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S ANTA G IULIA DI B RESCIA

L' ARTICOLAZIONE DELLA PROPRIETÀ NEL P IACENTINO

L A GRANDE PATRIMONIALITÀ LAICA ED ECCLESIASTICA

III) S ANTA G IULIA DI B RESCIA

Il monastero di Santa Giulia di Brescia, fondato da re Desiderio per volere della regina Ansa tra 753 e 759944, fu uno dei più ricchi della pianura padana e non stupisce, quindi, che contasse tra le sue proprietà anche beni localizzati nel territorio piacentino.

Le prime menzioni di possessi appartenenti al cenobio risalgono all'età longobarda945 e, dopo un silenzio di quasi un secolo946, questi riappaiono in un diploma di Ludovico II dell’851, accanto alle proprietà che il monastero possedeva nei territori di Rieti, Lucca, Pavia947. Il documento più interessante, tuttavia, per la localizzazione delle proprietà di Santa Giulia nel Piacentino è il Breviarium de curtibus monasterii, redatto tra l’879 e il 906, che costituisce il più lungo ed il più importante polittico italiano948. Il nucleo delle aziende che facevano capo al monastero bresciano si trovava in Lombardia, mentre nella zona a Sud del fiume Po il suo patrimonio era distribuito a macchia di leopardo tra il Modenese e il Piacentino949.

I beni che il monastero contava in quest'ultimo territorio erano organizzati in forme curtensi950 e si trovavano posti “infra civitate Plasentia”, in “Capurse”, sulla cosiddetta “Insula Rosberga” e “in Cinctura”951. In particolare, la corte cittadina corrispondeva al cenobio cereali, vino, fieno e si vi praticava il pascolo verosimilmente nell'area dei prata vel campanea placentina. Il monastero poteva contare anche su un porto localizzato sulle rive del Po, nei pressi del centro urbano, come risulta da un successivo diploma di Ottone III dell’anno 918952, che parrebbe corrispondere a quello che il polittico situavaå genericamente nei Finibus Plasentini e che corrispondeva una rendita annua di cinque libbre d’argento.

944 Una ricca bibliografia sul monastero bresciano si trova alle pp. 223-229 del I volume del catalogo della mostra intitolata “San Salvatore di Brescia: materiali per un museo” (SAN SALVATORE DI BRESCIA: MATERIALI PER UN MUSEO 1978) e in Masetti Zannini 1980. Più nello specifico, la gestione economica dei beni del monastero bresciano nell’altomedioevo è stata studiata da Gianfranco Pasquali (PASQUALI 1978; ID. 1981; ID. 1992), a cui si deve l’edizione del polittico di Santa Giulia (CASTAGNETTI, LUZZATI, PASQUALI, VASINA 1978, pp. 43-94 =INVENTARI ALTOMEDIEVALI, V).

945 I possedimenti posti nel Piacentino vengono menzionati nel diploma di re Adelchi con il quale vengono confermati tutti i beni e i diritti del monastero nell’anno 772 (CDL, III, n. 44, pp. 251-260).

946 Carlo Magno, poco dopo la conquista, confermò a San Salvatore le curtes e le immunità (PIPPINI, CARLOMANNI, CAROLI MAGNI DIPLOMATA, n. 135, pp. 185-186), senza fare riferimento ai diplomi longobardi, senza tuttavia scendere in dettaglio circa la consistenza del patrimonio (cfr. PASQUALI 1992, p. 135); il breve di Migliarina (Inventari altomedievali, pp. 201-204) non cita proprietà di Santa Giulia nel Piacentino e così pure il diploma di Lotario I dell’anno 837 con cui il re confermò al monastero i beni prima accertati da una commissione composta da due abati e due vescovi (LOTHARII I ET LOTHARII II DIPLOMATA, n. 35, pp. 112-115; cfr. PASQUALI 1978, pp. 144-145; ID. 1992, p. 136).

947LOTHARII I ET LOTHARII II DIPLOMATA, n. 115, pp. 265-266; CDB, II, n. 27, pp. 73-74, anno 856; IVI, n. 28, pp. 75-76, anno 856; IVI, n. 29, pp. 77-78, anno 856; IVI, n. 30, pp. 79-81, anno 856; IVI, n. 31, pp. 81-82, anno 861; IVI, n. 32, pp. 82-84, anno 861; IVI, n. 35, pp. 99-100, anno 862; IVI, n. 38, pp. 107-109, anno 868 = BENASSI, I, n. 10, pp. 119-121.

948 PASQUALI 1978; ID. 1981; ID. 1985; ID. 1992, pp. 137 e sgg.; MANCASSOLA 2008, pp. 169-175 (per l’edizione del documento cfr. INVENTARI ALTOMEDIEVALI, V).

949 Il patrimonio del cenobio bresciano dislocato tra Modenese e Piacentino presentava delle modalità gestionali diversificate rispetto a quelle attuate nelle aziende poste nella parte orientale dell’Emilia, che erano delle vere e proprie curtes, le cui parti costitutive erano tra loro collegate dalla corresponsione di prestazioni d’opera (a tal proposito cfr. supra, pp. xx-xx, ma soprattutto si rimanda a MANCASSOLA 2009, pp. 169-175, MANCASSOLA c.s.).

950 Circa l'organizzazione curtense dei possedimenti di Santa Giulia di Brescia cfr. supra, Capitolo 1, Paragrafo 4.I.

951 INVENTARI ALTOMEDIEVALI, V; circa la localizzazione cfr. PASQUALI 1978, pp. 162-163.

952 OTTONIS III DIPLOMATA, n. 267, pp. 684-685. Gianfranco Pasquali ipotizza che la menzione del porto nel polittico sia un’aggiunta tardiva (PASQUALI 1978, p. 163). Il porto concesso al monastero di Santa Giulia di Brescia fu oggetto in età comunale di un’aspra contesa tra Piacenza e il cenobio (RACINE 1980, pp. 81-82; ID. 1986; ID. 1990, pp. 247-250).

L'insediamento di Cinctura potrebbe corrispondere a Centora di Rottofreno, a circa una decina di chilometri ad Ovest di Piacenza, oppure a Centovera di Godi. In entrambi i casi si tratterebbe di località poste nella pianura, poco distanti dalla civitas. La curtis posta sull’Insula Rosperga era quasi certamente localizzata su un isolotto del fiume Po, oggi non più esistente. Infine, la curtis localizzata in Capursa si trovava nel territorio dell’attuale Caorso, a ridosso delle rive del fiume Po, come emerge dalla menzione del pericolo di “undatio Padis” che il polittico riporta953.

A partire da quanto emerge dalla documentazione sono possibili alcune considerazioni. Anzitutto si nota che i possedimenti piacentini del monastero di Santa Giulia erano tutti dislocati lungo una fascia ristretta che si dispiegava lungo la riva meridionale del fiume Po. Inoltre, circa i possedimenti del cenobio all'interno del nucleo urbano, il monastero possedeva una cappella detta “communa cum Aragiso”, un vassallo di “Buathonis episcopi”954. Chi fosse il vescovo Buathonis non è chiaro: potrebbe anche trattarsi di un errore di trascrizione955; il suo vassallo Aragiso condivideva con il monastero di Santa Giulia anche una seconda cappella in località Cinctura956. Alla luce di questi elementi, recenti studi957 hanno ipotizzato che il cenobio bresciano tra la fine del IX e l’inizio del X secolo avesse intrecciato un legame politico con il vescovo piacentino, il cui potere economico era notevolmente aumentato dopo la concessione di tre mercati annuali da parte di Ludovico II nell’872958 (Figura 14).

I possedimenti piacentini, quindi, erano dotati di un notevole valore strategico ed economico, che, unitamente all'alleanza col presule locale, permettevano al monastero lombardo di ricoprire un ruolo di primo piano nel panorama dei traffici padani.

953 INVENTARI ALTOMEDIEVALI, V: “De loco qui dicitur Capurse, terra ubi seminare potest modia LXX si undatio Padis non tollit”.

954 INVENTARI ALTOMEDIEVALI, V.

955 Verosimilmente potrebbe corrispondere a Guidonis episcopi: il vescovo Guido successe ad Everardo nell’anno 903 (RACINE 1990, p. 234).

956 “In curte Cinctura est cappella I communa cum supradicto Aragiso” (INVENTARI ALTOMEDIEVALI, V). 957 MANCASSOLA 2009, pp. 174-175; MANCASSOLA c.s.

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