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L' ARTICOLAZIONE DELLA PROPRIETÀ NEL P IACENTINO

L A GRANDE PATRIMONIALITÀ LAICA ED ECCLESIASTICA

I) S AN P IETRO DI V ARS

Della chiesa di San Pietro di Varsi in val Ceno si sono occupati numerosi studiosi, attirati dal dossier che si è conservato presso l’Archivio della Cattedrale di Piacenza856. Questo caso rappresenta, quindi, un punto d'osservazione privilegiato per analizzare le strategie patrimoniali e la politica condotta da una pieve in età altomedievale.

a) L’età longobarda

La più antica attestazione relativa alla chiesa di Varsi risale al secondo quarto dell’VIII secolo. Si tratta di una donazione a suo favore effettuata da alcuni piccoli proprietari della zona nel 735, che aveva per oggetto un terreno posto nel casale Cavalloniano, non distante da Varsi stessa857. Evidentemente questo territorio doveva interessare alla chiesa di San Pietro, dato che nel giro di alcuni anni vi ottenne altri appezzamenti contigui con diverse compravendite da piccoli proprietari locali858.

Allo stesso tempo, tra il 736 e il 774, i presbiteri di San Pietro concentrarono la loro attenzione sull’area circostante il lago di Varsi, dove acquisirono vari lotti di terreno tramite due donazioni e due compravendite859.

La documentazione appena illustrata sembra attestare una puntuale politica patrimoniale volta al conseguimento di terreni posti nei dintorni della chiesa stessa (Figura 10). Due furono i canali di acquisizione dei beni: le donazioni dei fedeli e le compravendite di terre. Questo tipo di politica condotta dai presbiteri sembrerebbe riflettere da un lato la volontà di razionalizzare la proprietà di San Pietro di Varsi e dall’altro una certa disponibilità di denaro da parte dell’ente religioso.

Infine, attira una certa curiosità un documento del 753 che ci attesta la vicenda di Domoaldo e di suo fratello, che, dopo essere stati liberati dalla schiavitù, divennero parte dei monachis della basilica di San Pietro860: pare difficile, se non impossibile, afferrare il senso del termine monachis in questo contesto, dal momento che la chiesa di Varsi non fu in alcun momento attestata come cenobio.

856 Sono numerosi gli studi che si sono occpuati di Varsi e del suo patrimonio nell’altomedioevo cfr.: CELASCHI 1973; FUMAGALLI 1974; CASTAGNETTI 1976, p. 133 e pp. 137-138; ID. 1982, pp. 90 e 275; Violante 1982, p. 1114; FUMAGALLI., FORLINI, BOTTAZZI, GHIRETTI 1990; FUMAGALLI, PETRACCO SICARDI, PONZINI 1990; BONACINI 2002; BISI 2007; la tesi di laurea discussa presso l'università di Padova: SERNAGIOTTO 2011-12; dal punto di vista patrimoniale la pieve di San Pietro è stata ampiamente analizzata di recente, cfr. MANCASSOLA c.s. La chiesa di San Pietro e il suo patrimonio dal X secolo in poi non è stata oggetto di analisi specifiche, ma alcune sommarie informazioni si possono reperire in: CASTELLI ZANZUCCHI 1972; ZANINONI A. 1986; MARCHESINI 2006.

857 Il terreno è posto nel casale Cavalloniano (ChLa_XXVII_817, anno 735). 858 ChLa_XXVII_816, anno 735; ChLa_XXVII_819, anno 737.

859 ChLa_XXVII_818, anno 736; ChLa_XXVII_820, anno 737; ChLa_XXVII_821, anno 742; ChLa_XXVII_827, anno 774; inoltre, nel 762 la chiesa della val Ceno riuscì ad ottenere un ulteriore terreno nella zona, sfruttando una lite intercorsa tra il prete Lopoaldo e suo zio (ChLa_XXVII_825, anno 762). 860 ChLa_XXVII_822, anno 753: si asserisce che “in baselica beati Sancti Petri situm Varissio per livertatem introisti e havitavisti, sicut et alii fratre et monachis”.

Figura 10. I possedimenti di San Pietro di Varsi in età longobarda

b) L’età carolingia

Successivamente all’arrivo dei Franchi nel Piacentino la documentazione mostra che vi fu un sensibile cambiamento nell’organizzazione del patrimonio della chiesa di Varsi (Figura 11). Come si apprende da diversi contratti (soprattutto livelli) stipulati tra la fine dell’VIII secolo e gli inizi del IX, la pieve di San Pietro gestiva beni in val Stirone861, in varie località della val Chiavenna862, ma anche nella fascia di alta pianura a Sud di Piacenza863. Allo stesso tempo continuò a mantenere diversi possedimenti nei finibus Castro Firmis Arquatenset, in val Ceno864 e in val Taro865.

Se durante l’età longobarda la chiesa di Varsi agì a livello locale, in un secondo momento ampliò il suo raggio di azione economica. La pieve, infatti, all’inizio del IX secolo disponeva di beni gestiti con criteri curtensi non solo nella zona di montagna di sua pertinenza, ma anche nella vallate limitrofe e in pianura866. Certamente questa espansione avvenne anche a spese dei piccoli proprietari terrieri locali, che, come è testimoniato da due cartulae fiduciae, si videro costretti a dare in pegno alla chiesa i propri beni in cambio di un prestito867.

Proprio l'ampliamento della sua sfera d'influenza la portò a scontrarsi con la pieve di Santa Maria di Fornovo per la riscossione delle decime dell'area posta alla confluenza tra i fiumi Mozzola e Taro868. Di questa contesa ci resta la copia tarda di un placito avvenuto nell’854869 e il giuramento che diciotto persone di Monte Spinola prestarono a favore della chiesa di Varsi nell’857870.

c) L’età post-carolingia

Gli ultimi decenni del IX secolo attestano un'ulteriore svolta nella storia della chiesa di Varsi, che in circostanze sconosciute passò sotto il controllo diretto del vescovo di Piacenza. Ciò è testimoniato da numerosi atti che a partire dall’875 videro il presule in persona agire per conto della pieve871 oppure nominare un missus che lo rappresentasse nei contratti riguardanti la chiesa di San Pietro872.

Nonostante ciò, anzi proprio grazie all’appoggio del presule, la pieve poté condurre un’ambiziosa politica patrimoniale che culminò in una serie di acquisizioni che comportarono una spesa economica molto elevata per dei terreni posti in val Ceno nei territori dei villaggi di Agnianina, Campilia, Vuarubiola, Montedusio tra l’aprile e il giugno dell’892873. Queste compravendite sono testimoniate in un placito avvenuto nel medesimo anno, che venne tenuto per sancire queste acquisizioni e che ebbe luogo nella città di

861 ChLa_XXVII_833, anno 799.

862 ChLa2_LXVIII_06, anno 812, ChLa2_LXVIII_12, anno 821. 863 ChLa2_LXVIII_16, anno 824.

864 ChLa2_LXVIII_05, anno 810.

865 ChLa2_LXVIII_40, anno 854; ChLa2_LXIX_19, anno 867.

866 Se la distanza che intercorreva tra Varsio stessa e le vallate centrali del Piacentino può sembrare notevole, non bisogna dimenticare che queste erano ben collegate tra loro dal percorso che convergeva sul Passo del Pellizzone e che collegava il sito di Veleia a Villora e a Varsi (cfr. supra, Capitolo 1, Paragrafo 1.II).

867 Le due fiduciae sono ChLa2_LXVIII_07, anno 813 e ChLa2_LXVIII_12, anno 812 o 822 (cfr. a tal proposito i recenti studi di Nicola Mancassola:MANCASSOLA c.s.).

868 FUMAGALLI 1974, p. 40. 869 MANARESI, I, n.59, anno 854. 870 ChLa2_LXIX_04, anno 857.

871 Il vescovo Paolo agisce per conto della pieve di Varsi nell’875 (ChLa2_LXIX_32), nell’883 (ChLa2_LXX_11) e il vescovo Bernardo nell’ 891 (ChLa2_LXX_30, anno 891).

872 A tal proposito abbiamo l’attestazione dei missi Gariprando diaconus et primicerius della Chiesa di Piacenza (ChLa2_LXIX_37, anno 876; ChLa2_LXX_25, anno 888) e di Giovanni presbiter et locumpositum (ChLa2_LXX_22, anno 886) che agirono in qualità di custodi della chiesa di Varsi.

Piacenza, in presenza delle massime cariche religiose e civili874. Nel corso di questo giudizio vennero mostrati cinque moniminas emessi da diversi abitanti della zona nei confronti del vescovo Bernardo, in modo che da quel momento in poi nessuno potesse contestarne il possesso.

Nell’ultimo quarto del IX secolo la pieve di Varsi concentrò la sua politica patrimoniale quasi esclusivamente alle valli dei fiumi Ceno875 e Taro876, in particolare lungo la linea di confine che correva tra la diocesi piacentina e parmense (Tavole 12-13). Si può ipotizzare che tale interesse per le valli orientali denotasse la volontà del presule di Piacenza di radicarsi proprio in quella zona, attraversata dal percorso che portava al passo di Monte Bardone.

In questo periodo la pieve fu al centro di forti contrasti, sia di natura patrimoniale, come dimostra la necessità di un giudizio pubblico per ratificare l’acquisto di beni nell’892, sia di carattere ecclesiastico. Circa quest’ultimo aspetto, bisogna nuovamente menzionare la contesa con la pieve di Santa Maria di Fornovo che nell’879 era ancora in atto, come ci testimonia un placito che fu favorevole alla chiesa di San Pietro877. Le decime di diverse località della val Ceno, inoltre, erano state al centro di un diploma emanato nell’883 dall’imperatore Carlo III per ribadire i diritti della pieve di Varsi, dopo che alcuni pravi homines per impadronirsi del suo patrimonio avevano dato fuoco al suo archivio contenente tutte le sue carte e i testamenta 878.

Dai documenti emerge un quadro piuttosto interessante circa la realtà di una chiesa rurale che si arricchì notevolmente tra età longobarda e carolingia.

San Pietro di Varsi, la cui origine ci è ignota, nell’VIII secolo fu promotrice di un processo di concentrazione fondiaria nella media e bassa valle del fiume Ceno. Dopo la conquista franca, la documentazione ci mostra che questo ente ecclesiastico poté gestire numerosi possedimenti organizzati in forme curtensi in territori assai distanti tra loro, sia in pianura che nelle colline occidentali del Piacentino.

Nella seconda metà del IX secolo la pieve di San Pietro fu nuovamente protagonista di un’accorta politica di acquisizioni nelle valli dei fiumi Ceno e Taro, ottenendo così il controllo capillare di un ampio comprensorio, sia da un punto di vista territoriale, che da quello della dipendenza religiosa. Proprio questo suo radicamento portò ad una situazione conflittuale con la contigua pieve di Fornovo della diocesi di Parma per la questione dell'esezione delle decime relative al Monte Spinola. Per far valere i diritti della propria pieve, i presbiteri di Varsi dovettero ricorrere più volte al giudizio pubblico, oltre che a giuramenti degli abitanti delle zone direttamente interessate.

L’ultima parte del IX secolo fu caratterizzata dall’inserimento della figura del vescovo nella politica patrimoniale della chiesa di San Pietro, che se da un lato le diede maggiore disponibilità economica, dall’altro ne limitò fortemente l’autonomia. Sono numerose, a tal proposito, le attestazioni di contratti stipulati per conto della pieve di Varsi dai presuli di Piacenza in persona o da missi episcopali. Questa situazione determinò un incremento del tenore economico delle transizioni effettuate dalla chiesa di San Pietro, ma al tempo stesso innescò un clima conflittuale intorno al suo patrimonio. Tale situazione culminò con il tentativo violento perpetrato da alcuni pravi homines di impossessarsi delle possessiones et

874 Il placito era presieduto dal conte Sigefredo, con la partecipazione del vescovo Bernardo e di alcuni funzionari imperiali, scabini (sul valore di questo placito cfr. inoltre MANCASSOLA c.s, dove si ipotizza che le terre fossero state cedute alla chiesa di Varsi per ottocento soldi).

875 ChLa2_LXIX_35, anno 876; ChLa2_LXIX_38, anno 877; ChLa2_LXX_11, anno 883; ChLa2_LXX_22, anno 886; ChLa2_LXXI_11, anno 895.

876 ChLa2_LXIX_37, anno 876; ChLa2_LXX_30, anno 891; ChLa2_LXX_39, anno 892. 877 MANARESI, I, n. 87, anno 879.

decimas atque facultate della pieve di Varsi, che necessitò dell’intervento diretto dell’imperatore per ristabilire il suo privilegium de decimis.

Figura 12. I possedimenti di San Pietro di Varsi successivi all’872

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