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La Formazione sul Campo: esperienze e strumenti di lavoro nell’AUSL di Reggio Emilia

Corrado Ruozi

Responsabile Staff Sviluppo Risorse Umane Az. USL - Reggio Emilia

Nella conferenza Stato-Regioni del 20 dicembre 2001 si definì il ruolo delle Regioni nel sistema di accreditamento ECM, evidenziando principalmente che: “(…) alle singole Regioni, per quanto di propria competenza ed in coerenza con gli indirizzi nazionali, è affidato il compito di promuovere sul loro territorio il sistema per la formazione continua e sono, pertanto, chiamate ad essere garanti della qualità e della trasparenza del sistema stesso”.

Su questa premessa diverse Regioni hanno iniziato a sviluppare un sistema regionale di accreditamento formativo. Ci si trova oggi, a cinque anni dall’inizio della sperimentazione del sistema ECM, con situazioni assai diversificate nelle varie realtà territoriali: le due Province autonome e diverse Regioni hanno avviato il sistema regionale ECM; altre Regioni lo stanno attivando ora; altre ancora, che pure mostrano interesse, non si sono ancora decise a partire (anche se alcune si stanno organizzando per farlo): le attività formative in questi casi sono ancora soggette esclusivamente all’accreditamento nazionale.

L’accreditamento degli eventi di formazione sul campo è stato avviato nel 2003 in Emilia Romagna; subito dopo si sono attivate Toscana, Valle D’Aosta, Provincia autonoma di Trento, Marche; nel 2006 si sono uniti al gruppo il Friuli Venezia Giulia, l’Umbria e il Veneto.

Le tipologie di eventi che le varie Regioni hanno scelto di accreditare come attività formative sul campo sono state talora diversamente classificate, ma ogni scelta fatta riconosce comunque una serie di attività come appartenenti al genere "formazione sul campo", ovvero: attività svolte da gruppi di lavoro, gruppi di progetto, gruppi di studio, gruppi di ricerca, (che possono essere ricondotti all’attività di ricerca, audit clinico, miglioramento, partecipazione a commissioni e comitati, ecc.), attività di addestramento (tecnico, organizzativo o relazionale), stage, tutoring.

Sono state individuate da due a cinque tipologie generali entro le quali i Provider (Aziende Sanitarie, Università, ecc.) potessero collocare le diverse attività formative sul campo, esplicitando e descrivendo le casistiche riconducibili a ogni determinata tipologia. Laddove le tipologie individuate sono state due, si è operato un raggruppamento di alcuni tipi di evento che altre realtà hanno scelto di classificare a sé producendo un elenco di cinque o sei tipologie. Ad esempio la regione Veneto ha classificato le attività formative sul campo in:

1) collaborazione a ricerche, 2) stage-tirocinio,

3) partecipazione a progetti di miglioramento e audit clinico.

L’Umbria, come l’Emilia Romagna, ha scelto di classificarle in questo modo: 1) addestramento,

2) partecipazione a ricerche,

3) partecipazione a commissioni/comitati, 4) gruppi di miglioramento,

5) audit clinico.

Il Friuli Venezia Giulia ha aggiunto ai cinque sopraelencati un altro punto: 6) attività di tutorato;

La Regione Valle d’Aosta ha fatto una classificazione simile ma ancora differente: 1) periodi di addestramento/tirocinio/stage,

2) audit clinico - assistenziale,

3) partecipazione a commissioni/comitati/gruppi formali di lavoro,

4) docenza, tutoring, presentazione ad eventi accreditati ECM, partecipazione a gruppi di miglioramento,

59 La Regione Marche ha definito due tipologie generali: 1) stage,

2) gruppi di miglioramento.

Alcune Regioni hanno scelto di accreditare l’attività formativa sul campo definendo un numero specifico di crediti per l’evento stesso (ovviamente mediante criteri rispettosi delle direttive nazionali): in questo caso il numero di crediti assegnato all’attività formativa corrisponde al numero di crediti che ciascuna figura professionale sanitaria coinvolta si vedrà certificare presenti le condizioni necessarie; altre realtà hanno preferito definire il numero di crediti da assegnare in modo diversificato ai professionisti in relazione al diverso grado di impegno (in termini di tempo o di complessità del lavoro svolto) di ciascun partecipante. Si deduce immediatamente come scelte differenti implichino presupposti e conducano a gestioni in parte diversi.

Le tecniche didattiche utilizzate nella formazione sul campo spaziano dalla attività con supervisione, affiancamento, re-training, dimostrazione tecnica con esecuzione diretta da parte dei partecipanti (es. addestramenti) alla lettura e discussione in gruppo, ricerca e organizzazione di documentazione (es. gruppi di studio, di ricerca, di miglioramento, audit clinico, ecc.), alla redazione, produzione, discussione di elaborati, laboratorio di comunicazione clinica, teledidattica (es. gruppi di miglioramento, comunità di pratica), alla discussione di casi (es. gruppi di miglioramento – analisi di criticità, addestramento alla relazione, ecc.).

La prevalenza delle tecniche sopraelencate (in particolar modo l’attività basata sui casi ed autocasi, le attività all’interno dei gruppi di progetto, di studio, di miglioramento) si propongono di favorire un apprendimento maggiormente “concreto” nei soggetti, sollecitando più elevati livelli di coinvolgimento, in funzione della vicinanza e dell’interesse per i contenuti di lavoro e attivando percorsi di apprendimento complessi. Per gli individui in apprendimento si tratta di condividere controllo e responsabilità sugli obiettivi definiti e sui risultati ottenuti.

Che sia stato inserito entro l’elenco delle attività o menzionato a latere, tutte le Regioni che hanno attivato l’accreditamento della formazione sul campo si sono poste il problema del riconoscimento dell’attività di tutoring, di presentazioni a eventi e altre attività riconducibili a una definizione formativa che si focalizza maggiormente sull’aspetto individuale piuttosto che centrarsi su un’attività formativa co-partecipata. D’altra parte non c’è ancora una linea di condotta comune rispetto al come considerare l’autoformazione (lettura di articoli, pubblicazioni, produzione/revisione di materiale, ricerca documentale anche on-line, ecc.).

La sperimentazione dell’accreditamento regionale delle attività formative sul campo ha fatto emergere una serie di differenze, presumibilmente in parte dovute alle caratteristiche territoriali e più generalmente socio-culturali delle diverse Regioni e Province autonome; si sono anche evidenziate aree di criticità a livello intraregionale: la formazione sul campo per sua stessa natura ad alta variabilità (in termini di attività, tempi, forme di sostegno all’apprendimento, modalità didattiche, obiettivi, livelli di partecipazione, possibilità di valutazione, ecc.) lascia questioni ancora aperte che necessitano di essere in qualche modo definite.

In alcune realtà regionali sono sorti già gruppi di lavoro specifici (composti da rappresentanti della Regione e dei Provider) per affrontare alcuni aspetti problematici e cercare di individuare soluzioni condivise.

La Formazione sul Campo nella AUSL di Reggio Emilia

Nel 2003 in Emilia Romagna si è dato il via all’accreditamento sperimentale delle attività di formazione sul campo, seppur con qualche difficoltà: non tanto a riconoscerne il valore (sia pedagogico che economico), quanto piuttosto a orientare e supportare i professionisti, dal momento che l’argomento non era ancora del tutto chiaro neppure a coloro che, nelle Aziende Sanitarie, si occupavano specificatamente di formazione. I diversi Provider regionali, pur nella referenza unica della Regione, si sono mossi autonomamente per avviare un sistema parzialmente nuovo (formazione sul campo) nel sistema ancora giovane (accreditamento regionale).

L’AUSL di Reggio Emilia ha scelto di avviare l’accreditamento di alcune attività che già si realizzavano da tempo (supervisione di casi clinici – particolarmente nell’area della salute mentale – e addestramenti – specie nell’area infermieristica) e che presentavano le caratteristiche necessarie per essere inquadrate come formazione sul campo. L’attenzione è stata orientata ad aumentare i livelli di qualità documentale e di sostegno organizzativo al fine di meglio consolidare gli aspetti di apprendimento emergenti dalla pratica. Consolidato il sistema, ci si è potuti addentrare in aree un po’ più complesse come i gruppi di progetto, le attività di miglioramento, gli audit clinici: sovrapposizioni di strumenti e di metodologie, difficoltà a circoscrivere gruppi o settori coinvolti, a suddividere le tappe di un percorso che a un certo punto si trasformava in qualcosa di diverso da ciò che era inizialmente,

erano fonte di non pochi problemi legati alla gestione del processo. A volte si presentavano dubbi sul come denominare un certo tipo di attività. Altre volte un’analisi dei casi-problemi dell’unità operativa diventava un gruppo di miglioramento.

Questa fase ha permesso di individuare alcune criticità e ha fornito il materiale di riflessione utile a dare una migliore strutturazione agli eventi. Si è visto ad esempio che mantenendo come punto di riferimento il sotto-obiettivo “organizzativo” si poteva procedere a una sub-articolazione di un’attività in diversi eventi, con specifici (talora in parte sovrapponibili) obiettivi di apprendimento. Ciò consentiva maggiore equità e appropriatezza nella distribuzione dei crediti. Infatti, nella nostra regione i crediti sono assegnati all’evento, non distinti in relazione al grado di impegno dei singoli partecipanti, quindi è solo sulla definizione dell’evento che si può agire per diversificare.

Nella fase iniziale dell’accreditamento delle attività di FSC (2003 e 2004) lo Staff Sviluppo Risorse Umane ha fornito consulenza e supporto ai professionisti nella organizzazione e strutturazione delle attività; in un secondo momento (2005 e 2006) si è posto il problema della formazione specifica, tanto che le indicazioni relative ai contenuti di apprendimento che servivano a chi organizzava attività formative sul campo sono venute dagli stessi professionisti che, costatata l’utilità e l’efficacia di questi percorsi, hanno espresso l’esigenza da un lato di approfondire le tipologie e gli strumenti e metodi per realizzarle, dall’altro di dotarsi di strumenti per la gestione efficace dei gruppi di apprendimento. Nella fig. 1 sono sintetizzate le azioni progettate e realizzate dalla funzione Formazione a seguito dell’avvio dell’accreditamento delle attività di FSC.

Fig. 1

In effetti l’esperienza di anni di sperimentazione ha permesso di acquisire maggiore padronanza dello “strumento FSC” e l’entusiasmo con cui il personale sanitario ha cavalcato l’onda di un modo di apprendere più rispettoso dei bisogni e dei desideri di formazione che sentiva, quindi più motivante e appagante, ha dato ragione al molto impegno profuso. Ne è la prova l’aumento progressivo della percentuale di eventi di formazione sul campo che la Regione Emilia Romagna ha accreditato rispetto al totale degli eventi. Nel 2003 era il 3%, nel 2004 il 6%, nel 2005 il 13% Ma nell’AUSL di Reggio Emilia la percentuale è stata nel 2005 del 23%, e nel 2006-2007 è salita a oltre il 30% sul totale degli eventi accreditati. Come peraltro a livello regionale, anche nell’AUSL di Reggio Emilia gli eventi più frequentemente accreditati sono stati gli addestramenti e la partecipazione a gruppi di miglioramento, seguiti dalla partecipazione a audit clinici. Nel 2006 e 2007 qualcosa in più si è fatto anche nell’ambito della ricerca e della partecipazione a commissioni e comitati.

Il dato complessivo, senza divisione in tipologie, relativo al totale degli eventi accreditati di FSC dal 2003 al 2007, dimostra che la FSC, pratica consueta, è oggi riconosciuta e accreditata in modo consistente (Fig. 2).

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Naturalmente ci sono ancora aree di incertezza e domande aperte, aspetti non ancora definiti e ingranaggi ancora un po’ cigolanti: si sta cercando di comprendere perché la strada della ricerca sia così poco percorsa, per far sì che il trend possa cambiare; l’attività di sostegno all’apprendimento nelle sue varie forme presenta ancora qualche punto oscuro; si stanno meglio definendo i criteri di pesatura delle singole attività, a maggior garanzia di controllo del sistema.

Sono esigenze sentite da tutte le Aziende Sanitarie dell’Emilia Romagna, e la Regione le ha fatte proprie: oltre ad aver organizzato alcuni incontri specifici, ha creato un apposito sito in cui i professionisti degli Uffici Formazione delle Aziende Sanitarie regionali possono incontrarsi e confrontare idee, scambiare materiali, fornire opinioni e suggerimenti, porre quesiti: un’esperienza ad alta valenza formativa, molto utile nell’ottica del miglioramento continuo di un sistema per certi versi ancora non del tutto maturo.

Per ciò che riguarda il futuro, si intende concentrare l’impegno ancora sulla consulenza e formazione, ma iniziare anche percorsi tesi a valorizzare le esperienze e ad avviare sistemi di valutazione di ricaduta formativa (come sintetizzato nella fig. 3).

Fig. 3

Considerazioni sull’esperienza

La formazione sul campo più che pensabile come un evento, un’attività o un percorso, è l’avvio di un processo che nella maggior parte dei casi pone di fronte le tante strade possibili del suo stesso seguito: conduce ad altre attività di formazione sul campo che a loro volta ne aprono altre, in un circolo virtuoso di un fare dotato di senso, necessario e inevitabile, che va governato in considerazione della direzione da seguire, al fine di orientare gli apprendimenti alla necessaria comune linea di sviluppo individuo/organizzazione.

Laddove la formazione sul campo non è più ambito del tutto sconosciuto e ancor più dove è pratica comune, questo lo si è compreso quasi subito.

Nel contesto di lavoro ci sono risorse per apprendere, ma è un contesto di apprendimento? Tali risorse devono essere organizzate, in modo da sostenere adeguatamente l’apprendere nel contesto. Senza una progettazione in senso formativo l’apprendimento sarebbe casuale: potrebbe non corrispondere alle abilità e competenze necessarie. Le procedure che occorrono per l’accreditamento possono offrire un importante contributo metodologico se considerate uno strumento a sostegno della progettazione degli eventi e per la capitalizzazione delle esperienze. È la prima tappa del percorso necessario a trasformare una pratica in evento formativo, rappresenta l’attivazione intenzionale di un processo che ha come obiettivo l’apprendimento.

Il fare nell’ottica di migliorare l’organizzazione, il servizio, la performance, come si coniuga con il fare per apprendere? Si tratta di una sfida decisamente interessante. Infatti uno degli aspetti più complessi che accompagna l’attività di formazione sul campo è saper ricongiungere la separazione tra attività che conducono a un esito richiesto dalla professione e valore formativo.

Lo sforzo sta proprio nel distogliere momentaneamente lo sguardo dai fini professionali/produttivi e leggere l’attività con occhi che osservano in termini di formazione. Perché di formazione si tratta, quella formazione che educa il pensiero, che attiva nuovi nodi e collegamenti nella rete cognitiva mediante la riflessione sull’azione.

La riflessione è cruciale per l’apprendimento dall’esperienza. L’ambiente di lavoro offre numerose opportunità per apprendere, ma non è detto che tali esperienze conducano a un apprendimento: molte passano inosservate. Però è possibile un tipo di riflessione che permette di riconoscere queste occasioni quando si presentano ed imparare da esse.

L’esperienza è analizzata, scomposta, riorganizzata in funzione di un processo nuovo, non è più solo memoria di quanto fatto o accaduto, ma patrimonio culturale: l’esperienza ha prodotto conoscenza. Di

fronte a un processo nuovo si associano le conoscenze acquisite nel corso di esperienze precedenti alle diverse operazioni che il processo richiede. E a seguito di quanto appena detto, la competenza diventa la capacità di applicare un sapere in un contesto dato riconoscendone le specifiche caratteristiche e adottando comportamenti funzionali al conseguimento del risultato.

È proprio l’esercizio della riflessione sull’esperienza che distingue l’apprendere dal fare dal semplice fare.

Il confronto con altre persone, inoltre, produce un ampliamento e una modifica del campo cognitivo di coloro che sono coinvolti nell’attività formativa, ma anche accresce la competenza relativa al lavorare insieme ad altri, insegnando il rispetto e il riconoscimento degli altrui punti di vista. Quindi le competenze che si acquisiscono con le attività di formazione sul campo non sono solo utili nello specifico professionale, ma promuovono quella crescita personale che si rende utile a operare a ogni livello in un mondo di ruoli che cambiano e di necessità di competenze sempre più diffuse, flessibili, ampie e al contempo sottili.

Formarsi a ciò che serve, quando serve, come serve: nell’ottica del longlife learning è proprio questo (attivo, riflessivo, autodefinito, responsabile) il tipo di apprendimento che serve sempre alla persona. Serve perché dà fiducia, perché guida alla maieutica delle cose e dota l’individuo di strumenti che servono per la professione come per la vita.

Quello di crescita e auto-realizzazione è ormai un bisogno primario. Realizzarsi sul lavoro non può che avere inizio dal credere in ciò che si fa, e per crederci ci deve essere un qualche livello di partecipazione attiva nella definizione del proprio agire efficace e del come realizzarlo.

Riferimenti bibliografici

Agenzia Sanitaria Regionale dell’Emilia Romagna

2005 Educazione Continua in Medicina in Emilia Romagna – Rapporto 2004, Bologna, Dossier 113/2005, pag. 46.

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