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La città di Piacenza a partire dall'età tardoantica divenne un importante snodo sui percorsi diretti verso i maggiori centri della cristianità, Roma prima di tutto e la Terra Santa in seguito187. Il centro urbano costituì una tappa fondamentale per i pellegrini, come dimostra la presenza di numerosi xenodochia sorti per il ricovero dei viaggiatori stranieri, tra cui gli Scoti, ospitati presso la chiesa di Santa Brigida, che dall’850 faceva capo al monastero di Bobbio188.

La presenza cristiana in città si tradusse in edilizia monumentale, con l'istituzione di numerose chiese che riorganizzarono gli spazi cittadini. Figura di spicco di tali processi fu il vescovo Savino, il primo presule piacentino, la cui vicenda è documentata da uno scambio epistolare con Ambrogio di Milano alla fine del IV secolo189. Savino divenne un personaggio mitico nel corso dell’altomedioevo, tanto che venne compilato alla fine del IX secolo un testo agiografico, la “Inventio Sancti Antonini”190, in cui vengono evocate le memorie piacentine a partire dal rinvenimento delle spoglie del martire Antonino proprio ad opera di Savino, che le avrebbe poi traslate nell'omonima chiesa edificata dal suo predecessore Vittore191. Il testo fornisce spunti interessanti anche per la topografia cristiana della città, anzitutto attraverso il riferimento ad una delle più antiche ed importanti basiliche extraurbane, quella, legata alla presenza delle spoglie del martire, la basilica di Sant’Antonino. Questo edificio ecclesiastico, che è giunto fino ai giorni nostri, sorgeva a Sud-Est del centro, in una zona a carattere prevalentemente funerario, ben documentato dalla presenza di iscrizioni sepolcrali di età imperiale e tardoantica lì rinvenute192. L’area, proprio in relazione al culto di Sant’Antonino e alla chiesa dedicata al martire, divenne uno dei poli cultuali di maggior rilievo nell’assetto urbano piacentino. La basilica, inizialmente intitolata ai Santi Antonino e Vittore193, godette di un particolare prestigio, tanto da essere menzionata nei primi diplomi regi longobardi194, ed è stata al centro di una questione storiografica che si è protratta per decenni nel secolo scorso. La querelle ha riguardato la presunta dignità di cattedrale che la chiesa di Sant’Antonino avrebbe avuto dall’età paleocristiana fino al IX secolo inoltrato, ossia fino al momento in cui il titolo di cattedrale sarebbe passato alla chiesa di Santa Giustina, edificata all’interno delle mura 195. Quest’assioma resistette fino agli anni Ottanta del secolo scorso, quando nuovi studi196 dimostrarono che il complesso episcopale sorgeva in contesto urbano fin dall’età paleocristiana, presso una “domo sancte Ecclesie” 197. Pertanto, Sant’Antonino fu chiesa

187 CANTINO WATAGHIN 1998; per il cammino dei pellegrini lungo la via Francigena cfr. BARUFFI 1999; per il ruolo di Piacenza per il pellegrinaggio bassomedievale cfr. RACINE 1978 e ALBINI 2001.

188 Cfr. infra, Capitolo 2, Paragrafo 1.

189 Per il vescovo Savino cfr. GHIZZONI 1990, p. 134; CANETTI 1993, pp. 55 e sgg.; RACINE 2008; DESTEFANIS 2008, pp. 19-21 (che fa un punto delle situazione bibliografica). Per la serie di vescovi cfr. GHIZZONI 1990, pp. 134-135.

190 Per la bibliografia e l’analisi critica del testo dell’Inventio si rimanda a CANETTI 1993, pp. 55-71.

191 Per la figura del vescovo Vittore cfr. CANETTI 1993, pp. 70-71; PIVA 1994, p. 244, nota 4. Per la narrazione della vicenda cfr. GHIZZONI 1990; DESTEFANIS 2008, pp. 21-22.

192 MARINI CALVANI 1990a, pp. 313-314.

193 Per l’analisi dettagliata dell’evoluzione della basilica di Sant’Antonino a partire dalle fonti scritte di VIII e IX secolo cfr. infra, Capitolo 15, Paragrafo 3.I.

194 CDL III, n. 18, anno 744 e CDL III, n. 19, anno 746.

195 Per una disanima completa della bibliografia riguardante questa querelle cfr. PIVA 1994, pp. 244-249 e da ultimo la tesi SQUERI 2007-2008.

196 Si tratta dei contributi di Jean-Charles Picard e Gisella Cantino Wataghin, ma soprattutto dell’articolo di Paolo Piva del 1994 (PICARD 1988, pp. 327-385; CANTINO WATAGHIN 1989; PIVA 1994).

197 La domo sancte Ecclesie compare in diversi documenti: GALETTI n. 13, anno 802: “Actum Placentia in domo sancte ecclesie”; ChLa2_LXIV_3, anno 820: oggetto della donazione fatta da Agiberto è “id est caxa [...co] sita intra hanc civitate Placentina prope domo sancte Ecclesie”; ChLa2_LXVIII_38, anno 853:

cimiteriale e mai cattedrale, e proprio in virtù di questa caratteristica il suo clero poté accrescere notevolmente il proprio patrimonio, tanto che nel corso del bassomedioevo giunse a scontrarsi con quello di Santa Giustina198.

Al complesso episcopale e a Sant’Antonino si affiancava un terzo polo, la basilica di San Savino: quest’ultima era legata sin dalle sue origini alla figura dell’omonimo vescovo, di cui ospitava la sepoltura, ed era sorta nell’ambito di un’altra importante area funeraria nel suburbio orientale, tra la via Emilia e la Postumia199. La prima menzione nelle fonti documentarie risale al 788200 e da allora è possibile seguire l’evoluzione del suo patrimonio, che disponeva di beni in diverse aree della pianura a Sud di Piacenza201. Questa chiesa venne distrutta durante le scorrerie ungariche del X secolo e venne ricostruita dal vescovo Sigefredo intorno all’anno Mille202.

Nella documentazione di VIII secolo sono attestati altri edifici ecclesiastici all’esterno delle mura cittadine, la cui costruzione probabilmente dipese dalla necessità di offrire ai viandanti un luogo di sosta e di asilo notturno203: è questo il caso del monastero di San Tommaso che si trovava nel suburbio occidentale, e di San Siro, che non era distante da Sant’Antonino204. Oltre a questi poli di aggregazione religiosa, vi erano altri enti ecclesiastici di cui abbiamo menzione a partire dalle fonti scritte d’età carolingia sia fuori che dentro la cerchia muraria205. Si tratta delle chiese di San Martino206, Santa Margherita207, Santa Maria de Balderassca208, San Lorenzo209, Santo Stefano210, San Mauro211, San Giovanni Evangelista212, Sant’Eufemia213, Sant’Alessandro214, San Faustino215, Sancti Fidelis et Benedicti sclavo216, Sancti

Dalmadii217, San Donnino218, San Giuliano219, Santa Maria220 e Santa Cristina221, tutte già presenti in età carolingia.

circa i confini di un appezzamento di terra si dice “Coeret ibidem fines da uno lato et da uno caput Sancti Mauri, da alio via publica, da alio caput sancte eclesie”.

198 Per un’esauriente disanima degli scontri che videro contrapposti i due principali istituti religiosi cittadini cfr. GALETTI 1994, pp. 21-24.

199 Circa la chiesa di San Savino cfr. NASALLI ROCCA 1927; SALVINI 1978; CADEMARTIRI 1987; GHIZZONI 1990, p. 135; DESTEFANIS 2008, pp. 22-23, 31-32 e 250-255. Per la questione relativa all’area in cui sorgeva la chiesa di San Savino si rimanda a PIVA 1997, p. 276, nota 14.

200 ChLa_XXVII_829, anno 788.

201 A proposito delle proprietà di San Savino cfr. infra, Capitolo 5, Paragrafo 3.II. 202 DESTEFANIS 2008, pp. 99-101.

203 SIBONI 1976.

204 Il re Ildeprando confermò nell’anno 744 alla chiesa dei Santi Antonino e Vittore e al vescovo di Piacenza Tommaso tutti i possessi prima concessi tra cui “et monasteria, idest Beatissimi apostoli et martyris Christi Thome atque Siri confessoris prope civitatem nostram Placentinam” (CDL III, n. 19, anno 744).

205 Per una disanima delle chiese presenti nella Piacenza altomedievale cfr. MANFREDI 1971, pp. 317-318; SCHUMANN 1976; ARISI 1977; SIBONI 1986; BRAGHIERI 2003.

206 ChLa2_LXVIII_21, anno 835; ChLa2_LXV_36, anno 882. 207 ChLa2_LXIV_09, anno 827.

208 ChLa2_LXVII_18, anno 898; ChLa2_LXVII_28, seconda metà IX secolo. 209 ChLa_XXVII_832, anno 796; ChLa2_LXVII_02, anno 897.

210 ChLa2_LXX_38, anno 892.

211 ChLa2_LXVIII_38, anno 853; ChLa2_LXIX_40_a, anno 878; ChLa2_LXIX_40_b, anno 878. 212 ChLa2_LXVI_36, anno 892.

213 ChLa2_LXIX_14, anno 861; ChLa2_LXV_31, anno 880; ChLa2_LXVI_02, anno 883. Su Sant’Eufemia cfr. BIGGI 2001 (in part. la bibliografia).

214 ChLa2_LXIV_18, anno 834; ChLa2_LXX_33, anno 892; ChLa2_LXVII_06, anno 897. 215 ChLa2_LXX_06, anno 880; ChLa2_LXX_33, anno 892.

216 ChLa2_LXV_11, anno 872; ChLa2_LXV_12, anno 872. 217 ChLa2_LXV_12, anno 872.

218 ChLa2_LXV_36, anno 882. 219 ChLa2_LXX_26, anno 888. 220 ChLa2_LXIV_31, anno 845.

Le dimensione extra-regionale dei traffici e dei movimenti di cui Piacenza era un importante crocevia dovette favorire, inoltre, la presenza nel centro abitato di chiese dipendenti da grandi e lontani enti ecclesiastici: tra questi vi era l’abbazia di Nonantola che in Placentia contava una chiesa di Sancti Silvestri222, il cenobio di Santa Giulia, di cui era emanazione la piacentina Sancti Salvatori223; il monastero di Bobbio che dall’850 aveva tra le sue dipendenze la chiesa di Santa Brigida224. Infine, va menzionato il caso della chiesa di Sancti Michaelis Archangeli, che secondo alcuni era stata concessa ai monaci di San Vincenzo al Volturno dall’imperatrice Angilberga225 e che nell’anno 899 era stata acquisita tramite permuta dalla regina Ageltrude, madre di Lamberto, per donarla ai canonici della cattedrale226. Infine, a partire dall’anno 870 sorse nella zona occidentale della città il monastero di San Sisto, fondato dalla regina Angilberga, moglie di Ludovico II, con annesso uno xenodochio227.

222 ChLa2_LXX_33, anno 892. Circa la presenza dell’abbazia di San Silvestro di Nonantola nel Piacentino cfr. infra, Capitolo 5, Paragrafo 5.IV.

223 ChLa2_LXV_12, anno 872. Circa la presenza del monastero di San Salvatore di Brescia nel Piacentino cfr. infra, Capitolo 5, Paragrafo 5.III.

224 CDSCB, I,n. XLIV, abbi 850; ChLa2_LXV_07, anno 866; BENASSI, Archivio di Stato, n. XIX, anno 874; BENASSI, ARCHIVIO DI STATO, n. XXV, anno 878; ChLa2_LXX_06, anno 880; ChLa2_LXVI_02, anno 883; ChLa2_LXVII_22, anno 899. Circa il cenobio di San Colombano di Bobbio cfr. infra, Capitolo 2.

225 DEL TREPPO 1955, pp. 40-41.

226 A riprova di ciò vi è un diploma di conferma datato 948 di re Lotario (DIPLOMIDI LOTARIO n. VII, anno 948).

227 BENASSI, ARCHIVIO DI STATO, n. XIII, anno 870 (prima menzione); FALCONI, LE CARTE CREMONESI, n. 20 (testamento di Angilberga, con menzione del monastero e dello xenodochio).

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