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di Chirurgia dell’ASL B

Leonardo Jon Scotta

Operatore S.C. Organizzazione e Sviluppo Risorse Umane Azienda Sanitaria Locale BI - Biella – Psicologo

Abstract

L’articolo vuole focalizzare l’attenzione sulle fasi che hanno portato alla progettazione e alla realizzazione del “Corso di aggiornamento sulla comunicazione interpersonale” tenutosi presso l’Unità Operativa di Chirurgia dell’Azienda Sanitaria BI di Biella. L’analisi sarà permeata su quello che, oltre all’aspetto puramente professionale e partecipativo, riguarda la sfera emotiva e di coinvolgimento personale nella partecipazione al Gruppo di Progetto. Si cercherà tuttavia di fornire indicazioni oggettive riguardanti gli strumenti ed i metodi utilizzati, tenendo come traccia i riferimenti teorici relativi alla Ricerca Intervento formulati da Kurt Lewin e adattandoli allo specifico contesto formativo.

Costruzione delle ipotesi

Questo momento rappresenta la prima fase proposta dal modello di Lewin per la ricerca intervento. Più che vere e proprie ipotesi, si può parlare di motivazioni che spingono i ricercatori, ed in particolare i responsabili aziendali, ad intraprendere l’iniziativa. Non è ancora il momento degli obiettivi ed effettivamente sarebbe prematuro parlarne. Semplicemente viene focalizzata l’attenzione sulle problematiche, più o meno palesi, emerse nel contesto cui rivolgere l’intervento. Ci si domanda quale sia il problema ancor prima di poter individuarne la possibile soluzione. Semplicemente il fatto di sensibilizzarsi al problema organizzativo è un fondamentale punto di partenza per la costruzione dell’ipotesi di intervento. Io sono approdato, come osservatore, a questo punto della fase di costruzione delle ipotesi. Il lavoro fin qui svolto tuttavia è stato più che complesso ed è partito con alcune ipotesi già formulate nei mesi precedenti. È stato proposto in particolare un progetto formativo per gli O.S.S. (Operatori Socio Sanitari) relativamente alla necessità di adeguarsi alla condivisione di uno strumento per migliorare l’assistenza erogata ai pazienti ricoverati (Piano d’Assistenza). Le difficoltà riguardano le competenze specifiche degli O.S.S. e le conoscenze che gli stessi Infermieri hanno a riguardo delle attività delegabili al personale O.S.S.. Per procedere ad un corso improntato a ridurre le lacune osservate nella prassi quotidiana, è stato pensato un questionario da somministrare agli infermieri in cui sono richieste le conoscenze riguardo all’attività e le competenze dei collaboratori O.S.S.. Ed è attraverso la compilazione del questionario che è stato compreso che, al di là di tutti i problemi organizzativi, le difficoltà si potevano ricondurre ad un problema comunicativo tra le figure professionali, o meglio di condivisione delle informazioni durante l’attività lavorativa quotidiana.Devo ammettere quindi che il problema e le relative proposte di costruzione dell’intervento sono state formulate con efficacia attraverso un’attenta analisi del responsabile dell’iniziativa, la Caposala del reparto di Chirurgia dell’Ospedale di Biella.

Il ruolo da lei ricoperta, ed in particolare la sua sensibilità ed attenzione ai dipendenti del reparto, sono stati sufficienti come “termometro” per evidenziare il problema centrale cui insistere per risolverlo attraverso una specifica attività formativa. Accanto a lei, sensibilizzate all’iniziativa, partecipano alla progettazione dell’attività la collega, attuale Caposala degli Ambulatori di Chirurgia, e la Referente per la Formazione della Struttura Complessa Organizzazione e Sviluppo Risorse Umane. La “diagnosi” del problema è già chiara: in reparto, in particolare tra le figure professionali degli Infermieri e degli O.S.S., la comunicazione interpersonale non è sempre efficace. A risentirne sono i rapporti tra i colleghi, tra le diverse figure professionali e, ovviamente, i delicati rapporti con i pazienti ricoverati ed i loro parenti. Il problema, al di là del mancato passaggio di informazioni, sembra proprio essere una difficoltà del gruppo nel riuscire a collaborare efficacemente.

Il problema è evidenziato, inizia così la progettazione dell’intervento formativo più adeguato al nostro caso. Gli obiettivi del corso sono semplici e chiari: si tratta di sensibilizzare alla necessità di una

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corretta ed efficace comunicazione nell’ambito del lavoro quotidiano, ponendo attenzione particolare sulla comunicazione tra i colleghi e con i pazienti. L’analisi dei bisogni è stata dunque sviluppata correttamente dai responsabili dell’iniziativa (Coordinatori Infermieri Chirurgia A e B e referente O.S.R.U.) osservando la quotidianità lavorativa di reparto.

Viene avvertita una carenza di un corretto passaggio di informazioni tra colleghi e collaboratori che porta ad alcuni errori evidenti durante la comunicazione tra le diverse figure professionali di reparto. Ci si aspetta che il corso abbia un buon impatto operativo sulle capacità comunicative e relazionali degli operatori di reparto, nonché una ricaduta sulla qualità assistenziale al paziente. È una scommessa, ma la progettazione e gli obiettivi sono chiari.

La scelta del “campo”: Luoghi, tempi e metodi

Questa fase, nella progettazione di un intervento, risulta essere la chiave vera e propria perché questo abbia effetto. Si tratta di contestualizzare l’attività nel modo più specifico possibile, delimitandone il “campo” almeno con due coordinate: lo spazio ed il tempo. Per spazio si intende l’ambito umano dei soggetti/oggetti (personale interessato, figure professionali coinvolte…) della ricerca ed anche il luogo fisico dove sono collocati e nel quale si manifestano i rapporti che li legano. Il tempo riguarda il momento storico in cui si colloca l’analisi dei bisogni e la realizzazione dell’iniziativa. Nel nostro caso specifico queste due dimensioni sono state sicuramente analizzate nel dettaglio nella fase di progettazione. Gli incontri del gruppo di progetto, ancor prima della compilazione della Proposta O.S.R.U. dell’intervento formativo prevista da regolamento Asl, sono state incentrate su questi aspetti. Il contesto o “campo” è chiaro: il corso è rivolto ad Infermieri Professionali, Coordinatori Infermieri e personale O.S.S. del reparto di Chirurgia dell’Ospedale di Biella. Lo stesso vale per lo spazio utilizzato, individuato all’interno dell’Unità Ospedaliera, utilizzando un’aula che per caratteristica fosse sufficientemente accogliente e adeguata al lavoro di gruppo e soprattutto comoda e facile da raggiungere per tutti i partecipanti. Inoltre nella progettazione di un’attività come questa non può essere trascurata un’altra dimensione fondamentale: i tempi. La proposta da consegnare secondo regolamento all’O.S.R.U. perché possa essere richiesto l’accreditamento ECM (Educazione Continua in Medicina) prevede obbligatoriamente la compilazione di un crono-programma dettagliato dell’attività formativa. Questa fase risulta delicata perché è necessario tenere presenti diverse variabili: gli argomenti da trattare, i momenti della giornata in cui è possibile realizzare l’intervento, il numero di partecipanti, la durata di ogni singolo modulo e soprattutto le strategie didattiche da utilizzare. Ho partecipato anche io attivamente a questa fase è stata quella che sicuramente ha richiesto il maggior impegno progettuale da parte di tutto il gruppo di progettazione. Individuati gli obiettivi e compresi quali fossero i bisogni formativi, occorreva determinare i metodi dell’intervento. Senza entrare nel dettaglio del crono-programma, è bene comunque sottolineare l’importanza di questa fase di progettazione.

Prima di tutto, considerando la numerosità dei partecipanti e soprattutto la copertura dei turni di lavoro del personale infermieristico, vengono previste due edizioni del corso, individuando come collocazione temporale il pomeriggio, dopo il cambio del turno lavorativo. Poi, in base a quelli che erano stati individuati come bisogni formativi, vengono previsti tre moduli (o giornate d’aula) in cui verranno trattati, rispettivamente, i temi della comunicazione personale, della comunicazione tra colleghi e della comunicazione con il paziente e care-giver, cui seguirà una giornata conclusiva di confronto e valutazione tra i gruppi appartenenti alle due diverse edizioni. La sfida per il Gruppo di Progetto diventa a questo punto proprio quella di trattare questi argomenti in modo innovativo al fine di costruire la partecipazione attiva di tutti i partecipanti. Se l’obiettivo è quello di sviluppare la collaborazione tra i colleghi di lavoro, bisognerà iniziare a farlo durante l’intervento formativo. Ma come? L’idea è quella di rendere le giornate in aula il più interattive possibile con i partecipanti. La collaborazione nasce dal lavoro di gruppo e proprio su questo il corso intende essere strutturato: parlare di comunicazione, facendo comunicazione è l’idea che il Gruppo di Progetto, me compreso, porta avanti. Riflettendo sulle risorse umane presenti in Azienda, ed in particolare tra i colleghi del Reparto di Chirurgia, si individua con facilità una figura che più può essere indicata nel nostro contesto formativo. La sua esperienza teatrale, infatti, può diventare prezioso aiuto nella costruzione di rappresentazioni di situazioni comunicative, adattabili ai temi delle diverse giornate degli incontri. È decisamente qualcosa di innovativo ma pian piano l’idea prende forma. Accanto a brevi cenni teorici sugli aspetti della comunicazione e sulla gestione dei conflitti (affrontata dalla Capo Sala e la sua collaboratrice), ogni giornata sarà caratterizzata da veri e propri esempi concreti di situazioni comunicative, costruiti ad hoc con l’aiuto e l’esperienza del collega individuato esperto di teatro. La seconda parte della giornata, inoltre, dopo una discussione su quanto osservato nella rappresentazione, vedrà la partecipazione attiva dei partecipanti: avranno il compito, a loro volta, di mettere in scena, secondo le richieste di un semplice canovaccio teatrale, una loro rappresentazione

comunicativa. La discussione alla fine della giornata sarà mediata poi da una figura esterna al reparto di Chirurgia, ma con lunga esperienza in campo Ospedaliero e sensibilità proprio su temi relativi la comunicazione interpersonale.

Infine ai partecipanti sarà richiesto di compilare, durante lo svolgimento della giornata, un “diario di bordo” che dia la possibilità di comunicare tutte le impressioni e le osservazioni a caldo di quanto viene affrontato in aula. Il progetto ed il tipo di lavoro sono quindi pianificati nei minimi dettagli, condizione necessaria perché un’esperienza originale di questo tipo possa venire realizzata. Sicuramente i dubbi su come i partecipanti affronteranno gli incontri sono leciti, ma formalmente posso dire che a livello di pianificazione ogni passo è stato eseguito con professionalità e la dovuta attenzione.

Possiamo dire quindi che la progettazione ha rispettato i crismi di quello che dovrebbe essere prevista da un modello di analisi e di ricerca. L’iter burocratico aiuta in tal senso, ma è la sensibilità del responsabile del Gruppo di Progetto e dei collaboratori che posso essere attenti a tutte le dimensioni. Il consiglio è sempre quello di non dare mai niente per scontato, tenendo informati costantemente tutti gli attori nei diversi momenti e nelle diverse fasi. Il passaggio di informazioni è fondamentale sempre, non solo nel momento della realizzazione pratica dell’iniziativa.

L’intervento: la premessa per le giornate formative in aula

Nel nostro caso la ricerca vera e propria e la progettazione si sono esaurite con l’analisi dei bisogni e l’individuazioni degli obiettivi; fasi, come detto, affrontate con la corretta attenzione e professionalità. Io ho seguito lo sviluppo del corso di formazione nelle sue giornate della seconda edizione, restando a contatto con lo stesso gruppo per tutto lo svolgimento dell’iniziativa formativa, e ciò mi permette di fare una breve riflessione che servirà da premessa per il lavoro dei docenti in aula. Ricordo che inevitabilmente ciascun gruppo, benché sottoposto agli stessi stimoli, alle stesse proposte di lavoro, ed essendo inserito nel medesimo contesto formativo, reagisce diversamente ad ogni singola situazione d’aula.

Il gruppo è qualcosa di dinamico e non sempre risponde come il conduttore può attendersi, soprattutto di fronte un tipo di formazione di interazione ed innovativo come quello proposto nel nostro caso. Il docente deve quindi cercare, nel limite del possibile, di fare “tabula-rasa” ad ogni nuova lezione e soprattutto nel passaggio tra un gruppo di lavoro ad un altro. Questo accorgimento è utile in una doppia prospettiva: per il docente, perché non cada nel pregiudizio che l’aula affrontata nella seconda edizione della stessa lezione si comporti come nel primo intervento; per i discenti, perché non subiscano passivamente un’aspettativa nei loro riguardi diversa da quella che risulterà realmente e, di contorno, non abbiano una lezione più “fiacca”, proprio perché ripetizione di qualcosa già presentato ad altri. Non è facile, per i docenti, liberarsi mentalmente da questa sensazione di “già vissuto”, ma è comunque bene esserne consapevoli per lasciarsene influenzare il meno possibile.

Riferimenti bibliografici

Kaneklin, C. e Bruno, A.

2003 Progettare nel sociale: la ricerca-azione, in: Alastra V. (a cura di), Atti del Convegno “Valorizzare l’Organizzazione, organizzare il valore – gestione e sviluppo delle risorse umane che promuovono salute”, Perugia, Edizioni SEDES

Lewin, K.

1972 Teoria e sperimentazione in psicologia sociale, Bologna, il Mulino (ed. orig. Field Theory in Social Science, New York, Harper&Row Publishers, 1951).

INDIRIZZO COMPLETO DEL PRIMO AUTORE Cognome e Nome Jon Scotta Leonardo

Ente di appartenenza Struttura Complessa Organizzazione e Sviluppo Risorse Umane - ASL BI

Luogo e CAP Biella - 13900

Via/C.so/P.zza Via Marconi, 19

Tel. (Ufficio) 015/2527444

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Particolarità, complessità, nodi e difficoltà nella

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