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D AL GASTALDATO LONGOBARDO AL COMITATUS

All’indomani della calata del popolo longobardo, Piacenza fu tra le prime città della penisola ad essere conquistata e fu sede di ducato fino al 590, anno in cui prese parte alla ribellione dei duchi contro re Autari. Tale rivolta perdurò sino al 593 circa, quando re Agilulfo riuscì a riconquistare il potere sui centri ribelli e ad imporre, in sostituzione dei duchi, dei gastaldi a lui strettamente legati100. A tal proposito, un documento del 674 riguardante la contesa sorta tra Piacenza e Parma per stabilire i limiti dei relativi territori fornisce una delle più antiche attestazioni101. In quell'occasione, le due città furono definite curtes e sottoposte rispettivamente a Daghibertus e Immo gastaldi, dotati di poteri giurisdizionali non solo per l’area cittadina, ma per l’intera civitas, vista come l’unione del nucleo urbano con il territorio da esso dipendente102. Di fronte agli inviati di re Pertarido, giurarono a favore della parte piacentina scarii ed actores, che erano dipendenti della corte regia, accanto ad uno sculdascio, ad alcuni exercitales e ad un chierico: visto il ruolo di questi personaggi, è evidente lo stretto legame che sussisteva tra i rappresentanti della gestione dei beni del fisco regio distribuito nel territorio e quelli del distretto pubblico imperniato sulla città103.

Tra i contratti privati è attestata una seconda menzione di curtis regia, in una permuta risalente al 770 la cui clausola finale cita l’obbligo da parte degli attori di pagare un fictum presso la corte domno regi per la fruizione di beni fiscali posti in località Lacore, in val Ceno104. Tali beni appartenenti alla corona longobarda dovettero essere direttamente incamerati dai sovrani carolingi, dal momento che circa cinquant’anni dopo nella stessa zona è attestata una curte regi in Parioli, sempre in val Ceno105.

Tra le fonti documentarie spicca poi una vendita del 721 dove compare un altro funzionario, l’exceptor civitatis Placentinae106, uno specialista in materia civile e successoria107. Questa figura e quella del vir clarissimus, ampiamente attestata nel territorio piacentino prima della fine dell’VIII secolo108, erano connotate in età longobarda da una qualche valenza di tipo pubblico109.

Per il resto, le testimonianze disponibili coeve offrono solo fugaci indizi circa gli assetti amministrativi in età longobarda. In passato era stata riconosciuta l’esistenza di tre circoscrizioni minori, i fines Castriarquatense, posti nella zona collinare e montuosa del Piacentino orientale, la iudiciaria Medianense, localizzata in val Trebbia e in val Nure, e i fines Placentina, che comprendevano il centro urbano e la pianura110. Le recenti indagini, tuttavia,

100 RACINE 1990, pp. 184-185; AZZARA 2001, pp. 29-30; BONACINI 2001, p. 64, in part. nota 73. 101 Cfr. supra, Capitolo 1, Paragrafo 2.I (CDL III, n. 6, anno 674).

102 Stefano Gasparri aveva ipotizzato che i due gastaldi all’epoca potessero essere avviati a divenire iudices delle loro città, ma senza aver raggiunto ufficialmente tale rango (GASPARRI 1978, pp. 21-22).

103 BONACINI 2001, p. 65. 104 ChLa_XXVII_826, anno 770. 105 ChLa2_LXVIII_12, anno 821 o 822. 106 ChLat_XVIII_844, anno 721.

107 RACINE 1990, p. 186; per una disanima storiografica relativa al ruolo degli exceptores civitatum cfr. BONACINI 2001, pp. 57-58, nota 47.

108 Sono attestati come vir clarissimus: Maurace dal 735 al 762 (ChLa_XXVII_817, anno 735; ChLa_XXVII_816, anno 735; ChLa_XXVII_818, anno 736; ChLa_XXVII_820, anno 737; ChLa_XXVII_819, anno 737; ChLa_XXVII_821, anno 742; ChLa_XXVII_822, anno 753; ChLa_XXVII_823, anno 758; ChLa_XXVII_825, anno 862), Peredeo nel 758 (ChLa_XXVII_824), Ratchis nel 758 (ChLa_XXVII_824), Ermenfret nel 770 (ChLa_XXVII_826), Audoald nel 774 (ChLa_XXVII_827), Natzario nel 791 (ChLa_XXVII_830), un altro Peredeo nel 791 (ChLa_XXVII_830), Vitalis nel 792 (ChLa_XXVII_831).

109 Pierpaolo Bonacini ha trattato specificatamente il tema della presenza dei viri clarissimi in BONACINI 2001, pp. 52-65.

ipotizzano che queste suddivisioni corrispondessero più che altro ad uno schema di riferimento ideale, che non ad una realizzazione compiuta.

A partire dal 774 anche nel territorio piacentino l’aristocrazia franca sostituì gradualmente quella longobarda e con questa si modificarono anche le strutture di governo111. La presenza dell’apparato di potere carolingio si registra nelle fonti piacentine a partire dall’anno 791, quando si ha la prima attestazione di un conte in Italia112. Da questo momento in poi si moltiplicarono nelle fonti le menzioni di comitatus per indicare questo territorio. Il passaggio dalla monarchia longobarda a quella carolingia, tuttavia, si attuò progressivamente, con ritmi caratterizzati da una forte oscillazione dell’intervento diretto del vertice del Regno nella penisola sino alla metà del IX secolo, quando la presenza stabile sul suolo italico di Ludovico II portò all’assunzione da parte della corte imperiale di un ruolo preminente di governo nei confronti delle autorità locali, sia comitali che vescovili113. Il comitato convisse, infatti, con i distretti rurali minori la cui genesi, come abbiamo asserito, è da ricondurre all’età longobarda, ma la cui istituzionalizzazione risale ai primi anni del regno di Carlo Magno quando registriamo la presenza dei fines Placentina (dal 791) e dei fines Castellana (dall’anno 810)114.

L’abbondante documentazione che si ha a disposizione offre la possibilità di cogliere con precisione la politica operata dal potere carolingio sin dai primi decenni del suo assestamento in quest’area. L’introduzione di ufficiali franchi non implicò una completa cancellazione del precedente assetto longobardo115. A tal proposito è interessante notare che per tutto il IX secolo si registra la presenza di funzionari di origine franca la cui carica mantenne una denominazione longobarda, quali gastaldiones116, locopositi117 sculdassi118; inoltre, sono attestati diversi scarii119. E’ ipotizzabile che tali cariche fossero da collegare alla gestione del territorio, dal momento che nei capitolari carolingi la figura del locopositus, assieme a quella dei gastaldi e degli sculdasci, affianca l’autorità del conte

60-61, in part. nota 59.

111 Per le modalità e i tempi della presa di possesso della penisola italica da parte della regalità carolingia cfr. HLAWITSCHKA 1960; BONACINI 2001, pp. 9 e 18-39.

112 ChLa2_XXVII_830, anno 791. 113 DELOGU 1968b.

114 Rispettivamente in ChLa2_LXVIII_05, anno 810 e ChLa2_XXVII_830, anno 791. 115 PROVERO 2001, pp. 44-45.

116 Si registrano i seguenti gastaldi: il franco Aidolfo è menzionato in ChLa_XXVII_832, anno 796 e ChLa2_LXVIII_02, anno 802 (e ChLa2_LXIV_02, anno 818); Grimenulfo in ChLa2_LXIV_22, anno 842; Amelbertus e il franco Teutpertus in MANARESI, I, n.59, anno 854; Gaiderisius in ChLa2_LXIX_07, anno 859; Liutardus gastaldius domni Seufredi ChLa2_LXIX_25, anno 873; il franco Gamenulfus e Herchembodo in ChLa2_LXX_06, anno 880; Teotperti qui fuit gastaldio in ChLa2_LXV_33, anno 881 e ChLa2_LXV_38, anno 882; Ermengisius sia gastaldo che sculdassio, in ChLa2_LXVI_30, anno 891; Gulferio gastaldio in ChLa2_LXVI_40, anno 893; Lovuaningi in ChLa2_LXXI_19, anno 897; Vuaningus, Gulferius et Aron gastaldiones (Aron vassallus Sigifredi comes) in ChLa2_LXXI_26, anno 898. Alla fine del secolo scorso si accese un dibattito tra gli studiosi circa l'esistenza della carica gastaldale a Piacenza in età longobarda, dato che l'unica attestazione di gastaldiones si rintraccia nel già citato giudizio di Pertarido del 674 (CDL III, n. 6, anno 674), che ci è giunto in una copia tarda. Le successive menzioni di gastaldi, infatti, sono quelle dei funzionari franchi e, pertanto, è stata messa in dubbio la realtà di tale carica prima del 774 (circa il dibattito cfr. RACINE 1990, pp. 186-187; GALETTI 1994, pp. 78-80).

117 I locopositi menzionati nei documenti sono Gaiderisius (locopositus Wifrit comiti civitatis Placencia, in ChLa2_LXIV_39 , anno 855 e ChLa2_LXIX_14, anno 861) e Rotefredus (ChLa2_LXX_17, anno 884). 118 Gli sculdassi menzionati sono: Petrus (in ChLa2_LXV_32, anno 881; ChLa2_LXV_37, anno 882; ChLa2_LXVI_ 11, anno 886; ChLa2_LXVI_29, anno 891; ChLa2_LXVI_42, fine IX secolo); Ermengisi (in ChLa2_LXVI_30, anno 891); Gulfardus e Bertaldi (in MANARESI, I, n. 87, anno 879).

119 Per gli scarii cfr.: “Petri scario de Carpeneto”, in ChLa2_LXV_3, anno 858; “Placentini scario de Gusiano”, in ChLa2_LXV_35, anno 882; “Landoni qui fuit scario” in ChLa2_LXVI_26, nno 890; Lamberto “scarius de curte Caput Ursi” in ChLa2_LXVII_14, anno 898.

nell’amministrazione della giustizia, nel pieno rispetto delle leggi120. Infine, a Piacenza sono attestati accanto alla figura del conte diversi vicecomites, che appaiono in diversi placiti a fianco della massima carica cittadina121.

Su un’organizzazione del territorio che mantenne istituzioni longobarde, vennero immessi individui di stirpe franca e si affidò la carica comitale ad esponenti di stirpe salica vicini alla corte regia122. Il primo conte fu Aroin, attestato dal 791 all’823123; del franco Amandi ci resta un’unica menzione dell’832124; Wifredus compare nelle fonti dall’843 all’872125; vi fu un

Rambertus prima dell’874, anno in cui è detto non più in vita126, cui seguirono Richardus nell’879127, Adelgis nell’880128, forse Ildegerius nell’891129; a cavallo tra IX e X secolo, infine, vi fu Sigefredus dall’892 al 904130, seguito da e Wifred tra 911 e 922131. Se i primi due comites sembrano caratterizzati da uno scarso radicamento locale e dalla mancanza di legami parentali o dinastici tra loro132, a partire dal conte Wifred, la cui figlia Berta sposò Suppone II133, la funzione comitale si legò al gruppo parentale dei Supponidi, uno dei più eminenti ceppi dell’aristocrazia franco-salica radicati nell’area italica134, che di fatto nel Piacentino resero questa carica ereditaria135.

Definire il ruolo e la portata del potere del conte in età carolingia e post-carolingia si presenta compito complesso e arduo, così come afferrare quale fosse il suo effettivo controllo sulle aree periferiche del Piacentino. Se, infatti, nella zona di pianura la sua autorità era indiscussa, alcuni dubbi permangono per i fines Castellana. Recenti studi hanno posto in evidenza come questa circoscrizione denotasse sistemi di organizzazione sociale ancora basati su modelli longobardi136, che potrebbero nascondere una certa difficoltà di affermazione da parte dei funzionari regi. Con ciò non si vuole negare il controllo comitale

120 Capitularia Pip. 7. Sull’origine longobarda di tali cariche cfr. BONACINI 2001, p. 67, nota 83.

121 Sono attestati come vicecomes: Noe (ChLa2_LXV_18, anno 874; ChLa2_LXX_06, anno 880; ChLa2_LXX_17, anno 884; ChLa2_LXX_24, anno 886), Adelberti qui et Azzo vocitatur (MANARESI, I, n. 87, anno 879), Amalgisus (ChLa2_LXX_36, anno 892), il franco Elmericus (ChLa2_LXXI_19, anno 897; ChLa2_LXXI_26, anno 898)

122 CASTAGNETTI 2006, pp. 12-21.

123 Attestazioni di Aroin: ChLa2_XXVII_830, anno 791; ChLa2_LXVIII_15, anno 823. Un’ulteriore attestazione di Aroin si ha in un placito tenuto nel 798 a Spoleto (MANARESI I, n. 10): si tratta di una causa promossa dal monastero di Santa Maria di Farfa, giudicata da tre messi regi, uno dei quali è Haroin.

124 ChLa2_LXVIII_20, anno 832.

125 Attestazioni di Uifredus: ChLa2_LXIV_25, anno 843; MANARESI I, n. 59, anno 854; ChLa2_LXIV_39, anno 855; ChLa2_LVII_18, anno 860; non è più in vita da ChLa2_LXIX_14, anno 861; ChLa2_LXV_11, anno 872; ChLa2_LXX_10, anno 883 e in ChLa2_LXXI_19, anno 897.

126 E’ già morto in ChLa2_LXV_18, anno 874. 127 MANARESI, I, n. 87, anno 879.

128 ChLa2_LXX_06, anno 880.

129 Ildegerius (in cuius ipsum comitatum continebat) è attestato in ChLa2_LXVI_30, anno 891.

130 Attestazioni di Sigefredus: ChLa2_LXX 36, anno 892; ChLa2_LXXI_04, anno 895; ChLa2_LXXI_08, anno 895; ChLa2_LXXI_26, anno 898; ChLa2_LXXI_29, anno 899.

131 BOUGARD 1989, p. 18. 132 BOUGARD 1989, pp. 14-18.

133 Sul conte Wifred cfr. HLAWITSCHKA 1960, pp. 287-288; BOUGARD 1989, p. 16; BONACINI 2001, p. 69, nota 89. Il conte Wifredo, di stirpe franca, fedele di Lotario e Ludovico II, è ben radicato a Piacenza ben prima della discesa in Italia di quest’ultimo nell’844 e Pierpaolo Bonacini ha supposto che il suo insediamento locale possa risalire almeno all’ultima discesa nella penisola compiuta da Lotario nel decennio precedente o sia eventualmente posteriore alla grave pestilenza che nell’837 decimò le file dell’aristocrazia carolingia italica (BONACINI 2001, p. 66, in part. nota 77).

134 Sui Supponidi la trattazione d’insieme più recente si deve a F. BOUGARD, “Les Supponides: échec à la reine”, in BOUGARD, FELLER,LE JAN 2007, pp. 381-401 e LAZZARI 2005. Ma si veda ancora l’Exkurs. Zur Genealogie der Supponiden in Hlawitschka, 1960, pp. 299-309; DELOGU 1968b, p. 176 e passim; DELOGU 1968c, pp. 9 e sgg.; FUMAGALLI 1976, pp. 1976 e 103 e sgg; SERGI 1995.

135 PROVERO 2001, pp. 45-46. 136 MANCASSOLA c.s.

su quest’area, ma sottolineare come il potere centrale si esercitasse con diversi gradi sul territorio: più forte nei pressi della città, probabilmente in maniera più sfumata nelle circoscrizioni rurali periferiche137.

137 A tal proposito Vito Fumagalli ritenne che l’autorità comitale carolingia non esercitò mai un controllo concreto sulle circoscrizioni minori(FUMAGALLI 1971). Sfumando questa posizione, in seguito agli studi che alla fine del secolo scorso hanno interessano la gestione del territorio da parte delle autorità carolinge (tra cui BOUGARD 1995 e ID. 1996), Tiziana Lazzari ha sostenuto, invece, che il conte potesse intervenire nel caso di scontri per l’uso dei beni del fisco regio tra le comunità che risiedevano in questi territori e i nuovi poteri “immunitario-patrimoniali” delle grandi abbazie, delle chiese episcopali, delle cattedrali delle città emiliane e delle grandi famiglie transalpine (LAZZARI 2006, p. 8; LAZZARI c.s.).

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