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Altre forme di monitoraggio: i patti torines

Nel documento Manuale di diritto dei beni comuni urbani (pagine 171-173)

LE FORME DEL GOVERNO CONDIVISO E LE FORME DI SOSTEGNO

6.4. Altre forme di monitoraggio: i patti torines

La Città di Torino ha sottoscritto patti di collaborazione particolarmente complessi e ha elaborato alcune soluzioni interessanti per il governo condiviso dei beni comuni.

Facciamo riferimento ai primi schemi di patto di collaborazione approvati dalla Giunta comunale. Queste soluzioni vengono quindi esaminate da un punto di vista prettamente teorico, in quanto nel momento in cui scriviamo i patti non sono ancora operanti.

Patto per il Centro Interculturale

Un primo modello di governo condiviso è quello del patto per la riqualificazio- ne e l’espansione delle attività del Centro Interculturale della Città di Torino. Il patto prevede la co-gestione di spazi e attività del centro interculturale comunale con le associazioni proponenti. La collaborazione viene organizzata tramite un organo detto “board esecutivo”, composto da rappresentanti dei proponenti, del centro interculturale e da rappresentanti tecnici e politici della circoscrizione di riferimento. Il board si riunisce almeno tre volte all’anno: infatti non gli sono attribuiti compiti di vera e propria gestione ordinaria, ma di programmazione sul medio lungo periodo e di monitoraggio e valutazione dell’impatto delle at- tività oggetto del patto sulla comunità locale. L’organo deve anche elaborare un documento che dia conto della gestione finanziaria del patto. Il board è suddiviso in aree tematiche basate sulle attività oggetto del patto.

Pur essendo piuttosto semplice – con un solo organo – quello del board esecu- tivo è un modello di gestione interessante, che permette alle parti del patto di avere un luogo di confronto dove programmare le attività e valutarne gli effetti.

Patto Falklab

Il patto prevede il potenziamento e lo sviluppo delle attività svolte in una struttura di proprietà comunale nel quartiere Falchera. Il progetto, già attivo da alcuni anni con positive ricadute sulla vita della comunità locale, sarà formalizzato in un patto di collaborazione tra la Città e un raggruppamento di associazioni che costituiscono la comunità di riferimento del bene comune.

Questo patto prevede la gestione condivisa di un immobile e l’organizzazione di numerose attività a scopo sociale. Inoltre, esso coinvolge numerosi soggetti, dal momento che dieci associazioni formano il raggruppamento. Il modello di governo predisposto riflette questa complessità e istituisce due diversi organi: 1) una “Assemblea del soggetti che compongono il raggruppamento di associazioni”, che si riunisce almeno quattro volte l’anno, con funzioni di programmazione e coordinamento delle attività del patto; in concomitanza con le riunioni dell’As- semblea si svolgono anche gli incontri di monitoraggio con la partecipazione di rappresentanti della Città, per verificare l’andamento delle attività, risolvere eventuali problemi nell’amministrazione ed elaborare le relazioni semestrali da presentare all’amministrazione; 2) una “Cabina di regia” composta da rappresen- tanti del raggruppamento di associazioni, della Città e della circoscrizione, che

si riunisce almeno due volte l’anno con funzioni di programmazione generale, approvazione delle spese e con competenze sulla scelta di soggetti per eventuali collaborazioni.

Nel patto viene introdotto anche un innovativo strumento di auto-gestione del bene comune, il “Disciplinare d’uso”, che è approvato dall’Assemblea e regola le modalità di accesso e utilizzo del bene e delle attività, la gestione e i profili relativi alle responsabilità, alle coperture assicurative e alla contribuzione dei soggetti coinvolti. Esso costituisce un caso di produzione normativa dal basso, avvicinabile alle Dichiarazioni di uso civico e collettivo di cui ci occuperemo nel capitolo 9. Si tratta di uno strumento che favorisce e incentiva l’auto-organizzazione e l’au- tonomia dei cittadini attivi nella gestione e cura dei beni comuni e rappresenta un notevole avanzamento nella promozione di queste pratiche.

Il Disciplinare predisposto dai cittadini attivi viene trasmesso all’amministra- zione per una verifica che ragionevolmente dovrebbe limitarsi alla compatibilità con i principi sottesi alla materia e, in particolare, con l’uso pubblico del bene.

Patto per la riqualificazione degli spazi di via Le Chiuse 66 – Progetto Habitat

Il patto di collaborazione verrà stipulato con alcune associazioni per la rea- lizzazione di attività a finalità sociale in un immobile in parte già utilizzato dai Servizi Sociali della Città di Torino.

La collaborazione prevede, dunque, non solo l’organizzazione di attività, ma anche la gestione condivisa tra più soggetti e la cura di un immobile.

Anche in questo caso il modello di governo è piuttosto complesso, con la cre- azione di più organi: 1) un “Tavolo di progetto”, che si riunisce ogni due setti- mane, composto dai rappresentanti delle associazioni proponenti: in questa sede vengono concretamente programmate, organizzate e gestite le attività di concerto con i Servizi Sociali della Città di Torino che condividono gli spazi; al “Tavolo di progetto” compete anche l’elaborazione di documenti di programmazione e di monitoraggio, anche economico, delle attività; 2) un “Collegio dei partecipanti” che si riunisce due volte l’anno a cui possono partecipare anche i cittadini che, pur non essendo firmatari del patto, usufruiscono degli spazi, con compiti di controllo sulla programmazione e sul monitoraggio; 3) una “Cabina di regia” composta da rappresentanti delle associazioni parte del patto, della Città e della circoscrizione che si incontrano almeno due volte l’anno per elaborare i criteri per la programmazione e per il monitoraggio delle attività e per approvare il quadro economico finanziario.

Si può riscontrare la compresenza di organi di autogoverno, in cui i cittadini attivi si organizzano tra di loro (fondamentale quando i soggetti sono molti), e organi in cui viene gestita la collaborazione con l’amministrazione, in cui parte- cipano tutte le parti del patto.

Il modello descritto è poi particolarmente interessante perché trovano spazio anche i soggetti terzi rispetto al patto di collaborazione: essi possono partecipa- re attivamente alla vita del bene comune urbano e alla sua gestione mediante l’intervento al “Collegio dei partecipanti”. Questo coinvolgimento è quanto mai auspicabile perché capace di apportare nuova linfa alle pratiche di gestione dei beni comuni urbani.

Nel documento Manuale di diritto dei beni comuni urbani (pagine 171-173)

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