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L’arte di Affiancare

Alberto Corcos

Consulente in Valdani Vicari & Associati

Abstract

La competenza dell’affiancamento, o coaching, è una caratteristica distintiva della leadership, ma soprattutto costituisce una leva per lo sviluppo personale e professionale dei collaboratori, e per la trasformazione graduale di un’organizzazione burocratica in una altamente qualitativa oltre che produttiva. L’affiancamento individuale è allo stesso tempo un processo ed un modo di relazione. Il processo programmato e realizzato con il collaboratore, prevede dieci passi indispensabili. La relazione fra il coach ed il collaboratore, tuttavia, è ancora più importante e richiede al primo una tensione verso l’ascolto, la responsabilizzazione, la motivazione del secondo. In questo modo le tecniche ed i processi trovano un supporto adeguato per generare nuove conoscenze e competenze.

L’arte di affiancare (coaching)

L'attività d’affiancamento è il primo livello di formazione personalizzata ed a basso costo, che un’organizzazione predispone per i suoi nuovi assunti. L'affiancamento è rivolto sia a chi ha già l'esperienza, ma è nuovo nell'organizzazione; allora è necessario informarlo sulle procedure e sulle figure di riferimento. Oppure si tratta addirittura di "insegnare il mestiere" ad una persona alla sua prima esperienza o in fase di crescita.

Una definizione formale d’affiancamento è la seguente: un processo in cui un individuo, il coach, attraverso discussioni dirette ed attività guidate, aiuta un altro collega ad apprendere come risolvere i problemi o svolgere le proprie attività meglio di come farebbe operando da solo.[2]

Chi affianca un collaboratore, dunque, deve essere una persona capace, ma non obbligatoriamente un responsabile od il diretto superiore. Si usa la parola inglese “coach1”comunemente inteso come

allenatore, nel senso di una persona competente, uno specialista, anche di pari grado, che sa

insegnare al collega le sue abilità, le tecniche, le conoscenze di un ruolo, in una relazione continua di sostegno alla sua crescita professionale. L’affiancamento sul campo assume alcune

tipologie e ciò dipende tanto dagli scopi e dal numero delle persone da coinvolgere, quanto dal ruolo di chi lo conduce (allenatore, coach, facilitatore, ecc.) [3]. Nel linguaggio comune e in azienda parliamo

spesso in modo intercambiabile di affiancamento, mentoring, coaching individuale, oppure di coaching di gruppo, collaborative coaching e peer coaching. Tuttavia nella pratica è utile fare delle distinzioni metodologiche fra queste tipologie (in merito alle quali non entreremo adesso), poiché ciascuna di esse è ottimizzata per specifici scopi e con processi ad hoc.

Affiancamento e crescita professionale

Il coaching, come definito qui, spesso anticipa se non addirittura sostituisce un programma di formazione, specialmente se c’è una sola persona da formare.

In un’organizzazione professionale l’affiancamento, purché programmato e realizzato in modo sistematico, può costituire uno dei fattori di maggiore motivazione e fidelizzazione verso l’organizzazione stessa, mentre per l’individuo che lo riceve questa condizione è un fattore di maggiore impegno. A maggior ragione, quanto più l’attività da svolgere si richiama al senso di responsabilità ed è richiesta una prestazione di qualità, tanto più è necessario un affiancamento svolto con professionalità. La Tabella 1, riassume i fattori di cambiamento culturale e comportamentale di chi vuole fare affiancamenti professionali, trasformando il ruolo di responsabile (“capo”) gerarchico, tipico delle organizzazioni burocratiche e di matrice paternalistica, al modello di leader in affiancamento di matrice manageriale. Cambiare non è certo facile, specialmente se, dopo tutto, le cose non sembrano andare poi così male; tuttavia la ricerca dimostra che è indispensabile farlo se si vuole che l’affiancamento dia dei risultati:

Tab. 1 – Caratteristiche del processo di affiancamento STADI CHE COSA FACILITA IL PROCESSO CHE COSA OSTACOLA IL PROCESSO

DALL'IMMAGINE

NEGATIVA DI SÉ ALL’AUTOSTIMA

Rafforzare il collaboratore nei suoi punti forti

Dare feedback sui comportamenti e non sulla sfera personale

Intervenire criticamente sugli aspetti della personalità

Enfatizzare solo i punti di debolezza

DALLA DIPENDENZA ALL'AUTONOMIA

Lasciare effettuare al collaboratore delle proprie scelte ponderate Incoraggiare l'espressione di idee nuove e non conformiste

Il “capo” Impone le proprie soluzioni Il “capo” fornisce le proprie soluzioni Il “capo” soffoca le proposte con troppe obiezioni o procedure

DALL'IGNORANZA ALLA COMPRENSIONE

Discutere ipotesi generali per spiegare una determinata situazione Incoraggiare il feedback sui suoi comportamenti

Attribuire eccessivo peso al fare e alla pratica, a discapito degli aspetti teorici

Attuare un feedback solo con finalità punitiva

DALL'EGOISMO ALLA COLLABORAZIONE

Stimolare l'interazione arricchendola con altre aree di competenza Incoraggiare quanto può migliorare il lavoro degli altri e con gli altri

Premiare i soli risultati individuali Adottare una gestione "divide et impera"

Ridurre le riunioni ad una serie di scambi individuali o ad un’arena di competizione

DAL BISOGNO DI CERTEZZE ALLA ACCETTAZIONE DEL NUOVO

Favorire ipotesi di possibili azioni alternative

Appoggiare il collaboratore

nell'affrontare rischi e situazioni con risultati incerti

Bloccare la persona alla prima idea di soluzione che propone

Rimarcare l’esperienza: impossibile agire se non si sono presi in considerazione “tutti” i fattori in gioco.

DALLE ABILITÀ GENERICHE AD ABILITÀ SPECIFICHE

Creare le condizioni per esercitare il problem solving o nuove abilità

Limitare l'ambito d’azione del collaboratore solo ai compiti che sa già svolgere bene

Le caratteristiche di un coach professionale

Per dare sostanza a questa importante funzione manageriale, occorre che il coach tenga dei precisi comportamenti e curi uno stile di comunicazione coerente con questo ruolo. Occorre dunque sviluppare delle caratteristiche personali che, se non sono già spontanee, possono essere migliorate con l'autoformazione ed un esercizio pressoché quotidiano.

Elenchiamo di seguito, a titolo di esempio, le principali abilità necessarie per svolgere questa attività. Queste sono le competenze di base del coach che rappresentano altrettante importanti aree di formazione manageriale su cui un’organizzazione dovrebbe investire[4]:

- Assertività ed autenticità - Abilità di ascolto attivo

- Empatia: riconoscimento degli stati d’animo - Sospendere e differire i giudizi

- Fare domande aperte

- Comprendere e stimolare le motivazioni altrui - Apprendere

- Espressione verbale - Delegare

- Gestire il tempo - Valutare le prestazioni

- Definire standard operativi ed obiettivi - Dimostrare una tecnica, un metodo

Come si vede, la comunicazione interpersonale diventa un aspetto preponderante, nelle sue varie declinazioni; ciò determina la capacità di comprendere e comunicare sul piano emotivo, prima ancora che sul piano cognitivo e pragmatico. Questa abilità generale, nota come intelligenza socio- emotiva, può essere sviluppata e messa in gioco per migliorare l’ambiente di lavoro, sotto il profilo ecologico ed economico.

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Le dieci fasi dell’affiancamento

L’affiancamento è dunque uno dei possibili metodi di addestramento e formazione; come per tutte le altre attività organizzative, esso si attua con delle regole codificate che rappresentano delle strade sicure, spesso anche delle “scorciatoie” per giungere al risultato della crescita professionale. Ecco di seguito le fasi con cui realizzare l’affiancamento:

1) Identificare/creare le opportunità di crescita di ogni collaboratore per stimolarlo professionalmente (casi adeguati alle competenze, gestione delle relazioni con utenti particolari, ecc.)

2) Identificare le risorse necessarie per quel caso (Es: informazioni, supporti tecnici, un “budget” di tempo adeguato)

3) Creare il clima adatto, attraverso una relazione che lasci spazio ad un confronto aperto, alla gratificazione degli sforzi oltre che dei risultati, all’ascolto

4) Sviluppare una relazione di supporto e d'influenza rinunciando per questo ad un rapporto

prevalentemente di autorità

5) Stabilire traguardi e obiettivi col collaboratore

6) Concordare con il collaboratore un programma di attività esplicito (cosa ci si attende

da lui/lei)

7) Tenere sotto controllo il lavoro del collaboratore mentre procede 8) Assicurare un aiuto se necessario o richiesto

9) Rivedere i progressi ed il processo di formazione in momenti pianificati 10) Dare conferma delle nuove competenze acquisite (Feedback positivo)

Nelle organizzazioni nelle quali non ci siano politiche esplicite per lo sviluppo delle competenze delle proprie risorse umane, l'affiancamento resta l'unica oggettiva occasione di formazione professionale, ma raramente questa attività viene concepita al vertice come leva di vero e proprio sviluppo.

Essa viene lasciata all’iniziativa dei responsabili di area/reparto e dunque viene gestita in maniera disomogenea. Sotto il profilo gestionale, quando l'organizzazione più che delegare, scarica sul responsabile l'attività di affiancamento formativo, quasi fosse un capitolo privato fra questi ed i collaboratori, significa che interessano soprattutto i dati quantitativi ed il “rispetto delle regole”, in altri termini si affidano al caso i propri obiettivi di efficacia e qualità di servizi e prestazioni.

Per questo è particolarmente vero che quando un’area o reparto si conquistano una buona

reputazione presso gli utenti, frequentemente troviamo un responsabile che li pilota da vero leader. Ciò accade in base al fatto che quel responsabile possiede la leadership,

indipendentemente dall’organizzazione in cui opera.

L'affiancamento è ancora oggi una zona franca di prestazione organizzativa dove ciascuno, in genere, fa del proprio meglio, col proprio buon senso, ma non di meno eredita un ritardo culturale dal proprio supervisore, con i suoi - ed i propri - difetti. Paradossalmente è proprio l’esperienza a

diventare un fattore critico, se non è associata ad una formazione specifica per le diverse attività

di coaching, mentoring ecc. (le quali, ripetiamolo, non sono intercambiabili)

In conclusione, per addestrare un adulto sul lavoro mediante affiancamento, occorrono delle abilità e tecniche precise per saper fare leva sulle motivazioni interne adulte. Un Coach deve poterle

conoscere, riconoscere e gestire con intelligenza emotiva[5]. L’attività di affiancamento, proprio

per l'importanza che riveste nella linea organizzativa, esige l'impiego di quelle tecniche. In fin dei conti, soltanto degli affiancamenti ben strutturati, individuali o di gruppo, contribuiranno a garantire all’organizzazione l’efficacia, facendo sì che tutti lavorino al meglio del loro impegno e capacità.

Riferimenti bibliografici

2Corcos, A.

1999 Affiancare i venditori. Il segreto della leadership in azione, Franco Angeli, Milano

4Corcos, A.

2008 Leaders’ Peer Coaching, un metodo per guidare i cambiamenti, diffondere la leadership e riqualificare i collaboratori over 45, Franco Angeli, Milano

3Cuomo, S. e al.

5su questo argomento è interessante leggere alcuni “classici”:

Egan, G.

1990 "The Skilled Helper: A systematic approach to effective helping". Pacific Grove, California Goleman, D.

1998 What Makes a Leader, in: Harvard Business Review, November-December. Mezirow, J.

2001 Apprendimento e Trasformazione. R. Cortina Ed., Milano. Salovey, P. e Sluyter, D. J.

1997 (a cura di) Emotional Development and Emotional Intelligence, New York: Basic Books. Spatafora, M.

2005 La gestione e sviluppo del capitale umano nei processi di cambiamento in banca; in Alessandrini G. (a cura di), Formazione e Sviluppo Organizzativo. Scenari e casi aziendali, Carocci.

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