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L’ AUTONOMIA DELL ’ ABBAZIA DI B OBBIO DAI VESCOVI DI P IACENZA E DI T ORTONA Circa l’autonomia dell'abbazia di San Colombano dalle altre diocesi si sono conservate

II) I L SISTEMA DELLE CHIESE E DELLE PIEVI DI B OBBIO

3. L’ AUTONOMIA DELL ’ ABBAZIA DI B OBBIO DAI VESCOVI DI P IACENZA E DI T ORTONA Circa l’autonomia dell'abbazia di San Colombano dalle altre diocesi si sono conservate

diverse testimonianze risalenti al periodo compreso tra la fondazione del cenobio e gli inizi del X secolo inerenti la contesa con la diocesi piacentina e il tentativo del vescovo di Tortona di impadronirsi del cenobio stesso374.

L’inserimento del monastero di San Colombano nelle circoscrizioni diocesane altomedievali ha attirato l’attenzione di numerosi studiosi, che tuttavia non sono stati in grado di giungere ad una conclusione convincente data la qualità del materiale documentario disponibile375. Circa la possibilità che il cenobio godesse della protezione papale, la serie documentaria superstite è poco affidabile, tanto che non è chiaro se un tale privilegio fosse stato effettivamente concesso o si trattasse di falsificazioni successive. Il problema se a partire dalla prima metà del VII secolo il monastero di San Colombano di Bobbio dipendesse direttamente dal papa di Roma meriterebbe una trattazione a parte: tale questione è stata dibattuta soprattutto tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, da parte sia di studiosi che si sono occupati della documentazione più antica del cenobio, sia di storici del diritto ecclesiastico; poco numerosi sono i contributi di epoca più recente376. Alla base della disputa vi sono due lettere pontificie, pervenute in copie tarde: con la prima, in copia del IX-X secolo, nel 628 papa Onorio I avrebbe concesso all’abate Bertulfo che il cenobio “nullius eclesie iurisdictionibus submitatur”377; con la seconda, giuntaci in una copia redatta all’inizio del XIV secolo a partire da un’ulteriore copia eseguita a Piacenza nel 1172, nell’anno 643 papa Teodoro I avrebbe conferito una serie di privilegi all’abate Bobuleno378. Il conflitto di carattere ecclesiastico tra il monastero di Bobbio e il vescovo piacentino si scatenò tra le fine del IX secolo e i primi decenni del X secolo, anche se la carenza di materiale documentario non consente di seguire in modo puntuale lo svolgimento della disputa. Malgrado ciò, sappiamo che in quel periodo la diatriba riguardò alcuni comportamenti degli abati: non consegnavano le decime dovute al presule di Piacenza, all’insaputa del quale facevano inoltre consacrare i monaci e i chierici da altri vescovi379. La controversia spinse le due parti a dotarsi di documenti a sostegno delle rispettive rivendicazioni.

Particolarmente attivo si dimostrò il cenobio di San Colombano, grazie al suo scriptorium: i suoi abati elaborarono una strategia documentaria di ampio respiro, attraverso la quale giunsero a produrre copie di lettere pontificie e diplomi regi del VII secolo. Di tale opera possediamo un privilegio di Onorio I dell’anno 628, un altro di Teodoro I del 643 e un diploma del re longobardo Rodoaldo del 652380. Onorio I avrebbe stabilito che il monastero “nullius eclesie iurisdictionibus submitatur” e potesse ricorrere per le sue esigenze interne al vescovo che fosse più gradito agli abati; Teodoro I avrebbe ampliato e meglio specificato tale facoltà, affermando che la correzione dei costumi dei monaci attenesse solo alla Chiesa di Roma; infine il re longobardo Rodoaldo avrebbe confermato che “a nullo episcopo in vobis aliqua sit licentiam dominandi”, disponendo inoltre la libertà del cenobio nella scelta dell’abate.

374 Cfr. infra.

375 A proposito dei conflitti del monastero di Bobbio con i vescovi di Piacenza e di Tortona, cfr. POLONIO 1962, pp. 95-100; BERGAMASCHI 1968, pp. 53-70; PIAZZA 1997, pp. 12-21; DESTEFANIS 2002b.

376 A tal riguardo si rimanda a PIAZZA 1997, pp. 13 e seguente, nota 18. 377 CDSCB, I, n. X.

378 CDSCB, I, n. XIII. 379 CDSCB, I,n. LXXXVI.

Questa strategia documentaria, che forse si basò almeno in parte su documenti autentici381, fu quasi certamente attuata nel corso del IX secolo382.

La Chiesa di Piacenza produsse un suo autonomo dossier documentario. A tal proposito si sono conservate nell’Archivio della Cattedrale le copie tarde di alcune lettere pontificie della fine del IX secolo e degli inizi del X, che dimostrano la volontà vescovile di rivendicare le proprie prerogative sui monasteri compresi nella diocesi. Un documento di papa Stefano V datato al febbraio dell’anno 891, senza fare accenno esplicito all’abbazia di Bobbio, confermò al presule piacentino il diritto di consacrare i monaci sul territorio della sua circoscrizione e quello di pretendere che le decime non fossero conferite genericamente ai “potentes seculi”383. Un privilegio di papa Formoso, risalente al novembre del medesimo anno, ma di cui resta una copia di X secolo, menziona in un passo interpolato il cenobio di San Colombano tra gli enti della diocesi piacentina soggetti al presule384. Infine, degna di nota è la lettera di papa Giovanni X indirizzata all’abate di Bobbio che contiene il resoconto completo dell’intera vicenda, dimostrando come lo stesso pontefice accusasse i monaci di San Colombano di fabbricare documenti falsi, comprese delle epistole papali, a sostegno del loro operato385. Tale epistola, di cui ci resta una copia di X secolo, è stata conservata dai vescovi piacentini nell’Archivio della Cattedrale e difficilmente è genuina, dato che se sospettiamo di falso uno dei due contendenti, non c’è ragione di non sospettare anche l’altro386.

Le fonti analizzate mettono in rilievo l’incertezza giuridica che caratterizzò le relazioni tra il vescovado piacentino e l'abbazia appenninico: tanto il cenobio di Bobbio, quanto il presule si diedero da fare per costruire una nuova memoria documentaria, producendo copie di privilegi apostolici e regi, finalizzate a legittimare i rispettivi diritti. In particolare, il monastero decise di ritrovare nelle sue origini il fondamento delle proprie rivendicazioni e riprodusse carte di papi e di re longobardi per avvalorare la sua posizione.

Tra la fine degli anni Venti e la metà del X secolo il conflitto con il vescovo di Piacenza assunse toni ancora più accesi. Nel 929 i monaci di Bobbio si recarono a Pavia a cospetto di re Ugo per ottenere la restituzione dei beni sottratti dai fratelli Guido e Raginerio, rispettivamente vescovo e conte di Piacenza. Essi portarono con sé le reliquie di San Colombano e i documenti con cui papi e sovrani avevano concesso la protezione all’abbazia, per confermare su un duplice piano, quello sacrale e quello giuridico, le loro rivendicazioni387. L’azione ebbe successo e gli usurpatori restituirono i possessi al monastero388.

381 Così sostengono Carlo Cipolla, che ha curato la prima edizione del diploma di Rodoaldo (CDSCB, I,n. XV), e Carl Bruhl nel CDL III/1, n. 5.

382 Ciò lo deduciamo dal fatto che il diploma di re Rodoaldo ci è pervenuto in una copia redatta alla fine di quel secolo e che i diplomi emanati a favore del cenobio di San Colombano da Guido nell’893 e da Lamberto nell’896 si sono conservati in originale e menzionano specificatamente i “privilegia apostolica auctoritate” (rispettivamente ChLa2_LVII_22, anno 893 e ChLa2_LVII_23, anno 896).I due documenti riportano, infatti, “set et privilegia apostolica auctoritate eidem sancto loco largita per hoc pragmaticum confirmamus et ut nullus episcoporum vel ex colibet ecclesiastico ordine violare vel inrumpere, attemptare omnino interdicimus”. Non ci è dato sapere, tuttavia, se gli imperatori citassero dei documenti coevi originali, oppure delle copie. Andrea Piazza, diversamente, ha sostenuto che tutti i diplomi regi che presentano la sopra citata formula siano delle copie, compresi quelli di Guido e Lamberto, che secondo i curatori del recente volume LVII delle Chartae Latinae Antiquiores sono invece autentici (PIAZZA 1997, pp. 15-16, nota 24).

383 ITALIA PONTIFICIA; V, doc. 15, anno 891.

384 ITALIA PONTIFICIA; V, doc. 16, anno 891 e CDSCB, I,n. LXXII, anno 891. 385 CDSCB, I,n. LXXXVI (Carlo Cipolla data l’epistola tra l’anno 915 e il 928). 386 In tal senso si esprimono POLONIO 1962, p. 97; PIAZZA 1997, p. 17, nota 29. 387 MIRACULA SANCTI COLUMBANI, cap. VIII, cap. XXI e cap. XXIII.

388 Per la vicenda cfr. FUMAGALLI 1973, pp. 155-158; BOUGARD 1989, pp. 19-20; ID. 1995, p. 394; PIAZZA 1997, pp. 60-62.

Ben più grave fu l’attacco portato all’abbazia da un altro vescovo più di vent’anni dopo, quando alla metà del X secolo, il presule di Tortona Giseprando tentò di impadronirsi del cenobio privandolo delle sue basi patrimoniali e facendosi concedere in beneficio delle terre dell’abbazia389: riuscì a farsi eleggere abate e alienò le terre monastiche a vantaggio suo e dei propri vassalli390.

Da quanto fin qui si è visto, possiamo affermare che l’abbazia di San Colombano godette di una certa autonomia, se non addirittura dell’esenzione, dal potere vescovile di competenza, almeno nel corso dell'VIII e del IX secolo. Se, infatti, il vescovo di Piacenza volle arrogare come propri i territori che rientravano nel patrimonio di Bobbio, non è restata traccia di una loro effettiva soggezione alla Chiesa di Piacenza in nessun momento precedente al XIII secolo.

Le cause che determinarono questa indipendenza del cenobio di San Colombano da ogni sede episcopale non sono chiare. Si può ipotizzare che nel momento in cui il monastero venne istituito non fosse chiara l'appartenenza alla diocesi piacentina di quella zona della val Trebbia, data la debolezza delle sedi episcopali in quel momento, e che la situazione rimanesse incerta ancora nei primi decenni del VII secolo. E stato sostenuto, infatti, che, se anche in tardo periodo longobardo il vescovo della diocesi di Piacenza si fosse opposto alla situazione che si era venuta delineando, la speciale protezione del sovrano avrebbe reso l’abbazia regia libera da qualsiasi reclamo391. Dalla documentazione a nostra disposizione emerge, anzi, che la Chiesa piacentina e quella di Tortona erano completamente assenti nei territori della val Trebbia e della val Nure anche come proprietarie di beni, e la loro presenza non è attestata neppure nelle liste delle confinazioni. Solo dalla seconda metà del IX secolo si accese lo scontro tra il cenobio di Bobbio e le diocesi di Piacenza e Tortona, in seguito all’accresciuta ambizione dei vescovi cittadini che vollero inquadrare l’abbazia all’interno della loro sfera di potere. E' verosimile ipotizzare, quindi, che se nel 1014 l'imperatore Enrico decise di istituire il vescovado di Bobbio, la genesi di questa nuova sede episcopale vada rintracciata nell'autonomia che il monastero di San Colombano era riuscito a conquistarsi e a mantenere nel corso dei secoli precedenti.

A partire dalla fine del X secolo, la documentazione non riporta più riferimenti a conflitti del cenobio con altre diocesi e l’abbazia non apparve più minacciata dai vescovi: si profilò, invece, il pericolo proveniente dall’aristocrazia in via di espansione nelle valli appenniniche392.

389 L’interesse di Giseprando per l’abbazia aveva dei precedenti fra i presuli di Tortona. Secondo la “Vita di San Bertulfo” già nella prima metà del VII secolo il vescovo Probo avrebbe cercato di sottomettere il cenobio; l’abate Bertulfo allora si sarebbe recato a Roma dove avrebbe ricevuto dal papa Onorio (cfr. infra) la lettera di protezione per il monastero (PIAZZA 1997, pp. 18-21, in part. p. 18, nota 32)

390 Per la descrizione dell’intera vicenda cfr. in particolare Nobili 1980, pp. 303-304. L’interesse del vescovo di Tortona per il cenobio corrispose ad una proiezione della sua diocesi verso l’Appennino già in atto da tempo, dal momento che la diocesi di Tortona si estendeva nella valle dello Staffora e nell’alta val Trebbia: va, tuttavia, sottolineato che prima del XII secolo non è ricostruibile un quadro esauriente dell’estensione di questa diocesi (PAVONI 1992, pp. 234-235, nota 15).

391 POLONIO 1962, p. 99.

4.IL MONASTERO DI BOBBIO E LE STRUTTURE DEL REGNO

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