3.4. L’adozione e la famiglia sostitutiva Il patto adottivo e la genitorialità sociale
3.4.4. Il ruolo e l’impegno delle istituzioni nella realizzazione del patto adottivo
Andando ad analizzare qual è l’impegno che il diritto ha previ- sto a carico delle istituzioni durante questo lungo e logorante cammino per diventare famiglia, si rileva che esiste un diverso trattamento tra
la famiglia che ha adottato in nazionale o in internazionale. Nel primo caso, la famiglia può ricevere un aiuto meramente economico (l’aiuto di altra natura è solo eventuale) nel caso in cui il figlio che è stato adot- tato ha più di 12 anni e si trovi in condizione di handicap certificato, così come previsto dall’art. 6, comma 8, della legge n. 184 del 1983. (“Nel caso
di adozione dei minori di età superiore a dodici anni o con handicap accertato ai sensi dell’articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, lo Stato, le regioni e gli enti locali possono intervenire, nell’ambito delle proprie competenze e nei limiti delle disponibilità finanziarie dei rispettivi bilanci, con specifiche misu- re di carattere economico, eventualmente anche mediante misure di sostegno alla formazione e all’inserimento sociale, fino all’età di diciotto anni degli adottati”). Nonostante l’apparente tutela, dai dati forniti dai Tribunali
per minorenni per gli anni 2016 e 2017, emerge che le misure a carattere economico sono prevalentemente quelle previste, ex legge n. 104/1992, nelle situazioni di handicap accertato, quindi le stesse che al minore sarebbero state garantite anche se non fosse stato adottato. Non si trat- ta, quindi, di una vera tutela riservata alla famiglia in formazione.11 Nel caso di adozione internazionale, le famiglie godono di un trat- tamento più privilegiato, essendo previsto, al secondo comma dell’art.34, che, per almeno un anno dal suo ingresso in Italia, il bam- bino ed i suoi genitori possono, su richiesta degli interessati, essere assistiti dai servizi socio assistenziali degli enti locali. (“Dal momento
dell’ingresso in Italia e per almeno un anno, ai fini di una corretta integra- zione familiare e sociale, i servizi socio-assistenziali degli enti locali e gli enti autorizzati, su richiesta degli interessati, assistono gli affidatari, i genitori
adottivi e il minore. Essi in ogni caso riferiscono al tribunale per i mino- renni sull’andamento dell’inserimento, segnalando le eventuali difficoltà per gli opportuni interventi”). Oltre la soglia dell’anno, per le adozioni in-
ternazionali, e fino al diciottesimo compleanno, in caso di adozione in nazionale di un bambino con età superiore ai 12 anni o portatore di un handicap, le famiglie adottive non hanno diritti di assistenza normativamente garantiti. Potranno, tutt’al più, accedere ad eventuali programmi di sostegno post-adozione proposti dai servizi socio as- sistenziali del territorio. Ipotesi spesso remota per carenze di organi- co, di disponibilità finanziaria degli enti territoriali e di mancanza di protocolli per coordinare eventuali sinergie degli operatori del settore. Questa carenza del sistema normativo rappresenta il lato nega- tivo della stessa medaglia. Molto rigore nella valutazione teorica delle capacità genitoriali, poco o nessun aiuto per la famiglia in formazione. Tanta attenzione nel verificare che la famiglia sia capace, formata e consapevole, salvo poi dimenticarsi, una volta intervenuta la sentenza di adozione, che in questo percorso deve essere supportata nel tempo, affinché riesca a trovare strategie adeguate di fronteggiamento o di coping. La famiglia adottiva, più delle altre, è una famiglia in continuo divenire, ha un gravoso compito che si dispiega nel lungo periodo, partendo dall’accogliere il vissuto traumatico del figlio per favorirne il risanamento e la trasformazione. E’ una famiglia che si assume la responsabilità genitoriale di un figlio estraneo e svolge al contempo una funzione sociale nel percorso di tutela del bambino. Custodirla dovrebbe essere un compito prioritario del legislatore, da perseguire con lo stesso rigore con cui è stato accertato lo stato di abbandono del bambino e valutata l’idoneità della coppia disponibile all’adozione.
La famiglia adottiva viene “creata” per un’esigenza di tu-
11Senato della Repubblica - Relazione sullo stato di attuazione della legge recante modifiche alla disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori nonche al titolo VIII del libro pri-
tela del bambino, quindi, rientra tra quei diritti della perso- na che, per essere pienamente realizzati, devono riuscire a sod- disfare realmente le esigenze della persona (Camerini, 2013). Tornando al paradigma, ritrovato anche nella Costituzione, che
“la famiglia è tutelata non in sé, ma quale mezzo di promozione del- lo sviluppo della personalità del minore”, a buon ragione si può ri-
tenere legittimo e legale (cioè legato alla legge) che la “tutela” e l’accompagnamento della famiglia in formazione prosegua fin- ché lo sviluppo del minore non si sia perfettamente realizza- to; quindi, ben oltre il termine dell’anno previsto dall’art. 34. In questo vuoto legislativo ed istituzionale, spesso subentrano in sostegno alle neo famiglie le associazioni di famiglie adottive o gli enti autorizzati operativi sul territorio. Tuttavia, queste sono iniziative “in sostituzione” delle istituzioni, spesso su base volontaristica, che aiutano le famiglie ma non tolgono ai neo genitori la sensazione di “essere stati lasciati soli”.
Questa riflessione è emersa in modo ricorrente dalle intervi- ste che ho raccolto ai fini della ricerca. Tra le domande, è stato chie- sto al campione intervistato quale aiuto avevano ricevuto dai servizi sociali al rientro. Di seguito, la risposta di una mamma, che meglio racchiude il senso di solitudine e di abbandono, da parte delle isti- tuzioni, vissuto dai genitori all’ingresso del bambino in famiglia: R – “… prima dell’adozione ti fanno lo screening pure di quante stanze hai
… tutto quanto … devi fornire un sacco di informazioni e tutto e dopo non hanno nessun interesse alla sorte di questo bambino che viene. Nel senso che sono andata io dall’assistente sociale a presentargli F1-3 e a dirgli che avevo intenzione di iscriverlo in una scuola piuttosto che in un’altra e non ho avuto nessun supporto da parte di loro, mentre prima ti chiedono pure veramente quante stanze hai, il reddito per mantenerlo e tutto quanto, se sei sposata e
tutto quanto ma se poi lo lasci in mezzo alla strada o divorzi il giorno dopo non interessa niente a nessuno. Se hai problemi di integrazione non ti danno nessun tipo di supporto di nessun genere, se non lo fai di iniziativa tua”.
Il lavoro di ricerca che verrà esposto nel prossimo capitolo si è posto l’obiettivo di indagare nel privato mondo delle famiglie in forma- zione, o già formate, al fine di coglierne le risorse, i limiti e le difficoltà. L’indagine ha riguardato tutte le principali tappe di un percorso adotti- vo, dalla decisione di coppia al diventare e sentirsi famiglia. L’obiettivo è stato quello di percorrere nuovamente tutto l’iter, ma sotto una nuova prospettiva, quella dei genitori che l’hanno vissuto. La ricerca è stata finalizzata a cogliere e comprendere i punti di forza di chi ha vissuto, vive e vivrà l’ado zione definendo strategie che mantengano nel tempo il benessere delle relazioni all’interno del network fami liare adottivo (Grotevant, Perry, McRoy, 2010, Fermani 2014). Alcune ricerche scien- tifiche (Zhang, Lee 2011) evidenziano come in genere le famiglie adot- tive siano molto soddisfatte del processo di adozione e dell’esito di tale scelta, dichiarando che sarebbero disposte a farlo di nuovo. Questa è la prova che l’adozione ha il potere di migliorare la vita dei geni tori e dei bambini e anche recenti ricerche sottolineano come il profilo affet- tivo e dell’attaccamento dei bambini adottati non sia diverso, ai 3 anni dall’arrivo, rispetto ai bambini non adottati (Sonuga, Barke, 2017).
CAPITOLO IV
La ricerca 4.1. Introduzione –
L’excursus che si è voluto compiere nei capitoli precedenti ci ha permesso di segnare le fondamentali tappe storiche che, dopo un percorso lento, durato tutto il Novecento, hanno portato al riconosci- mento dello status di persona al soggetto minore di età. Da oggetto a soggetto di diritto. L’affermarsi di una cultura di diritti si è accompa- gnata ad una progressiva individuazione della concezione del bam- bino, intesa come riconoscimento di una sua soggettività autonoma rispetto al padre e alla famiglia, e questo ha comportato anche una tra- sformazione importante nei ruoli e nelle funzioni dei genitori (Emilia- ni, 2005). Anche la struttura familiare ha subito notevoli cambiamenti, la nozione di “famiglia” è diventata sempre più fluida, caratterizzata da nuove strategie del vivere insieme (Dinisman, Andresen, Montser- rat, Strózik & Strózik, 2017). Il termine famiglia ha di fatto perso la sua definizione più tradizionale rimanendo però un punto di riferi- mento per la maggior parte degli individui (Migliorini & Rania, 2008). Il contesto familiare viene universalmente riconosciuto come fondamentale nello sviluppo dell’individuo, in quanto la crescita personale è fortemente influenzata dai processi intra familiari come l’interazione genitori-figli (Bronfenbrenner, 1986). Questo costrutto psicologico è stato fatto proprio dal mondo giuridico e trasfuso nel- le più importanti normative. Prima ancora che nella Convenzione
sui diritti del fanciullo, adottata a New York il 20.11.1989, i contribu- ti psicologici applicati al diritto si ritrovano nella Costituzione della Repubblica italiana e nella Legge 184 del 1983, che regolamenta la disciplina dell’adozione. La trasformazione delle famiglie, dei ruoli e delle funzioni genitoriali, unitamente all’affermarsi del riconoscimen- to del minore come soggetto di diritto, hanno ribaltato la prospetti- va del diritto minorile e familiare ed, in particolare, la normativa in materia di adozione. In una nuova ottica assistenziale, il principio cardine di tutto l’impianto legislativo, interno ed internazionale, è di- ventato: “la famiglia è tutelata non in sé, ma quale mezzo di promo- zione dello sviluppo della personalità del minore”. Famiglia biologica e famiglia adottiva rappresentano, dunque, i due estremi del diritto del soggetto minore di età ad avere una famiglia, in una prospettiva funzionale al suo benessere. Il contesto ottimale di crescita è quello di origine, in caso di abbandono il bambino ha il diritto di vivere in un contesto familiare, sostitutivo, ottimale e adeguato ad accoglierlo.