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L’apprendimento dall’esperienza sul campo…di gioco

Luca Bechi

Allenatore “Angelico” – Pallacanestro Biella

Prima di tutto vorrei salutarvi e vorrei portare alla vostra attenzione la mia esperienza. Immagino sappiate cos’è la Pallacanestro Biella, ma per i pochi che non lo sanno, cercherò, brevemente, di spiegare la squadra ed il contesto in cui gioca. È una società professionistica che per l’ottavo anno parteciperà al campionato di serie A, alla massima divisione di basket. Al di là di questo, è il contesto estremamente competitivo e di grande pressione nel quale si svolgono le attività ed il gioco che, credo, vi interessi maggiormente, in quanto tema del vostro incontro. Dovendovi parlare della mia esperienza personale, posso dirvi che sono arrivato a Biella nel 2001, come assistente dell’ex capo- allenatore, Alessandro Ramagli. Nel mio caso, si può parlare di esperienze di formazione sul campo a 360°, in quanto, al mio arrivo a Biella, ho iniziato a lavorare ad un progetto proposto dalla società che, presto o tardi, avrebbe portato all’avvicendamento tra me ed Alessandro Ramagli. Di ciò ne eravamo consapevoli tutti e, soprattutto, il capo allenatore che mi ha aiutato e supportato, dandomi dei consigli affinché si potesse concretizzare questa promozione. Grazie a questo, la mia figura non è stata vista come un antagonista, cioè come “colui il quale poteva rubare il posto all’allenatore”, ma come una figura che, nel presente, poteva dare un supporto tangibile e, nel futuro, avrebbe invece potuto sostituire il capo-allenatore, ovviamente differenziandosi per le esperienze precedenti, per le peculiarità e per le inevitabili differenze. Durante il mio periodo di affiancamento al capo-allenatore, la mia formazione sul campo prevedeva un’osservazione ed una valutazione quotidiana della squadra, per poter offrire al capo-allenatore un apporto ma, soprattutto, un punto di vista diverso rispetto alle dinamiche ed alle diverse situazioni. Questo periodo mi ha permesso di comprendere, in modo migliore, come “quattro occhi vedono meglio di due” e mi ha dato la possibilità di immedesimarmi nella diverse situazione per valutare, secondo la mia personalità, come mi sarei comportato nella stessa occasione venutasi a creare ed il perché di tale accadimento. Come ho premesso, ci sono stati, c’erano e tutt’ora continuano ad esserci, grandi momenti di tensione, di esaltazione e di depressione che caratterizzano l’attività sportiva. Secondo me, in tutte queste situazioni, la cosa importante è usare il buon senso e, soprattutto, cercare di fare “punto, a capo” ogni volta che accadono, senza farsi prendere dalla depressione, piuttosto che dalla rabbia, evitando di estremizzare i sentimenti che non portano ad avere la lucidità per dare una valutazione oggettiva.

Quando, poi, sono diventato capo-allenatore, tutto era diverso rispetto a come me lo aspettavo. Da quel momento, ero io, in prima persona, a dover prendere le decisioni. Tali decisioni devono essere prese in un lasso di tempo limitato, perciò, solitamente, mi affido all’istinto, supportato dall’esperienza. Questo istinto, chiaramente, deve essere concretato in comportamenti coerenti con la squadra e con l’ambiente, sia nel momento della massima espressione: la partita, sia nella costruzione della squadra. Spesso, sottolineo il fatto che è importante formare sul campo una squadra, quindi allenarsi quotidianamente, ma più di tutto, è importante avere un’idea di come formarla al di fuori dal campo. Infatti, quando si vanno a scegliere i giocatori (tra giugno e luglio) e si crea un team, questo team, inizia ad essere vincente fin dal momento in cui è creato ed allenato ed anche quando il gruppo attraversa momenti di difficoltà e da questi ne esce fortificato, anziché sgretolato.

Questo aspetto credo sia un must fondamentale che dobbiamo tenere a mente se vogliamo avere successo.

Normalmente operiamo con un budget limitato, questa consapevolezza è un aspetto importante, perché prima di costruire la squadra, è necessario conoscere che tipo di squadra si desidera avere e scegliere dei giocatori che siano adatti per la nostra possibilità di spesa e soprattutto, conformi all’ambiente in cui lavoreranno.

Infatti, la città di Biella, corrisponde ad una piccola realtà, molto laboriosa, dove ci sono delle aspettative di un certo tipo ed allo stesso tempo, dove si desidera che l’insieme dei giocatori da andare a formare, abbiano la stessa unità d’intenti. Tutti questi aspetti, all’inizio della stagione, aiutano a preparare la squadra, formando un insieme di giocatori e soprattutto di persone che possano poi diventare un team vincente o per lo meno un team in grado di raggiungere gli obiettivi che la società si è prefissata. La ricerca e la preparazione dei giocatori, quindi, rappresenta la capacità, da parte nostra ma sopratutto da parte dei ragazzi, di legarsi insieme l’uno con l’altro.

La nostra squadra, ogni volta che viene formata ex novo è diversa, le dinamiche interne sono diverse, è necessario quindi far diventare questi aspetti una virtù e sfruttarli a favore della squadra, per questo motivo, spesso ci piace cercare di mettere insieme ragazzi provenienti da realtà eterogenee. Ovviamente, affinché si possa sfruttare questa risorsa è necessario conoscere le diverse realtà di provenienza, cercando di pensare con la testa dei giocatori, anche se ragionano in modo completamente diverso rispetto al nostro modo di intendere la realtà di gioco. Un’ altra attenzione che è necessario avere nei confronti dei giocatori, è la disponibilità ad ascoltare e ad avere una relazione con ognuno di essi e quindi con ognuna delle parti che compongono il team, affinché ogni giocatore si senta parte del progetto e dia il massimo per il raggiungimento dell’obiettivo comune. Ci sono, poi, le partite, che sono la “cartina tornasole” del lavoro fatto, infatti durante la stagione, accadono mille situazioni in cui si vince immeritatamente o si perde immeritatamente.

Per fare un esempio esplicativo, voglio raccontarvi come normalmente affrontiamo la settimana successiva al compimento di errori durante la partita o di brutte prestazioni sul campo. In questo caso, applichiamo una serie di interventi. In prima analisi, la cosa più importante è l’individuazione del tipo di errore commesso. Personalmente, ritengo sia possibile classificare l’errore in due differenti categorie: l’errore tecnico o tattico che riguarda il campo e l’errore di atteggiamento. Di fronte a questi due tipi di errore, è necessario avere due tipi di reazioni differenti.

L’errore tecnico o tattico è un errore compatibile con il nostro tipo di gioco, infatti, normalmente, vince chi sbaglia di meno e non chi fa più effetto. In questo caso, supportati dai video della partita, attraverso colloqui di squadra e, qualche volta, da colloqui individuali, cerchiamo di correggere, fuori dal campo e dentro al campo, questo tipo di errore da un punto di vista tecnico.

Sull’altro tipo di errore, quello di atteggiamento, siamo più intransigenti, in quanto l’atteggiamento sbagliato nei confronti della squadra, nei confronti dello staff o nei confronti dell’ambiente, è legato ad aspetti comportamentali, piuttosto che a brutte relazioni nei confronti del team, che non sono accettabili.

In questi casi, in genere, utilizziamo la tecnica del dialogo guidato che presuppone una certa fermezza da parte nostra e l’imposizione del nostro pensiero sul giocatore che ha commesso un errore di atteggiamento in quanto, per questo tipo di errore, non esiste una giustificazione valida. Dopo il primo errore, se il giocatore persiste nel mantenere questo atteggiamento, è possibile che la società decida di multarlo attraverso sanzioni di tipo economico o di tipo disciplinare. Questo aspetti sono in stretta correlazione con la scelta del tipo di squadra che andremo ad assemblare all’inizio dell’anno. Naturalmente, non è possibile conoscere fino in fondo le persone che compongono la squadra, ciononostante, conoscendo le caratteristiche tecniche dei giocatori, è possibile cercare di avvicinarsi, quanto più possibile, ai canoni che vogliamo avere nei giocatori che andranno a formare la nostra squadra.

Una componente fondamentale, di una realtà sportiva come quella di Biella, è la voglia di vincere insieme che molto spesso aiuta a minimizzare gli errori di atteggiamento.

Chiaramente, è sempre bene tenere presente che la giovane età di questi sportivi, l’istintività, l’inesperienza e la grande pressione psicologica che sopportano, qualche volta, può generare dei comportamenti un po’ fuori dalle righe.

Personalmente, ritengo che tutti gli errori siano correggibili e tutte le parti del gioco migliorabili, se c’è la disponibilità, da parte di ogni giocatore a farlo. Nel momento in cui le squadre vanno male, spesso, c’è la tendenza all’egoismo, a pensare solo a sé stessi. In queste situazioni di difficoltà, ritengo si debba fare un passo in avanti, verso la squadra, con il supporto di strumenti tecnici e con un giornaliero martellamento sugli obiettivi di squadra confrontati con gli obiettivi individuali.

È una sorta di grande gioco di equilibrio tra le due parti. L’allenatore deve pensare prima alla squadra e poi ai giocatori, mentre i giocatori, naturalmente, pur facendo parte di una squadra, pensano prima a loro stessi. È necessario, quindi, una sinergia di queste due parti che però, senza nessuna ipocrisia, non si potranno mai incontrare. Non ci saranno mai allenatori e giocatori in pieno accordo, ci saranno, piuttosto, dei momenti in cui saranno più vicini e dei momenti in cui saranno più lontani, però, è assolutamente naturale che ci sia una diversità dei punti di vista. Il nostro lavoro consiste nel supportare la squadra, lavorando tutti i giorni con essa. Alcuni giorni si lavorerà con più intensità, in altri si faranno frequenti interruzioni a causa dell’insorgere di situazioni critiche. Quando sei a capo di un team, è bene ricordare che il tuo compito è quello di supportare la squadra, sarà quindi necessario, in alcune situazioni specifiche, chiudere mezzo occhio, quando non tutti e due, poiché l’obbiettivo comune, come dicevo all’inizio, deve essere prevalente rispetto alla parola detta fuori posto o allo scatto d’ira.

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