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L' ARTICOLAZIONE DELLA PROPRIETÀ NEL P IACENTINO

L A GRANDE PATRIMONIALITÀ LAICA ED ECCLESIASTICA

1. L A C HIESA CATTEDRALE

Dalla documentazione scritta emerge che la politica condotta dai vescovi della diocesi piacentina tra VIII e IX secolo mirò a conservare i diritti e privilegi della chiesa cattedrale, aumentandone il patrimonio in un’ottica di espansione economica, secondo strategie ben precise.

Figura 7. I possedimenti della chiesa cattedrale

a) L’età longobarda

L'importanza e le ambizioni dei presuli piacentini sono attestate nella documentazione d’età longobarda a partire da un diploma del re Ildeprando dell’anno 744739, rinnovato da re Ratchis nel 746740.

Il privilegio di Ildeprando riconfermò al vescovo Tommaso tutti i beni di proprietà della diocesi piacentina donati dai precedenti sovrani, dal momento che un incendio della città aveva distrutto gli archivi con tutti i documenti. Vennero ribadite le disposizioni del re

739 CDL III, n. 18: si tratta di un documento che ci è giunto in una copia autentica, e non falsificata, del X secolo.

740 CDL III, n. 19: si tratta di un documento che ci è giunto in una copia che secondo gli editori è autentica, quindi non falsificata, del X secolo.

Liutprando, zio di Ildebrando, tra cui la concessione della riva del fiume Po nei pressi del centro urbano, nel tratto che andava dalla foce del fiume Frigido fino alla località di Sparoaria. Il privilegio del 744 è un documento eccezionale, perché testimonia per la prima volta la cessione da parte di un sovrano dei diritti regi sulle rive del Po ad un vescovo741. Per valutare l'importanza di questo beneficio non bisogna dimenticare il ruolo cruciale svolto dalla città di Piacenza come punto d’incontro tra la circolazione fluviale e il traffico terrestre di merci provenienti dall’entroterra padano742. L'autorità episcopale piacentina in seguito a questa concessione poté proiettarsi al controllo delle navigazione fluviale.

Nell'VIII secolo si assistette, quindi, ad un'ascesa del potere dei vescovi, che furono appoggiati e beneficiati dai sovrani longobardi che ne volevano ottenere l'alleanza743. In quest'ottica re Ratchis ribadì l'autorità vescovile sui monasteri cittadini di San Siro e San Tommaso e su quelli rurali di Fiorenzuola, Gravaco e Tolla744.

Non si sono conservati documenti privati che attestino l'attività economica della cattedrale per l’VIII secolo, ma a partire dai diplomi regi emerge che i suoi possedimenti comprendevano beni in Placentia stessa e, tramite l'autorità vescovile, i monasteri di Fiorenzuola, nella pianura ad Est della città, quelli di Gravaco e di san Salvatore di Tolla in val d'Arda (Figura 7).

b) La prima età carolingia

Con l'arrivo di Carlo Magno e dei Franchi il potere politico del vescovo non diminuì, dato che fin dai primi anni del nuovo regno i sovrani non mancarono di favorire con concessioni la massima autorità religiosa cittadina. A questo punto bisogna puntualizzare che il più delle volte risulta arduo distinguere nei documenti sia pubblici che privati che hanno per oggetto le proprietà ecclesiae sancte Placentinae se si tratti di beni della diocesi piacentina oppure appartenenti alla cattedrale, dato che il vescovo agiva in rappresentanza di entrambe.

I diplomi di Carlo Magno del 791 e dell’808, giuntoci in copia, sono probabilmente frutto di una falsificazione745, mentre sembrerebbe autentico l’atto con cui Ludovico il Pio nell’821 confermò al vescovo Podone i privilegi riconosciuti dai re longobardi Ildeprando, Astolfo e Desiderio, cui si è fatto accenno746. I presuli, quindi, continuarono a percepire una tassa su ogni nave che transitava per il portus che era stato concesso loro747 e a

741 RACINE 1986; ID. 1990, p. 198. L’esempio del re Ildeprando venne voi ripreso da re Desiderio, che tra il 753 e il 773 diede alla badessa del monastero di San Salvatore a Brescia i diritti regali di pedaggio sul portus ed il ponte del Po a Piacenza.

742 Cfr. supra, Capitolo 1, Paragrafo 1.II. Quest’area suburbana, sebbene soggetta alle esondazioni e ai mutamenti del corso del fiume, visto il suo valore di transito, era particolarmente appetibile e non a caso lì creò il suo nucleo di potere il monastero di San Sisto fondato dalla regina Angilberga nell’872 (cfr. infra, Capitolo 5, Paragrafo 5.I).

743 La volontà dei sovrani di controllare i vescovi spinse infine Desiderio a mettersi in conflitto con il Papato (per la politica di liberalità dei sovrani longobardi nei cfr. della Chiesa piacentina cfr. RACINE 1990, pp. 2002 e sgg).

744 Nel doc. CDL III, n. 19 re Ratchis rinnova la concessione “et monasteria, idest Beati apostoli et martyris Christi Thome adque Syri confessoris prope ipsa civitate Placentina; atque firmaverat in ipsa venerabilia loca monasteria Florentiola et Tolla atque Gravaco”.

745 Rispettivamente DIE URKUNDEN, anno 791, p. 276 e ChLa2_LXVIII_04, anno 808. In particolare, secondo quanto riportato nel secondo diploma, nell'808 Carlo Magno avrebbe donato al vescovo Giuliano e alla chiesa di Sant'Antonino, Vittore e Giustina di Piacenza il diritto di giurisdizione e il teloneo su Gusiano: diversi indizi di natura testuale e storica farebbero ipotizzare, tuttavia, che si tratti di un falso, quali alcune anomalie nell'arenga e in talune espressioni del formulario, nonché il fatto che questa donazione non è attestata in nessun documento posteriore.

746 ChLat2_LXVIII_11, anno 821. 747 RACINE 1990, p. 213.

mantenere il controllo sui monasteri cittadini di San Siro e San Tommaso, oltre che su quelli di Fiorenzuola, Gravaco e Tolla748.

Altro documento pubblico degno di nota è quello emesso nell’837 dall’imperatore Lotario I, che conferì al vescovo Seofredo il diritto di inquisitio al fine di ripristinare l'ordine nei possessi della diocesi749. Questa concessione derivò da un tentativo perpetrato da alcuni pravi homines di sottrarre beni al patrimonio della chiesa cattedrale, che dovette causare non pochi sconvolgimenti.

Grazie ai documenti privati è possibile ricostruire l'assetto delle proprietà della chiesa cattedrale nei primi decenni del IX secolo. Il più antico negozio giuridico conservatosi risale all’anno 815 ed è una compravendita di diverse porzioni della silva Arimannorum, localizzata in val Ceno750. Di poco successivo è un contratto di livello con cui un uomo libero chiese al vescovo Podone un terreno posto in pianura, in località Setiate751: da questo documento emerge l'esistenza di una curtis di proprietà della chiesa cattedrale in Carpaneto, la quale comprendeva diversi beni localizzati nella pianura a Sud di Piacenza752.

Da una wadia dell'823 riguardante i diritti d'uso relativi alla selva di Settesorelle di proprietà della cattedrale si apprende la presenza di quest'ultima in alta val Ceno753, confermata da una successiva permuta dell'841 stipulata tra il vescovo Seofredo e il monastero di Gravaco che scambiarono tra loro diverse peciae localizzate nella medesima area754.

Da negozi giuridici successivi si ricava che oltre a quella di Carpeneto, la chiesa cattedrale possedeva diverse curtes nella pianura a Sud della città. Vi era la curtis di Mugianassi755, di cui abbiamo attestazione grazie ad un placito dell'832, i cui possedimenti comprendevano dei terreni sparsi tra la pianura e le prime colline della val Nure756. Da un contratto di livello dell'847 emerge che il vescovo Seofredo controllava la curtis di Tressedenti, non lontana da Fiorenzuola757. Un livello dell'848, infine, attesta l'esistenza di un'azienda curtense dipendente dalla cattedrale posta in località Tuna758.

I documenti appena illustrati mostrano che i possedimenti della cattedrale erano dislocati nella pianura a Sud di Piacenza, in val Ceno, in val d'Arda e in val Nure (Figura 7). Si potrebbe ipotizzare che questo spiccato interesse per certe zone, e soprattutto per certe vallate derivasse dalla loro posizione in riferimento alla rete viaria. Più in dettaglio, la valle

748 Per i monasteri di Tolla, Gravaco, Fiorenzuola presso Piacenza cfr. supra, Capitolo 1, Paragrafo 3.III. 749 ChLat2_LXVIII_22, anno 837.

750 GALETTI n. 13, anno 815. Inoltre, una donazione risalente all'823 ci testimonia la persistenza dell'interesse della chiesa cattedrale per la selva Arimannorum (IVI n. 21, anno 823).

751 Il sito di Setiate si trovava nei pressi dell’attuale Carpaneto Piacentino (ChLa2_LXVIII_10, anno 817). 752 MANCASSOLA 2009, pp. 133-143.

753 ChLa2_LXVIII_15, anno 823.

754 ChLa2_LXVIII_25, anno 841: Seofredo, vescovo di Piacenza, cedette ad Arnone, di nazionalità franca, che agiva per conto del monastero di Betolasco, alcuni beni posti in Betolasco (località oggi scomparsa), in cambio di altri nel medesimo luogo e in Costa (attuale La Costa, in comune di Lugagnano Val d’Arda). 755 Attuale Mucinasso, in comune di Piacenza.

756 ChLa2_LXVIII_20, nell’832: si tratta di un placito che coinvolse Podone, vescovo di Piacenza, e un gruppo di uomini liberi che riguardava l’entità di opere che questi devono svolgere in località Mariano, attuale Marano di Vigolzone, distante da Mugianassi circa 20 chilometri. Alla fine giunsero ad un accordo, in base al quale i contadini videro riconosciuta la loro libera condizione e venne confermato l'obbligo di cinque giornate lavorative per nucleo familiare da prestare in Mucinasso a favore della Chiesa piacentina per i beni di Marano (a proposito di tale placito cfr. supra, Capitolo 4, Paragrafo 1).

757 ChLa2_LXVIII_34, anno 847.

758 Pietro, figlio del fu Venerabile, "homo liber", ottenne per sedici anni dal vescovo di Piacenza Seofredo metà dei terreni localizzati in Tuna un tempo appartenuti al monastero di San Paolo e prima ancora gestiti da Garibaldo (ChLa2_LXVIII_35, anno 848). La località di Tuna corrisponde all’attuale Tuna, in comune di Gazzola.

del Ceno conduceva ai valichi spartiacque con la Liguria, attraverso i quali si raggiungeva la zona di Genova, la Lunigiana e di qui Roma e la zona centro-meridionale del Regno. Altra zona di interesse era la val d'Arda, il cui imbocco distava da Placentia meno di venticinque chilometri, che ospitava un percorso che correva sui crinali fino al passo del Pellizzone, dal quale, toccando Bardi ed attraverso il sistema vallivo Noveglia-Vona, si raggiungeva la valle del Taro. La val Nure, infine, tramite il passo del Cerro si raccordava alla val Trebbia, l'altra grande vallata di collegamento con lo spartiacque appenninico759. Ad esempio, la curtis di

Tuna si trovava nei pressi della via Postumia760, mentre la curtis di Tressedenti era localizzata nella zona orientale della pianura piacentina, appetibile per la vicinanza con la via Emilia. c) Dopo l’872

I privilegi761 che erano stati accordati alla eccleasia Placentina dai primi re carolingi vennero accresciuti da Ludovico II nell’872, che concesse al presule Paolo il diritto di tenere tre fiere annuali762. A partire da questo momento i presuli, che già controllavano lo scalo sul fiume Po, poterono imporre la loro influenza nel settore commerciale a Sud del centro urbano, dove si tenevano i mercati. L'economia cittadina fu fortemente influenzata da questo nuovo assetto commerciale e la cattedrale piacentina, sede dei vescovi, certamente fu la prima a beneficiare dall'istituzione delle tre fiere.

La volontà imperiale di accrescere l'importanza ed il potere della cattedrale è confermata dalla costruzione della sua canonica763 su concessione di Ludovico II764. La sua edificazione era cominciata ai tempi del presule Seofredo, ma è con il vescovo Paolo che venne portata a compimento e arricchita di un impianto fortificato e delle residenze dei chierici e dei famuli della cattedrale, utilizzando anche i “muros antiquos civitatis”. Di fatto venne a crearsi nel cuore della città una sorta di “cittadella vescovile”, espressione di una necessità di difesa, ma anche di un potere in rapida affermazione, che verosimilmente fu di forte impatto sulla topografia del settore urbano orientale e che trova diversi confronti in altre città della penisola765.

Il vescovo era il capo spirituale della diocesi e la sua autorità si affiancava a quella temporale del conte766, come dimostrano i diversi placiti che videro la compartecipazione di queste due figure, quasi vi fosse una collaborazione tra i due poteri cittadini767.

759 Circa il sistema viario del Piacentino cfr. supra, Capitolo 1, Paragrafo 1.II. 760 Per la via Postumia cfr. supra, Capitolo 1, Paragrafo 1.II.

761 Prova ulteriore della benevolenza dimostrata dai re carolingi nei confronti della ecclesia Placentina è anche un diploma emesso nell’anno 851 da Ludovico II, il quale, dopo il giudizio espresso dal vassus Roteri, concesse a Seofredo, vescovo di Piacenza, il diritto di proprietà su Giseberga, la quale aveva perso lo status di libera in seguito al matrimonio con Isembaldo, servo imperiale, ceduto precedentemente a Seofredo, diventando proprietà del fisco (ChLa2_LXVIII_36).

762 LUDOVICI DIPLOMATA, n. 56, anno 872. Una fiera aveva luogo la domenica delle Palme nei pressi della basilica di Sant’Antonino, fuori dalle mura della città, un'altra il giorno della celebrazione di San Siro e l'ultima, in concomitanza con la festa di San Lorenzo, si teneva in località Pittolo, nella campanea Placentina a Sud della città (RACINE 1990, p. 227).

763 Per un inquadramento del dibattito riguardante l'originaria cattedrale piacentina e la canonica di Santa Giustina cfr. supra, Capitolo 1, Paragrafo 3.II.

764 LUDOVICI DIPLOMATA, n. 56, anno 872: “caeptam fuisse canonicam sacerdotum et reliquorum ordinum aedificare nostra etiam permissione.... ut super hoc opus nostram adderemus auctoritatem ut in circuitu iam saepe dictae canonicae et domibus clericorum atque famulorum tam prefate ecclesie quamque et canonice liceret ambitu murorum circumvallare”.

765 DESTEFANIS 2008, p. 36, BROGIOLO-GELICHI 1998, pp. 56-57, SETTIA 1999, p. 155. 766 RACINE 1990, p. 217.

767 I placiti dove presenziò sia l’autorità religiosa che quella laica piacentine sono: MANARESI, I, n. 59, anno 854; ChLa2_LXV_18, anno 874; MANARESI, I, n. 87, anno 879; ChLa2_LXX_36: anno 892; ChLa2_LXXI_26, anno 898.

L’acquisizione di importanza da parte della cattedrale, ed in particolare della figura del presule, culminò nell’ultimo quarto del IX secolo, in corrispondenza della crisi dell’ordinamento pubblico768. Il punto di svolta di questo processo di ascesa fu segnato da un diploma dell’anno 881, con cui Carlo il Grosso concesse alla cattedrale piacentina (al pari dei monasteri) un’immunità che ne sottrasse i beni dal controllo della giustizia regia, tramite il riconoscimento di una serie di diritti fiscali e giurisdizionali sulle terre ad essa soggette769. Da quel momento il conte non ebbe più il diritto di intervenire direttamente sui beni amministrati dal vescovo, anche se quest'ultimo mantenne l’obbligo di condurre al placito comitale gli uomini liberi ed i servi che risiedevano sulle terre di proprietà della cattedrale. Il diploma dell'881 concesse inoltre al presule una serie di diritti reali, tra cui la dispensa per lui e per i suoi dipendenti al versamento delle tasse di pedaggio all'interno del regno770.

Il predominio della prima chiesa cittadina sui traffici fluviali venne ribadito da un diploma di Lamberto dell’895, che le concesse il possesso di varie località poste sulla riva meridionale del Po, tra cui quelle di Sparoaria, Centenario e dell'Insula Mediana771.

E’ proprio a partire dall'ultimo quarto del IX secolo che si può notare un cambiamento nella politica patrimoniale attuata dalla cattedrale. Grazie al numero cospicuo di documenti che si sono conservati emerge, infatti, che la prima chiesa cittadina, tramite l'azione dei presuli, condusse una strategia di acquisizione su scala sempre più ampia, che assunse a tratti anche toni aggressivi. A tal proposito vanno citati alcuni documenti di donazione a favore della chiesa di Sant'Antonino772 contenenti una clausola secondo la quale qualora il vescovo di Piacenza avesse tentato di impossessarsi dei beni donati, questi sarebbero dovuti tornare al donatore originario oppure venduti773. I presuli avevano quindi in qualche caso esercitato violenza per impadronirsi di possessi donati a enti ecclesiastici piacentini, cosicché i legittimi proprietari per tutelarsi erano stati costretti a ricorrere alle vie legali774. Nel complesso l’azione della massima autorità ecclesiastica, soprattutto a partire dalla seconda metà del IX secolo, apparve soggetta a contestazioni, sia da parte di grandi proprietari laici, che di piccoli e medi allodieri. A tal proposito di un certo interesse si dimostra una wadia stipulata nell’anno 875 in cui un certo Luceberto di vico Probati aveva promesso di testimoniare a favore del franco Gontardo che era in lite con la chiesa cattedrale per la proprietà di alcuni beni posti in località Casteniola775.

Dai contratti privati e dai placiti apprendiamo che al volgere del IX secolo i possedimenti della cattedrale erano dislocati quasi in ogni zona geografica del Piacentino. Oltre che in

768 RACINE 1990, pp. 236-237.

769 DIPLOMATA REGUM GERMANIAE EX STIRPE KAROLINORUM, v. 2, pp. 60-61.

770 RACINE 1990, p. 244. In definitiva, i diritti sulle acque e sulla riva del fiume Po nei pressi del centro urbano, l'esenzione dalle tasse e la possibilità di tenere diverse fiere diedero al vescovo un potere particolare rispetto al conte. Emilio Nasalli Rocca ha sostenuto che da questo diploma ebbe inizio il predominio vescovile sulla città di Placentia, a danno del potere comitale (NASALLI ROCCA 1932, pp. 16-17).

771 Si tratta di località poste sulla riva antica del Po (attuali Cascina Centenasco in comune di Sarmato, Sparavera Piacentina, in comune di Piacenza), oppure nel Po stesso, come l’Insula Mediana, oggi scomparsa (ChLa2_LXXI_08, anno 895).

772 ChLat2_LXVI_08, anno 885; ChLat2_LXVII_11, anno 898; ChLat2_LXVII_24, ChLat2_LXVII_28 e ChLat2_LXVII_36 , risalenti alla seconda metà - fine IX secolo.

773 La clausola riporta “si pontifex sanctae Placentinae Ecclesiae... ad suum dominium revocare voluerint, vel alicuna forcia vobis exinde fecerint”.

774 Secondo Nicola Mancassola questo tipo di clausole inserite nei documenti per scongiurare la sottrazione dei beni o la loro concessione in beneficio a terze persone da parte del vescovo mettono in luce ce i beni donati ad enti ecclesiastici di Piacenza corressero il rischio di divenire mezzo per la creazione di clientele personali che andavano ad accrescere il potere ed il peso politico del presule stesso (Cfr. MANCASSOLA c.s.). 775 Si tratta della località attuale Casina Castagnola, in comune di Gazzola (ChLa2_LXIX_33, anno 875).

pianura, in val d’Arda, Nure, Ceno e Taro, infatti, vennero acquisiti beni in val Luretta, in val Tidone776, in val Trebbia, nella valle del Chero777 (Figura 7).

Più in dettaglio, erano posti in val Nure i beni di pertinenza della corte di Carmiano che il vescovo di Piacenza Paolo concesse nell’876 a livello ai fratelli Petrone e Ratcauso778: la

curtis di Carmiano, all’epoca, era stata data in beneficio al vassallo Raginelmo. A tal proposito, sono interessanti le numerose menzioni di vassalli vescovili che si susseguono nell'ultimo quarto del secolo, a partire dall'attestazione di Alloardo “vasallo Iohannis episcopi”, che comparve nell’859 in un contratto di livello riguardante dei beni della corte di Tabernaco che questi aveva in beneficio779; Gontardo, “vassallus domnus Seufredi”, è citato in una vendita dell’861780; in una compravendita dell’anno 899, infine, si rintracciano nelle vesti di sottoscrittori i vassalli Everico, Alberico, Sigeprando, Gundoino e Froterio781. Nell’885 il vescovo cedette in permuta un terreno in località Casale Foconis et Maurini, in val Nure, in cambio di un terreno posto nel territorio di Regiano, nella pianura a Sud di Piacenza782. Quest'ultimo negozio giuridico venne stipulato presso la curtis di Maglionassi, che rientrava nel patrimonio della cattedrale piacentina783.

In val Taro la cattedrale possedeva la corte di Bethonia784, i cui coloni ricorsero ad un giudizio rivendicando la loro condizione di liberi alla fine del IX secolo. La vicenda, come ci attesta il placito, si concluse negativamente per gli uomini di Bethonia, che non potendo addurre testimoni che deponessero a loro favore, dovettero dichiararsi servi785.

Grazie alle liste delle confinazioni di beni oggetto di diversi negozi giuridici, inoltre, è possibile ricavare che beni della cattedrale erano localizzati anche in varie località in val Tidone, nonché a ridosso del centro urbano, nell'area dei prata et campanea Placentina786. Negli ultimi decenni del IX secolo, infine, la cattedrale piacentina attuò una mirata politica di acquisizione patrimoniale tramite il controllo esercitato sulle chiese rurali, come avvenne nel caso della pieve di San Pietro di Varsi, in val Ceno787. Le pievi rappresentavano una presenza forte sul territorio non solo dal punto di vista religioso, ma anche dalla prospettiva economica ed insediativa e, in alcuni casi, furono capaci di attuare complessi processi di concentrazione fondiaria788.

Circa le curtes appartenenti alla Chiesa piacentina si possono proporre alcune riflessioni. Documentate dai primi decenni del IX secolo789, erano localizzate in zone piuttosto appetibili, sia per lo sfruttamento delle risorse del suolo, sia per la loro posizione geografica, dato che spesso erano localizzate nei pressi di importanti percorsi stradali790. A questa

776 Le valli del Tidone e del Luretta avevano un'importanza strategica non secondaria, dato che si congiungevano in pianura con la via Postumia e a monte con la val Trebbia (cfr. supra, Capitolo 1, Paragrafo 1.II).

777 Le valli del Riglio e del Chero permettevano l'accesso alle valli dell'Arda e del Nure (cfr. supra, Capitolo 1,

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