• Non ci sono risultati.

Il sistema plebano medievale costituì una presenza forte sul territorio, non soltanto dal punto di vista dell’inquadramento religioso della popolazione rurale, ma anche da quello economico ed insediativo259.

Il termine plebs apparve per la prima volta solo alla fine del VII secolo in Toscana e si diffuse lentamente in tutta l’Italia centrale e settentrionale nel corso dei secoli IX e X260. Le chiese nelle quali si incentrava la cura d’anime nelle campagna si chiamavano, all’origine, semplicemente ecclesia, termine solo di rado adoperato per le altre chiese, che erano designate normalmente come basilica, oraculum, oratorium, a indicare la loro destinazione a semplici luoghi di preghiera privata261. A tal proposito va detto che per il Piacentino si ha solo una dozzina di menzioni del vocabolo plebs tra VIII e IX secolo262, mentre circa una decina di chiese rurali sono attestate come ecclesiae263 (Figura 6). Punti di riferimento dell’organizzazione del territorio, le plebes in alcuni casi assunsero un ruolo di rilievo, come ben documentato, tra l’età longobarda e quella carolingia, dal caso della pieve di San Pietro di Varsi, capace di attuare complessi processi di concentrazione fondiaria e di assicurare alla cattedrale il controllo del segmento di Val Ceno di pertinenza della diocesi di Piacenza264. La chiesa plebana aveva peculiari funzioni di cura d’anime, che consistevano essenzialmente nella somministrazione dei sacramenti, primo tra tutti il battesimo, nella predicazione e nella celebrazioni della messa nei giorni festivi; i fedeli, a loro volta, avevano l’obbligo di restaurare l’edificio della pieve e pagare la decima265.

259 Ricchissima la bibliografia inerente questo tema. Brevemente si rimanda al fondamentale studio dell’americana Cathrin Boyd (BOYD 1952); per la Francia cfr. LE BRAS 1979; per un quadro europeo (FONSECA, VIOLANTE 1990); per l’Italia si rimanda ai seguenti fondamentali studi: CASTAGNETTI 1976; VIOLANTE 1982; CASTAGNETTI 1982; SETTIA 1982; VIOLANTE 1989; ID. 1990; più in dettaglio per il Piacentino cfr. NASALLI ROCCA 1930; ID. 1939; ID. 1955; RACINE 1977; BISI 2007. Sulla storiografia legata al tema delle plebes cfr. CASTAGNETTI 1982, pp. 7-10, pp. 22-26; VIOLANTE 1990, pp. 203-214).

260 Secondo alcuni, solo dall’VIII secolo il termine plebs andò ad indicare la chiesa, mentre prima significava una comunità di fedeli governata da un vescovo. E solo con l’VIII secolo il vocabolo plebs cominciò a riferirsi al territorio di pertinenza, soprattutto da quando i sovrani carolingi, poco dopo la conquista del regno longobardo (CAPITULARIAREGUM FRANCORUM, I, n. 89, anno 782; CAPITULARIA REGUM FRANCORUM, I, n. 93, anno 813) introdussero il pagamento obbligatorio della decima, ossia della decima parte delle rendite agrarie che i fedeli dovevano versare come normale tributo alla propria chiesa battesimale per il servizio di culto e l’assistenza spirituale (PAOLINI 2007, p. 9). Le plebes funzionarono come una sorta di istituzione civile, oltreché religiosa, creando un vincolo in un certo senso giuridico tra gli abitanti di una stessa circoscrizione ecclesiastica, di cui ci resta testimonianza nella documentazione relativa a San Pietro di Varsi (SANTINI 1964, p. 6; LE BRAS 1979, p. 69; PAOLINI 2007, p. 11).

261 VIOLANTE 1989, p. 430.

262 Si tratta delle plebes di: Centenario/ C. na Centenasco (Sarmato), di Albiani/ Albiana (Pontenure), Sancti Nazarii di Cugullo, Sancti Martini di Toriano/ Torrano (Ponte dell’Olio), Sancti Georgi di Sahiloni/ San Giorgio Piacentino, di Sparvaria/ Sparavera Piacentina (Piacenza) in pianura; Sancte Laurenti di Cassiano/ Cassano (Ponte dell’Olio), Sancti Iohannis di Carmiano/ Carmiano (Vigolzone) nella valle del Nure; Sancti Storgi di Mamelliano/ Momeliano (Agazzano), Sancti Vitalis di Pomario/ Pomaro (Piozzano) in val Luretta; Sancti Antonini di Augusta Veleia/ Velleia in val Chero; Sancti Petri di Varsio in val Ceno.

263 Alla precedente lista di plebes piacentine possiamo aggiungere anche le ecclesiae di: Sancti Martini di Kalendasco/Calendasco, Domini Salvatori di Muntecello/ Monticelli d’Ongina in pianura; Sancti Petri di Campaniola/ Trevozzo (Pianello V. T.) in val Tidone; Sancti Fermi et Rustici di Pontiano, in val Chiavenna; Sancti Laurenti di Moraniano/ Morignano (Castell’Arquato), Sancti Antonini di Castro Fermo/ Castell’Arquato, Sancti Zenoni di Lucaniano/ Lugagnano in val d’Arda; Sancti Antonini di Vianino/ Vianino (Varano de’ Melegari, PR); Sancti Mari di Casanova/ Casanova di Bardi (PR), Sancti Protasii et Gervasii di Odolo/ scomparsa, presso Bardi in val Ceno. 264 A proposito della politica patrimoniale condotta dalla pieve di Varsio cfr. infra, Capitolo 5, Paragrafo 4.I. 265 Particolarità delle pievi della penisola italica era quella di aver soggette a sé, a partire dalla fine del VII secolo o dall’inizio dell’VIII, un numero anche cospicuo di chiese minori: si trattava di oratori, che dall’età carolingia cominciarono ad essere chiamati cappelle (VIOLANTE 1982, p. 1065). Abbiamo un’unica attestazione di una cappella nel Piacentino, quella di Sancti Michaelis localizzata in Argiliano (Ziano Piacentino) nella pianura ad Ovest di Piacenza (ChLa2_LXXI_30). Per gli oratori di San Colombano di Bobbio cfr. infra, Capitolo 2,

La scarsità dei documenti relativi alle pievi altomedievali che caratterizza tutta la pianura padana, escludendo l’area della Romania266, va sfumata per il Piacentino grazie alla sopravvivenza di un dossier relativo all’attività della pieve di Varsi, che ci attesta la sua attività economica su iniziativa del clero locale e dei missi del vescovo di Placentia267. Inoltre, sono sopravvissuti due documenti riguardanti la donazione di cinque pievi che il vescovo di Piacenza fece alla Canonica di Santa Giustina alla fine del IX secolo268, mentre un discorso a parte verrà fatto a proposito delle plebes di Bobbio269. Per il resto, la presenza delle chiese battesimali nel contado si rivela attraverso le indicazioni confinarie di beni oggetto di contrattazione, oppure attraverso i loro rappresentanti che agivano nei singoli documenti privati. Si possono ottenere, quindi, informazioni interessanti riguardo ai beni di proprietà delle singole plebes270, ma quasi nulla si ricava circa la loro origine, nonché il territorio a loro sottoposto comprendente villaggi e comunità. L’immagine che traspare per il Piacentino è quella di una rete piuttosto fitta e regolare di nuclei plebani: la maggior parte di questi centri si trovava ai margini di villaggi, in una posizione topografica strategica, nei pressi di un fiume o a presidio delle valli.

E' possibile notare anche per il Piacentino alcuni fenomeni attestati nel Regnum, soprattutto a partire dalla crisi della dinastia carolingia, quali la patrimonializzazione delle decime e le aggressioni effettuate a danno delle pievi per delegittimarne l’autorità e per usurparne il controllo sui beni e sulle persone271, di cui ci restano delle tracce nel dossier relativo alla pieve di San Pietro di Varsio.

Per il primo caso abbiamo un contratto dell’892 che vide la pieve di Varsio concedere ad alcuni personaggi l'usufrutto vitalizio a titolo di precaria di diversi beni posti in val Ceno, compresi duodecim decimales, intesi come persone che pagavano la decima272.

Per il secondo caso, dalle fonti scritte emerge che San Pietro di Varsio prima dell’883 era stata vittima di soprusi da parte di alcuni pravi homines che avevano dato fuoco alla pieve stessa, bruciandone le carte, per tentare di impossessarsi delle decime e delle sue proprietà273. La gravità di tale azione, nonché l’importanza che alla fine del IX secolo doveva rivestire la pieve di Varsio, avevano richiamato l’attenzione dell’imperatore Carlo III che aveva emanato un diploma per riconfermarne i diritti.

Sappiamo che il vescovo piacentino dalla fine del IX secolo dispose liberamente delle pievi della sua diocesi in una strategia di multiforme consolidamento della chiesa cattedrale, che vide la cessione di quattro centri plebani ai canonici della cattedrale274 e il radicamento nella

Paragrafo 2.II.

266 Questa scarsità di documentazione è dovuta al fatto che, a differenza della Toscana, l’assegnazione delle pievi ai rettori o ai laici in beneficio non avveniva mediante una carta di livello, ma quasi sempre attraverso forme di investitura che non abbisognavano di una documentazione scritta; né gli atti di ordinaria amministrazione diocesana da parte del vescovo lasciavano in genere testimonianza scritta, né tanto meno notarile (CASTAGNETTI 1982, pp. 117-253; VIOLANTE 1982, p. 668).

267 MANARESI, I, n. 54 e n. 87; ChLa2_LXIX_04; ChLat2_LXX_10; ChLat2_LXX_39. 268 ChLa2_LXXI_16, anno 896; ChLa2_LXXI_18, anno 897.

269 Cfr. infra, Capitolo 2, Paragrafo 2.II.

270 A tal proposito cfr. infra, Capitolo 5, Paragrafo 4.II. 271 BOYD 1951; VIOLANTE 1989, p. 433; PAOLINI 2007, p. 11.

272 ChLa2_LXX_39, anno 892: a proposito dei beni donati alla chiesa di San Pietro di Varsi dal prete Ildeberto si dice: “simul cum ipsis casis unum tenentes exs integrum seo una simul cum duodecim decimales de iamdicta ecclesia sancti Petri qui sunt comanentes in locoras Merliano et in monte Parioni, sex in ipso monte Parioni et sex in Merliano, et decimas de [...] de ipsa decima de ipso monte et locoras ad ipsa ecclesia in Giseleclo pertinentes exs integrum”.

273 ChLa2_LXX_10, anno 883: il re Carlo III conferma “res ac decimas ad plebem Sancti Petri sita Varsio pertinenetes, quae nuper igne fuerat succensa cum cartis et testamentis, quibus pertinentia sibi legaliter defendere debeat, quoniam quidem quidam pravi homines, comperto per ignem hoc dampno ibidem accidisse, temptabant possessiones et decimas atque facultates ab eadem plebe tollere et subtrahere.

valle del Ceno, grazie al controllo della chiesa di Varsio, punto nodale per la viabilità non solo piacentina, a presidio del confine con il territorio di Parma275.

nominata una ex ipsa Sanctum Georgium in vicum Sachilioni non longis de Nure fluvium, alia que vocatur Sanctum Iohannem in Carmiano iusta [...] fluvium Nuris, tercia ex ipse nominatur Sancte Laurenti in Cassianum cum omnibus [...] iam dicte tres plebi tam casis et rebus seu familiis adque decimis vel oratoriis inde pertinentem adque adiacentem”; a queste plebi aggiunge quella di Pomario (ìrr. 14-15) , “hoc sunt iam dicte tres plebes nominate cum omnia ibidem pertinentes, cum ipsa decima de eadem civitate Placencia, sicut supra legitur, adque quartam plebem edificata in onore Sancti Vitalis constructa in locum Pomario”.

275 Circa la politica condotta dal vescovo nei confronti della chiesa di San Pietro di Varsio, cfr. infra, Capitolo 5, Paragrafo 4.I.

4.RAPPORTI DI LAVORO E STRUTTURE PRODUTTIVE DEL PIACENTINO ALTOMEDIEVALE

Outline

Documenti correlati