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3.2.4 Le implicazione connesse all’autonomia tributaria degli enti decentrat

Da una attenta disamina della normativa appare indubbio che i margini di azione sulle aliquote siano conferiti esclusivamente agli Stati membri.

Queste disposizioni, difatti, avendo lo scopo di definire in modo positivo e di dare efficacia concreta all’oggetto della direttiva omogeneizzando, per quanto possibile, l’imposta sulla cifra d’affari nei vari Stati dell’Unione, non possono che essere lette in modo restrittivo.

In caso contrario, verrebbe contraddetta la finalità stessa alla base dell’emanazione della direttiva, cioè quella di armonizzare le legislazioni relative alle imposte sulla cifra d’affari a livello europeo creando un modello unitario e riducendo le discrepanze tra i singoli ordinamenti. In conclusione, una interpretazione che vada in tale direzione non appare coerente con l’obiettivo precipuo di instaurare un mercato interno dove sia garantita la libera circolazione delle merci e dei servizi e, per questa ragione, deve essere considerata incompatibile.

Diverso è il discorso collegato alle esenzioni, in quanto queste, essendo basate su esigenze socio-culturali meritevoli di particolare attenzione, potrebbero essere ritenute differenziabili anche all’interno dei singoli Paesi dell’Unione con la finalità di dare risposte concrete alle specificità dei differenti enti territoriali. Va altresì evidenziato che, per ragioni di semplicità e di praticità, potrebbe essere sostenuto che un’applicazione uniforme delle agevolazioni su tutto il territorio dei singoli Stati membri debba essere considerata opportuna se non necessaria.

Per ciò che concerne le competenze in tema di accertamento e riscossione dell’imposta, differentemente, queste possono essere indubbiamente attribuite alle autonomie locali affinché si possa pervenire a una migliore attuazione effettiva dell’imposta. A questo proposito, deve immediatamente essere rilevato che i profili sono diversi. Difatti, esiste sia l’aspetto collegato alla disciplina, che poggia sulla potestà legislativa, sia quello connesso all’esecuzione della stessa, che è correlato all’attribuzione del potere di accertamento. Questo atteggiamento dell’Unione, nella misura in cui ammette la possibilità che gli Stati membri attribuiscano funzioni rilevanti agli enti decentrati in tema di accertamento e riscossione dell’iva, rispettando l’organizzazione interna e la

distribuzione dei poteri sancita dai singoli ordinamenti nazionali, rivela un riconoscimento positivo dell’importanza delle autonomie locali che non può essere sottovalutato.

Infine, deve essere precisato che l’art. 401 della direttiva 2006/112/CEE delinea in modo positivo la potestà impositiva residuale che viene lasciata in capo agli Stati membri in tema di imposte indirette, ferme restando le altre disposizioni europee. Di conseguenza, il divieto emergente da quella disposizione viene ricavato in maniera indiretta.

Detto in altri termini, l’articolo sopraindicato concede agli Stati membri la possibilità di introdurre imposte indirette purché queste non presentino le caratteristiche essenziali dell’iva. Questa facoltà, bisogna sottolinearlo, deve essere attribuita non solo agli Stati membri ma anche alle autonomie locali eventualmente competenti sulla base dell’ordinamento interno. La direttiva, difatti, non includendo nel suo oggetto queste ulteriori imposte e limitandosi a confermarne la legittimità, non può in alcun modo restringere la potestà impositiva degli Stati membri, la quale, nel rispetto delle altre disposizioni europee, resta assoluta. Tutto ciò è avvalorato dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia che, in questo ambito, ha negato la rilevanza del fatto che l’imposta trovi applicazione esclusivamente in una zona delimitata di un Paese membro89.

Dall’applicazione di tali imposte indirette, tuttavia, coerentemente con l’obiettivo dell’instaurazione del mercato interno, non possono derivare formalità connesse all’attraversamento delle frontiere.

89 Cfr., Corte di giustizia, causa C-109/90, NV Giant v. Comune di Overijse, quando era in discussione la

compatibilità di un’imposta comunale; cause riunite C-338/97, C-344/97 e C-390/97, Erna Pelzl e al., in tema di leggi sul turismo istituiti da tre differenti Länder austriaci e causa C-437/97, EKW e Wein & Co., nell’ambito ancora una volta di una tassa comunale.

3.3. - Le accise

3.3.1. - Introduzione

Le accise, a differenza dell’iva, non costituiscono un’imposta generale sul consumo ma colpiscono unicamente l’utilizzo di determinati prodotti, quali i tabacchi, le bevande alcoliche e i prodotti energetici, che sono tassativamente elencati nella direttiva90. Queste, visto che il loro scopo è quello di disincentivare il consumo dei prodotti su cui gravano91, rientrano tra i tributi con finalità extra-fiscali.

La normativa attualmente in vigore è disciplinata dalla direttiva 2008/118/CE92. Dai considerando presenti all’inizio del testo approvato dal Consiglio, appare evidente come, anche in questa occasione, l’intervento sia stato adottato al fine di agevolare il conseguimento e il corretto funzionamento del mercato interno93.

L’armonizzazione raggiunta in questo settore, la quale resta però inferiore rispetto a quella ottenuta in ambito iva94, è fondata sulla distinzione esistente tra il fatto

generatore dell’imposta e il momento in cui questa diviene esigibile.

Il presupposto dell’imposta, ai sensi dell’art. 2 della direttiva 2008/118/CE95, si realizza quando il prodotto viene fabbricato. L’esigibilità della stessa, invece, sulla base di

90 Per un approfondimento sulle accise in generale e, più nello specifico, su quelle armonizzate a livello

europeo si veda R.SCHIAVOLIN, Accise, in Enc. Dir., Agg. IV, Milano, 2000, pp. 22 ss.; A.DE CICCO-G.

CULTRERA, Accise, in Dig. disc. priv. Sez. comm., Agg. III, Torino, 2007, pp. 14 ss.; A.DE CICCO, Accise

(dir. trib), in Enc. Giur. Treccani, I, Roma, 2008, pp. 1 ss. e M.SCUFFI-G.ALBENZIO-M.MICCINESI (a cura di), Diritto doganale, delle accise e dei tributi ambientali, Milano, 2013, pp. 641 ss.

91 Le accise, generalmente, vengono applicate a quei beni che sono considerati dannosi, nocivi o

superflui. In dottrina, inoltre, viene evidenziato che questi tributi colpiscono principalmente prodotti la cui domanda è relativamente inelastica rispetto al prezzo. Su quest’ultimo aspetto si veda E.TRAVERSA,

L’autonomie fiscale des Régions et des collectivités locales face au droit communautaire, cit., p. 293, e,

in particolare, la nota n. 1266.

92 Direttiva del Consiglio 2008/118/CE, del 16 dicembre 2008, relativa al regime generale delle accise

che ha abrogato la direttiva 92/12/CEE. Va inoltre specificato che le differenti categorie di prodotti sottoposti ad accisa, quindi i tabacchi, le bevande alcoliche e i prodotti energetici, sono poi a loro volta oggetto di direttive specifiche che consentono di meglio perseguire l’obiettivo dell’armonizzazione.

93 Si veda il considerando n. 2 della direttiva 2008/118/CE.

94 Il minore livello di armonizzazione è agevolmente riscontrabile anche dal fatto che, mentre la direttiva

in ambito iva contiene 414 articoli, quella sulle accise ne prevede 50. Questo, si ritiene opportuno sottolinearlo, è dovuto, da un lato, alle profonde differenze legislative esistenti in questo settore tra i vari Paesi e, dall’altro lato, al fatto che il processo di armonizzazione nel settore delle acccise è abbastanza recente. Difatti, il primo intervento risale alla direttiva del Consiglio 92/12/CEE, del 25 febbraio 1992. Questo ritardo, alla luce dell’allargamento dei Paesi membri che si è verificato nel corso degli anni e visto che, in materia fiscale, le decisioni del Consiglio devono essere assunte all’unanimità, ha sicuramente comportato molte più difficoltà nel percorso di armonizzazione.

quanto stabilito dall’art. 7, para. 1, della stessa96, si verifica solo nel momento dell’immissione in consumo97, elemento questo che determina lo Stato a cui spetta la riscossione dell’imposta98.

Nel caso in cui i beni immessi in consumo in uno Stato vengano poi trasportati in un differente Paese membro, le accise diventano esigibili in quest’ultimo e, proprio per questa ragione, gli importi pagati nello Stato di partenza divengono rimborsabili99. Questa regola non trova però applicazione nei confronti dei prodotti acquistati da privati per uso personale e trasportati dai medesimi in un altro Paese dell’Unione100. A questo proposito va sottolineato che gli Stati sono liberi di stabilire dei livelli indicativi, che in ogni caso non possono essere inferiori alle quantità indicate nella direttiva101, al di sopra dei quali i beni in oggetto si presumono non acquistati per uso personale. Questi livelli indicativi, ad ogni modo, fungono esclusivamente come elementi di prova e, di conseguenza, al privato dovrà sempre essere riconosciuta la possibilità di dimostrare il contrario, questo al fine di garantire l’osservanza del principio su cui si basa il mercato interno, ovvero la tassazione dei prodotti nel Paese d’origine102.

95 Art. 2 direttiva 2008/118/CE:

«I prodotti sottoposti ad accisa sono soggetti a tale imposta all'atto:

a) della loro fabbricazione, compresa, se applicabile, l'estrazione, nel territorio della Comunità; b) della loro importazione nel territorio della Comunità».

96 Art. 7, par. 1, direttiva 2008/118/CE:

«L'accisa diviene esigibile al momento e nello Stato membro dell'immissione in consumo».

97 Con immissione in consumo si intende l’uscita del prodotto da un regime di sospensione, e comprende

altresì le circostanze in cui l’uscita sia irregolare, come in caso di furto. Cfr., Corte di giustizia, sentenza 5 aprile 2001, causa C-325/99, G. van de Water e Staatssecretaris van Financiën, in Racc., I-02729, punto 35 e sentenza 13 dicembre 2007, causa C-374/06, BATIG Gesellschaft für Beteiligungen mbH e

Hauptzollamt Bielefeld, in Racc., I-11271, punto 29. Sulla nozione di causa di forza maggiore, fra le tante, Corte di giustizia, sentenza 18 settembre 2007, causa C-314/06, Société Pipeline Mediterranée et

Rhône (SPMR) e Administration des douanes et droits indirects, Direction nationale du renseignement et des enquêtes douanières (DNRED), in Racc., I-12273. Riguardo alla giurisprudenza interna, il cui orientamento non diverge da quello della Corte di Giustizia, si rinvia alle sentenze della Corte Cost. n. 185/2011, del 10 giugno 2011, e n. 115/2010, del 25 marzo 2010. Inoltre, attualmente, va segnalato che su questo tema è pendente presso la Corte Cost. il ricorso n. 27/2014, depositato il 27 marzo 2014, dal Presidente del Consiglio dei Ministri avverso l'art. 1, comma 1, della Legge della Regione Sardegna n. 7, del 21 gennaio 2014, con la quale è stato previsto che nelle entrate spettanti alla Regione sono comprese anche le imposte di fabbricazione, su tutti i prodotti che ne siano gravati, generati nel territorio regionale anche se riscosse nel restante territorio dello Stato.

98 Ex art. 7, par. 1, direttiva 2008/118/CE. 99 Ex artt. 11 e 33 direttiva 2008/118/CE. 100 Ex art. 32 direttiva 2008/118/CE. 101 Ex art. 32, par. 3, direttiva 2008/118/CE.

102 E. TRAVERSA, L’autonomie fiscale des Régions et des collectivités locales face au droit

communautaire, cit., p. 296. Anche in questa circostanza, quindi, emerge chiaramente il carattere

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