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L' ARTICOLAZIONE DELLA PROPRIETÀ NEL P IACENTINO

L A GRANDE PATRIMONIALITÀ LAICA ED ECCLESIASTICA

II) P IEVI E CHIESE RURAL

Con l’eccezione di quella di Varsio, le pievi e le chiese rurali piacentine di VIII e IX secolo sono poco attestate nelle fonti scritte e la maggior parte delle informazioni relative al loro patrimonio le otteniamo casualmente dalle liste delle confinazioni presenti in contratti che non le riguardano in prima battuta..

Per il Piacentino sono state identificate circa una trentina di pievi (che nelle fonti venivano indicate indifferentemente con i termini ecclesiae e plebes879) ed erano disposte piuttosto regolarmente sul territorio, tanto in pianura e collina, quanto nelle vallate di montagna (Figura 14). Verosimilmente, queste acquisirono beni soprattutto grazie alle donazioni ricevute in cambio delle messe e delle luminarie a favore delle anime dei fedeli.

E’ interessante notare che le prime attestazioni che si hanno di pievi e chiese rurali, escludendo il caso precoce di Varsi, risalgono ai primi anni del IX secolo e riguardano la val d’Arda. E’ il caso della chiesa dei Santi Fermo e Rustico sita a Pontiano e di Sant’Antonino di Castro Fermo880, cui furono donati nell’801 diversi beni posti tra pianura e collina881. Nell’835 la basilica di Veleia Augusta, pure intitolata a Sant’Antonino, venne beneficiata di un appezzamento di terra aratoria posto nella medesima valle, in cambio di messe per l’anima del donatore882.

Tra tutte le pievi del Piacentino, quella di San Martino di Toriano883 si distingue per l’organizzazione del suo patrimonio in forme curtensi. I suoi possedimenti, che si collocavano tutti in pianura, sono citati, infatti, esclusivamente all’interno di contratti di livello. Il primo di questi risale all’839 e riguarda dei terreni posti nel territorio di Toriano stessa, nei pressi del rigo Canancolo, in Sancto Brancacio e in via Fricta884. La pieve possedeva altri beni nella medesima zona, in località Quercia e presso il villaggio di Arriano885. Le medesime proprietà furono al centro di due contratti di livello dell'871886 e dell’899887. Le quattro pievi che il vescovo piacentino donò alla Canonica di Santa Giustina nell’897 non si distinguono dalle altre per ricchezza, né per frequenza di attestazione nelle fonti scritte888. Più in dettaglio, registriamo da alcune liste di confinazioni che la pieve di San

879 A tal proposito va ricordato che per il Piacentino si ha solo una dozzina di menzioni del vocabolo plebs tra VIII e IX secolo, mentre circa una decina di chiese rurali sono attestate come ecclesiae (per la lista completa delle chiese rurali e delle pievi cfr. supra, Capitolo 1, Paragrafo 3.IV.

880 Attuale Castell’Arquato, PC.

881 I beni erano collocati in pianura nei territori di Castruciano/ Casturzano di San Giorgio Piacentino, a Nandolassi, a Sezade e in collina presso il casale Antoniano/ Antognano di Lugagnano (ChLa2_LXVIII_01, anno 801).

882 Il terreno donato era posto in Rustegassi/ Rustigazzo di Lugagnano (ChLa2_LXVIII_21, anno 835). In val d’Arda è attestata la presenza di un’ulteriore chiesa rurale, quella di Sancti Zenoni di Lucaniano, che disponeva di alcuni possessi nel territorio di Niviano (ChLa2_LXVI_24, anno 890).

883 Torrano di Ponte dell'Olio. 884 ChLa2_LXVIII_23, anno 839. 885 ChLa2_LXIX_23, anno 872.

886 I beni erano posti in Sinterassi e Galusiano/ Galusano di San Giorgio Piacentino (ChLa2_LXIX_22, anno 871).

887 I terreni dati a livello erano posti in Arriano/ Ariana di San Giorgio Piacentino (ChLa2_LXXI_31, anno 899).

888 ChLa2_LXXI_18, anno 897: il vescovo concede alla canonica della Chiesa di Piacenza “plebes tres nominata una ex ipsa Sanctum Georgium in vicum Sachilioni non longis de Nure fluvium, alia que vocatur Sanctum Iohannem in Carmiano iusta [...] fluvium Nuris, tercia ex ipse nominatur Sancte Laurenti in Cassianum cum omnibus [...] iam dicte tres plebi tam casis et rebus seu familiis adque decimis vel oratoriis inde pertinentem adque adiacentem”; a queste pievi aggiunge quella di Pomario (ìrr. 14-15) , “hoc sunt iam dicte tres plebes nominate cum omnia ibidem pertinentes, cum ipsa decima de eadem civitate Placencia, sicut supra legitur, adque quartam plebem edificata in onore Sancti Vitalis constructa in locum Pomario”.

Giorgio aveva beni in varie zone del Piacentino: nell’802 vi è la menzione di una silva di sua proprietà in Caorso, a Nord Est di Piacenza889; alla metà del secolo si constata l’esistenza di beni detti Sancti Georgi in Rudiliano890 e in val d’Arda891.

San Giovanni di Carmiano è attestata in un contratto di vendita dell’842 riguardante alcuni terreni situati non lontano dalla chiesa892 e in una compravendita dell’884 per un terreno in Pomario in val Luretta893.

Possedimenti della pieve di San Lorenzo di Cassiano compaiono solamente nel territorio di Cassiano stessa tra l’854 e l’896894.

San Vitale di Pomario, infine, poteva contare su beni posti in val Luretta e all’imboccatura della val Trebbia895.

Nella zona occidentale del Piacentino, inoltre, si registra la presenza di due ulteriori pievi, quella di San Martino di Kalendasco, che possedeva beni nell’816 in val Tidone896, e quella di San Storgio di Mamelliano897. A proposito di quest’ultima, apprendiamo che nell’854 il suo rettore cedette ad un altro presbiter a titolo di precaria la chiesa di San Lorenzo con le sue pertinenze localizzate in località Comaniano e Veiano898. Da quest'ultimo contratto è possibile dedurre che la pieve di Mamelliano disponeva di una cappella che poteva essere oggetto di transazioni economiche alla stregua dei beni non ecclesiastici.

Analogamente alla pieve di San Pietro di Varsi, in età post-carolingia quella di Santa Maria di Casanova costituì in val Ceno una presenza di rilievo, anche dal punto di vista fondiario. Uno scavo condotto dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia Romagna nel 1996 ha restituito le tracce dell’edificio di età carolingia, che era suddiviso in tre navate da colonne su plinti quadrati, con terminazioni a tre absidi ed una struttura interpretata come nartece in corrispondenza della navata centrale899. A partire dall’875 questa pieve comparve in diversi contratti riguardanti beni di sua proprietà posti in Casanova stessa900, in val Ceno901 e in val d’Arda902. In particolare, nell’897 l’archipresbiter della pieve di Casanova concesse al prete Rodelando e a suo fratello fino alla terza generazione alcuni terreni situati in Lacore, Aquabona, sul fiume Ceno e sul monte Dusio, i quali erano stati donati dallo stesso Rodelando alla chiesa903.

889 ChLa2_LXVIII_02, anno 802.

890 ChLa2_LXIV_14, anno 834; ChLa2_LXIV_25, anno 843. 891 ChLa2_LXVIII_25, anno 841.

892 Le proprietà si collocavano in Baniolo/ Bagnolo di Vigolzone (ChLa2_LXIV_23, anno 842). 893 ChLa2_LXX_18, anno 884.

894 Rispettivamente ChLa2_LXIX_01, anno 854; ChLa2_LXXI_17, anno 896.

895 I beni della pieve di San Vitale erano localizzati in Pomario stessa (ChLa2_LXXI_10, anno 895), in Seliano ubi Pradale dicitur (ChLa2_LXVII_42) e in Peroceldo, all’inizio della val Trebbia (ChLa2_LXVI_19, anno 888). Inoltre, presso il villaggio di Seliano ipotizziamo che sorgesse la chiesa di San Pietro, dei cui possedimenti si ha notizia in una donazione dell'895 (ChLa2_LXXI_10, anno 895): da questo edificio derivò il microtoponimo Seliano ubi Subtu Basilica dicitur.

896 I beni di proprietà della pieve di Calendasco erano posti in Maurasco/ Morasco di Pecorara e in Lubarinci (ChLa2_LXVIII_08, anno 816).

897 Momeliano di Agazzano. 898 ChLa2_LXVIII_39, anno 854.

899 CATARSI DALL’AGLIO 1995; EAD. 1997a; EAD. 1997b; EAd. 1998c, p. 67. Inoltre cfr. PETRACCO SICARDI 1970, pp. 133-134; BISI 2007.

900 ChLa2_LXIX_30, anno 875. 901 ChLa2_LXXI_21, anno 897.

902 Si tratta di beni posti in Niviano che confinano uno lato in Sancti Marii de Casa (ChLa2_LXVI_01, anno 883; ChLa2_LXVI_11, anno 886; ChLa2_LXVI_24, anno 890; ChLa2_LXVII_09, anno 897) e localizzati in Sedicia (ChLa2_LXVI_24, anno 890; ChLa2_LXVII_09, anno 897).

In conclusione, possiamo notare che nonostante l’elevato numero di pievi piacentine di cui abbiamo attestazione tra VIII e IX secolo, ci restano a disposizione pochi elementi per delineare un quadro completo della loro organizzazione patrimoniale. Da queste poche menzioni, tuttavia, si evince che le chiese rurali e le pievi dovessero essere generalmente dotate di un patrimonio di un certo tenore.

I possedimenti di San Pietro di Varsi erano posti nel IX secolo in zone anche molto distanti dalla val Ceno, mentre notiamo che le pievi del Piacentino erano dotate di beni localizzati esclusivamente nel loro territorio di pertinenza, la cui distribuzione si potrebbe ipotizzare dipendesse dal loro canale di acquisizione, le donazioni dei fedeli. Infine è interessante notare che le pievi e le chiese rurali, compresa quella di Varsi, adottarono generalmente criteri curtensi per la gestione dei loro beni.

5. I MONASTERI

Diversi enti monastici possedevano beni nel territorio di Piacenza. Oltre a quelli dei cenobi di San Sisto e di San Colombano di Bobbio, nella documentazione scritta emerge la presenza di beni che fecero capo ai monasteri di Santa Giulia di Brescia e San Silvestro di Nonantola, nonché a San Giovanni di Lodi e San Pietro in Cielo Aureo di Pavia. I dati a disposizione per i cenobi di Lodi e Pavia sono molto pochi ed è difficile trarre un bilancio circa le ragioni del loro interesse per il Piacentino904, mentre un discorso a parte meritano i cenobi di San Silvestro e Santa Giulia (Figura 15).

Figura 14. I possedimenti dei cenobi di San Sisto di Piacenza, di San Silvestro di Nonantola e di Santa Giulia di Brescia

904 Per il monastero di San Giovanni di Lodi vi è un'unica attestazione risalente all'851 (ChLa2_LXVIII_37): si tratta di una permuta che cita la presenza di beni di questo cenobio nel territorio di Caput Ursi. Per quanto riguarda il cenobio di San Pietro in Cielo Aureo di Pavia, nella lista delle confinazioni riguardante un terreno posto in Agnanina, in val Ceno, oggetto di una divisio nell'851, si ricava l'esistenza di una “sorte de Santi Petri de Celauro” (ChLa2_LXIX_11, anno 851).

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