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4 Il modello italiano e quello spagnolo a confronto

L’autonomia asimmetrica, come quella delineata all’interno dei due ordinamenti descritti nei precedenti paragrafi di questo capitolo, evidenzia quindi un modello in cui l’autonomia degli enti territoriali viene adeguata alle particolari condizioni storiche, economiche e sociali delle differenti regioni183. Ogni ente, in questo contesto, viene

pertanto dotato di potestà esclusive e specifiche, le quali consentono di esprimere sul piano giuridico le caratteristiche peculiari delle differenti aree184.

In entrambi i Paesi, questa autonomia differenziata trova origine in una differente attribuzione di competenze, che si riflette sia in un distinto metodo di finanziamento sia

180 Artículo 42.1.b) del Estatudo del País Vasco:

«Los rendimientos de los impuestos propios de la Comunidad Autónoma que establezca el Parlamento Vasco, de acuerdo con lo establecido en el articulo 157 de la Constitución y en la Ley Orgánica sobre financiación de las Comunidades Autónomas».

181 Lo stesso principio viene ripreso dall’art. 34.1.b) del Decreto legislativo n. 1/1997, in tema di

“Principios Ordenadores de la Hacienda General del País Vasco”.

182 A.GONZÁLEZ LÓPEZ, La reforma del artículo 135 de la Constitución y su incidencia en la Ley de

Concierto, in Revista Vasca de Administración Pública, 2012, n. 92, pp. 57 ss.

183 C.D.TARLTON, Symmetry and Asymmetry as Elements of Federalism: A Theoretical Speculation, in J.

Pol., 1965, pp. 861 ss., specialmente p. 869.

nell’attribuzione di una diversificata potestà impositiva, sempre nel rispetto di determinati vincoli, sia esterni che interni.

Dal punto di vista delle funzioni, sia le CC.AA. di regime forale che le Regioni a statuto speciale godono di responsabilità di gran lunga più estese rispetto a quelle conferite, rispettivamente, alle CC.AA. di regime comune e alle Regioni a statuto ordinario. Sul fronte degli strumenti di finanziamento, in estrema sintesi, dall’analisi effettuata sono emerse due differenti modalità.

La prima, che si applica nei confronti delle CC.AA. di regime forale, poggia, da un lato, sull’attribuzione all’ente territoriale delle risorse derivanti dalle imposte oggetto di accordo e, dall’altro lato, sul versamento da parte della CC.AA. allo Stato di una somma che cerca di quantificare il costo dei servizi svolti a livello centrale dei quali beneficia anche l’ente territoriale.

La seconda, che riguarda le CC.AA. di regime comune e le Regioni italiane, sia quelle ordinarie185 che quelle speciali, si basa, essenzialmente, su compartecipazioni a tributi statali.

Il fatto che, nella determinazione del finanziamento, in nessuna circostanza i tributi propri rivestano un ruolo cruciale o rilevante ci porta a concludere che questi enti sono accomunati dall’essere dotati di un’autonomia che è classificabile, prevalentemente, come di spesa e non di entrata186. Ovvero, detto in altri termini, nell’ambito delle funzioni da essi esercitate hanno soprattutto la facoltà di decidere come impiegare le risorse che gli vengono garantite.

Sul versante delle entrate, all’opposto, il margine di azione riservato alle autonomie regionali appare abbastanza limitato. Questo punto merita però un paio di precisazioni. Prima di tutto, per ciò che concerne le CC.AA. di regime comune, la CC.AA. dei Paesi Baschi e le Regioni a statuto ordinario, la loro autonomia impositiva è circoscritta a livello normativo dal divieto di doppia imposizione che limita significativamente gli spazi d’azione delle autonomie locali. La CC.AA. della Navarra e le Regioni a statuto speciale, invece, dal momento che nei loro confronti non opera nessun divieto di doppia imposizione rispetto al sistema statale, sono dotate di un’ampia potestà impositiva, della

185 I trasferimenti statali su cui, in precedenza, era basato il finanziamento delle Regioni a statuto

ordinario, difatti, sono stati soppressi dall’art. 1 del D. Lgs. n. 68/2011.

186 A una simile conclusione giunge anche G.G.CARBONI, Federalismo fiscale comparato, Napoli, 2013,

quale, però, non si sono mai pienamente avvalse, soprattutto per l’abbondanza di risorse che gli viene garantita dalle norme contenute nei rispettivi statuti187.

Secondariamente, si è osservato come, mentre in Italia le addizionali sono state fortemente impiegate dalle Regioni al fine di incrementare le proprie entrate, queste non si sono mai diffuse in Spagna.

Inoltre, è emerso che, in entrambi gli ordinamenti, le principali possibilità di manovra concesse agli enti territoriali sui tributi propri derivati, se si esclude l’imposta sul reddito delle persone fisiche spagnola, sono costituite dalla formulazione di esenzioni e/o detrazioni d’imposta. Queste facoltà sono state utilizzate da tutti gli enti territoriali, in modo particolare dalle CC.AA. spagnole, le quali sono state costrette ad aumentare l’imposizione indiretta al fine di mantenere il livello impositivo effettivo globale equivalente a quello esistente a livello statale.

In Spagna, in aggiunta, il fatto che si tratti di un’autonomia principalmente di spesa è corroborato dall’art. 6.2 LOFCA. Questo, sulla base dell’art. 133 della Cost.188 che attribuisce la potestà originaria di istituire tributi in via esclusiva allo Stato, prevede la possibilità che il livello statale possa attrarre all’interno della sua sfera di competenza i tributi propri eventualmente istituiti dalle autonomie locali, imponendo allo Stato il solo obbligo di garantire, alle CC.AA. che avevano esercitato la propria potestà impositiva in tale ambito, una compensazione finanziaria per controbilanciare il minor gettito derivante dalla sottrazione al livello locale di quella particolare fattispecie imponibile. Sul fronte della responsabilità, invece, va notato che attualmente, almeno da un punto di vista teorico189, sono solo le autonomie speciali che dovrebbero subire le conseguenze

187 Sia i territori delle CC.AA. di regime forale che quelli delle Regioni a statuto speciale, difatti, sono

costituiti da zone ricche ed economicamente sviluppate. Il gettito derivante dalle compartecipazioni, quindi, è pienamente sufficiente per finanziare le funzioni che devono svolgere. L’unica eccezione è rappresentata dalla Regione Sicilia, la quale, invece, non ha mai sfruttato pienamente la propria capacità impositiva, principalmente, per due motivi. Prima di tutto per ragioni storiche, ispirate alla teoria economica della separazione delle fonti statale e regionale, a causa delle quali la Regione ha atteso, invano, che lo Stato distinguesse le materie imponibili riservate alla competenza statale da quelle destinate al livello regionale, per poter poi intervenire su queste ultime. Secondariamente, per motivazioni strettamente politiche, al fine di evitare un giudizio negativo da parte degli elettori per un incremento della pressione fiscale che avrebbe colpito esclusivamente quella Regione dell’Italia.

188L’art. 133.1 de la Costitucion Española statuisce che «la potestad originaria para establecer los

tributos corresponde exclusivamente al Estado, mediante ley».

189 Queste auonomie, generalmente, non hanno problemi di sottofinanziamento rispetto al fabbisogno di

cui hanno bisogno. A queste fa eccezione la Sicilia, la quale però non ha mai effettivamente sopportato le conseguenze della sua dissestata gestione. Difatti, per decisioni strettamente politiche, è sempre stato lo Stato centrale che è intervenuto per coprire i deficit creati a livello regionale.

di una cattiva amministrazione, in quanto il loro finanziamento è definito dal livello delle compartecipazioni loro spettanti.

Gli altri enti territoriali, le CC.AA. di regime comune e le Regioni a statuto ordinario, invece, non si fanno carico in prima persona delle conseguenze negative di una gestione irresponsabile delle risorse. Questo perché entrambe, sostanzialmente, sono finanziate sulla base del fabbisogno storico che, con un meccanismo perverso, finisce per rimunerare gli enti locali meno responsabili e poiché, in caso di un incremento del fabbisogno, le risorse addizionali vengono costantemente trasferite dallo Stato centrale senza che venga previsto un obbligo di restituzione delle stesse190.

Un punto di discontinuità tra le CC.AA. di regime comune e le Regioni a statuto ordinario emergerà nel momento in cui entreranno in vigore i costi standard, poiché da quel momento, come si è cercato di illustrare, tutte le Regioni italiane dovranno farsi carico delle loro inefficienze attraverso l’incremento del carico fiscale nei confronti dei propri contribuenti o degli usufruitori dei servizi forniti191. In questo modo dovrebbe instaurarsi una stretta correlazione fra principio democratico e concorso alla spesa pubblica, che si manifesterà tramite il controllo del potere politico e la responsabilità degli amministrati nella gestione della cosa pubblica192.

190 Questo atteggiamento dello Stato volto a farsi carico delle inefficienze locali è con tutta probabilità

connesso al fatto di voler garantire un’attuazione concreta ai principi di eguaglianza e di solidarietà, i quali sono alla base sia dell’ordinamento spagnolo che di quello italiano.

191 G.MELIS, La c.d. “fiscalità di vantaggio” nella delega sul federalismo fiscale e gli aiuti di Stato:

alcune riflessioni, in A.E.LA SCALA (a cura di), Federalismo fiscale e autonomia degli enti territoriali, Torino, 2010, pp. 109 ss. e G. MELIS, La delega sul federalismo fiscale e la cosiddetta “fiscalità di

vantaggio”: profili comunitari, in Rass. trib., 2009, n. 4, pp. 1009 ss., il quale evidenzia che «se si guarda

alle più precise indicazioni sui modi di finanziamento previsti dalla legge delega per le Regioni a statuto ordinario, parrebbe che l’eliminazione dei trasferimenti e l’applicazione del fondo perequativo ai fini del finanziamento integrale dei LEP [livelli essenziali delle prestazioni] e solo parziale delle altre spese renda le Regioni a statuto ordinario, dal punto di vista finanziario, destinatarie delle conseguenze delle proprie scelte, enucleandole quale modello di riferimento territoriale al cui interno sindacare, sotto il profilo della selettività, eventuali agevolazioni territoriali. Dunque, un assetto finanziario proprio di uno schema responsabilizzante i comportamenti fiscali e di spesa locali, in cui l’ammontare dei trasferimenti perequativi riconosciuti è indipendente dalle variazioni di aliquota (o di altri elementi) autonomamente decise dal governo locale sui tributi nazionali e/o sui tributi propri (derivati o propri stricto sensu), sia in termini di aumento (potendo pertanto il governo locale appropriarsi pienamente delle maggiori entrate generate dal proprio sforzo fiscale, compreso il recupero dell’evasione), sia in termini di riduzioni (non facendosi carico, lo Stato centrale, degli sgravi decisi localmente). In questo senso, parrebbe poter essere inteso il significato dell’espressione “con l’esclusione delle variazioni di gettito prodotte dall’esercizio dell’autonomia tributaria” di cui all’art. 9, comma 1, lettera c), n. 1), della delega».

192 G.BIZIOLI, L’autonomia finanziaria e tributaria regionale, cit., p. 51 e A.PUBUSA, Art. 119, in G.

BRANCA (a cura di), Commentario alla Costituzione. Artt. 114-120. Le Regioni, le Province, i Comuni,

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