Figura 6. I monasteri, le ecclesiae e le plebes del Piacentino
Tra VII e IX secolo nel Piacentino sono attestati diversi monasteri, la cui origine però resta ignota, con l'eccezione di quello di San Colombano di Bobbio di fondazione regia228. Si tratta dei cenobi di Fiorenzuola nella pianura piacentina, di Tolla in val d’Arda, di Gravaco in val Taro, che compaiono per la prima volta nel già citato diploma dell’anno 744 di re Ildeprando229. Oltre a questi, nel Piacentino si registra la presenza fin dall’età longobarda dei cenobi di Berceto, sul passo della Cisa, e di San Paolo di Mezzano, in val Trebbia (Figura 6).
Tra tutti, quello di Fiorenzuola è il meno documentato nelle fonti scritte230, dato che viene menzionato come monastero nell’830, quando è protagonista di un placito231, e che nell’anno 847 è detto semplicemente oratorio de Sancti Florenti232.
228 Numerosi studiosi hanno cercato di ricostruire a quale momento storico possano essere ricondotti i monasteri piacentini attestati nelle fonti scritte d'età longobarda: Giacomo Coperchini ha ipotizzato che i cenobi di Mezzano, Fiorenzuola, Gravago e Tolla siano stati fondati poco dopo quello di Bobbio, ai tempi dell’abate Attala, proprio in seguito alla diaspora di alcuni monaci di Bobbio (COPERCHINI 2001, in particolare pp. 236-237). Per il monastero di San Colombano di Bobbio si rimanda al capitolo seguente (cfr. infra, Capitolo 2).
229 Il diploma confermò alla chiesa di Piacenza e al vescovo Tommaso il controllo sui “monasteria Florentiola et Tolla atque Gravaco” (CDL III, n. 18, anno 744).
230 FUMAGALLI 1993d, p. 37; SARONIO 1997. 231 ChLa2_LXVIII_18, anno 830.
232 ChLa2_LXVIII_34, anno 847. Il monastero di San Fiorenzo secondo il Campi nel 943 è attestato come una chiesa di proprietà del vescovo piacentino (CAMPI, I, n. 51, p. 487).
Secondo alcuni studiosi, San Michele di Gravaco dipese sin dalla sua fondazione direttamente dall’episcopio piacentino, mentre da altri è stato considerato assieme a San Salvatore di Tolla “monastero regio”233. Sappiamo che nel IX secolo il cenobio era controllato dalla Chiesa piacentina, dal momento che nell’821 Ludovico il Pio dovette reintegrarlo tra i possessi di questa dopo che era le stato sottratto. Tale situazione, tuttavia, non durò a lungo, dato che in un documento dell’anno 853 il monastero di San Michele è detto “sub regimine” della chiesa di Sant’Antonino.
Il monastero dei Santi Salvatore e Gallo di Tolla234, le cui origini restano alquanto controverse235, nel corso del IX secolo riuscì a ottenere una certa indipendenza236, come ci dimostra una permuta dell’anno 883 in cui l'abate scambiò con Paolo vescovo della Chiesa piacentina alcuni beni posti in val d'Arda237. San Salvatore di Tolla nel corso del IX secolo divenne un cenobio molto ricco, come testimoniano alcuni negozi giuridici che lo videro coinvolto assieme al monastero di Nonantola in una permuta di diverse curtes nel Frignano, nell’Appennino modenese238. In un momento non ben precisato, infine, questo monastero venne assegnato alla Chiesa milanese e l’abate non fu più tenuto a pagare le decime al vescovo di Piacenza, dovendo invece offrire come tributo l’ospitalità per i poveri presso il cenobio stesso239.
Il monastero di Berceto secondo Paolo Diacono venne costruito da San Moderano per volere del re Liutprando presso il valico della Cisa lungo la via Francigena240, divenuta in età longobarda l’asse principale per i collegamenti tra i territori della pianura padana e quelli dell’Italia centrale241. Questo cenobio alla fine del IX secolo possedeva un discreto patrimonio, localizzato “tam in finibus Tuscie quamque et Langobardie”242. Da una copia dell’anno 879 apprendiamo, infine, che re Carlomanno concesse al vescovo di Parma Vuibodo il monastero di Berceto243: vista l’importanza strategica della zona, non stupisce l’interesse nutrito dalla diocesi parmense per questo cenobio, in aperta opposizione con il presule piacentino, che dalla seconda metà del IX secolo si era saldamente attestato in questa zona dell'Appennino.
233 Per la questione della natura dei monasteri di Gravago e di Tolla come monasteri vescovili e non regi cfr. Spinelli 1988, in particolare alle pp. 23-25 e 36-37, nota 22. Circa il documento più antico che lo menziona cfr. CDL III, n. 18, anno 744. Sul monastero cfr. inoltre FUMAGALLI 1993d, p. 36 e da ultimo CENSI 2000. 234 Sul monastero di San Salvatore di Tolla cfr. BOGNETTI 1929; NASALLI ROCCA 1957; FELICEDA MARETO 1971; GANDOLFI 1975, pp. 50-63; VIOLANTE 1982, p. 1120; SPINELLI 1988; FUMAGALLI 1993d, pp. 36-37; DALL’AGLIO 1997a, p. 91. Dell’antico monastero oggi non resta traccia.
235 Secondo il Campi il monastero di Tolla fu fondato nel 680 dal monaco Tobia (CAMPI 1651-1662, I, p. 176), mentre il Poggiali anticipa la fondazione all’anno 616 (POGGIALI 1767, II, p. 192 e 219).
236 La prima menzione di questo monastero si ha nel già citato documento di Ildeprando (CDL III, n. 18, anno 744), cui segue l'analogo diploma emesso da re Rachi dell’anno 746 giuntoci in copia (CDL III, n. 19) e un falso di Carlo Magno dell’anno 808 (ChLa2_LXVIII_04). Il successivo diploma regio che riguarda questo monastero risale all’imperatore Carlo il Grosso che nell’880, su istanza dell’abate Gianniperto, ricevette sotto la sua protezione tutti i beni lasciati allo stesso abate dal predecessore Deusdedit, impedendo ai conti, gastaldi, giudici e a tutti i suoi ministri di non molestare i monaci nel godimento di tali beni situati in varie località della val Ceno e val d’Arda (KEHR 1911, pp. 528-530).
237 ChLa2_LXX_23, anno 886. 238 FUMAGALLI 1993d, pp. 37-38.
239 FELICEDA MARETO 1971, p. 192. Lo studioso Gian Pietro Bognetti ha ipotizzato a tal riguardo che l’incorporazione di San Salvatore di Tolla alla diocesi ambrosiana derivò da una precisa volontà dell'imperatore di servire da ricovero per il re e per il suo seguito e di sottrarlo alla giurisdizione del vescovo di Piacenza (BOGNETTI 1929).
240 HISTORIA LANGOBARDORUM, 4.34. Sul monastero di Berceto cfr. NASALLI ROCCA 1967; QUINTAVALLE 1975, pp. 42-43; FUMAGALLI 1995, pp. 7-8; CENSI 2000; ALBINI 2001, pp. 207-208; DESTEFANIS 2008, pp. 61-63.
241 DALL’AGLIO 1989.
242 BENASSI, ARCHIVIODI STATO, n. XXVII, anno 879.
Le vicende relative al monastero di San Paolo di Mezzano risultano, se possibile, ancora meno chiare244: ignoriamo, infatti, le motivazioni che portarono alla costruzione di questo cenobio in una zona della val Trebbia che già ospitava il cenobio di Bobbio245. La sua presenza è attestata per la prima volta nell’VIII secolo246 e segue di poco un diploma emanato da re Rachis nel 747 in cui compare il termine Medianense, interpretato come il nome di un’ipotetica circoscrizione che faceva capo al monastero di Mediane247. La successiva menzione relativa al cenobio di San Paolo è in un placito risalente all’anno 847, giuntoci anche in questo caso in una copia tarda, che ha per oggetto una contesa tra San Paolo e l’abbazia di Bobbio per la cella di Barberino248, che entrambi gli enti ecclesiastici rivendicavano come propria249. Il monastero di Mezzano venne ceduto da Carlo il Grosso al vescovo di Parma nell’anno 881, come ci conferma un diploma dell’imperatore Guido dell’892250: le ragioni che portarono a questo cambiamento di diocesi, tuttavia, ci restano ignote251.
Infine, la più recente delle fondazioni monastiche del Piacentino fu il monastero di San Sisto, che rientrerebbe, secondo una definizione di Vito Fumagalli, nei cosiddetti “cenobi di seconda generazione”252. Si tratta, in questo caso, di un cenobio che venne costruito nella zona Nord-Ovest della città di Piacenza nell’ultimo quarto del IX secolo, sfruttando parte delle mura urbiche253. L’imperatore Ludovico II contrappose alla sempre maggiore potenza economica del vescovo piacentino una nuova realtà, il monastero femminile di San Sisto,
244 Sul monastero di San Paolo di Mezzano: NASALLI ROCCA 1955; ID. 1959; TOSI 1994-95, pp. 75-80; FIORI 1996; COPERCHINI 1996; ID. 2000;ID. 2001; DESTEFANIS 2008, p. 58; RICHTER 2008, pp. 94-96 e pp. 110- 112.
245 Giacomo Coperchini, pur in mancanza di prove documentarie certe, sostiene che il monastero di San Paolo di Mezzano è stato fondato poco dopo quello di Bobbio, ai tempi dell’abate Attala, proprio in seguito alla diaspora di alcuni monaci di Bobbio che si sarebbero anche insediati presso i nascenti cenobi di Fiorenzuola, Gravago, Tolla (COPERCHINI 2001, in particolare pp. 236-237). Il Tosi ipotizza addirittura che il monastero di Mezzano fosse sorto come diretto concorrente di quello di Bobbio per il controllo della viabilità nelle valli dei fiumi Trebbia e Aveto (TOSI 1994-95, p. 159).
246 CDL III, n. 11, anno 714: si tratta di un diploma di re Liutrprando di cui ci resta una falsificazione su un modello autentico in cui il monastero è forse menzionato come fines Sancti Pauli all’interno di una estesa descrizione di confini che, pure rimaneggiata in alcuni particolari, nel complesso Carlo Cipolla sostiene possa essere considerata autentica.
247 In realtà Carlo Cipolla (come dichiara in CDSCB, I, p. 125) ha anteposto il vocabolo iudiciaria all’aggettivo Medianense, rifacendosi, come dichiara lui stesso, alla bolla dell’anno 891 di papa Formoso (CDSCB, I,n. LXXII) che presenta la medesima forma Medianensis). Il documento dell’anno 747 è stato pubblicato sia dal Cipolla (CDSCB, I, XXIV) che nel Codice Diplomatico Longobardo (CDL III, n. 22).
248 Barberino di Bobbio, PC.
249 Per il placito cfr. VOLPINI, n. 3, anno 847. Circa i possedimenti del monastero di San Paolo di Mezzano sappiamo con certezza che il monastero nell'848 possedeva beni nella pianura a Sud di Piacenza, presso la località di Tuna (cfr. in ChLa2_LXVIII_35 si dice che “rebus iuris vestris in fundo et loco Tuna medietatem de ipsa sorte qui vobis advenit per cartula comutacionis da parte monasterii Sancti Pauli”).
250 KAROLI IIIDIPLOMATA, n. 33, anno 881; DIPLOMI DI GUIDO, XIX, anno 892.
251 Questi due documenti sembrerebbero avvalorare l’ipotesi di Carlo Cipolla che stima come una falsificazione la bolla di papa Formoso dell’891 che confermava tra i monasteri soggetti alla Chiesa di Piacenza quelli di Bobbio e San Paolo di Mezzano (CDSCB, I,n. LXXII, anno 891). Infine, l’ultima menzione documentaria del IX secolo è una contesa risalente all’anno 898 che vede protagonisti Raperto abate di San Paolo di Mediane/Mezzano e Iohannes di Marrade/Marradina (ChLa2_LXXI_25, anno 898).
252 Dopo l’ondata di fondazioni monastiche di età longobarda, le autorità imperiali si fecero essere stesse promotrici di enti monastici, i quali in breve tempo giunsero ad amministrare ingenti patrimoni (FUMAGALLI 1993d, p. 37).
253 Per il monastero di San Sisto non esiste ancora uno studio complessivo che ne analizzi la storia e l’economia: a tal proposito si rimanda a PIVANO 1922, ARISI 1977, RACINE 1978, p. 506, ALBINI 2001, p. 209, ZANINONI 1999b; EAD. 2001b, pp. 253-276, DESTEFANIS 2008, pp. 33-34; la tesi di laurea inedita CONSELVAN 2008-09; CIMINO c.s. Per l’analisi della politica patrimoniale condotta da questo cenobio cfr. infra, Capitolo 5, Paragrafo 5.I.
fondato nell’anno 876 per volere della moglie Angilberga254, sottraendolo dalla giurisdizione del presule cittadino255. In pochi anni il cenobio venne dotato di un cospicuo patrimonio disposto in diverse zone del Nord della penisola e a partire dalla fine del IX secolo le sue badesse si fecero protagoniste di un’ambiziosa politica patrimoniale256.
I monasteri attestati nelle fonti longobarde suscitano molti interrogativi circa la loro origine, con la significativa eccezione del monastero di Bobbio, sorto per volontà regia nel 613. Ignoriamo, infatti, il periodo storico in cui vennero istituiti i cenobi di Tolla, Gravaco, Berceto, Mezzano, Fiorenzuola, anche se si possono proporre alcune riflessioni a riguardo. Osservando la loro distribuzione sul territorio, notiamo che questi monasteri occuparono zone molto distanti tra loro, tanto in pianura che in montagna, con l’anomalia di quello di Mezzano che si collocò in un’area già occupata dall’abbazia di Bobbio. Verosimilmente questi complessi si fecero promotori di un’azione di evangelizzazione in zone isolate del Piacentino, presentandosi come centri di spiritualità e di accoglienza. Per quanto ridotta fosse la loro dimensione, svolsero di certo funzioni di ordine pratico, primo tra tutte quello di colonizzare e mettere a coltura aree che presumibilmente erano state abbandonate in seguito alla crisi economica e demografica d’età tardo antica. L’ubicazione dei complessi monastici mostra, inoltre, come questi fossero sorti lungo le direttrici di traffico, in particolare nei pressi degli assi transappenninici Nord-Sud. A tal proposito, è stato ipotizzato che i monasteri piacentini presero il posto di quel sistema di stazioni di posta, osterie e luoghi di ricovero che punteggiavano le strade romane e che era scomparso con il venire meno dell’efficienza della rete stradale stessa e la diminuzione dei traffici257. Ciò è particolarmente evidente per il monastero di Fiorenzuola sorto lungo la via Emilia e posto al centro di una zona che, con il passaggio di Fidentia da città a semplice villaggio con il nome di Sancti Donnini, aveva maggiormente risentito dello spopolamento tardoantico258. Il cenobio di Tolla sorse in una zona della val d'Arda che era stata abbandonata all'indomani della crisi della città romana di Veleia, mentre il monastero di Gravaco era stato costruito in un luogo impervio dell'Appennino, nei pressi del Passo di Monte Bardone, per assistere i soldati, i pellegrini e i mercanti che percorrevano la via Francigena.
254 POCHETTINO 1921; PIVANO 1922; BOUGARD 1993; CIMINO c.s. Colgo l'occasione per ringraziare la dott.ssa Cimino che ha messo a disposizione il suo articolo ancora in corso di stampa.
255 GALETTI 2011, p. 174.
256 Per l’analisi del patrimonio del cenobio di San Sisto: ZANINONI 1999b; EAD. 2001; EAD. 2001b. Per i beni del monastero posti in territorio piacentino cfr. infra, Capitolo 5, Paragrafo 5.I.
257 DALL’AGLIO 1997a, pp. 90-93.