nozione elaborata dalla Corte di Giustizia in tema di iva e, quindi,

sulla necessità di una differente interpretazione della distinzione tra prestazione di servizi e cessione di beni in tema di accise, si rimanda a E.TRAVERSA, L’autonomie fiscale des Régions et des collectivités

locales face au droit communautaire, cit., p. 351 e, nel dettaglio, alla nota n. 1584.

116 Corte di giustizia, sentenza 10 marzo 2005, causa C-491/03, Ottmar Hermann e Stadt Frankfurt am

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