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La residualità dell’adozione e l’accertamento dello stato di abbandono

3.3. I presupposti per la dichiarazione di adottabilità del soggetto minore di età

3.3.1. La residualità dell’adozione e l’accertamento dello stato di abbandono

Il primo importante riflesso della proclamata superiorità dell’in- teresse del minore a vivere nell’ambito della propria famiglia di origi-

ne può essere individuato nell’aver posto a fondamento dell’adozione, tanto nazionale quanto internazionale, il principio di residualità. Come abbiamo visto nei precedenti paragrafi, ogni bambino ha diritto di vi- vere e crescere nella propria famiglia di origine e questo diritto può essere disatteso soltanto in caso di assoluta e non risolvibile incapacità dei genitori. È opportuno sottolineare che il principio di residualità è stato sancito, non soltanto dalla nostra legislazione nazionale sull’ado- zione, anche nella Convenzione de l’Aja sull’Adozione Internazionale del 29 maggio 1993 (ratificata in Italia con la L. 476/1998), quindi lo ritroviamo in tutte le legislazioni interne dei Paesi che hanno ratificato la Convenzione, quantomeno operante come principio generale, an- che se non sempre nei termini rigorosi previsti dal legislatore italiano. Il rispetto del principio di residualità, secondo la normativa inter- na (L 184/83), presuppone la scrupolosa e concreta verifica dell’accerta- mento dello stato di abbandono del soggetto minore di età, nell’ambito della famiglia allargata (parenti entro il quarto grado). L’interesse del minore alla crescita nella famiglia di origine deve essere perseguito an- che impegnando le strutture sociali, in misure di sostegno di particolare intensità a favore del minore stesso e dei genitori, non solo in termini di economici ma anche con interventi di ordine psicologico e pedagogico.

L’accertamento dello stato di abbandono, presupposto fonda- mentale per la dichiarazione dello stato di adottabilità di un minore italiano o di un minore straniero che si trovi sul territorio dello Sta- to, in base alla legge 184/1983, è demandato all’autorità giudiziaria, ovvero al tribunale per i minorenni, che deve verificare se egli versi in situazione di abbandono morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi, purché la mancanza di assisten-

Il primo comma dell’art. 8 della Legge 184/83, utilizzando una formula ampia e generica, statuisce che “Sono dichiarati in stato di adotta-

bilità i minori in situazione di abbandono perché privi di assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi, purché la man- canza di assistenza non sia dovuta a forza maggiore di carattere transitorio”.

E’ probabile che il legislatore abbia volutamente utilizzato una clausola di portata generale per lasciare il giudice minorile libero nel suo esclusivo compito di valutare attentamente le singole situazioni, caso per caso, garantendo sempre la migliore soluzione per il minore nelle decisioni che lo riguardano. Proprio per la sua formula ampia e aperta la nozione di stato di abbandono è stata oggetto di numerose pronunce giurisprudenziali e si è andata via via sviluppando nel cor- so del tempo, oscillando tra una grande attenzione all’interesse del minore a crescere in un ambiente familiare, che ne garantisca una cor- retta evoluzione a discapito dei legami di sangue, e la necessità di una salvaguardia di questi ultimi, ritenuti sacrificabili solo in casi estremi, riflettendo sostanzialmente i diversi orientamenti culturali presenti nella nostra società e le spinte contraddittorie che attorno a questo ar- gomento, così delicato ed emotivamente pregnante, si sono sviluppate.

L’interpretazione del concetto di abbandono a tutt’oggi non ha trovato in dottrina e in giurisprudenza un indirizzo univoco, tan- to che il legislatore in tempi recenti ha ritenuto doveroso interveni- re, con piccole modifiche ed integrazioni normative, sul testo del- la Legge 184/83. Novelle che, pur non dettando regole specifiche e lasciando libertà di valutazione, garantiscono al minore il rispetto dei suoi diritti e possono aiutare il giudicante ad individuare la mi- gliore decisione da prendere per il benessere e la tutela del bambino, nel rispetto del principio della residualità della scelta dell’adozione.

In particolare, ci si riferisce alle seguenti novità normative: - modifica all’art. 8, comma 3: “Non sussiste causa di forza maggio-

re quando i soggetti di cui al comma 1 rifiutano le misure di sostegno of- ferte dai servizi sociali locali, anche all’esito della segnalazione di cui all’articolo 79-bis, e tale rifiuto viene ritenuto ingiustificato dal giudice”

- modifica all’articolo 15, comma 1, lettera c): “c) le prescrizioni impartite

ai sensi dell’articolo 12 sono rimaste inadempiute per responsabilità dei geni- tori ovvero è provata l’irrecuperabilità delle capacità genitoriali dei genitori in un tempo ragionevole.”.10 Il quadro normativo, pur nella sua formu-

lazione volutamente elastica, offre pochi ma significativi punti fermi per individuare quando, in concreto, sussiste per l’ordinamento quella situazione di abbandono che, privando il minore di una adeguata assi- stenza morale e materiale, apre la via all’adozione. Un dato univoco è che lo stato di abbandono può sussistere anche se il minore ha una famiglia. Perché si possa parlare di abbandono, inoltre, non è necessario che da parte dei genitori vi sia una precisa volontà di “abdicare” alla genitorialità, lasciando il figlio interamente privo di qualunque for- ma di assistenza. Lo stato di abbandono, infatti, può sussistere anche quando i genitori continuino in qualche modo ad occuparsi del mino- re, ma la loro assistenza si riveli gravemente insufficiente o comunque del tutto inidonea alle esigenze concrete del fanciullo (Canovi, 2009).

Come abbiamo visto nel primo capitolo, la legge 219/2012 ha introdotto nel Codice Civile l’art. 315 bis che sancisce il diritto del bambino a essere «istruito e assistito moralmente dai genitori». Dalla ci- tata riforma del diritto di famiglia conseguono effetti anche sull’isti-

tuto dell’adozione e sull’interpretazione del concetto di “stato di ab- bandono”. In virtù della nuova disposizione codicistica, non assistere moralmente un figlio equivale ad abbandonarlo. L’omesso sostegno psicologico dei genitori nei confronti dei figli diviene, pertanto, un ulteriore parametro di valutazione ai fini della dichiarazione dello stato di abbandono. Secondo il nuovo assetto normativo, l’idoneità della famiglia d’origine deve essere vagliata anche sotto tale profilo.

Le porte dell’adozione, in base alle modifiche alla legge 183/84 previste ora dal Dlgs 154/2013 nei termini sopra visti (modifica del terzo comma dell’art. 8 e dell’art. 15, comma 1, lett c), si possono aprire solo se si accerta che le prescrizioni sull’assistenza del mino- re, eventualmente impartite a genitori o ascendenti prossimi, sono ri- maste inadempiute per «responsabilità dei genitori» o se è comunque provata l’irrecuperabilità delle capacità genitoriali «in un tempo ragio-

nevole». Naturalmente, l’ipotesi in cui il mancato sostegno dei geni-

tori discenda dal grave disagio economico del nucleo familiare non potrà portare alla drastica decisione di recidere il legame familiare. Il diritto del minore a crescere nell’ambito della propria famiglia, pertanto, è strettamente correlato al corrispondente diritto del genito- re a prendersi cura del proprio figlio. In definitiva sono due facce della stessa medaglia e che si identificano nel concetto di “diritto relazionale”

Per residualità dell’adozione dovrà intendersi proprio il rispet- to di tutte le garanzie, anche economiche, per mantenere integro il nu- cleo familiare. La procedura adottiva deve sempre ritenersi una solu- zione estrema, di cui avvalersi solo nell’ipotesi di carenze irreversibili. E’ necessario che il percorso adottivo non venga avviato se è possibile superare gli ostacoli pratici a una valida gestione del ruolo genitoriale. Per perseguire questa finalità, il Dlgs 154 del 2006 ha inserito

10 Commi modificati dall’articolo 100, comma 1, del Dlgs. 28 dicembre 2013 n. 154

nella legge 184/83 l’articolo 79-bis, che prevede l’obbligo del giudice di segnalare ai Comuni le situazioni d’indigenza delle famiglie che abbiano richiesto interventi di sostegno. L’intento è quello di consen- tire ai competenti servizi territoriali di fornire, compatibilmente con le risorse finanziarie disponibili e le aree di azione, un ausilio concreto ai nuclei gravemente disagiati, che non potrebbero altrimenti occuparsi dei figli. Ad ogni modo, il novellato articolo 8, comma 3, della legge 184/83, prevede che «non sussiste causa di forza maggiore», tale da bloc- care l’iter adottivo, se i genitori rifiutano senza giustificazione «le misu-

re di sostegno offerte dai servizi sociali locali anche all’esito della segnalazio- ne», rinunciando, per esempio, a opportunità di alloggio o d’impiego;

denotando, in questo caso, una carente responsabilità genitoriale. Sicuramente, prima di pensare all’adozione, risultano es- sere prioritari e preliminari gli interventi di sostegno economi- co al nucleo, nonché le prescrizioni impartite dal giudice affinché i genitori possano superare la loro inidoneità morale e materiale.

Il diritto fondamentale del minore a crescere ed essere educa- to nell’ambito della propria famiglia per poter essere esercitato, con pienezza ed effettività, ha bi sogno di soggetti altri rispetto a quello che risulta esser ne il titolare; recla ma l’“altrui cooperazione” (Bian- ca, 2001). Tuttavia, questi interventi devono necessariamente es- sere attuati tempestivamente e non possono protrarsi per un perio- do indefinito causando problemi irreversibili al bambino. Per poter accertare e dichiarare lo stato abbandono di un soggetto minore di età, deve sussistere una mancanza assoluta di un ambiente fami- liare idoneo. Deve trattarsi di una situazione grave e non risolvibi- le in un lasso di tempo atto a non pregiudicare, in modo irreversi- bile, l’armonica formazione del minore stesso, la quale necessita di

un’affettività completa. Per questo, nel procedimento di accertamen- to dell’adottabilità il Giudice minorile, qualora dovesse ritenere che esistono i presupposti, dovrà necessariamente prevedere un progetto atto a permettere di recuperare la funzione genitoriale. Tuttavia, tale progetto dovrà essere concreto, vigilato e portato avanti con celeri- tà, oltreché dal giudice, anche dai servizi sociali, chiamati ad interve- nire in modo attivo per far fronte alle esigenze primarie dei minori. Inoltre, è necessario che l’accertamento dello stato di ab- bandono venga fatto tenendo conto della situazione soggetti- va del minore, valutare cioè se quest’ultimo non abbia quel- le cure che gli sono indispensabili per crescere, ovvero per completare il suo sviluppo psicologico, considerato in concreto, in relazione al suo vissuto, alle sue caratteristiche fisiche e psicologiche.

Un altro principio di diritto, affermato anche di recente la giu- risprudenza di legittimità in materia (tra le altre v. sentenza n. 24445 del 2015), è quello che il giudice, nella valutazione della situazione di abbandono deve fondare il suo convincimento basandosi su in- dagini riferite alla situazione presente e non passata. L’inidoneità deve essere attuale e concreta, non solo potenziale o addirittura su- perata. La situazione di abbandono, infatti, deve essere verificata al momento della dichiarazione di adottabilità. Un abbandono pre- gresso, rimosso e non più in essere, non può essere preso in consi- derazione dal giudice per emettere il provvedimento di adottabilità. La dichiarazione di adottabilità non ha carattere sanziona- torio di un comportamento volontariamente o colposamente te- nuto dai genitori. Pertanto, è irrilevante la circostanza che i ge- nitori naturali nutrano nei confronti dei figli un sincero interesse affettivo ove questi versino in un oggettivo stato di abbandono. Al

contrario, non occorre un animus delinquendi dei genitori medesimi. Ai fini del perseguimento del superiore interesse del mino- re, la valutazione dello stato di bisogno deve avvenire da parte del giudicante in modo molto scrupoloso, non in astratto, considerando i diversi profili che, in concreto, caratterizzano la situazione, quali le peculiarità fisiche e psicologiche del minore, la sua età, il suo grado di sviluppo e le sue potenzialità. La valutazione in questione prescin- de completamente dallo stato soggettivo dei genitori e deve essere data in senso oggettivo, non già soggettivo o volontaristico. Principi di diritto, questi ultimi, che negli anni sono stati espressi dalla più recente e consolidata giurisprudenza e ritenuti come imprescindi- bili dai più autorevoli studiosi del mondo psicologico dell’infanzia. Per completare il quadro giurisprudenziale in me- rito al giusto inquadramento del concetto di “abbando- no” del minore, è sicuramente utile la ricostruzione dei prin- cipali e recenti orientamenti giurisprudenziale in materia: - Cass., sez. I civ., sent. 30 giugno 2016, n. 13435 “[…] il di-

ritto di quest’ultimo alla propria famiglia di origine, può essere limita- to solo ove si configuri un endemico e radicale stato quale necessariamente è quello di abbandono, la cui dichiarazione va reputata, alla stregua della giuri sprudenza costituzionale, della Corte europea dei diritti dell’uomo e della Corte di giustizia, come extrema ratio, a causa dell’irreversibile in- capacità dei genitori di alle varlo e curarlo per loro totale inadeguatezza”;

- Cass., sez. I civ., sent. 13 gennaio 2017, n. 782 “il ricorso alla di-

chiarazione di adottabilità di un figlio minore è […] consentito solo in presen- za di fatti gravi, indicativi in modo certo dello stato di ab bandono, morale e materiale, che devono essere specifi camente dimostrati in concreto, senza pos- sibilità di dare ingresso a giudizi sommari di incapacità genitoriale non basati

su precisi elementi idonei a dimostrare un reale pregiudizio per il figlio” ;

- Cass., sez. II civ., ord. 5 giu gno 2018, n. 14462 “Il bambino è

dunque in stato di abbandono quan do vi sia una obiettiva e non transito- ria carenza di quel minimo di cure materiali, calore affettivo ed aiuto psi- cologico necessario a consentirgli un normale sviluppo psico-fisico”.

Un ulteriore limite alla dichiarazione di adottabilità si verifica nel caso in cui il minore, pur abbandonato dai genitori, sia assistito dai «parenti tenuti a provvedervi». Limite che configura il giusto valore che il legislatore, avallato dalle recenti normative internazio- nali e del consolidato orientamento giurisprudenziale in materia, ha voluto riconoscere alle relazioni e ai legami che i minori instaurano anche nella famiglia allargata. Sul punto occorre tuttavia precisare che, ai fini dell’accertamento della situazione di abbandono, la mera disponibilità da parte di uno dei parenti entro il quarto grado di oc- cuparsi del minore non è sufficiente, di per sé, ad escludere detta si- tuazione, dovendo la stessa essere suffragata da elementi oggettivi in relazione all’esistenza di pregressi rapporti significativi con il minore. Il giudice deve procedere, a tutela del minore, ad un accertamento particolarmente analitico e completo sulla reale e continuativa capa- cità di assistenza di coloro che appartengono alla famiglia parentale.

Da ultimo, affinché possa essere dichiarata l’adottabilità di un minore, la legge richiede che l’abbandono non sia causato da

forza maggiore. Intendendosi per forza maggiore le difficoltà ester-

ne, estranee alla condotta dei genitori e a carattere transitorio che escludono lo stato di abbandono. Infatti, le difficoltà transitorie dei genitori non devono comportare un intervento ablativo, ma piutto- sto un incremento di attività di sostegno da parte dei servizi socia- li per realizzare un adeguato recupero della funzione familiare.

Senza nessuna pretesa di esaustività, utilizzando i criteri deli- neati dalle pronunce giurisprudenziali susseguitesi in materia, si pos- sono sinteticamente individuare delle situazioni tipiche che integra- no gli estremi delle ipotesi di abbandono del soggetto minore di età: 1) la mancanza di cura, abitudini di vita anomale e disordi- nate da comportare danni gravi e irreversibili nel minore; 2) le precarie condizioni igieniche (come ad esempio, la casa dichiarata inabitabile); 3) la carenza di assistenza; 4) l’indigenza quando i genitori rimangono iner- ti, giacché l’inerzia configura disinteresse per la prole;

La residualità dell’adozione ed i confini in cui si esprime la si- tuazione di abbandono, presupposto sociale, psicologico, prima an- cora che giuridico, per la dichiarazione di adottabilità del minore, sono le risposte che il legislatore ha voluto dare affinché il diritto al legame con la famiglia d’origine non fosse relegato ad una mera affer- mazione di principio. La famiglia di origine ha un proprio peso spe- cifico nella vita del minore e questo legame esige, quindi, un rispet- to prioritario quando si possono compiere più scelte per il bambino. L’opportunità di agire il diritto in ambito sociale, pri- ma ancora che in una sede di Tribunale, consentirebbe al mi- nore e alla sua famiglia di sperimentare la prossimità dei servi- zi e delle istituzioni nel contesto di vita che gli è proprio, ovvero dove i problemi si producono e andrebbero risolti (Lucidi, 2012).

Gli interventi di sostegno e di aiuto previsti dal legislatore con- fermano che l’obiettivo prioritario è conservare al minore le proprie radici. Il valore primario che la legge assegna a quel legame trova, tuttavia, un limite quando si constata che il minore è privato dell’as- sistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti

e provvedervi, cioè quando l’autorità giudiziaria minorile preposta accerti che l’ambiente familiare è oggettivamente inidoneo. Nel caso di una situazione di disagio reversibile dovrà disporsi, ai dell’art. 2 della L 184/83, la soluzione temporanea dell’affido familiare, perché il minore abbia il mantenimento, l’educazione, l’istruzione e le rela- zioni affettive di cui ha bisogno. Nel caso in cui l’incapacità della fa- miglia sia, invece, grave, irreversibile e totale ha senso dichiarare, ai sensi dell’art. 8 della L 184/83, lo stato di adottabilità del bambino.

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