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Il bambino, il patto adottivo, l’evoluzione e il futuro

Per il 70,37% degli intervistati la cosa migliore di tutto il percor- so adottivo è il/i figlio/i arrivati. Nel raccontare la loro soddisfazione genitoriale, otto intervistati hanno aggiunto altre circostanze riferite all’incontro con il/i figlio/i. Un ulteriore 22,22% dei partecipanti ha dato risposte più complesse, ma tutte ricollegabili alla gioia di essere diventati genitore. Anche gli ultimi due intervistati fuori dalla per- centuale, pur non dichiarando che la cosa migliore del percorso era stata il figlio e riferendo di un adattamento ancora in evoluzione, si definiscono molto soddisfatti per i progressi nelle relazioni e del figlio.

All’arrivo nella famiglia che li accoglie, i bambini hanno spesso alle spalle una serie di esperienze che costituiscono un bagaglio pesan- te. Provengono da un ambiente nel quale hanno trascorso mesi o anni e che, per quanto non fosse adeguatamente stimolante, ha permesso loro di maturare le prime esperienze, spesso in condizioni difficili o avver- se. I bambini si trovano a dover troncare dei legami instaurati con per- sonale di cura, coetanei, adulti affidatari o altro, legami probabilmente insoddisfacenti quando non disfunzionali, ma noti e in qualche mi- sura gestibili. Entrare nella famiglia adottiva significa per il bambino cambiare radicalmente contesto affettivo, sociale e culturale, lasciando il precedente in cui ha costruito relazioni ed ha acquisito norme e valo- ri (Cito, 2009). Nei racconti dei genitori è emersa una grande apertura nell’accogliere le paure dei figli e, in generale, una capacità ad affron- tare le difficoltà e le sfide, che la scelta adottiva comporta, con entusia- smo e ottimismo. I genitori offrono cura, protezione e una famiglia di cui il bambino è carente, ma anche il bambino porta con sé un dono : offre ai genitori la possibilità della genitorialità e della continuità fami-

liare (Godbout, 2002). Come sostengono Scabini e Cigoli (2000), il patto genitoriale adottivo, per poter essere costruttivo, deve tener conto di questa duplice reciprocità, deve elaborare le reciproche mancanze, in- canalarle e trasformarle in un comune progetto - impegno generativo. Tutti gli intervistati si sono dichiarati soddisfatti per lo svilup- po ed i progressi che hanno avuto i figli dopo l’arrivo in famiglia. La non omogeneità del tempo di ingresso del bambino, tra una famiglia e l’altra e nell’ambito della stessa famiglia, rende le risposte diver- sificate negli aspetti rimarcati dai genitori nella risposta. In partico- lare, questa differenza è più evidente laddove gli intervistati hanno fatto riferimento alla fiducia, al senso di appartenenza familiare e so- ciale, tra le conquiste dei propri figli, evidenziando come la fiducia sia una conquista progressiva. Gli ambiti in cui i genitori riferiscono che i bambini hanno fatto maggiori e positivi cambiamenti sono la serenità emotiva ed ai conseguenti effetti positivi sul comportamen- to e sulla sicurezza personale (44,44%), la fiducia ed il riconoscimen- to della figura genitoriale, il conquistato senso di appartenenza alla famiglia (33,33%) e il rispetto delle regole e alla socialità (18,51%). Il dato rilevato è in linea con quanto sostenuto da Brodzinsky (2014), ovvero che l’adozione può rappresentare un vantaggio per i bambini rendendo stabili le loro vite, migliorando una sana crescita, garantendo un’affetti- vità continuata e sicura essa pone delle sfide ai genitori che possono in- fluire sull’autostima, l’identità, le relazioni e l’adattamento in generale.

Il contenuto di alcune testimonianze (ad esempio quella di M8) ci aiuta a comprendere che le difficoltà dei bambini sono affrontate dai genitori adottivi come parte integrante della storia del figlio e come

parte integrante della loro storia familiare. Il concetto può essere con- siderato uno dei punti di forza di chi ha vissuto, vive e vivrà l’ado- zione e il senso appartenenza familiare può essere considerato una strategia che mantiene nel tempo il benessere delle relazioni all’inter- no del network familiare adottivo (Grotevant, Perry, McRoy, 2010). Scabini e Cigoli (2000) hanno delineato una sintesi, in tre pun- ti, dei i principali compiti evolutivi della famiglia in forma- zione. Dalle interviste sono emerse risposte che concretiz- zano appieno e danno voce a questi tre principi di sintesi:

1- Costruire la genitorialità adottiva e legare tra loro le generazioni inserendo nella famiglia un’origine diversa:

2 - Mediare con il sociale: sostenere il fi- glio nel processo di inserimento nel mondo sociale; 3 - Un processo interiore di legittimazione al ruolo genitoriale. Un altro dato che è emerso dalle interviste è che la sensazione di sentirsi famiglia, un tutt’uno, non è un processo immediato, a volte può durare anni. L’adozione si colloca in un momento preciso della storia della cop- pia e del bambino, cioè il giorno del primo incontro, la costruzione del “patto adottivo” e quindi del legame genitoriale è rappresentato, inve- ce, in un orizzonte più ampio, poiché fonda le sue radici nel passato del bambino e prosegue oltre l’arrivo nella nuova famiglia (Grimaldi 2003). Dall’analisi dei risultati è emerso che i bambini per ambientarsi nel con- testo familiare hanno bisogno familiarizzare con tutto l’ambiente, anche quello extra familiare. Sotto questo punto di vista si è trovato riscontro con le indicazioni di Cohen e Siegel (1991), per comprendere il contributo dei contesti sociali nella realizzazione del patto adottivo, considerando:

- i contesti come sistemi sociali - i contesti come luoghi fisici

- il minore nel contesto

- i contesti come evoluzione nel tempo

In alcune risposte degli intervistati, specialmente in quelle dei genitori della famiglia 10 (formatasi da meno di un anno), si colgo- no appieno la necessità dei figli che arrivano in famiglia di apparte- nere, anche fisicamente, ad un contesto. Quanto è emerso dalle testi- monianze rappresenta la conferma della necessità per i bambini che sono stati adottati di sviluppare il senso di comunità, nei termini in- dicati dalla Patrizi (2010): presa di coscienza dei limiti che definisco- no chi è (e non è) parte di una comunità; un senso di legame emoti- vo e la sicurezza di legami significativi con la gente e con un luogo. Collegare i propri comportamenti attuali ad esperienze reali è una condizione fondamentale per darsi delle spiegazioni e creare signi- ficati affinché la propria identità non si strutturi tutta sulla natura mul- tidimensionale della “perdita” (perdita dei genitori biologici, perdita della famiglia, perdita di cargivers temporanei, perdita di etnia, perdita di status, perdita di privacy, perdita di fiducia anche nei genitori adottivi che non hanno saputo gestire e comprendere cosa è loro successo) (Fer- mani, 2019). Questo fattore è emerso in lacune interviste, specialmente nella risposta di P10 che ritiene che la maggior difficoltà che ha dovuto affrontare il figlio dopo l’adozione è stata quella di sentirsi un perdente.

E’ da evidenziare che il contributo delle risposte di M10 e P10 sono importanti per indagare il patto adottivo perché al momento dell’intervista era trascorso un periodo relativamente breve dall’a- dozione, un anno, e il bambino era grande al momento del suo ar-

rivo in famiglia (9 anni), quindi, questo ha permesso ai genitori di avere una prospettiva di osservazione privilegiata delle difficoltà di adattamento e di inserimento del figlio anche nel contesto sociale.

Alla specifica domanda il 48,14% degli intervistati ha riferito che i loro figli hanno incontrato le maggiori difficoltà nell’inserimento socia- le, mentre il 25,92% ha indicato la rielaborazione del vissuto precedente. Difficoltà di inserimento possono derivare anche da fattori cul- turali. Le abitudini di vita, il modo di relazionarsi con l’altro, la perce- zione del proprio ruolo e di quello degli altri possono essere molto di- versi rispetto a quelli del Paese d’accoglienza. Tutti questi elementi sono emersi dalle interviste come fattori che, secondo i genitori intervistati, rendono difficoltoso tale adattamento perché collegati ad un cambia- mento improvviso e marcato di alcuni riferimenti per il bambino tali da determinare in lui un totale senso di estraneità. Le circostanze riferire dai genitori confermano quanto sostenuto dalla letteratura scientifica, ovvero che tra le difficoltà che il bambino incontra all’arrivo in famiglia vi è anche la mancata comprensione del linguaggio utilizzato dai suoi nuovi genitori, la grande diversità che il bambino riscontra nell’am- biente naturale, ma anche urbanistico, la presenza nel nuovo mondo di valori, norme di comportamento, stili e abitudini di vita spesso molto diversi da quelli del suo Paese d’origine (Cardenas, Pitto, 2016).

I bambini adottati potrebbero avere difficoltà ad adeguarsi alla nuova situazione di un ambiente protettivo e fatto di regole, sia perché spesso provengono da una situazione di abbandono ma an- che nel caso fossero abituati ad una totale libertà dove possono fare

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