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PER APPROFONDIRE (11)

Nel documento Manuale di diritto dei beni comuni urbani (pagine 188-190)

LE FORME DEL GOVERNO CONDIVISO E LE FORME DI SOSTEGNO

PER APPROFONDIRE (11)

La giurisprudenza in tema di sponsorizzazioni

Alla luce della ricostruzione tanto delle fonti normative in materia di sponsorizzazione, quanto delle differenze giuridiche tra questo contratto e i patti di collaborazione relativi a beni comuni urbani, può essere analizzato un ulteriore profilo critico.

Si può prospettare il rischio che alcuni enti pubblici, qualificando una erogazione economica come «attribuzione di vantaggi» di cui all’articolo 12 della l. n. 241/1990, pongano in essere pratiche elusive del divieto di sponsorizzazione attiva. Quindi è necessario distinguere tra le forme di sostegno regolarmente ammesse (fatto salvo il rispetto delle condizioni previste dalla legge sul procedimento amministrativo) e le spese di sponsorizzazione che, ormai, sono di regola precluse alle pubbliche amministrazioni affette da sempre più consistenti ristrettezze di bilancio.

Utili contributi per definire la questione provengono dalla magistratura contabile: per il tramite delle proprie sezioni di controllo, infatti, la Corte dei Conti è impegnata da anni a valutare i possibili profili di rilevanza erariale, connessi alla differenza tra attribu- zione di vantaggi e sponsorizzazioni passive. In un periodo precedente alle innovazioni legislative del 2010, per esempio, i giudici contabili qualificavano come sponsorizzazioni «tutte le forme di contribuzione a terzi alle quali possono ricorrere gli enti territoriali per addivenire alla realizzazione di eventi di interesse per la collettività locale di riferimento» (in questi termini Corte Conti, sez. Controllo Lombardia, delibera n. 2/2009). Soprav- venuto per gli enti pubblici il divieto di sponsorizzazioni “passive” la Corte dei Conti ha riconosciuto la necessità di distinguere le operazioni giuridiche comportanti spese vietate dalle altre forme di attribuzione di vantaggi economici a soggetti terzi (pubblici e privati): sul punto si si sono formate alcune convinzioni condivise, ma anche due orientamenti sensibilmente differenti.

Anzitutto i giudici contabili sono concordi nell’affermare che la distinzione tra le due diverse figure non passa dalla natura formale dell’atto giuridico di volta in volta considerato. Non può dirsi, insomma, che la sponsorizzazione è sempre un contratto privatistico e che tutte le attribuzioni di vantaggi ai sensi dell’art. 12 legge n. 241/1990 sono necessariamente provvedimenti autoritativi. Al di là dei profili formali contano dunque gli aspetti funzio- nali, ossia le ragioni che hanno concretamente mosso le parti a negoziare e concludere un accordo. In questa ottica più sofisticata si ha sponsorizzazione passiva, di regola vietata, se la finalità di una erogazione economica a carico dell’ente pubblico è di promozione della propria immagine (obiettivo, questo, che costituisce oggetto della controprestazione dello

sponsee finanziato con l’erogazione di fondi pubblici o altri vantaggi).

A fronte di un vasto accordo su questo approccio interpretativo di tipo funzionale, due sono gli orientamenti che si sono sviluppati per individuare in concreto quali attribuzioni costituiscono sponsorizzazione e ricadono dunque nel divieto di cui al d.l. 31 maggio 2010 n. 78 (conv. in l. 30 luglio 2010, n. 122) e quali sono invece consentiti.

Secondo una prima lettura i giudici contabili hanno affermato che costituiscono vantag- gi economici legittimi solo le erogazioni effettuate dagli enti pubblici con riguardo ad attività strettamente riconducibili alle funzioni degli enti stessi: così, l’attribuzione di un vantaggio economico da parte di enti pubblici risulta ammessa quando una attività di spettanza pubblica sia esercitata «in via mediata, da soggetti privati destinatari di risorse pubbliche piuttosto che (direttamente) da parte di Comuni e Province, rappresentando una modalità alternativa di erogazione del servizio pubblico» (Corte Conti, Lombardia, sez. Controllo, n. 1075/2010; Corte Conti, Lombardia, sez. Controllo, n. 248/2014; Corte Conti, Piemonte, sez. Controllo, n. 171/2015; Corte Conti, Sicilia, sez. giurisdizionale, n.

54/2016; Corte Conti, Puglia, sez. Controllo, n. 54/2013, Corte Conti, Lombardia, sez. Controllo, n. 89/2013; Corte Conti, Piemonte, sez. Controllo, n. 483/2012).

Questo orientamento legittima, quanto meno sotto il profilo contabile, le erogazioni di contributi ove siano destinate a sostenere attività svolte da privati, ma che ricadono negli ambiti di competenza dell’ente pubblico erogatore. L’impostazione tende ad autorizzare l’esternalizzazione di attività e servizi che gli enti locali non riescono (più) a garantire, a causa della nota scarsità delle risorse a ciò dedicate, come attuazione del principio di sussidiarietà orizzontale costituzionalmente previsto (art. 118, co. 4, Cost.). Tale princi- pio è teso a favorire l’autonoma iniziativa dei cittadini: come sappiamo, tuttavia, queste pronunce hanno il difetto di prendere in considerazione solo le attività dei cittadini che rientrano nell’ambito delle attività istituzionali dell’ente locale e rivelano una visione ridut- tiva dell’autonomia dei cittadini, che invece ben può travalicare le funzioni del comune. È bene chiarire che ci si pone in un’ottica molto differente da quella propria delle attività di collaborazione per la cura dei beni comuni. Se è vero che le attività previste dai patti di collaborazione in alcuni casi possono risolversi nella prestazione di servizi che rientrano nelle finalità istituzionali dei comuni, per esempio la manutenzione del patrimonio pubblico comunale o l’erogazione di prestazioni di tipo sociale mediante le iniziative organizzate a favore della collettività, questo tuttavia non è l’obbiettivo primario. Le collaborazioni muovono sempre da un bene identificato come comune, che è il fulcro, l’oggetto e la ragione delle attività promosse dai cittadini attivi. Poi, il carattere aperto e senza fine di lucro delle collaborazioni fa sì che l’attivismo dei cittadini realizzi spesso servizi a favore della collettività in uno spirito anche solidaristico. Tuttavia, dal momento che la cura dei beni comuni costituisce espressione di diritti di libertà degli individui, le attività prestate non possono in alcun modo essere limitate in ragione della loro riconducibilità alle funzioni istituzionali dell’ente locale. Anzi, anche quando i cittadini nell’ambito delle attività del patto prestino servizi che ricadono nell’ambito di competenza del comune, non vi è alcuna sostituzione del privato al pubblico. Al più, infatti, le attività dei cittadini attivi possono aggiungersi e migliorare i servizi già prestati dal comune, ma questo non legittima certo le amministrazioni ad abdicare alle funzioni loro affidate dalla legge.

Un secondo orientamento, che pare più condivisibile, è promosso dalla sezione veneta di controllo della Corte dei Conti e valorizza proprio il riferimento costituzionale alla sus- sidiarietà: «il riconoscimento del ruolo che i cittadini, le formazioni sociali e in generale la società civile svolgono nel perseguimento di finalità di interesse generale (sussidiarietà orizzontale art. 118, ult. comma, Cost.) va letto, ad avviso della Sezione, non con rife- rimento all’orizzonte ristretto delle funzioni svolte direttamente dall’ente locale ma in modo ampio, così da assicurare (come è compito della Repubblica alla luce dell’articolo 3 e dell’intera parte prima della Costituzione) a tutti i cittadini l’esercizio effettivo dei diritti costituzionali e le condizioni per “il pieno sviluppo della persona umana” (art. 3, comma 2, Cost.), per cui ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale e spirituale della società» (Corte Conti, Veneto, sez. Controllo, n. 336/2011; si veda anche Corte Conti, Veneto, sez. Controllo, n. 30/2018). In altre parole, la sezione veneta ha affermato che sono da considerare attribuzioni legittime e non sponsorizzazioni tutte le contribuzioni effettuate in assenza di una finalità di promozione dell’immagine dell’amministrazione, indipendentemente dal fatto che le attività beneficiate rientrino tra quelle istituzionali dell’ente locale. Sono quindi ammesse anche le contribuzioni per attività, meritevoli di tutela, che siano espressione dell’autonomia dei cittadini, pure non ricomprese tra le finalità proprie dei comuni.

Nel documento Manuale di diritto dei beni comuni urbani (pagine 188-190)

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