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Attività di autocostruzione

Nel documento Manuale di diritto dei beni comuni urbani (pagine 143-146)

LE ATTIVITÀ DEI PATT

5.6. Attività di autocostruzione

Nell’ambito delle attività di rigenerazione dei beni comuni urbani alcuni Re- golamenti consentono ai cittadini attivi di realizzare interventi di autocostruzione (artt. 12, c. 6, Regolamento di Torino e 9, c. 4, Regolamento di Livorno).

Occorre anzitutto chiedersi in un’ottica generale come si collocano questi interventi nel nostro ordinamento e, in secondo luogo, in cosa consistono in relazione ai beni comuni urbani e quali sono i loro limiti.

5.6.1. Autocostruzione e autorecupero

L’ordinamento conosce le nozioni di autocostruzione e autorecupero, per lo più con riguardo al settore abitativo.

Vi sono, infatti, numerose leggi regionali che disciplinano una particolare mo- dalità di accesso all’abitazione da parte di soggetti svantaggiati che conseguono il diritto a un alloggio pubblico per mezzo di un loro diretto intervento nelle attività di edificazione o ristrutturazione del bene. Secondo questo modello, l’autocostruzione consiste nella realizzazione di abitazioni, sotto la direzione di professionisti, da parte dei futuri assegnatari, i quali, nella maggior parte dei

casi, ne diventano i proprietari7. L’autorecupero, invece, prevede l’affidamento

dei lavori di ristrutturazione di un immobile, sempre sotto la direzione di pro- fessionisti, ai soggetti che poi lo abiteranno, i quali stipuleranno un contratto di locazione col proprietario, talvolta con la possibilità di riscatto della proprietà dopo un certo periodo.

Elemento comune a queste discipline è che la proprietà del bene o del terreno edificando è sempre pubblica, di solito degli enti locali.

Si può scorgere una crescente rilevanza giuridica degli interventi in esame, la quale è attestata non solo da disposizioni regionali, ma anche da alcune fonti

statali8 (per esempio, l’art. 26, c. 1-bis, d.l. n. 133/2014, nell’ambito delle politiche

di valorizzazione del patrimonio pubblico, prevede che i progetti di autorecupero abbiano priorità di valutazione). Da queste disposizioni si può desumere che gli interventi in parola sono ammessi anche nelle Regioni sfornite di un’apposita

legge in materia9.

Tuttavia, considerato che in questo settore disponiamo ancora di pochi dati – esi- gui riferimenti normativi, scarse indicazioni della dottrina, rari interventi della giurisprudenza – è attualmente arduo individuare, almeno a livello statale e in molte regioni, regole dettagliate in materia di autocostruzione e autorecupero. Peraltro, alcune regioni hanno optato per lo strumento della deliberazione di Giunta per disciplinare gli interventi in parola. Va richiamata la d.G.R. Puglia 24 luglio 2012 n. 1507 recante «Approvazione Linee Guida per l’autocostruzione e l’autorecupero in Puglia», che ha dettagliatamente disciplinato non solo inter- venti di auto-recupero sul patrimonio pubblico da destinare ad abitazione, ma anche la auto-costruzione ex novo di edifici destinati a edilizia residenziale con trasferimento della proprietà in capo ai soggetti auto-costruttori.

7 Si segnala la tabella su stato e caratteristiche degli interventi di autocostruzione in Italia in M. ColoMbo, M. MARtellottA e N. SoliMAno, L’autocostruzione: un’opportunità per il social housing, Fon-

dazione Giovanni Michelucci, 2010, pp. 17 e 18 disponibile su http://www.michelucci.it/wp-content/ uploads/2010/09/sintesi_ricerca_autocostruzione.pdf

8 Da ultimo, è opportuno segnalare la presentazione al Senato del d.d.l. n. 793/2018, il quale inserisce, all’art. 4 c. 1 lett. g), gli interventi di autorecupero nei programmi di edilizia residenziale pubblica di interesse nazionale e prevede, all’art. 20, la redazione del censimento degli immobili da destinare ad autorecupero e delle aree da destinare a progetti di autocostruzione.

9 In Lombardia, un esempio può essere la D.G.R. 3-12-2004 n. 7/19718, la quale, in attuazione del programma regionale per l’edilizia residenziale pubblica 2002-2004, prevede il «Programma sperimentale di autocostruzione in affitto».

5.6.2. Autocostruzione, autorecupero e beni comuni urbani

La caratteristica essenziale di questi fenomeni è il lavoro di soggetti non pro- fessionalmente qualificati per realizzare opere strumentali al soddisfacimento di diritti fondamentali.

Venendo al diritto dei beni comuni urbani, si può adottare una definizione ampia di autocostruzione, come produzione di manufatti di vario tipo da parte di soggetti non qualificati o che comunque non svolgono tale attività in modo professionale.

Nei Regolamenti sui beni comuni urbani l’espressione «autocostruzione» non è molto diffusa: come si è anticipato essa è esplicitamente impiegata solo in al- cuni di essi, al fine di ammettere, in modo abbastanza generico, la possibilità di realizzare tali interventi (artt. 12, c. 6 del Regolamento di Torino e 9, c. 4 del Regolamento di Livorno). Nondimeno, l’ammissibilità per progetti di tipo abitativo e su beni pubblici ci induce a ritenere che l’assenza di previsioni espresse negli altri Regolamenti non sia ostativa agli interventi di autocostruzione.

Quanto alla realizzazione delle iniziative in esame, queste, come ogni altra attività dei cittadini attivi, devono essere concordate con l’amministrazione co- munale nei patti di collaborazione. Tuttavia, dal momento che l’autocostruzione rappresenta una modalità di intervento trasversale rispetto alle attività indivi- duate dai Regolamenti comunali, qualora essa si concretizzi in interventi di cura occasionale potrà essere svolta, in alcuni comuni come Bologna (art. 12), senza la previa stipula di un patto di collaborazione (come abbiamo visto al paragrafo 5.2.1 di questo capitolo).

Facciamo alcuni esempi per chiarire il contenuto delle iniziative di autocostru- zione. Un caso di interventi semplici, che si presume possano essere abbastanza

frequenti, si ritrova nell’esperienza del Parco della Zucca10 a Bologna, nel quale

un gruppo di cittadini attivi ha proceduto, tra le altre iniziative, alla realizza- zione di una panchina, all’installazione di giochi e di un camminamento e alla manutenzione degli arredi. Si può richiamare anche l’esempio napoletano del

quartiere di San Giovanni a Teduccio11, in cui una spianata d’asfalto è stata tra-

sformata in un parco giochi interattivo, nel quale sono stati realizzati dei giochi per i bambini, un palco per gli spettacoli, una tribuna per gli spettatori e anche un murales sulla parete della palestra della scuola. Infine, come esempio di inter-

vento più complesso, si può citare il caso del progetto «Un tetto per tutti»12 della

Cooperativa Alisei, il quale ha portato all’autocostruzione di numerose abitazioni. Seppur quest’ultima sia un’esperienza non direttamente riconducibile alla cura e gestione dei beni comuni, in ragione dell’acquisto della proprietà delle abitazioni da parte degli autocostruttori, si può rilevare che, con un’idonea organizzazione

10 Disponibile su https://www.labsus.org/2015/02/il-parco-della-zucca-bologna-alberi-memoria-e- cura-condivisa/

11 Disponibile su https://www.labsus.org/2016/06/operazione-sgat-larchitettura-partecipata-che- rigenera-napoli/

12 Per una sintetica analisi cfr. M. AllUlli, L’autocostruzione: prova di innovazione nelle politiche abita-

di personale e di mezzi, anche i cittadini attivi potrebbero porre in essere degli interventi così complessi.

5.6.3. I limiti agli interventi in autocostruzione su beni comuni urbani

Sulla base del carattere inclusivo dei beni comuni, gli interventi di autoco- struzione non possono impedire la fruizione collettiva del bene né modificarlo irreversibilmente, dimodoché in futuro lo si possa utilizzare per nuovi progetti. Si noti, però, che questi limiti, certamente validi come regola generale, ammet- tono delle eccezioni, purché fondate su esigenze di tutela di diritti fondamentali. A onor del vero, si deve sottolineare che gli interventi in parola presentano anche dei profili problematici, per la soluzione dei quali non si può nascondere che attualmente non vi sono soluzioni certe nell’ordinamento. Difficoltà possono sorgere relativamente ai materiali e ai soggetti che pongono in essere tali inter- venti, sia a ragione delle competenze richieste sia per via della necessità, almeno nei progetti più ambiziosi, di accedere a un finanziamento. Inoltre, limiti pos- sono essere posti dalla normativa in materia di sicurezza sul lavoro e di edilizia. Non è questa la sede per occuparsi di tali questioni, per le quali si rinvia alle parti del manuale in cui sono trattate, tuttavia, visto l’imprescindibile legame dell’autocostruzione con la disciplina edilizia, pare opportuno chiedersi quando sia necessaria la supervisione di professionisti sull’operato dei cittadini attivi. Sebbene di norma tale controllo sia necessario, può ragionevolmente ritenersi che gli interventi di edilizia libera (art. 6, c. 1, d.p.r. 6 giugno 2001, n. 380, Testo Unico in materia edilizia) siano realizzabili dai cittadini attivi – ma la regola vale per tutti, del resto – senza la supervisione di esperti.

Nel documento Manuale di diritto dei beni comuni urbani (pagine 143-146)

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