La L. Delega n. 42/200962, del 5 maggio, meglio nota con il nome di “federalismo fiscale”, con la quale è stata data attuazione alla riforma del Titolo V della Costituzione, ha profondamente mutato le regole alla base del finanziamento delle Regioni63.
Merita di essere subito chiarito che queste disposizioni, dato il rango costituzionale degli statuti delle autonomie speciali, trovano applicazione esclusivamente nei confronti delle Regioni a statuto ordinario.
Tuttavia, questo principio generale incontra delle deroghe e la principale è racchiusa nell’art. 10 della L. Cost. n. 3/2001, il quale stabilisce l’applicabilità delle norme attuative del novellato art. 119 Cost. anche nei confronti delle Regioni a statuto speciale nel caso in cui vengano previste forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite.
Dopo questa essenziale premessa, prima di porre l’attenzione sui principi contenuti nella legge delega, è opportuno dare uno sguardo al novellato testo della Costituzione, senza dimenticare che l’art. 5 della stessa, affermando di voler riconoscere e promuovere le autonomie locali, sancisce in modo inequivocabile che la Repubblica è una e indivisibile.
62 Ex art. 7, comma 1, lett. b), della L. Delega n. 49/2009, del 5 maggio.
63 Per un approfondimento, a titolo esemplificativo e non esaustivo, si rimanda a V.NICOTRA-F.PIZZETTI-
S. SCOZZESE (a cura di), Il federalismo fiscale, Roma, 2009, pp. 7 ss.; A.E.LA SCALA (a cura di),
Federalismo fiscale e autonomia degli enti territoriali, Torino, 2010, pp. 3 ss.; E.JORIO-S.GAMBINO-G.
D’IGNAZIO (a cura di), Il federalismo fiscale. Commento articolo per articolo alla legge 5 maggio 2009,
n. 42, Rimini, 2009, pp. 7 ss; A.URICCHIO, Il federalismo della crisi o la crisi del federalismo? Dalla
legge delega 42/2009 ai decreti attuativi e alla manovra Salva Italia, cit., pp. 23 ss.; G. BIZIOLI,
L’autonomia finanziaria e tributaria regionale, cit., pp. 133 ss.; A.GIOVANNINI, Il diritto tributario per
principi, cit., pp. 344 ss.; A.FERRARA-G.M.SALERNO (a cura di), Il «federalismo fiscale». Commento
alla legge n. 42 del 2009, Napoli, 2010, pp. 3 ss.; F.GALLO, I capisaldi del federalismo fiscale, in Dir.
prat. trib., 2009, n. 2, I, p. 219; A. GIOVANARDI, La fiscalità delle Regioni a statuto ordinario
nell’attuazione del federalismo fiscale, in Rass. trib., 2010, n. 6, pp. 1617 ss. e G.MARONGIU, Il c.d.
Il nuovo art. 119 Cost., primo comma, statuisce che i Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa; al comma successivo, invece, viene statuito che gli stessi enti territoriali hanno risorse autonome e che stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri, in armonia con la Costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, i quali sono stati individuati dalla legge delega oggetto di analisi in questo paragrafo64. Se, ad una prima lettura, potrebbe sembrare che la Costituzione compia un’apertura senza precedenti verso il modello federale, va subito precisato che la Consulta prima, come già ampiamente emerso nel corso di questo capitolo, e il legislatore delegato poi, hanno tenuto un atteggiamento molto conservativo che ha portato, a Costituzione modificata, a una sostanziale continuità rispetto al precedente impianto, quantomeno sul lato dell’autonomia tributaria.
Dapprima si deve constatare che la legge delega ha previsto un divieto generale di doppia imposizione regionale, salvo le addizionali, sui presupposti già presi in considerazione a livello statale65. Inoltre, deve essere sottolineato che è stata introdotta una riserva di presupposto a favore dello Stato66, sulla base della quale le Regioni possono istituire tributi propri solo se gravanti su presupposti non già assoggettati a imposizione da una legge statale, indipendentemente dalla titolarità del relativo gettito67, e purché rispettino il principio di continenza68.
Passando all’analisi della legge delega, deve essere evidenziato che all’art. 1 vengono prontamente smorzati i facili entusiasmi scaturiti dalla lettura del nuovo testo costituzionale. Difatti, vengono immediatamente richiamati i principi di solidarietà e di coesione sociale, palesando fin da subito l’opzione operata nei confronti di un sistema
64 Come ricorda M. LOGOZZO, Il federalismo fiscale: prospettive della legge n. 42/2009 e autonomia
finanziaria degli enti locali, cit., p. 820, «l’esigenza di un coordinamento nasce dal fatto che […] la
Repubblica, sia pure costituita, ai sensi dell’art. 114 Cost., da più Enti territoriali su un piano (almeno formale) di parità, è comunque “una” e unico deve essere il sistema tributario».
65 Art. 2, secondo comma, lett. o), della L. Delega n. 42/2009. Per una disamina di questo argomento, si
veda G.BIZIOLI, Il divieto di doppia imposizione contenuto nella legge delega in materia di “federalismo
fiscale”: elementi ricostruttivi e profili costituzionali, in A.E.LA SCALA (a cura di), Federalismo fiscale e
autonomia degli enti territoriali, Torino, 2010, pp. 185 ss.
66 Art. 7, primo comma, lett. b), della L. Delega n. 42/2009.
67 Per un approfondimento sull’argomento si rinvia a L.SALVINI, I tributi propri di Regioni, Province e
Comuni. Profili tributari, in Il Federalismo fiscale, V. NICOTRA-F.PIZZETTI-S.SCOZZESE (a cura di),
Roma, 2009, pp. 219 ss.
68 Con principio di continenza si fa riferimento al fatto che il prelievo, frutto dell’esercizio della potestà
tributaria, sia collegato alle materie oggetto di competenza regionale. Per una trattazione esaustiva e completa di questo argomento, si rinvia a F.GALLO, I capisaldi del federalismo fiscale, cit., pp. 11-12.
improntato agli aspetti solidaristici piuttosto che a quelli di competitività tra le diverse aree territoriali69. Scelta che, in modo inevitabile, conduce a una limitazione degli spazi di autonomia tributaria per privilegiare un sistema fortemente centralizzato70.
Dai principi che vengono evidenziati all’art. 271, ai quali il Governo delegato deve conformarsi ai sensi dell’art. 76 Cost., almeno un paio meritano una particolare attenzione72.
All’art. 2, secondo comma, lett. e), viene fissato il principio di territorialità73, inteso come intensa connessione tra il luogo in cui si colloca il presupposto del tributo e l’utilizzazione del relativo gettito per il finanziamento dei servizi resi ai contribuenti che partecipano alla collettività locale74.
Alla lettera p) del medesimo comma, invece, viene enunciato il principio del beneficio, definito come la tendenziale correlazione che deve sussistere tra prelievo e beneficio connesso alle funzioni esercitate sul territorio in modo da favorire la corrispondenza tra responsabilità finanziaria e amministrativa75.
Alle relazioni finanziarie tra Stato e Regioni è riservato il Capo II, composto da quattro articoli. Il primo di questi, l’art. 7 della Legge Delega, definisce la nozione di tributo regionale e contiene la previsione dei criteri territoriali di riparto dei tributi propri derivati e delle compartecipazioni fra Stato e Regioni76. L’articolo seguente, invece, si occupa delle modalità di finanziamento della spesa pubblica regionale. Questa disposizione, la quale deve essere letta congiuntamente all’art. 10 della stesa Legge
69 F.GALLO, I capisaldi del federalismo fiscale, cit., p. 222 e G.BIZIOLI, L’autonomia finanziaria e
tributaria regionale, cit., p. 137.
70 G.BIZIOLI, L’autonomia finanziaria e tributaria regionale, cit., p. 137.
71 F.BASSANINI-G.MACCIOTTA, Oggetto e finalità della legge (Commento all’art. 2), in V.NICOTRA-F.
PIZZETTI-S.SCOZZESE, Il federalismo fiscale, Roma, 2009, p. 25, sottolineano che l’art. 2 costituisce il
cuore della legge poiché individua i principi e le regole, al più elevato livello di generalità, a cui deve essere informata tutta la legge delega e, in particolare, l’attuazione dell’art. 119 Cost.
72 Quindi, come sottolineato da G.BIZIOLI, L’autonomia finanziaria e tributaria regionale, cit., p. 137,
«duplice è la funzione delle disposizioni relative al coordinamento del sistema di finanza pubblica e tributario. Per un verso, tali principi si devono qualificare come principi e criteri direttivi ai sensi dell’art. 76 Cost. e, per altro verso, come attuazione dell’art. 117, comma 3, Cost.». La duplice valenza dei principi è evidenziata anche da L.PERRONE, I tributi regionali propri derivati, in Rass. trib., 2010, n. 6,
pp. 1599-1600 e G.FRANSONI -P.RUSSO, Coordinamento del sistema tributario, in Rass. trib., 2010, n. 6, pp. 1579-1580.
73 Lo stesso principio di territorialità è ripreso anche alla lettera hh) del medesimo comma. 74 F.GALLO, I principi del federalismo fiscale, in Dir. prat. trib., 2012, n. 1, I, pp. 9-10. 75 F.GALLO, I principi del federalismo fiscale, cit., p. 5.
76 Per un approfondimento si rinvia a L. ANTONINI, La manovrabilità dei tributi propri. Commento
all’art. 7, in V.NICOTRA-F.PIZZETTI-S.SCOZZESE (a cura di), Il federalismo fiscale, Roma, 2009, pp. 127
ss. e L. ANTONINI, le linee essenziali del nuovo federalismo fiscale, in A.E.LA SCALA (a cura di),
Delega, classifica le diverse tipologie di spesa regionale e ne individua le differenti modalità di finanziamento e le risorse finanziarie utilizzabili77. L’art. 9, infine, individua le caratteristiche del fondo statale perequativo78.
L’attuazione della delega ad opera del D. Lgs. 68/201179, noto come “federalismo fiscale regionale”, è stata, come già anticipato, di stampo conservativo.
Innanzitutto, deve essere subito precisato che, sul versante dell’autonomia fiscale, sia la struttura che i contenuti del sistema tributario regionale sono rimasti pressoché invariati. Difatti, non si possono ritenere innovative le misure contenute nel decreto delegato che rideterminano le addizionali erariali80, le norme che individuano le compartecipazioni al gettito di tributi statali81 e nemmeno quelle che confermano la titolarità in capo alle Regioni di quei tributi già riconosciuti alle stesse, sia per quanto riguarda limitati margini di manovrabilità che in merito alla destinazione del gettito, dalla legislazione vigente82. L’unico elemento di novità, che però non può essere considerato rilevante in
quanto inciderà sul gettito in modo molto modesto83, è rappresentato dalla trasformazione in tributi propri regionali di alcuni balzelli marginali come la tassa per l'abilitazione all'esercizio professionale, l'imposta regionale sulle concessioni statali dei beni del demanio marittimo, l'imposta regionale sulle concessioni statali per l'occupazione e l'uso dei beni del patrimonio indisponibile, la tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche regionali, le tasse sulle concessioni regionali, l'imposta sulle emissioni sonore degli aeromobili84.
Il mutamento principale, diversamente, è stato registrato nella modalità di finanziamento degli enti territoriali85. L’art. 1 della Legge Delega, difatti, ha sancito il
77 Per uno studio analitico di queste disposizioni si faccia riferimento ad A.POGGI, Costi standard e livelli
essenziali delle prestazioni. Commento agli artt. 2, 7, 8, 9, 10 e 20, in V. NICOTRA-F. PIZZETTI-S. SCOZZESE (a cura di), Il federalismo fiscale, Roma, 2009, pp. 109 ss.
78 Per un approfondimento si veda A.ZANARDI, La perequazione regionale. Commento all’art. 9, in V.
NICOTRA-F.PIZZETTI-S.SCOZZESE (a cura di), Il federalismo fiscale, Roma, 2009, pp. 99 ss. e A.E.LA
SCALA, L’attuazione del c.d. “federalismo fiscale” nei rapporti Stato-Regioni, in A.E.LA SCALA (a cura di), Federalismo fiscale e autonomia degli enti territoriali, Torino, 2010, pp. 145 ss.
79 D. Lgs. 6 maggio 2011, n. 68. 80 Ex artt. 2 e 6 del D. Lgs. n. 68/2011.
81 Ex artt. 4 e 8, comma 5, del D. Lgs. n. 68/2011. 82 Ex art. 8, commi 2 e 3, del D. Lgs. n. 68/2011.
83 A.GIOVANNINI, Il diritto tributario per principi, cit., p. 346. 84 Ex art. 8, comma 1, del D. Lgs. n. 68/2011.
85 G.BIZIOLI, L’autonomia finanziaria e tributaria regionale, cit., pp. 151 ss.;F.AMATUCCI, L’attuazione
del federalismo fiscale solidale attraverso la legge delega n. 42/2009, in A.E. LA SCALA (a cura di),
Federalismo fiscale e autonomia degli enti territoriali, Torino, 2010, pp. 101-102 e A. URICCHIO, Il
passaggio dal finanziamento in ragione della spesa storica, ovvero della spesa effettiva degli anni precedenti, al fabbisogno standard. Più precisamente, per quanto concerne le Regioni, il fabbisogno standard, una volta che la riforma andrà a regime, si applicherà alla sanità, all’assistenza sociale, all’istruzione e, almeno parzialmente, al trasporto locale.
Va prontamente chiarito che il fabbisogno standard è la risultante di due elementi: da un lato la fissazione dei “livelli essenziali delle prestazioni”, dall’altro lato l’individuazione del costo unitario di una prestazione.
La definizione dei “livelli essenziali delle prestazioni” è una decisione essenzialmente politica. Si dovranno individuare, a titolo esemplificativo, il numero di posti letto ospedalieri per abitanti o i posti nido.
La quantificazione, al contrario, è un’operazione di natura economica, da cui deriverà la stabilità della riforma. Con l’introduzione dei costi standard, il finanziamento sarà effettuato in ragione di un costo uguale per tutte le Regioni, indipendentemente da quanto effettivamente sostenuto. Di conseguenza, se il costo standard verrà fissato a un livello troppo basso, verosimilmente non sarà sostenibile per le Regioni meno efficienti. L’aspetto paradossale è che questa riforma ha previsto la determinazione statale, quindi unitaria, di costi standard applicabili indistitntamente a tutti gli enti territoriali. In altre parole, il decentramento finanziario viene realizzato attraverso l’accentramento a livello statale dei meccanismi di determinazione del fabbisogno finanziario.
A regime, le conseguenze per le Regioni meno efficienti potranno essere sostanzialmente due: la riduzione del costo della prestazione ovvero, nel caso in cui questa via non risulti percorribile, un assottigliamento dell’offerta dei servizi associato ad un aumento dell’imposizione tributaria, attraverso l’incremento del costo delle prestazioni sanitarie che verrà sopportato dai fruitori dei servizi, quindi con conseguenze non trascurabili per ciò che concerne l’equità.
Si passerebbe, in sostanza, da una fiscalità contributiva, basata sulla capacità contributiva dei contribuenti, a una fiscalità retributiva, connessa all’utilizzazione dei servizi.
manovra Salva Italia, pp. 64 ss., il quale, a p. 68, sottolinea che «più che il costo standard è lo standard
In conclusione, quindi, con l’etichetta di “federalismo fiscale” è stata approvata una riforma che di federale ha ben poco86, avendo invece come scopo precipuo quello di dare una risposta all’inefficienza della spesa pubblica87. Pertanto, attraverso la determinazione a livello centrale dei costi unitari dei servizi offerti dagli enti territoriali, si vuole cercare di contenere e di razionalizzare la spesa pubblica, responsabilizzando le autonomie locali.
Il federalismo, al contrario, si fonda su una logica che è l’esatto opposto. In un sistema federale, difatti, l’ente territoriale dovrebbe avere la possibilità di scegliere l’ammontare delle risosrse che ritiene opportuno destinare a un determinato servizio, individuandone contestualmente anche la qualità dello stesso. Sulla base di queste decisioni, poi, l’ente territoriale dovrebbe stabilire il livello impositivo locale al fine di poter reperire le risorse necessarie per l’espletamento dei servizi che deve erogare ai cittadini.