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La consultazione pubblica

Nel documento Manuale di diritto dei beni comuni urbani (pagine 85-92)

LE PROCEDURE PER IL GOVERNO CONDIVISO

3.3. La consultazione pubblica

Il secondo tipo di procedura a iniziativa pubblica può riguardare qualsiasi bene che l’amministrazione o i cittadini riconoscano come comune. Alcuni Regolamen- ti, come quello torinese, disciplinano l’individuazione da parte del Comune dei beni che possono essere oggetto di proposte di collaborazione; altri, come quello bolognese, consentono all’amministrazione di sollecitare i cittadini a presentare proposte su qualsiasi bene che questi individuino come comune.

I Regolamenti non disciplinano compiutamente questa procedura, limitandosi di solito a prevedere che la proposta di collaborazione risponda a una sollecita- zione dell’amministrazione e che l’iter sia definito dall’avviso con cui il comune invita i cittadini a presentare le proposte.

Il Regolamento di Torino ha previsto espressamente una procedura più ar- ticolata, che, nell’ambito della sperimentazione di Co-city, è stata ulteriormente dettagliata con l’avviso pubblico emanato ad hoc (si veda oltre al paragrafo 3.3.1.1).

La sollecitazione avviene mediante una deliberazione della Giunta comunale che individua uno o più beni che possono essere oggetto delle proposte dei cit- tadini attivi. Con lo stesso atto l’amministrazione dovrebbe determinare anche una serie di elementi utili allo svolgimento della procedura, come alcuni requisiti fondamentali che le proposte devono rispettare o le linee generali di gestione, cura e rigenerazione di cui esse devono tener conto, i criteri per la loro valutazione da parte degli Uffici, l’individuazione degli Uffici e dei Dirigenti competenti per l’intero iter di stipulazione dei patti.

Successivamente, per mezzo di un atto degli uffici detto “avviso pubblico”, è aperta la fase della presentazione delle proposte da parte dei cittadini attivi, la

vera e propria consultazione pubblica. Le proposte di collaborazione – perve- nute nelle forme indicate dalla deliberazione della Giunta che detta modalità e termini di presentazione – vengono sottoposte dagli Uffici comunali a un vaglio teso ad accertare la loro compatibilità rispetto al contenuto dell’avviso pubblico. Infatti, in ipotesi, potrebbero esserci proposte che hanno a oggetto beni diversi da quelli individuati dall’amministrazione o attività che non rispettano le linee generali e i requisiti minimi indicati con l’avviso pubblico. Queste sono destinate a non accedere alla fase successiva a meno che non vengano riformulate secondo i canoni indicati dall’avviso pubblico. Le proposte che superano questo vaglio, invece, possono accedere a una fase successiva, di fondamentale importanza perché costituisce il cuore della collaborazione tra l’amministrazione e i privati, detta co-progettazione, in cui viene concordato il contenuto del patto di colla- borazione (cfr. oltre al paragrafo 3.5). L’ultimo passaggio di questa procedura è costituito dalla stipulazione del patto, che viene sottoscritto materialmente dai Dirigenti con o senza l’approvazione preliminare della Giunta.

Le disposizioni dei Regolamenti assicurano la più ampia pubblicità a tutti i passaggi (questo, peraltro, è necessario in tutte le procedure per addivenire alla stipulazione dei patti di collaborazione). Per questo, anche le proposte pervenute dai cittadini attivi vengono pubblicate, di solito sul sito internet espressamente deputato alle collaborazioni sui beni comuni, di cui si sono dotate la grande maggioranza delle amministrazioni.

Illustrati i passaggi della procedura, si possono formulare alcune riflessioni generali.

Un nodo critico riguarda quale organo dell’amministrazione emana l’atto che definisce i requisiti necessari delle proposte e i criteri per la loro valutazione. Si è detto che potrebbe essere la Giunta a effettuare queste scelte importanti dettando i principi di massima e rimettendo al Dirigente competente solo la loro specificazione mediante l’avviso pubblico, che apre la fase di consultazione dei cittadini. Tuttavia, la decisione potrebbe essere anche integralmente rimessa ai Dirigenti, come sembra prevedere il Regolamento di Torino. Quest’ultimo all’art. 9, co. 2, precisa che «l’avviso specifica i requisiti necessari, i termini e le modalità di presentazione, i criteri di valutazione delle proposte».

Va detto che nella prassi c’è la tendenza a rimettere alla Giunta le decisioni di politica generale sui patti di collaborazione. Tra queste certamente c’è l’indivi- duazione del bene che può essere oggetto di proposte di collaborazione, perché essa coincide con il riconoscimento del bene comune urbano. Anche gli indirizzi fondamentali della consultazione pubblica presentano una rilevanza tale per cui può essere opportuna una consultazione dell’organo politico del comune.

Un secondo profilo importante riguarda la valutazione delle proposte anche in relazione al caso non infrequente, che verrà esaminato meglio nel paragrafo 3.4, in cui ce ne sia più d’una per lo stesso bene.

Cominciamo col dire che la valutazione delle proposte pervenute a seguito della consultazione viene effettuata dagli Uffici. Ogni Comune può organizzare le competenze interne in modo diverso: la valutazione può essere effettuata da un solo Ufficio competente per materia, con o senza il coinvolgimento del personale di altri Uffici, oppure può essere costituito un gruppo di lavoro ad hoc per la

valutazione delle proposte di collaborazione, che può avvalersi della consulen- za del personale di diversi Uffici. Per esempio, nel caso della sperimentazione del Regolamento torinese nell’ambito del progetto Co-city, la composizione del gruppo di lavoro competente per l’istruttoria è stata demandata al Segretario Generale della Città.

Una prima e fondamentale valutazione dovrebbe avere a oggetto la fattibilità della proposta, il rispetto dei principi del Regolamento e delle indicazioni della Giunta e di quelle contenute nell’avviso pubblico. Superato positivamente questo vaglio preliminare, la proposta dovrebbe accedere alla co-progettazione che po- trebbe ancora modificare significativamente le caratteristiche della collaborazione. Tuttavia, è possibile che già in questa sede l’amministrazione rilevi due o più proposte per lo stesso bene impossibili da conciliare: consentire a tutte l’acces- so alla co-progettazione non avrebbe senso. Più opportunamente, è necessario che l’amministrazione ne selezioni una sola per proseguire l’iter che conduce alla stipulazione del patto. In questo caso diventano fondamentali i criteri che l’amministrazione indica nell’avviso pubblico, che consentono di effettuare una seconda valutazione, finalizzata a selezionare una sola proposta su cui svolgere la co-progettazione. La predeterminazione dei parametri di valutazione consente di salvaguardare la necessaria imparzialità della pubblica amministrazione.

Inoltre, la predeterminazione dei criteri di valutazione può essere rilevante anche quando, con l’avviso pubblico, l’amministrazione preveda l’assegnazione di benefici, sotto qualsiasi forma, per le attività oggetto dei patti di collaborazione. Ciò pone la questione del rispetto dell’art. 12 della l. n. 241/1990, considerato un vero e proprio principio generale dell’ordinamento, il quale stabilisce che «l’attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati sono subordinate alla predeterminazione da parte delle ammi- nistrazioni procedenti, nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti, dei criteri e delle modalità cui le amministrazioni stesse devono attenersi».

3.3.1. Avviso ed evidenza pubblica

Bisogna fare chiarezza su un equivoco terminologico.

Nella procedura appena descritta la consultazione pubblica è aperta da un “avviso pubblico” che richiama quello previsto dalle procedure di evidenza pubblica, ossia quei procedimenti selettivi per mezzo dei quali l’amministrazione ricerca e sceglie le proprie controparti contrattuali nei casi in cui è tenuta a farlo.

L’identità del termine con cui le due fattispecie vengono identificate non deve indurre a confronti impropri: l’avviso pubblico con cui vengono sollecitate le proposte di collaborazione nell’ambito del governo condiviso dei beni comuni urbani non ha nulla a che vedere con l’avviso di indizione di una procedura a

evidenza pubblica. Come si chiarirà meglio infatti1, i patti di collaborazione non

sono contratti a titolo oneroso, si collocano al di fuori di logiche economiche o di profitto e pertanto non v’è motivo di sottoporli a procedure di evidenza pubblica,

1 Si veda a proposito dei rapporti tra patto di collaborazione ed evidenza pubblica il paragrafo 7.2 del capitolo 2, nonché il saggio di Roberto Cavallo Perin in chiusura di questo manuale.

le quali hanno anche il precipuo scopo di garantire il rispetto del principio di concorrenza.

L’avviso nell’ambito delle collaborazioni sui beni comuni ha la funzione di aprire una consultazione pubblica, quindi in questo senso è uno strumento che garantisce il rispetto dei principi di pubblicità e di trasparenza, che non riguardano solo l’evidenza pubblica, ma devono improntare tutta l’attività delle amministrazioni.

Anche il fatto che l’avviso possa dare origine a una procedura di tipo selettivo, non deve portare a fare confusione con le procedure a evidenza pubblica.

Per svariati motivi l’amministrazione potrebbe prevedere con l’avviso anche una selezione tra le proposte che giungono a seguito della consultazione pub- blica. Per esempio, nel caso dell’avviso di Co-city l’esigenza di una selezione è stata dettata dall’assegnazione dei fondi per la ristrutturazione dei beni comuni (come si spiegherà meglio nel prossimo paragrafo).

Non qualsiasi selezione deve essere svolta con le forme dell’evidenza pubblica disciplinate dal d.lgs. n. 50 del 2016, c.d. Codice dei contratti pubblici. Tutta- via, devono essere rispettati alcuni principi che informano l’evidenza pubblica, ma che, più in generale, caratterizzano qualsiasi attività amministrativa, ossia pubblicità, trasparenza e imparzialità. Peraltro, il loro rispetto nell’ambito delle collaborazioni per il governo condiviso, è assicurato proprio dall’avviso che dà avvio alla consultazione pubblica per le proposte di collaborazione. Questo, in- fatti, viene pubblicato e contiene la predeterminazione dei criteri di valutazione ed eventualmente di selezione delle proposte.

3.3.1.1. Il modello Co-city. Riflessioni sul tema dei criteri di valutazione

Durante la sperimentazione del Regolamento torinese nell’ambito del progetto Co-city è stato pubblicato un avviso per sollecitare proposte di collaborazione da parte dei cittadini attivi relative a tre ambiti di azione coerenti con gli obiettivi del progetto: A – Periferie e cultura urbana; B – Piattaforme di servizio pubblico sottoutilizzate; C – Cura dello spazio pubblico. Per ogni ambito di azione la Città ha individuato alcuni beni immobili di proprietà comunale e aree pubbliche che possono essere oggetto delle proposte.

Secondo l’avviso i cittadini attivi possono presentare le proposte di collabora- zione relative ai beni indicati per ciascun ambito di azione, individuando auto- nomamente le attività di cura, rigenerazione e gestione condivisa. Gli obbiettivi sono invece fissati in relazione a quelli previsti dal progetto. Si tratta di finalità di interesse generale come la promozione dell’inclusione sociale, del multicultu- ralismo, lo sviluppo di comunità e la generazione di opportunità di lavoro, che rientrano nell’obiettivo del progetto vincitore della call Urban Innovative Action, ossia la lotta alla povertà mediante l’inclusione sociale e il contrasto al degrado delle periferie.

L’avviso ha fissato dei criteri per la valutazione delle proposte da parte del gruppo di lavoro ai fini dell’accesso alla fase di co-progettazione, con l’attribu- zione di punteggi.

Il Regolamento torinese prevede espressamente che all’esito della valutazione delle proposte effettuate dal gruppo di lavoro possa essere redatta una graduatoria. Questa eventualità riguarda i casi in cui debba essere effettuata una selezione tra

le proposte. La necessità di una selezione può sorgere, come già detto, nell’ipotesi in cui ci siano più proposte per uno stesso bene inconciliabili tra loro, oppure nel caso in cui ci siano benefici limitati da assegnare.

Quest’ultimo è proprio il caso dell’avviso pubblico per la sperimentazione di Co-city: la selezione del progetto ha consentito alla Città di Torino di disporre di un finanziamento da attribuire alle azioni di riqualificazione del patrimonio pubblico. In questo modo, i beni indicati nell’avviso sono riqualificati diretta- mente dalla Città di Torino secondo i progetti contenuti nelle proposte giunte alla stipulazione dei patti di collaborazione.

La previsione di criteri con i relativi punteggi ha permesso di formulare una graduatoria per suddividere le risorse economiche – cospicue, ma comunque limitate – per la riqualificazione dei beni tra le varie collaborazioni. La gradua- toria consente di selezionare le proposte che possono accedere alla fase di co- progettazione: ciò comunque non garantisce di addivenire alla stipulazione del patto, perché la negoziazione del suo contenuto potrebbe avere un esito negativo.

La predeterminazione di criteri per la valutazione delle proposte ai fini dell’accesso alla fase di co-progettazione assicura che la scelta effettuata dall’am- ministrazione rispetti i principi di pubblicità, imparzialità e trasparenza, nonché i requisiti previsti per l’attribuzione di benefici secondo l’art. 12 della l. n. 241/1990.

È chiaro che i criteri dettati dalle amministrazioni negli avvisi pubblici per la sollecitazione di proposte di collaborazione devono essere conformi ai principi fondamentali della materia contenuti nei Regolamenti sui beni comuni (acces- sibilità dei beni, inclusione, non discriminazione, sostenibilità ecologica ecc.). Tuttavia, essi possono indirizzare la scelta in base a principi e finalità ulteriori, non contrastanti con quelli dei Regolamenti. Pertanto, in questo senso, i criteri di valutazione dettano anche delle linee di indirizzo per la redazione delle proposte.

A questo proposito, si riportano i criteri previsti dall’avviso pubblico per Co-city: 1) ricadute positive sulle condizioni socio-territoriali del quartiere (max 20 punti); 2) capacità di sinergia e integrazione con altre iniziative anche di carattere non

esclusivamente locale (max 10 punti);

3) capacità di generare opportunità lavorative o di inclusione attiva (max 20 punti);

4) fattibilità e sostenibilità economico-finanziaria (max 25 punti); 5) inclusività del modello di governance (max 10 punti);

6) innovatività e capacità di sviluppare processi generativi sociali (max 10 punti); 7) replicabilità del progetto (max 5 punti).

Sono canoni che rispecchiano i principi del Regolamento, ma anche l’idoneità a raggiungere gli obiettivi propri del progetto Co-city. Infatti, come detto, l’avviso pubblico per la sollecitazione di proposte consente all’amministrazione di porre finalità più specifiche e anche di valutare le proposte in base alla loro capacità di realizzare questi propositi. Ciò permette di indirizzare la creatività e le forze propositive dei cittadini attivi verso interventi che l’amministrazione comunale, in qualità di ente esponenziale della collettività, percepisce come particolarmente importanti in un determinato momento storico. La Città di Torino, per esem-

pio, ha scelto di usare la cura e la rigenerazione dei beni comuni urbani per il contrasto al degrado delle periferie.

3.3.2. Procedure avviate dai cittadini

Un terzo tipo di procedura prevista dai Regolamenti è quella a iniziativa libera dei cittadini attivi.

In questa ipotesi, l’individuazione del bene comune viene effettuata dagli stessi soggetti che presentano la proposta per la cura, rigenerazione e gestione condivisa. Può trattarsi di qualunque bene nella titolarità formale (proprietà) dell’amministrazione comunale. I proponenti possono anche indicare uno dei beni presenti negli elenchi delle collaborazioni ordinarie oppure un bene in disuso, in stato di abbandono o degrado. I Regolamenti prevedono di solito per quest’ultima categoria di beni pubblici, parzialmente o totalmente inutilizzati, la formazione di elenchi anche mediante procedure che consentono ai cittadini stessi di segnalare gli immobili o le aree in disuso.

La ricognizione di immobili in disuso dovrebbe avvenire periodicamente, anche se la maggior parte delle amministrazioni comunali in cui è stato adottato il Re- golamento sui beni comuni non ha ancora adottato nessun elenco di questo tipo. Questa procedura realizza la massima partecipazione dei cittadini, soprattutto perché l’individuazione del bene avviene direttamente da parte delle comunità che si riconoscono a partire da esso.

La procedura si apre con la presentazione della proposta da parte dei cittadini attivi secondo modalità che di solito sono descritte nei Regolamenti.

La prima questione fondamentale riguarda la decisione circa l’Ufficio dell’ammi- nistrazione competente a ricevere le proposte, che costituisce la prima interfaccia con gli utenti. L’obiettivo che deve guidare questa scelta è quello di agevolare il più possibile l’iniziativa. Per questo motivo il più delle volte le amministrazioni non prevedono una sola modalità di presentazione, ma accettano le proposte che pervengono attraverso qualsiasi canale e a tutti gli Uffici; il Comune di Torino, per esempio, ne ha ricevute numerose consegnate direttamente ai funzionari di diversi Uffici, così come alla casella di posta elettronica deputata alle collabora- zioni dei cittadini. A ogni modo, molte amministrazioni hanno previsto sportelli virtuali (casella di posta elettronica) o fisici (per esempio lo stesso URP) a cui i cittadini attivi possono presentare le proposte.

Anche se ciò non è esplicitato nei Regolamenti, le proposte devono presentare alcuni requisiti minimi: l’identificazione dei soggetti proponenti; l’individuazione del bene; l’attività descritta nelle sue linee essenziali. La descrizione del pro- getto di collaborazione dovrebbe essere tanto più dettagliata quanto più sono complesse le attività di collaborazione prospettate. Se per una collaborazione ordinaria – per esempio la manutenzione di una aiuola – può essere sufficiente la compilazione di un modulo con l’indicazione sommaria dell’intervento, invece la collaborazione relativa alla gestione di un grande edificio, magari con la pre- visione di cospicui interventi di riqualificazione degli spazi e l’organizzazione di attività per la collettività, deve essere presentata dettagliatamente in modo da consentire all’amministrazione di apprezzare tutti gli aspetti della proposta. Ciò non significa togliere informalità al procedimento – il progetto non deve certo

avere carattere professionale – ma serve a consentire una compiuta valutazione dell’iniziativa, in particolare sotto il profilo della sua effettiva realizzabilità.

Rispetto all’Ufficio deputato alla ricezione delle proposte altra cosa è l’indivi- duazione dell’Ufficio o Servizio che deve gestire il procedimento. I due, peraltro, possono anche coincidere, ma, quando sono diversi, l’Ufficio o lo sportello ricevente deve trasmettere la proposta all’Ufficio o Servizio cui compete il coordinamento dell’istruttoria e di tutto l’iter della procedura, oltre alla sottoscrizione del patto. Questa è una scelta organizzativa interna che compete a ciascuna amministra- zione; spesso l’Ufficio e il Dirigente competenti per l’intera procedura e per la sottoscrizione del patto sono quelli che si occupano della materia prevalente del patto di collaborazione (che varia a seconda del tipo di attività previste dalla collaborazione).

Una volta ricevuta la proposta, alcuni Regolamenti, con una previsione molto garantista per il cittadino, impongono al Dirigente competente di indicare al proponente un termine per la conclusione dell’iter istruttorio (art. 11, co. 4° del Regolamento di Bologna; art. 13, co. 3° del Regolamento di Verona). A questo proposito, va detto che le procedure per la stipulazione dei patti di collaborazione presentano alcuni profili che potrebbero portare a considerarle dei procedimenti amministrativi a istanza di parte. Secondo questa impostazione, le procedure per la stipulazione dei patti dovrebbero concludersi entro i termini previsti per i procedimenti amministrativi dalla l. n. 241/1990 (art. 2). D’altra parte, spesso i Regolamenti non prevedono termini perché è difficile valutare a priori e in via generale per tutti i casi le tempistiche necessarie all’amministrazione per espletare gli adempimenti di propria competenza.

Grande rilievo hanno in tutti i Regolamenti le previsioni sulla pubblicazione delle proposte di collaborazione prima e dopo l’istruttoria effettuata dagli Uffici. Come abbiamo già detto, non si tratta solo di rispettare i principi di pubblicità e trasparenza propri dell’azione amministrativa, ma anche di concretizzare il principio di accessibilità e inclusività delle forme di collaborazione. Infatti, la pubblicazione permette a chiunque di farsi avanti con istanze e apporti tesi a migliorare la collaborazione o a renderla più ampia. Tuttavia, essa può essere anche utile per raccogliere eventuali proposte alternative o manifestazioni con- trarie alla collaborazione: in questo modo gli eventuali contrasti possono essere affrontati e magari risolti in una fase preliminare, secondo un’ottica che tende a evitare il contenzioso, prediligendo il confronto e la partecipazione. Ciò, inoltre, consente all’amministrazione una più completa valutazione dei diversi interessi in gioco. In questo senso sembra preferibile che la proposta sia pubblicata prima dell’istruttoria.

Alcuni Regolamenti dettano termini e modalità di pubblicazione e di raccolta delle osservazioni e delle proposte integrative o alternative (in questa direzione si orienta l’art. 7, co. 4° del prototipo Labsus 2018).

Come abbiamo già rilevato, le procedure per la stipulazione dei patti di col- laborazione non sono molto dettagliate nella maggior parte dei Regolamenti. L’iter di solito prosegue con l’istruttoria da parte degli Uffici e la stipulazione del patto di collaborazione.

Molto più dettagliata è, invece, la procedura del Regolamento torinese, i cui passaggi fondamentali sono (art. 10):

1) i cittadini attivi presentano la proposta di collaborazione mediante invio al Gruppo di lavoro nominato dal Segretario Generale, che svolge una prima istruttoria e individua l’Ufficio e il Dirigente competenti per la procedura; 2) il Dirigente competente compie una valutazione della proposta tesa a verificare

il rispetto del Regolamento e la fattibilità tecnica;

3) nel caso in cui la verifica abbia esito negativo e difettino le condizioni per

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