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Le collaborazioni ordinarie 1 La categoria

Nel documento Manuale di diritto dei beni comuni urbani (pagine 83-85)

LE PROCEDURE PER IL GOVERNO CONDIVISO

3.2. Le collaborazioni ordinarie 1 La categoria

Le collaborazioni chiamate “ordinarie” dal Regolamento di Torino – ma ricevono varie denominazioni: “tipiche” nel Regolamento di Bologna, “occasioni di condivi- sioni tipiche” nel Regolamento di Chieri – costituiscono una categoria caratterizzata da una procedura semplificata per giungere alla stipula dei patti di collaborazione.

È l’amministrazione che individua le attività da inserire tra le collaborazioni ordinarie. Questa scelta viene compiuta sulla base di un criterio di presumibile maggior frequenza di attivazione di queste attività rispetto alle altre. Si tratta, a dire il vero, di un criterio ampiamente rimesso alla valutazione discrezionale dell’amministrazione.

Il Regolamento torinese richiama, oltre alla maggior frequenza, un’altra qualità che deve caratterizzare le collaborazioni ordinarie: la presumibile maggior facilità con cui possono essere determinate in anticipo e con precisione le condizioni per l’attivazione e lo svolgimento delle collaborazioni, e «la necessità di prevedere stru- menti facilmente attivabili nelle situazioni di emergenza», requisito che appare poco chiaro. A ogni modo, c’è un duplice criterio di individuazione delle collaborazioni ordinarie: quantitativo, ossia la maggior frequenza di queste ipotesi, e qualitativo, cioè la caratteristica di essere agevolmente disciplinate mediante regole generali applicabili a tutti i casi.

Il profilo critico delle collaborazioni ordinarie è di essere una categoria che si confonde e in parte si sovrappone ad altra presente in alcuni Regolamenti, quella degli interventi di cura occasionale.

La cura occasionale nel Regolamento torinese rappresenta l’ipotesi più semplice per intensità e complessità delle attività oggetto del patto: essa, in via teorica, può essere formalizzata proceduralmente tanto con la collaborazione ordinaria quanto con le altre procedure previste. Altri comuni, tuttavia, hanno individuato in modo diverso le attività di cura occasionale. Per esempio, il Regolamento di Verona le descrive in via esemplificativa (art. 7): sono attività di manutenzione ordinaria, di tinteggiatura, di giardinaggio. Invece, il Regolamento di Bologna non le definisce affatto, anche se la loro denominazione (“occasionale”) richiama senza dubbio interventi singoli e non continuativi di cura dei beni.

Il dato comune è che le attività di cura occasionale vengono di solito formalizzate attraverso la procedura più semplice, che è quella per le collaborazioni ordinarie.

3.2.2. La procedura

I passaggi della procedura di collaborazione ordinaria nel Regolamento di Torino possono essere così sintetizzati (art. 8):

1) la Giunta comunale formula un elenco di ipotesi – tipo di collaborazioni ordinarie, sulla base dei criteri già illustrati (maggior frequenza, agevole

predefinizione della disciplina), individua le categorie di beni che possono formare oggetto di queste collaborazioni e approva delle linee di indirizzo per le attività e per l’attribuzione di eventuali vantaggi economici, indica gli Uffici e i dirigenti competenti per la stipulazione dei patti di collaborazione nell’ambito delle collaborazioni ordinarie;

2) i cittadini attivi possono presentare agli Uffici competenti delle proposte relative alle collaborazioni ordinarie così individuate;

3) il Dirigente competente valuta la proposta secondo tre profili: a) il rispetto del Regolamento, b) la coerenza con le linee d’indirizzo dettate dalla Giunta,

c) la fattibilità tecnica della proposta;

4) superata positivamente la verifica, il Dirigente procede senz’altro alla stipula- zione del patto di collaborazione.

5) se invece la verifica ha esito negativo, il Dirigente lo comunica al proponente motivando le ragioni.

Questa procedura è finalizzata a velocizzare la sottoscrizione dei patti per alcune categorie standard di attività: per questo, esse non vengono negoziate insieme ai cittadini attivi proponenti, durante una fase detta di co-progettazione, ma vengono indicate a priori dalla stessa amministrazione. Quando le proposte dei cittadini attivi rispettano i requisiti richiesti, si passa direttamente alla stipu- lazione del patto. Quando, invece, il Dirigente verifica che la proposta si colloca al di fuori del perimetro definito dall’amministrazione con la deliberazione della Giunta comunale, per esempio perché non riguarda uno dei beni individuati o l’attività non rientra negli ambiti delle collaborazioni ordinarie, lo comunica motivatamente ai cittadini attivi. Riteniamo preferibile che questa comunicazione abbia una forma scritta, perché ciò rende più semplice per i cittadini attivi com- prendere e, eventualmente, contestarne il contenuto. Nella prassi, peraltro, le parti – cittadini e amministrazione – cercheranno di raggiungere un compromesso volto a stipulare il patto di collaborazione, o con la modifica della proposta, o con l’abbandono della procedura semplificata a favore di quella più strutturata che prevede anche la fase di co-progettazione, in cui i contenuti della collaborazione possono essere definiti di concerto dalle parti.

Per quanto riguarda la definizione delle attività che rientrano nella “cura occasionale” e che possono essere oggetto di collaborazioni ordinarie, si veda il capitolo 5, paragrafo 2.

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Secondo l’art. 11 del Regolamento di Bologna, la proposta può rientrare in una categoria standard di collaborazioni che seguono un iter semplifi- cato, che non comporta la stipulazione di un patto di collaborazione vero e proprio. Queste collaborazioni – dette tipiche – sono preventivamente individuate dall’amministrazione (precisamente dai suoi dirigenti) «in ra- gione della loro presumibile maggior frequenza» e sono predeterminate a monte anche le condizioni a cui le attività dovranno conformarsi. Ai cittadini attivi che intendano realizzare una di queste attività standard è sufficiente

compilare un modulo messo a disposizione dell’amministrazione con cui essi illustrano pochi elementi e, in particolare, quelli necessari a identificare il contenuto della collaborazione e i soggetti proponenti. Il consenso del Comune alla proposta viene espresso a priori con l’identificazione delle categorie di collaborazioni tipiche. I cittadini attivi con la compilazione del modulo accettano le condizioni poste dall’amministrazione e la collabora- zione può essere intrapresa senza ulteriori formalità (art. 10).

Seguono questa procedura semplificata anche gli interventi di “cura occa- sionale”, che, pur non definiti all’interno del Regolamento, possono coin- cidere con attività semplici, di manutenzione ordinaria dei beni, effettuate saltuariamente e in maniera non continuativa (art. 12).

L’adesione mediante modulo – prevista anche da altri Regolamenti come quello di Verona per le “collaborazioni occasionali” – realizza pienamente l’auspicata informalità delle procedure e rende di immediata realizzazione le forme di collaborazione considerate dalle amministrazioni come più frequenti e/ o più semplici. Per questo, essa è da preferire a quelle pro- cedure che, nel regolare l’iter delle collaborazioni ordinarie, prevedono comunque la stipula di un patto.

Nel documento Manuale di diritto dei beni comuni urbani (pagine 83-85)

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