3.3. I presupposti per la dichiarazione di adottabilità del soggetto minore di età
3.3.2. Il principio di sussidiarietà nelle adozioni internazional
Nell’adozione internazionale al principio di residuali- tà si aggiunge un secondo importantissimo principio che è quel- lo della sussidiarietà. Secondo questo ulteriore ed imprescin- dibile principio, da considerarsi pietra angolare dell’istituto dell’adozione internazionale (Morozzo della Rocca, 2014), dopo aver verificato l’impossibilità del reinserimento nella famiglia d’origine, si deve tentare la strada dell’adozione all’interno del Paese di origine del minore e solo dopo, come ipotesi appunto sussidiaria, ossia ulterior- mente residuale, è possibile autorizzare una adozione internazionale. Questo, sul presupposto che per il soggetto minore di età è senz’altro meno traumatico, dunque più rispondente al suo interes- se, essere accolto da un’altra famiglia nel proprio Paese, senza esse- re sottoposto alla lacerazione che una adozione internazionale ine- vitabilmente comporta, obbligando il minore ad un cambio, oltre che delle figure di riferimento, di lingua, di costumi, di clima, ossia ad un vero e proprio sradicamento, anche dell’identità culturale. Un principio che serve per garantire ai bambini di non subire, oltre
all’abbandono, anche gli immancabili problemi legati all’integrazio- ne in un nuovo Paese, all’accettazione della diversità del minore e all’accettazione da parte dello stesso minore della propria diversità.
Il principio di sussidiarietà è posto alla base della Con- venzione de L’Aja del 29 maggio 1993, per la tutela dei bambi- ni e la cooperazione nell’adozione internazionale. L’ art. 4, lett. b), dispone che nell’individuazione del miglior interesse del minore siano privilegiate le possibili soluzioni di sistemazio- ni alternative all’adozione internazionale nel Paese d’origine.
Secondo le disposizioni della Convenzione de L’Aja del 1993, il compito di assicurare il rispetto del principio di sus- sidiarietà è affidato alle Autorità Centrali che ciascun Pae- se firmatario ha istituito al suo interno e che hanno funzio- ni appunto di garanzia, controllo, vigilanza, sensibilizzazione. La stessa normativa internazionale prevede un ruolo fondamen- tale anche agli Enti Autorizzati a cui è affidato in via esclusiva il com- pito di intermediazione nelle procedure di adozione internazionale, fra la coppia aspirante all’adozione ed il Paese straniero di provenien- za del minore. A questi organismi la legge 476/98 attribuisce, inoltre, un importantissimo compito di formazione delle coppie (sul piano so- cio-psicologico) e di sensibilizzazione alla solidarietà internazionale.
Prima ancora che nella Convenzione de L’Aja, il principio era stato affermato nella Convenzione delle Nazioni Unite del 1989 sui diritti del bambino, ratificata dall’Italia con la legge 27 maggio 1991 n. 176. La Convenzione di New York, all’art. 21 lett. b), aveva riconosciuto che “l’adozione internazionale può essere considerata un
mezzo alternativo di assistenza al bambino se il bambino non può trova- re accoglienza in una famiglia affidataria o adottiva, o non può, in alcun
modo adeguato, essere accudito nel Paese di origine del bambino stesso” .
Dalle disposizioni della Convenzione di New York, il principio di sussidiarietà appare tratteggiato come una serie di cerchi concentrici, dove è consentito passare a quello più esterno solo dopo avere accerta- to che non esiste soluzione in quello più interno. Il cerchio più interno è la famiglia naturale, il successivo è l’affidamento familiare, che non verrà affrontato in questo elaborato di ricerca, e il terzo è rappresentato dall’adozione nazionale. Solo quando al bambino è impossibile accede- re, nel Paese d’origine, ad una delle tutele previste da questi “cerchi” e non è ipotizzabile un’alternativa adeguata di cura (da valutarsi tenen- do anche conto del contesto socioculturale: art. 20 comma 3, ultimo inciso), si può prendere in considerazione l’adozione in un Paese stra- niero, quale strumento per realizzare il superiore interesse del minore. In termini più diffusi, il principio di sussidiarietà vincola ed ispira le legislazioni nazionali, all’interno di quel sistema di coope- razione interstatuale che la Conferenza de L’Aja ha prodotto. Diver- si passaggi della Legge 476/98, che ha riformato la disciplina dell’a- dozione internazionale in Italia, sembrano voler dare la massima effettività a questo principio, anche prevedendo una attività di coo- perazione allo sviluppo dei diritti dell’infanzia nei Paesi dove ope- rano gli Enti Autorizzati all’intermediazione, nei termini sopra detti.
È da evidenziare che l’accertamento dello stato di abban- dono del minore, presupposto imprescindibile per poter dichiara- re lo stato di adottabilità in Italia, non è fra i requisiti richiesti dal- la Convenzione, essendo invece condizione necessaria e sufficiente che le Autorità del Paese d’origine abbiano stabilito che il soggetto minore di età è adottabile. Il motivo di questa carenza e/o diversi- tà normativa è giustificata dal fatto che molti ordinamenti stranieri,
Così come sono stati dissertati gli altri argomenti, anche in que- sto paragrafo verranno volutamente privilegiati gli aspetti “più umani” dell’istituto dell’adozione, tralasciando i riferimenti normativi attinen- ti agli aspetti procedurali e amministrativi della materia. Non verranno neanche approfonditi gli aspetti relativi alla procedura dell’adozione internazionale (Ente, registrazione nel Paese, abbinamento, percorso nel Paese, adozione, effetti della sentenza, ecc.), che interessano le cop- pie intenzionate ad adottare all’estero. In considerazione della comples- sità della materia e le molte variabili legate al Paese di provenienza del bambino, l’argomento dovrebbe essere trattato in una sede autonoma. Abbiamo visto che l’accertamento e la dichiarazione dello stato di abbandono assumono un’importanza di primissimo piano nell’ambito dell’intera materia, atteso che la re scissione del legame con la famiglia naturale d’origine, che ne costituisce la conseguenza, è il più drastico (e doloroso) degli interventi che il giudice possa operare, unitamente al suc- cessivo atto di costruzione “artificiale” di un nuovo legame.
Altrettanto importante, tuttavia, è l’accertamento delle idonee capacità genitoriali dei potenziali genitori sostitutivi. L’identità geni- toriale adottiva richiede un percorso diverso dalla identità genitoria- le biologica. Al genitore adottivo è richiesta la capacità di passare da una estraneità ad una familiarità (Ballerini, 2019). Una capacità ne- cessaria ma non scontata, che dovrà essere accertata in modo rigoro- so dal giudice minorile prima di far nascere questo vincolo familiare.