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G LI INSEDIAMENTI DI MONTAGNA

I VILLAGGI E LE COMUNITÀ

L’ INSEDIAMENTO RURALE PIACENTINO NELL ' ALTO MEDIOEVO

III) G LI INSEDIAMENTI DI MONTAGNA

Poco meno di metà della superficie del Piacentino è occupata dall’Appennino, ma la documentazione superstite riguarda solo zone ristrette (Tavola 3). Se per l’Appennino orientale, che comprende le valli del Ceno e Taro, possiamo contare sul dossier di Varsi573, per la zona montuosa delle alte valli del Nure e Trebbia, che rientravano nell’orbita del monastero di San Colombano, non abbiamo atti da cui trarre elementi utili circa l’insediamento.

Le valli orientali confinavano con il territorio che faceva capo alla città di Parma ed erano incluse nella circoscrizione rurale dei fines Castellana. La loro situazione documentaria si presenta particolarmente fortunata grazie alla documentazione prodotta dalla chiesa di San Pietro di Varsi, che si è conservata nell’archivio della cattedrale di Placentia. Il dato interessante è che una buona parte di questa documentazione risale al periodo immediatamente precedente all’arrivo dei Franchi, quando il territorio era longobardo; è possibile poter seguire da vicino l’evoluzione sociale ed insediativa della zona dall’VIII fino alla fine del IX secolo.

Il sito di Varsio compare per la prima volta in una vendita del 735574 ed è attestato in ben quarantadue documenti che riguardano la chiesa locale intitolata a San Pietro, attestata come baselica ed ecclesia fino all’anno 854, anno in cui è detta per la prima volta plebs575. La prima menzione del villaggio si ha in una vendita dell’anno 736 in cui un appezzamento di terra coltivabile è posto “in suprascripto casale Varissio prope laco”576. Benché abbondante, la documentazione offre poche notizie circa l’assetto del nucleo abitativo e del suo territorio, che almeno per il periodo longobardo non sembra essere stato molto ampio, ma circoscritto alla zona nei pressi della chiesa, che verosimilmente fu il nucleo generatore del centro abitato. Quest’ultimo non è mai menzionato come vico, ma solo come casale577 e in un caso addirittura come “monte Varsio”578.

Escludendo i membri del clero della chiesa di San Pietro, di tutti gli attori e i sottoscrittori giuridici che compaiono nei documenti, solo tre si definiscono esplicitamente de Varsio e nessuno dichiara di abitarvi. Nonostante gli scarsi riferimenti a Varsio come villaggio, non si può dubitare dell’esistenza di una comunità di riferimento, soprattutto in considerazione del fatto che tra il 736 e il 774 circa ventitré persone sono attestate come proprietarie di beni in Varsi579.

I documenti del dossier hanno per oggetto quasi esclusivamente i beni della chiesa di San Pietro ed è normale, quindi, che per le valli del Ceno e Taro siano rimaste poche testimonianze che non la riguardino direttamente. Allo stesso modo, una volta che la pieve

573 Attuale comune di Varsi, in provincia di Parma. 574 ChLa_XXVII_816, anno 735.

575 E’ nominata plebs a partire da un placito dell’854 in MANARESI, I, n.59; così viene detta nell’anno 85 in ChLa2_LXIX_04; nell’845 in ChLa2_LXIX_32; in un placito dell’879 in MANARESI, I, n. 87; in un diploma dell’883 in ChLa2_LXX_10; in un placito dell’892 in ChLa2_LXX_36.

576 ChLa_XXVII_818, anno 736.

577 ChLa_XXVII_818, anno 736; ChLa_XXVII_820, anno 737; ChLa_XXVII_821, anno 742; ed infine ChLa_XXVII_823, anno 758.

578 ChLa2_LXVIII_40, anno 854.

579 Si tratta di Ansoald, Theotconda nell’anno 736 (ChLa_XXVII_818); Benenato, Godesteo, Tondefrit, Paulini, Vitali nell’ anno 737 (ChLa_XXVII_820); Auda, Venerio, Willipert, Liodolo nell’ anno 742 (ChLa_XXVII_821); Walderada, Arichis, Walfrit, Barutto, Liutfrit, Groppo nell’anno 758 (ChLa_XXVII_823); Petrunia e Berto nell’anno 774 (ChLa_XXVII_827); Natali nell’anno 821 o 820 (ChLa2_LXVIII_12); Todelberti nell’anno 875 (ChLa2_LXIX_35); Veneri nell’anno 891 (ChLa2_LXX_30). Inoltre, si registra l’esistenza di una o più viae publicae sul territorio del villaggio (ChLa_XXVII_820, anno 737; ChLa_XXVII_823, anno 758; ChLa2_LXIX_19, anno 867).

entrò nell’orbita del vescovo e della diocesi piacentina, non stupisce la diminuzione dei contratti prodotti dalla pieve.

Varsio fu caput di una curtis appartenente alla cattedrale di Piacenza, almeno a partire dall’anno 876, come è testimoniato da diversi contratti di livello580. Questa curtis comprendeva al suo interno terreni posti nei territori di Mocioladi, Agnianina, Campilia e Quarupiola, sul Monte Dusio, nelle valli del Ceno e del Taro e presso il vico Leoni, nella valle dello Stirone e nella fascia collinare a ridosso della pianura.

Poco distante da Varsio, sempre nei fines Castellana, vi era il sito di Carucia581, che compare nell’anno 753, in una vendita in cui l’attore si definisce “havitatore in vico Carocia”582. Le successive menzioni che riguardano il suo territorio si hanno all’interno di alcuni contratti stipulati dal clero della pieve di Varsi. In particolare, da una divisione dell’anno 886 possiamo ricostruire l’assetto del casale Carucia, che si estendeva in un raggio di circa due chilometri dal nucleo principale, e si articolava nelle località di “locum ubi ad Pociolo dicitur”, “locum ubi prato Buferi”, “locum ubi ad Linare dicitur”, “locum ubi campo Bonelli dicitur”, collocate tra il rigo Careciaco e il rigo Seco583.

Altro insediamento localizzato in quella zona era Lacore584, che compare in dodici documenti tra l’anno 770 e la fine del IX secolo ed è attestato come casale que dicitur Lacore585, oppure come vico Lacore586.

La località di Agolasio è uno delle più antiche di questa zona della Val Ceno e compare a partire dall’anno 736587. Degli otto documenti che ce ne documentano l’esistenza, solo due ci forniscono dati sull'organizzazione dell’insediamento. Il casale Agolasio comprendeva al suo interno diverse località, tra cui il “locus ubi via Corvoli dicitur” e il “locus ubi Fontana Gemella dicitur”588.

Altri due insediamenti interessanti sono Bardi e Casanova589, localizzati ad Ovest di Varsio, sulle rive del fiume Ceno.

Del primo abbiamo sei menzioni nelle fonti scritte, che si dimostrano particolarmente interessanti. Da un’enfiteusi e da una donazione, entrambe dell’833, apprendiamo che l’abbazia di Nonantola possedeva dei beni in Bardi590; ed anche il monastero di Bobbio, come emerge dal quarto inventario dei suoi beni, tra la fine del IX e il X secolo, contava dei possedimenti in questo territorio, dato che dava in beneficio due fictales in Bardi a Rinnerius591. Un documento si dimostra di particolare importanza per la storia di questo insediamento, una vendita dell’anno 898 che riguarda un abitante di Bardi che riceve dal

580 ChLa2_LXIX_35, anno 876 e ChLa2_LXIX_37, anno 876; ChLa2_LXXI_11, anno 895. 581 Il sito di Carucia è identificabile con l’odierno Borgo Carrozza, frazione di Vianino. 582 ChLa_XXVII_822, anno 753.

583 ChLa2_LXX_22, anno 886. Grazie alle informazioni fornite da questo contratto, è stato possibile ricostruire il circuito del territorio relativo a questo villaggio, vista l’identificazione di rigo Seco con l’attuale Rio Secco, presso Varsi, di prado Buferi con l’odierna Cascina Bufari, del locum ubi ad Pociolo con la Cascina Poggiolo, in comune di Varano de’ Melegari.

584 Identificato da Pierpaolo Bonacini con l’attuale località di Poggio del Castellazzo(BONACINI 2001). 585 ChLa_XXVII_826, anno 770.

586 Anno 874, tra i sottoscrittori di una donazione vi sono “Madelberti ferrario de Lacore testis” e “Radeverti de ipso vico testis” (ChLa2_LXIX_26).

587 ChLa_XXVII_818, anno 736. 588 ChLa2_LXX_11, anno 883.

589 Attuali Bardi e Casanova di Bardi, in provincia di Parma.

590 ChLa2_LXXXIX_03, anno 833, ChLa2_LXXXIX_04, anno 833. 591 INVENTARI ALTOMEDIEVALI, VIII, 4 (copia del X - XI secolo).

vescovo di Piacenza Everardo cento soldi in cambio di metà di uno sperone di roccia “ubi castrum edificatum esse”592.

Dai documenti non emergono dati circa il territorio che faceva capo a Bardi, ma vi è un’interessante menzione relativa ai suoi beni comuni, laddove un terreno oggetto di un contratto dell’875 confinava “de alio latere sorte Bardesi”593. Il nucleo demico sembra presentare un insediamento accentrato, con “casa solariata vel alias tectoras”, concentrate nei pressi della chiesa dei sancti Protasii et Gervasii594.

L’insediamento di Casanova è attesto per la prima volta nell’anno 874, sia come vico sia come casale595, non lontano dalle rive del fiume Ceno. Il territorio comprendeva più loci, tra cui il “locum ubi dicitur ad Pradi”596 e la “casina Persoli”597, i cui nomi sono indicativi di un insediamento a carattere sparso. Il villaggio di IX secolo era caratterizzato dalla chiesa di Santa Maria, che possedeva beni in diverse zone dell’appennino piacentino598 e che alla fine del IX secolo aveva iniziato un processo di ampliamento del proprio patrimonio, acquisendo anche beni un tempo appartenenti alla chiesa San Pietro di Varsi e posti in val Ceno599.

Si possono proporre alcune riflessioni conclusive sui siti di montagna, senza dimenticare che si sono analizzati solo quelli inclusi nelle valli del Ceno e del Taro.

Anzitutto bisogna sottolineare che la documentazione relativa a questa zona del Piacentino è sbilanciata verso l’VIII secolo, a differenza di quanto visto per le aree collinari e di pianura di cui si conservano quasi esclusivamente fonti di IX secolo. E' chiaro che la situazione che si presenta è piuttosto differente da quanto visto per le zone di pianura e di collina, dato che non si assiste ad alcuna fusione o movimento di insediamenti. Sia i centri abitati, sia le comunità sembrano strettamente collegate ai loro territori e non subiscono cambiamenti improvvisi.

Unica novità che si ha per il IX secolo è la comparsa della pieve di Santa Maria di Casanova, che ampliò la propria base patrimoniale, ma non sembra essersi scontrata con la vicina chiesa di San Pietro di Varsi. Quest’ultima, invece, protagonista della documentazione di VIII secolo, a partire dalla seconda metà del secolo successivo entrò nell’orbita del vescovo di Piacenza, che ne guidò la politica economica .

Circa i caratteri dell’insediamento, la densità abitativa della zona è comunque piuttosto alta, nonostante si tratti di un’area di montagna. Gli insediamenti sembrano presentare tanto un carattere accentrato, quanto a maglie larghe. Anche per questi villaggi, inoltre, si percepisce la presenza di stabili comunità, che si coagulano attorno alla pieve di Varsi, oltre che ai loro centri abitati.

592 ChLa2_LXXI_27, anno 898: “medietatem de petra illa cum terra (...) ubi castrum edificatum esse”. 593 ChLa2_LXIX_30, anno 875.

594 La donazione dell’anno 833 riguarda “tam casis, habitationis mee in Bardi vel alias tectoras seu per aliis singulis casalibus, una cum suprascripta ecclesia sancti Protasii et Gervasii, curtis, ortas, areis, clausuras, campis, pratis, pascuis, vineis, silvis, montibus et vallibus seu adiciis, ripis, ropinis ac padulibus, cultum et incultum, divisum et indivisum usibusque aquarum vel puteos, cum finibus vel terminibus, una cum singulas casa massaricias vel sortibus tam in Odolo vel in Bardi” (ChLa2_LXXXIX_04); un’enfiteusi dello stesso anno ha per oggetto “in Bardi cum casa solariata vel alias tectoras” (ChLa2_LXXXIX_03).

595 ChLa2_LXIX_26, anno 874, ChLa2_LXIX_27, anno 874. 596 ChLa2_LXIX_30, anno 875.

597 ChLa2_LXIX_39, anno 877.

598 La chiesa di Sancte Marie virghinis de Casanova possedeva dei beni in diverse località ossia nel casale Lacore, in Aquabona, sul Monte Dusio e sulle rive del fiume Ceno (ChLa2_LXXI_21, anno 897; ChLa2_LXIX_32, anno 875); in Niviano e in Sedicia che stavano in val d’Arda (ChLa2_LXVI_11, anno 886; ChLa2_LXVI_01, anno 883; ChLa2_LXVI_24, anno 890).

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