5.4. Coppia, patto di coppia e transizione
5.4.3. Qual è la cosa migliore di tutto il percorso adottivo?
Quando è stato chiesto (domanda 14), diciannove intervi- stati (70,37%) hanno risposto che la cosa migliore era il figlio. Tra di loro, otto intervistati hanno aggiunto altre circostanze ri- ferite all’incontro con il bambino e al viaggio per andare a prendelo: la prima volta che ti vedono e tu li vedi – P4 “La cosa migliore tutte, la prima volta che ti vedono e tu li vedi … non lo so, ma sparisce tutto, ci sono soltanto loro. Io ancora me li ricordo, loro due lì che ci aspettano e lui che mi chiama mamma, si era sbagliato, ma ogni momento. La prima volta che li abbia- mo messi a letto, per paura, perché noi ovviamente eravamo altro, qualcosa avulsa da loro, era agosto, luglio non me lo ricordo nemmeno, luglio agosto, dormivano con il copertone, con i calzini, fin sopra la testa per proteggersi. Perché era qualcosa di strano per loro stare in una casa con persone che non conoscevano. E stare lì e accarezzare la coperta, più che la testa, quella però è stato bellissimo, stare con loro, cercare di fargli capire che volevamo loro bene. Me la ricordo ancora questa scena, insomma, con loro tutti rannicchia- ti sotto il copertone e noi li infondo al letto a sperare che ci accettassero”; la loro contentezza quando stavamo là – P6 “La bellezza di questi bam- bini quando stavamo là, erano contenti e in ungherese racconta-
vano agli altri “guarda quello è papà” “quella è mamma”. La con- tentezza, loro erano felici, saltavano, erano pieni di gioia e questa è la cosa che ci ha resi più felici e che è la cosa più bella tutt’ora”; il viaggio della vita – P8 “La cosa migliore quando parti, vai a prenderti il bambino. Il viaggio della vita, non ci sono altre cose. Quello è proprio il viaggio della vita!”; è un principe – M9 “Mio figlio. Lui! E’ fantastico, è un principe!”; aver fatto famiglia – P9 “La cosa migliore è mio figlio, il fat- to di aver fatto famiglia, mia moglie e mio figlio”; gli occhi anche degli altri bambini – M11 “Ebbeh lei. Lei, lei e non solo lei. Lei e quel- lo che grazie a lei abbiamo potuto vedere e vivere. Perché gli occhi anche degli altri bambini là se non era per lei non li avrei mai visti. La gioia che mi hanno dato, la forza anche di dire ok sono disposta a fare anche un’altra adozione, ma non perché voglio andare per forza in Etiopia, i bambini sono tutti uguali, non c’è… grazie a lei. Ma già ce le avevo di mio queste cose, ma poi vedendo lei in situazioni … vedendo, ripeto, certi occhi, dici “no non basta, potrei fare di più”; cose incommensurabili – P14 “Ma la cosa migliore sono loro tre e tutti e tre, veramente, sono state delle cose in- commensurabili. Io lo consiglio veramente a tutti”; casa – M12 “Quando ce la siamo portati a casa! (si commuove)”. Sei intervistati ((22,22%) hanno dato risposte più comples- se, ma tutte ricollegabili alla gioia di essere diventati genitore: certezza di un’adozione – P2 “La cosa che ci è capitata la cer- tezza di arrivare ad un’adozione. Prima non ce l’avevamo”; riuscivamo ad essere famiglia – M3 “Beh, quando comun- que ho visto che riuscivamo ad essere famiglia, non c’era tut-
ta quella resistenza che pensavo avesse F1-3 nei confronti nostri”; un ragazzo dolce – P3 “La cosa migliore …la cosa migliore se vo- gliamo continuare questo discorso, la cosa migliore è che poi que- sti elementi negativi poi si sono un po’ aggiustati. La cosa miglio- re in assoluto però credo che sia aver trovato un bambino, essere diventato padre di un ragazzo, oggi un ragazzo all’epoca un bambino, che ha un carattere molto molto dolce, tranquillo, mansueto, poco problematico”; il sentimento – M7 “La cosa migliore è il sentimento … quello che si vive essen- do mamme perché è esattamente quello che io pensavo che fosse prima di es- serlo. Quindi proprio la conferma che questo forte amore mi mancava. Ades- so ho confermato che era proprio quello che volevo. Ce l’ho e sono felice!”; uniti sempre di più – M13 “Eh la cosa migliore è che co- munque in quel periodo ci siamo uniti sempre di più”; essere partiti – P13 “Di esserci riusciti e di essere partiti”. Queste ultime risposte confermano che il momento del “primo incontro” tra i genitori e il figlio è spesso fantasticato e narrato come un immediato e reciproco riconoscersi “appartenenti” in un vincolo che va oltre le diversità, in cui immediatamente sentono «che era proprio lei la bimba che aspettavano da tanto tempo!» (Giorgi, 2003, Greco, 2019). Un intervistato evidenzia che l’aspetto migliore di tutto il percorso è stata l’apertura e la solidarietà sociale e familiare: solidarietà – M4 “La solidarietà da parte di altri famigliari e anche da parte di amici”;
Due intervistati, i coniugi M10 e P10, rispondono in ma- niera più articolata. Entrambe le risposte fanno riferi-
mento ad un percorso familiare ancora in transizione. ho provato a fare del bene – M10 “La cosa migliore è la soddisfazione di dire “ho provato a fare una cosa bella” penso che … un po’ questa è una visione della vita”; valore aggiunto nella famiglia – P10 “Abbiamo aggiunto. Ab- biamo valore aggiunto nella famiglia. Abbiamo amore, abbia- mo visto … siamo testimoni di un bambino che sta crescendo …”.
Nelle ultime due risposte, date dai genitori M10 E P10, che hanno adottato un anno prima dell’intervista, sono emersi al- tri due elementi importanti della ricerca, la prima in merito alle motivazioni che hanno portato all’adozione e l’altra risposta cir- ca l’adattamento del bambino dopo il suo ingresso in famiglia: ho provato a fare del bene – M10 “Tu puoi avere tante visioni dalla vita. Puoi andando cercando di evitare tutte le incombenze e poi arrivi alla fine, per- ché poi alla fine ci arriviamo tutti e poi ti guardi indietro. Io non voglio tro- varmi alla fine e guardarmi indietro e dire non ho fatto niente, non ci ho nemmeno provato a fare un pochettino di bene … almeno ci ho provato. Con tutte le più buone intenzioni ci ho provato a fare del bene anche se non mi sono risparmiata, certo perché dei giorni potevo dormire a giorni ecco … invece di andare in Ungheria potevo stare tranquilla a casa mia ecco”; il disagio all’inizio – P10 “io vedo … io mi ricordo di quando siamo arrivati a casa nostra, che era casa sua, subito abbiamo messo le foto. Erano già lì le foto sue quando è entrato in casa. Però il disagio all’inizio perché era uno spazio più piccolo, lui era abituato a spazi più aperti, più grandi e ovvia- mente le difficoltà i primi giorni, quando andava a scuola. Vedere questo bambino che è sicuro di sé, sempre più sicuro, contento, sempre più sen-
za sforzo come vive tutto. E’ difficile spiegarlo …lui ha delle certezze, che non ha mai avuto, ed ha anche dei limiti, che gli imponiamo e non ha mai avuto. Sono cose che vedo in crescita. Lo vedo seduto sul divano. All’inizio, dicevo a M10, sembrava che lui stava appiccicato sul divano e non andava in camera sua. Non era lo spazio suo ancora. Adesso ha il suo spazio, quin- di non sta sempre attaccato al divano a guardare la televisione o giocare al video giochi. Ha il suo spazio, non solo dentro anche fuori, ha tanti amici. Conosce più persone a Macerata di me (risata). D - Si sente a casa … R - Que- sto si. Vederlo così ben inserito, questa è la cosa che da più soddisfazione”.