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La Formazione sul Campo e la ricerca infermieristica

Alberto Dal Molin e Cesarina Prandi

Ufficio Programmazione Organizzazione Sanitaria e Qualità, ASL BI – dottorando di ricerca Università di Firenze, Associazione Cespi Torino

Abstract

La letteratura internazionale sottolinea l’importanza e l’efficacia della formazione sul campo (FsC) per modificare comportamenti di pratica.

Tra le varie forme di formazione sul campo possiamo ritrovare la partecipazione ad attività di ricerca, che vede, sempre di più un coinvolgimento attivo degli Infermieri. Infatti, anche grazie all’attivazione dei primi dottorati di ricerca in scienze infermieristiche, gli studi in cui risulta un infermiere come promotore sono in aumento.

L’accreditamento dell’attività di ricerca come formazione sul campo ha delle ripercussioni positive non solo nel settore della formazione, ma anche sullo sviluppo della ricerca stessa. Quindi l’elaborazione a livello regionale di criteri per definire come accreditare la ricerca diventa assolutamente utile e necessaria.

Introduzione

La formazione continua in medicina è definita come l’educazione di attività che servono a mantenere, sviluppare, o aumentare le conoscenze, le abilità e le prestazioni. [1]

La tipologia di formazione maggiormente sviluppata è stata quella residenziale, che vede l’acquisizione di crediti formativi ECM come conseguenza alla partecipazione ad attività formative, quali ad esempio corsi, convegni, conferenze e seminari. Ultimamente si parla sempre più di formazione a distanza (FAD), in cui l’acquisizione di abilità e conoscenze non avviene secondo le modalità residenziali, ma sfrutta lo sviluppo delle tecnologie della comunicazione. Infatti se inizialmente la FAD avveniva attraverso la diffusione di materiali cartacei via posta tradizionale, ora ricorre all’uso di internet (e- learning).

L’esposizione di solo nozioni teoriche, anche in modo attivo e coinvolgente, non sono in grado di garantire un efficace apprendimento dei discenti, che si ritiene possa essere meglio realizzato grazie al ricorso a esercitazioni e casi. La modifica dei comportamenti professionali, orientati al rinnovamento continuo, alla coerenza con i bisogni di salute espressi dalla popolazione, sono tra gli obiettivi più ambiziosi e difficili da realizzare e la sola formazione tradizionale difficilmente ne garantisce il raggiungimento. [2]

Una tipologia di formazione continua è la formazione sul campo (FsC), cui sostegno dell’efficacia vi sono evidenze scientifiche che ne riconoscono la capacità di modificare comportamenti di pratica. [3] Le

forme di formazione sul campo che possono vedere gli infermieri e tutti gli altri operatori sanitari coinvolti possono essere:

- i tirocini; - gli stage; - gli audit clinici;

- la partecipazione a gruppi di lavoro per la revisione di procedure o linee guida; - la partecipazione ad attività di ricerca.

In una revisione sistematica della Cochrane Collaboration viene sottolineata l’efficacia della formazione sul campo. Infatti gli autori concludono l’analisi affermando che i gruppi di lavoro interattivi sono in grado di modificare la pratica clinica, mentre le sessioni solamente didattiche non sono in grado di modificare la pratica professionale. [4]

L’importante crescita della professione infermieristica, vede gli infermieri sempre di più impegnati in attività di ricerca con l’obiettivo di sviluppare la disciplina e di migliorare la pratica clinica – assistenziale.

I ruoli ricoperti dagli infermieri nei progetti di ricerca variano da responsabile scientifico a compilatore delle schede di osservazione. L’istituzione da parte di alcuni Atenei Universitari dei dottorati di ricerca in Scienze Infermieristiche ha contribuito a implementare la presenza degli infermieri negli studi di

ricerca, che sempre di più li vede non solo come compilatori di schede, ma anche come ideatori, responsabili o referenti di centri in studi multicentrici.

Il fatto di partecipare ad un progetto di ricerca implica: - lo studio individuale della tematica;

- la condivisione; - lo studio collettivo;

- l’analisi del protocollo di ricerca o la sua predisposizione; - la conduzione diretta dello studio;

- la diffusione dei risultati e l’applicazione pratica nella routine.

Anche la sola raccolta dei dati impone una continua e particolare riflessione. Il doversi confrontare con il paziente durante la richiesta di consenso alla partecipazione implica analisi e considerazioni importanti, che riguardano l’aspetto etico, organizzativo e assistenziale.

La stesura del protocollo impone l’interrogarsi su problemi assistenziali che vengono teorizzati, anche per mezzo dell’analisi della letteratura internazionale con la consultazione di banche dati, ad esempio relativamente a tempi, metodi e strumenti per la raccolta del consenso, la conduzione del colloquio e l’adesione al protocollo di ricerca. La lettura critica di risultati e il loro trasferimento nella pratica clinica – assistenziale sono processi importanti che non possono non essere considerati momenti formativi. È quindi, chiaramente indiscutibile che la partecipazione degli operatori sanitari a studi di ricerca rappresenta una modalità di apprendimento sul campo che si traduce in qualità e in miglioramento delle cure.

Accreditare un progetto di ricerca

Le varie forme di ricerca che possono essere accreditate sono:

- qualitativa/quantitativa: entrambe le tipologie di ricerca potrebbero subire ugual percorso di accreditamento ECM;

- sperimentale/osservazionale: lo studio sperimentale indubbiamente impone maggior attenzione e impegno da parte dei partecipanti rispetto all’osservazionale;

- monocentrico/multicentrico.

Affinché il progetto di ricerca sia accreditato come formazione sul campo, deve superare l’approvazione del comitato etico, come garanzia che la conduzione avviene in conformità ai principi etici espressi dalla Dichiarazione di Helsinki e che rispetta le Good Clinical Practice e le disposizioni normative in materia.

La richiesta di accreditamento deve avvenire ad opera di provider riconosciuto, quindi è indispensabile che il Centro di Coordinamento risulti iscritto al registro dei provider o che lo stesso si avvalga del supporto di quest’ultimo per accreditare il progetto.

In un editoriale di Condorelli et al pubblicato su Ricerca&Pratica vengono esplicitati alcuni suggerimenti per l’accreditamento della ricerca.

Secondo quanto sostenuto dagli autori i crediti ECM assegnati devono essere diversi a secondo della tipologia dello studio, valorizzando la prospetticità e la randomizzazione. [5]

Classe Tipologia di studio Crediti

1 Sperimentale randomizzato 25

2 Sperimentale non randomizzato, osservazionale prospettico 23

3 Osservazionale retrospettivo o di prevalenza 20

Tratta da M. Condorelli: L’accreditamento formativo dei progetti di ricerca

Altro momento formativo caratteristico dei progetti di ricerca sono gli Investigator Meeting, che potrebbero essere accreditati separatamente o insieme al progetto come parte integrante. Il ruolo svolto dai singoli professionisti nello studio può essere molto variabile, quindi è forse necessario riconoscere un numero di crediti ECM diverso a seconda del ruolo svolto.

Conclusioni

La formazione sul campo è una componente essenziale dei processi ECM e si ritiene l’accreditamento dei percorsi di ricerca importante e fondamentale. L’accreditamento della ricerca avrà ripercussioni positive non solo nel settore della formazione, ma stimolerà gli infermieri e gli altri operatori sanitari a

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partecipare attivamente a gruppi di ricerca, contribuendo allo sviluppo della ricerca stessa, ottenendo così un aumento dell’impatto sulla pratica.

A livello Regionale sarebbe necessario definire linee di indirizzo per accreditare i percorsi di ricerca. Allargare la possibilità di accreditamento eventi diversi rispetto alla tradizionale formazione significa, aumentare e incentivare attività che sul piano dell’impatto formativo e soprattutto del miglioramento organizzativo, si ritengono potenti e responsabilizzanti. [6]

Inoltre lo stimolo all’accreditamento dei percorsi di ricerca viene anche sancito a livello legislativo con il D. Legislativo n. 229 del 1999, in cui al comma 2 dell’articolo 16-bis recita: “la formazione continua consiste in attività di qualificazione specifica per i diversi profili professionali, attraverso la partecipazione… a studi clinici controllati e ad attività di ricerca, di sperimentazione e di sviluppo…”.[7]

Riferimenti bibliografici

1Agency for Healthcare Research and Quality

2007 Effectiveness of Continuing Medical Education

2Castagna, M.

2002 Progettare la formazione – guida metodologica per la progettazione del lavoro in aula, Franco Angeli Edizione, Milano

5Condorelli, M., Cuccurullo, F., Garattini, S. et al.

2003 L’accreditamento formativo dei progetti di ricerca. Ricerca e Pratica, 19: 225 – 9;

3Davis, A. et al

1999 Impact of formal continuing medical education: do conferences, workshops, rounds, and other traditional continuing education activities change physician behaviour or health care outcomes? J Am Med Ass, 282: 867 – 74

7Decreto legislativo 229

1999 Articolo 16-bis comma 2, 19 Giugno.

4O'Brien, M. A., Freemantle, N., Oxman, A., Wolf, F., Davis, D. e Herrin, J.

2001 Continuing education meetings and workshops: effects on professional practice and health care outcomes – The Cochrane Collaboration

6Saiani, L., Palese, A. e Benaglio, C.

2004 Per una formazione ECM “oltre l’aula” Assistenza Infermieristica e Ricerca, 23: 2 – 4;

INDIRIZZO COMPLETO DEL PRIMO AUTORE Cognome e Nome Dal Molin Alberto

Ente di appartenenza ASL BI

Luogo e CAP Biella - 13900

Via/C.so/P.zza Via Marconi, 23

Tel. 015/3503266

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