• Non ci sono risultati.

1.4 L‟Italia e la cooperazione 1 La cooperazione governativa

1.4.2 Cooperazione non governativa e Cooperazione decentrata

La Cooperazione non governativa.

La realtà della cooperazione non governativa italiana è vasta ed articolata. A comporla, ci sono essenzialmente due categorie – quasi equivalenti – di organismi: da un lato, le ONG con idoneità del MAE; dall‟altro, le associazioni senza idoneità (prevalentemente enti religiosi e fondazioni).

Questa prima distinzione è fondamentale: mentre in ambito internazionale è diffusa la tendenza a definire ONG ogni realtà del terzo settore, a prescindere dal suo status giuridico, in Italia la legge 49 ha istituito un albo ad hoc. Per iscriversi all‟albo, è necessario ottenere

177 Gianni Ballarini, La Caporetto governativa, da Nigrizia, maggio 2010.

178 Il documento in questione è stato successivamente rivisto e aggiornato attraverso il documento Linee guida

della cooperazione per il triennio 2011-2013 del dicembre 2010.

179

La cooperazione si rivolgerà anche a tematiche trasversali, con azioni integrate e multisettoriali, in particolare a favore dell‟empowerment femminile e dei gruppi vulnerabili. Sono previste inoltre azioni a sostegno del patrimonio culturale. Nel documento più recente che aggiorna le linee guida per il triennio 2011-2013, i settori d‟intervento vengono accorpati ma rimangono invariati, con una minore enfasi sull‟accesso all‟acqua, mentre si è dato risalto all‟impegno a sostegno della salute materno-infantile.

un‟idoneità, dal MAE. Essere riconosciuti idonei equivale a poter accedere ai finanziamenti del Ministero181: si viene riconosciuti idonei a gestire progetti di cooperazione182.

Nel 2007, secondo una ricerca della Melgari, erano 256 gli enti – tra ONG con idoneità e associazioni senza idoneità – che si occupavano, in Italia, di cooperazione e solidarietà internazionale. I due gruppi di enti, come già accennato, numericamente si equivalgono183.

Negli ultimi trent‟anni il settore della cooperazione non governativa è cresciuto esponenzialmente, espandendosi in tutte le sue dimensioni. Sono aumentati innanzitutto gli enti e il numero degli operatori.

Dal 1976 al 2006, il numero delle associazioni che portano avanti progetti di sviluppo o azioni umanitarie è quasi quintuplicato e il numero degli operatori, nello stesso arco di tempo, è decuplicato.

«Se la cooperazione allo sviluppo non governativa fosse un‟azienda sarebbe una delle grandi imprese italiane»184. Nel 2007, secondo la stessa ricerca della Melgari, erano 6.253 gli espatriati, ovvero gli operatori del settore inviati a lavorare all‟estero185. La forma contrattuale decisamente più utilizzata è quella del contratto di collaborazione a progetto186. «Il massiccio ricorso a questa tipologia di assunzione è considerato una spia della inadeguatezza della legge 49/87 rispetto alla regolazione del rapporto tra operatore ed ente no profit»187.

Le donne rappresentano quasi il 50% degli operatori espatriati, un dato decisamente degno di nota in un contesto – quello italiano – spesso sfavorevole e discriminante nei confronti delle donne (in termini di occupazione, uguaglianza di genere o presenza femminile in ruoli di potere). La cooperazione – sempre sul fronte degli espatriati – oltre che rosa, è anche giovane: nel 2007 quasi il 50% degli espatriati aveva un‟età compresa tra i 19 e i 35 anni188.

Ad essere cresciuto è anche il numero dei Paesi nei quali le organizzazioni italiane operano. Geograficamente la cooperazione si è notevolmente estesa. Nel 1986, gli operatori italiani lavoravano in 50 Paesi189 e il 99% si divideva tra due continenti: l‟Africa e l‟America Latina. Il totale dei paesi raggiunto dalla cooperazione non governativa italiana nel 2006 era

181

Art. 29 della legge 49/87.

182 Si ottiene l‟idoneità mediante un apposito decreto del Ministro e sentito il parere della Commissione per le

ONG. I requisiti per ottenerla sono diversi e sono elencati all‟art. 28 della L. 49/87; indispensabile è aver svolto attività di cooperazione per almeno tre anni.

183

Le ONG idonee, numericamente, nel 2007 rappresentavano il 49% degli enti no profit italiani; le associazioni (non idonee) il 33%; gli enti religiosi il 17, le fondazioni l‟1 (MELGARI 2008, p. 18).

184 MELGARI 2007, p. 14.

185 La ricerca si basa su due tipi di dati principali. In primo luogo, sui dati raccolti dalla SISCOS – in qualità di

servizio di Patronato per l‟assistenza assicurativa alle associazioni ed agli operatori – direttamente dalle applicazioni assicurative (per un totale di 5.596 collaboratori). Secondariamente, vi sono i dati relativi agli espatriati che partono con contratto registrato presso la DGCS del MAE. Il dato non è completo, sia per la mancata comunicazione da parte di qualche organismo, sia per l'impossibilità di avere il dato ufficiale dal competente ufficio del MAE. Questo significa che il numero di cooperanti e volontari MAE è probabilmente inferiore a quello effettivamente attivo nei Paesi dove vengono realizzati i progetti: ci sono più cooperanti di quanti ne “risultino” (MELGARI 2008, p. 12).

186

La maggioranza dei contratti di collaborazione (relativamente al 2007) è di breve durata, tra uno e cinque mesi. La richiesta di prestazioni professionali di durata inferiore ai 6 mesi nel 2007 costituiva il 75% del totale.

187 MELGARI 2008, p. 13.

188 In questo segmento rientrano però molti operatori che si recano all‟estero attraverso iniziative assunte

dall‟Unione Europea o attraverso il Servizio civile all‟estero – programma comunque fortemente ridimensionato negli ultimi anni dall‟attuale Governo Berlusconi.

invece di 109. Africa e America Latina restano due mete importanti ma è cresciuta la presenza italiana in Asia e nella stessa Europa190. Il 58% degli espatriati italiani, nel 2007, lavorava in Africa – il continente con la più alta presenza di operatori (tabella 1).

Tabella 1. Paesi africani con più di 100 operatori italiani

PAESE NUMERO OPERATORI

KENIA 319 UGANDA 310 MOZAMBICO 228 ETIOPIA 215 SUDAN 211 SOMALIA 203 BURUNDI 195 TANZANIA 184 R.D.C. 178 CIAD 150 RUANDA 107 TOTALE 2007 2.300

Fonte: UN MESTIERE DIFFICILE 2008

Un altro segno del dinamismo del settore è anche il fermento nel campo della formazione, per quanto non manchino le criticità. Nell‟anno accademico 2006/2007, secondo uno studio del Formez, le Università italiane hanno organizzato 66 master in questo campo. Si tratta di corsi nati pochi anni prima che però raramente – come sottolinea Rufini – raggiungono dei livelli di qualità sufficienti: «un sistema formativo esageratamente prolifico e ancora strutturalmente debole e ampiamente scollegato dalla comunità della cooperazione internazionale, e quindi molto spesso occupato a reinventare l‟acqua calda»191.

La cooperazione non governativa italiana non è cresciuta solo nei numeri; ci sono stati diversi cambiamenti anche qualitativi e il settore oggi è sicuramente più complesso rispetto a qualche decennio fa. Diverse organizzazioni sono fortemente strutturate e operano con centinaia di operatori sul terreno; del resto le procedure di finanziamento dei donatori sono cambiate e questo ha significato anche che diversi enti si sono dovuti dotare di ampi dipartimenti amministrativi.

Accanto a piccole realtà si sono sviluppate le grandi associazioni che impiegano più di cento espatriati.

Lo scenario italiano è quindi oggi caratterizzato da un mosaico di associazioni di natura e dimensioni decisamente diverse. Questo assetto e questa marcata eterogeneità possono costituire anche un punto di forza del sistema: «Da un lato, infatti, le medie e grandi

190 MELGARI 2007, p. 36-37. 191 RUFINI 2008, p. 9.

associazioni, che sempre più spesso hanno una gestione simile a quella di un‟impresa sociale, assicurano che la cooperazione non governativa si mantenga al passo con le best practices europee e internazionali e che continui a ricevere fondi e a intrattenere rapporti con i grandi cofinanziatori, soprattutto Unione Europea e Ministero degli Affari Esteri, cercando, allo stesso tempo di incidere su tutte le politiche internazionali che influenzano le condizioni di vita dei popoli del Sud. Dall‟altro, la presenza delle piccole realtà con un forte legame con il territorio, permette alle associazioni di mantenersi sempre in contatto con la propria base sociale in particolare e la società civile italiana in generale, interpretandone le spinte motivazionali e aiutandola a incanalare il desiderio di contribuire alla lotta contro le ingiustizie»192.

La maggioranza degli enti è di piccole dimensioni e impiega meno di 11 operatori all‟estero (tabella 2).

Tabella 2. Numero di associazioni per dimensione – 2007

Documenti correlati