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La famiglia di origine nella Costituzione italiana

3.2. Le fonti interne del diritto del minore di vivere nella propria famiglia naturale

3.2.1. La famiglia di origine nella Costituzione italiana

È una convinzione diffusa che il riconoscimento del “diritto a vivere e crescere nella famiglia naturale” sia avvenuto nell’ordi- namento italiano per effetto della sottoscrizione della Convenzione sui diritti del fanciullo, adottata a New York il 20.11.1989 (ratifica- ta e resa esecutiva in Italia con la legge n. 176 del 1991) laddove nel

Il concetto di incapacità genitoriale, previsto dal citato secon- do comma dell’art. 30, dovrà quindi essere considerato e raffronta- to con le disposizione dell’art. 3 della Costituzione, secondo cui è compito della Repubblica “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e

sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impe- discono il pieno sviluppo della persona umana”. L’art. 3 ha sancito l’u-

guaglianza di tutti i cittadini senza distinzione alcuna, inclusa quella dell’età. Anzi, ha introdotto il principio della “discriminazione positi-

va”, ponendo a carico dello Stato l’obbligo di rimuovere gli ostacoli

all’uguaglianza e di predisporre istituti e strumenti idonei a bilancia- re lo squilibrio o la debolezza iniziale del soggetto (Palomba, 2012).

Il principio di eguaglianza, nelle sue due de clinazioni dell’eguaglianza formale (art. 3, primo com ma, Cost.) e dell’u- guaglianza sostanziale (art. 3, secondo comma, Cost.) assu- me un ruolo determinante anche nella costruzione della corni- ce costituzionale dell’istituto della adozione dei minori di età. Proseguendo nella ricerca delle fonti, la tutela e la digni- tà costituzionale della famiglia si ritrova anche nell’art.2, laddove richiama il dovere della Repubblica italiana alla “solidarietà politi-

ca, economica e sociale” per garantire “i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità”.

Il ruolo della famiglia, quale ambito ottimale di crescita e di sviluppo dei figli, viene riconosciuto anche dal primo comma dell’art. 31 della Costituzione, che impone allo Stato di intervenire a supporto di questa importante funzione: “La repubblica agevola con misure eco-

nomiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose”. Al se-

condo comma, viene ribadita l’importanza della “maternità, l’infanzia

e la gioventù” che devono essere protette attraverso interventi legisla-

tivi, amministrativi e attraverso la realizzazione di strutture assisten- ziali, di formazione, del tempo libero, adeguate allo sviluppo della personalità e individualità del minore. Si pone particolare attenzio- ne al dovere/interesse dello Stato al recupero del minore attraverso la funzione rieducativa: “favorendo gli istituti necessari a tale scopo”.

La correttezza dell’interpretazione sistemica sopra esposta è testimoniata da un’importantissima e lungimirante pronuncia della Corte Costituzionale del 1981 (Corte cost. sent. N.11 del 1981) nella quale viene per la prima volta riconosciuto che il minore è il diret- to destinatario degli interessi e dei diritti riconosciuti dalla Carta Co- stituzionale. La Corte affronta questi importanti temi nell’ambito di una sentenza con la quale ha valutato la legge sull’adozione specia- le del 1967 come non contraria alle norme costituzionali. In uno dei passaggi salienti della motivazione si legge che la normativa (legge adozione speciale del 1967) avrebbe spostato “il centro di gravità dell’a-

dozione dall’interesse dell’adottante a quello dell’adottato” per poi aggiun-

gere che “lo spostamento del centro di gravità dell’Istituto era imposto ancor

prima sul piano superiore della normativa costituzionale … per il combina- to disposto degli artt. 2 e 30, primo e secondo comma, della Costituzione”.

La pronuncia è di granitica importanza perché, per la primis- sima volta nell’ordinamento italiano, il soggetto minore di età viene riconosciuto come soggetto di diritto, anticipando anche in questo caso le future disposizioni della Convenzione del 1989. Inoltre, la Cor- te riconosce esplicitamente il diritto del minore a vivere nell’ambito della propria famiglia, rinviando la decisione a motivi di benessere psicologico del bambino, tant’è che nella motivazione della sentenza si legge: “Queste norme, riconoscendo come fine preminente lo svolgimen-

to della personalità in tutte le sedi proprie, assumono a valore primario la promozione della personalità del soggetto umano in formazione e la sua educazione nel luogo a ciò più idoneo: da ravvisare in primissi- ma istanza nella famiglia di origine, e, soltanto in caso di incapa- cità di questa, in una famiglia sostitutiva. L’art. 30, secondo comma, della Costituzione, prevede infatti il dovere del legislatore e dell’autorità pubblica in generale di predisporre quegli interventi che pongano rimedio nel modo più efficace al mancato svolgimento dei loro compiti da parte dei genitori di sangue: e cioè alle funzioni connesse al dovere-diritto di man- tenere, istruire ed educare i figli. Ma la finalità di una educazione sostitu- tiva al meglio comporta la soddisfazione del bisogno di famiglia avvertito con forza dal minore, che richiede per la sua crescita normale affetti indi- vidualizzati e continui ambienti non precari, situazioni non conflittuali”.

La Carta Costituzionale, facendo propri i paradigmi delle scienze umane, psicologiche e sociali, eleva a principio fondante ed ispiratore il diritto del minore a vivere, crescere ed essere educato nella propria famiglia di origine, consacrandolo ad ambiente ottima- le per la sua piena realizzazione. Il primo comma dell’art. 30, tutta- via, sottolinea che i genitori hanno prima un dovere e poi un diritto nell’educazione dei figli, inoltre i diritti dei genitori non sono diritti sui figli, ma per i figli, funzionali allo sviluppo della loro personalità.

La famiglia è tutelata non in sé, ma quale mezzo di promozione dello sviluppo della personalità dei suoi membri e soprattutto del minore.

Al secondo comma dell’art. 30 viene riconosciuta al soggetto minore di età, privato della famiglia di origine (anche in termini di funzioni), la garanzia di poter godere di un contesto affettivo e di cura sostitutivo nel quale egli possa vivere in maniera altrettanto tutelante e, al contempo, possa godere di un supporto relazionale ed educa-

tivo stabile, che lo accompagni in modo amorevole e lo prepari ad avviarsi ad una vita autonoma e responsabile, in una società libera.

La Corte Costituzionale, nella sentenza n.11 del 1981, affer- ma: “Se dai dati normativi presenti nel nostro ordinamento a livello costi-

tuzionale e legislativo risultano il dovere-diritto dei genitori d’origine ed il dovere dello Stato di predisporre le condizioni in cui possa meglio realiz- zarsi il diritto del minore all’educazione e all’educazione in famiglia, non si possono trascurare talune conseguenze: così il carattere “funzionale” del diritto dei genitori del sangue, che sta e viene meno in relazione alla capacità di assolvere i compiti previsti nel primo comma dell’art. 30 della Costituzione; il carattere di “effettività” che deve rivestire l’assolvi- mento dei compiti stessi, non delegabili ad altri e dunque da svolgersi con impegno personale e diretto; infine il carattere di “adeguatezza” (cfr. sentenza n. 145 del 1969, in fine) che deve presiedere alla individuazione della famiglia sostitutiva quando trovi applicazione l’art. 30, secondo comma, della Costituzione il che comporta la ricerca della soluzione otti- male “in concreto” per l’interesse del minore, quella cioè che più garanti- sca, soprattutto dal punto di vista morale, la miglior “cura della persona”.

La citata sentenza ha l’immenso pregio di es- sere innovativa ed anticipatrice di molti principi: 1 - riconoscimento del minore come destinatario del diritto; 2 - prioritario diritto del fanciullo di vive re nel contesto della propria famiglia di origine;

3 - principio di sussidiarietà dell’istituto della adozione. Il primo principio, come già detto, rappresenta un vanto per il nostro Paese perché, anticipando di 40 anni la Convenzione di New York, la nostra Carta costituzionale ha creato le condizioni per la piena affermazione del minore come reale attore sociale e soggetto di diritto.

Il riconoscimento costituzionale del ruolo della famiglia, come posizione essenziale e primaria nella vita del bambino, allontana defini- tivamente la visione di un minore di età “appartenente”, “di proprietà” della famiglia. Un soggetto umano incompleto, sottoposto al volere dell’adulto. La famiglia acquisisce una posizione essenziale perché viene identificata come l’ambito fondamentale dell’educazione della perso- na ed accompagna quest’ultima nel processo di crescita (Viganò, 1997). Per utilizzare una definizione coniata dalla stessa Corte Co- stituzionale in una successiva sentenza (Corte Cort. Sentenza n.183 del 1988), il nucleo familiare deve essere inteso come “formazione so-

ciale primaria”. La famiglia d’origine, non intesa come unico model-

lo relazionale sostenibile, ma come soluzione migliore fino a quando essa corrisponda all’interesse del minore. La relazione con la fami- glia d’origine ha la sua ragion d’essere, nel diritto come nella vita, se essa può farsi carico delle esigenze primarie del bambino, gli con- senta di sviluppare sé stesso ricevendo cura e affetto e di sperimen- tare il riconoscimento e la soddisfazione dei propri diritti, prima tra tutti il diritto a crescere e il diritto ad essere educato (Lucidi, 2012).

Il fatto che il diritto del bambino alla famiglia (di origine se fun- zionale o adottiva se riparativa) abbia trovato riconoscimento e tutela all’interno della superiore cornice costituzionale è un fatto di straordi- naria importanza. Il diritto del minore alla famiglia viene posto dalla Carta Costituzionale repubblicana tre le regole fondamentali, cioè po- ste appunto a fonda mento, della vita dell’intera nostra società. La regola viene elevata a fonte normativa ‘superiore’ alla legge ordinaria; un dirit- to, pertanto, che nessuna legge di rango inferiore potrà mai contrastare.

Con l’ultimo principio, la Corte Costituzionale anticipa nel provvedimento interpretativo il principio cardine della resi-

dualità dell’adozione. Principio fondante ed ispiratore sia del- la L 184/1983 che della successiva Convenzione dell’Aja del 1993, in materia di adozione internazionale, su cui si ritornerà.

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