Un discorso sulla storia – ma anche sull‟efficacia98 – della cooperazione non può prescindere da un‟analisi del concetto di sviluppo, elemento costitutivo ed obiettivo di fondo della cooperazione. Gli aiuti nascono per portare sviluppo, per superare il sottosviluppo; la cooperazione è cooperazione allo sviluppo, volta al raggiungimento di questa condizione. Una riflessione sul tema è necessaria.
«Troppo spesso attraverso la stessa cooperazione si vuole “aiutare” altri popoli a “svilupparsi” senza chiarire bene quali siano le motivazioni evidenti, apparenti o nascoste dell‟aiuto, senza nemmeno avere chiaro cosa sia in realtà lo sviluppo e se il nostro modello sia, in effetti, da “esportare chiavi in mano” al resta del pianeta»99
.
È evidente che i contenuti – le implicazioni e le estensioni – del concetto di sviluppo hanno giocato un ruolo fondamentale nel determinare gli stessi contenuti della cooperazione, così come ne hanno influenzato i risultati. A fronte di un‟idea di sviluppo che risulta poco incisiva nel migliorare le condizioni di vita delle persone, è improbabile che la cooperazione – che questa idea cerca di renderla operativa – possa ottenere riscontri positivi. Un‟analisi del sistema degli aiuti, dunque, va di pari passo ad un‟analisi del modello di sviluppo che si è proposto e si propone: se la cooperazione non è servita a migliorare le condizioni di vita nei Paesi poveri, è necessario chiedersi se l‟idea di sviluppo che si è proposta fosse (e sia) valida. «Negli ultimi decenni, sono molto cambiate le opinioni sia sul significato dello sviluppo sia sul modo di raggiungerlo»100; di questa evoluzione si è in parte già raccontato ma è utile
97 ZUPI 2009, p. 7. 98
Sul tema dell‟efficacia della cooperazione si ritorna più volte nel corso dello scritto.
99 SCHUNK 2008, p. 135. 100 STIGLITZ 2006, p. 49.
tornare su alcuni passaggi e su due punti in particolare: l‟estensione attuale del concetto di sviluppo (verso temi che non sono più solo economici) e il riconoscimento dell‟insostenibilità (se non altro in termini economici) del modello di sviluppo occidentale.
Per lungo tempo, come già ricordato, lo sviluppo è stato fondamentalmente ricondotto alla sola dimensione economica: una vera e propria dittatura del PIL ha fatto in modo che il dibattito si esaurisse intorno al tema della crescita dell‟economia e che, di conseguenza, gli economisti si sentissero «gli unici in grado di misurare il benessere umano»101. Di riflesso, la cooperazione è stata schiacciata su motivi economici e in nome dello sviluppo ha promosso interventi che ignoravano, per esempio, gli effetti sociali o i costi ambientali di determinate scelte.
Nel corso degli anni, l‟enfasi sul PIL è stata decisamente ridimensionata – di questa evoluzione si è già detto – e oggi lo stesso dibattito e il confronto sul tema sono sicuramente ben più ampi e non si limitano alla sola sfera economica102.
È cambiato il modo di vedere lo sviluppo, sono cambiate di conseguenza le strategie volte a raggiungerlo e in questo cambiamento è coinvolta, evidentemente, la cooperazione che del resto, oggi, non è volta esclusivamente a favorire la crescita del PIL ma, per incidere sulla qualità della vita dei beneficiari, lavora su diversi fronti.
Se il concetto di sviluppo è cambiato profondamente, è anche perché il modello imperante, quello occidentale, ha mostrato – già da tempo – tutti i limiti di una crescita che ha comportato e comporta dei costi elevati a livello ambientale, sociale e culturale103. «Risulta che anche nei paesi industrializzati lo sviluppo non conduce necessariamente alla prosperità»104. La crescita del PIL non si è tradotta necessariamente in un miglioramento delle condizioni di vita – neppure per i cittadini occidentali; ne ha sicuramente aumentato i consumi e la possibilità di usufruire di un numero crescente di beni e servizi. Che a questa maggiore disponibilità, però, sia corrisposta (o possa corrispondere) una maggiore qualità della vita – è decisamente discutibile e infatti il tema è estremamente discusso. «Crescita economica e benessere si vanno divaricando. E […] si è dissolto, almeno in Occidente, il segreto stesso dell‟immenso successo che sta a base dello sviluppo: l‟idea che la perenne aspirazione umana a migliorare la propria condizione potesse essere catturata definitivamente nella ricerca senza fine di ricchezza materiale»105.
101
SCHUNK 2008, p. 133.
102 Del resto, il tema «è un tema dell‟economia, certamente e forse principalmente, se non altro per il debordante
ruolo che la crescita del reddito disponibile ha assunto dentro la dinamica dello sviluppo. Ma è anche, evidentemente, un tema della sociologia, che ha nel mutamento sociale uno dei suoi prevalenti campi di interesse. Come lo è dell‟antropologia, della storia, della geografia, della scienza politica, delle relazioni internazionali. Così come contiene questioni etiche e filosofiche, giuridiche, persino teologiche, se si considera che sono la concezione dell‟uomo, dei suoi diritti naturali, ad essere chiamati in ballo» (BOTTAZZI 2007, p. 11).
103
Sono evidenti «i rapporti di causa-effetto tra la crescita del prodotto interno lordo e l‟esaurimento delle risorse non rinnovabili, l‟incremento esponenziale delle varie forme di inquinamento, la progressiva devastazione degli ambienti naturali e storicamente antropizzati, la disoccupazione, le guerre, il degrado sociale» (PALLANTE 2005, p. 23).
104 TRAORÉ 2009, p. 79. 105 BEVILACQUA 2008, pp. 3-4.
Il modello occidentale si è basato per troppo tempo sull‟illusione di una crescita illimitata che però consuma e ha bisogno di risorse che sono tutt‟altro che illimitate. «Si può anche far aumentare il PIL saccheggiando l‟ambiente, esaurendo le già scarse risorse naturali, contraendo prestiti all‟estero – ma questo tipo di crescita non è sostenibile»106
. Alla crescita del PIL, inoltre, non si accompagna una riduzione tout-court della povertà così come non è la crescita del PIL ad assicurare un aumento della giustizia sociale o del livello di democrazia – tutti aspetti che invece hanno assolutamente a che fare col benessere di una società e con la qualità della vita delle persone.
Al contrario, anche dove il PIL è cresciuto a tassi sostenuti, «lo sviluppo, nella sua straordinaria creatività, si è mostrato capace di generare, nelle stesse società ricche, nuove forme di povertà, marginalità, degradazione ambientale, insicurezze, abissi di iniquità»107. Anche i Paesi occidentali conoscono forti manifestazioni di disagio, le cui soluzioni non risiedono certo nella sola crescita del PIL.
Un consumo sconsiderato delle risorse e l‟ossessione per una crescita economica che non si traduce necessariamente in un miglioramento del benessere: è innegabile che questi siano due elementi importanti del modello di sviluppo all‟occidentale. Modello che, del resto, ha incontrato decise resistenze, ha forti oppositori108 – anche al suo interno – e che, se non altro rispetto a questi suoi aspetti di insostenibilità, dovrebbe considerarsi superato. Finito, come scrive Bevilacqua109.
La consapevolezza rispetto ai mali dell‟Occidente (e, di conseguenza, dell‟occidentalizzazione del mondo) è estesa e del resto le più recenti evoluzioni del concetto di sviluppo – nella cornice più generale della sostenibilità – insistono sulla necessità di superarli, lavorano per farlo e per fare dello sviluppo uno strumento di aumento del benessere e delle condizioni di vita degli esseri umani.
Tra passi falsi e dichiarazioni di intenti, oggi quando si parla di sviluppo l‟enfasi è sempre più spesso – e giustamente – posta sui bisogni e le necessità delle persone. Per dirla alla Sen – Premio Nobel che ha fortemente contribuito ad estendere e rivedere il concetto – «lo sviluppo può essere visto […] come un processo di espansione delle libertà reali godute dagli esseri umani»110. È questa una concezione che mette al centro del confronto le libertà umane e
106 STIGLITZ 2006, p. 47. 107 BEVILACQUA 2008, p.5.
108 È soprattutto con la fine del bipolarismo – come sottolinea Ianni – che l‟era dello sviluppo entra decisamente
in crisi. «Producono il suo tramonto fenomeni diversi: la crisi della concezione dei paesi di industrializzazione avanzata come modelli da adottare, il cui segnale più visibile è dato dalla profondità della crisi ecologica; la sparizione della categoria “terzo mondo”, come conseguenza della scomparsa del confronto est-ovest; il fallimento della modernizzazione, che produce solo polarizzazione ed esclusione, una “terra di nessuno tra modernità e tradizione”; la “spaventosa perdita di diversità” che deriva da quello che da sempre è stato il programma occulto dello sviluppo, l‟occidentalizzazione» (IANNI 2004, p. 57; l‟autrice, nel passaggio, riporta e sintetizza diversi argomenti della prospettiva postsviluppista).
109
«Lo sviluppo, la corsa la conseguimento di sempre più alti standard di vita attraverso sempre più elevati livelli di produzione e di consumo di beni materiali e servizi, è finito. L‟insieme dei processi economici e sociali che nell‟ultimo mezzo secolo ha moltiplicato i redditi individuali dei cittadini dell‟Occidente, accresciuto il loro benessere materiale, innalzato il loro orizzonte culturale, esteso gli spazi di libertà e rafforzato la loro partecipazione democratica, si è concluso. Una grande pagina della storia recente del mondo è giunta a termine» (BEVILACQUA 2008, p.3).
supera visioni decisamente più ristrette «come quelle che lo identificano con la crescita del prodotto nazionale lordo (PNL) o con l‟aumento dei redditi individuali, o con l‟industrializzazione, o con il progresso tecnologico, o con la modernizzazione della società»111 – tutte visioni per lungo tempo dominanti112.
Il concetto di sviluppo è quindi estremamente ampio, non può ridursi a un semplice indicatore economico perché non si esaurisce in una sola dimensione113. Lo sviluppo è libertà, per continuare con Sen; lo sviluppo è giustizia, accesso all‟istruzione, partecipazione ai processi decisionali. Allo stesso modo è disponibilità materiale, è la possibilità di soddisfare i propri bisogni essenziali; è libertà d‟espressione; è tutela dell‟ambiente, è un consumo razionale delle risorse che non ne compromette l‟esistenza. È una sfida globale che riguarda tutti; lo sviluppo si è trasformato «in un problema di destino individuale e sociale che ciascun individuo, gruppo o società persegue; di quale idea di giustizia sociale ciascuno ha; di quale progetto di società e di futuro condivide. Diventa un problema “politico”, prima ancora che economico»114.
A livello internazionale, è intorno agli Obiettivi del Millennio – Obiettivi di Sviluppo – che i Governi hanno trovato una sintesi sui contenuti del concetto e, di conseguenza, sui fronti e sui temi sui quali lavorare per raggiungerlo, estenderlo e consolidarlo. Intorno a tali Obiettivi, evidentemente, non c‟è un consenso unanime e le critiche non mancano – ma questo è insito nella natura stessa di un confronto. La cooperazione è chiamata a lavorare per il raggiungimento degli Obiettivi del Millennio e il concetto di sviluppo che oggi si trova a veicolare ha come sfondo, cornice, fine, questi obiettivi. Con tutte le contraddizioni del caso; con una pratica talvolta estremamente lontana o semplicemente diversa dalla teoria; con dei Paesi occidentali che predicano sostenibilità, giustizia e democrazia e poi promuovono azioni e tengono condotte che hanno esiti e conseguenze che lavorano in direzione opposta.
La battaglia per lo sviluppo è ancora decisamente aperta, così come il cammino verso una buona cooperazione. Cammino, oggi, (se non altro) lastricato di buone intenzioni (ma non necessariamente di buone strategie operative).
111 Ibidem. 112
Delle teorie economiche legate allo sviluppo si è in parte già detto nel capitolo precedente. Si è accennato alle teorie della modernizzazione (che riconducevano il sottosviluppo a ragioni interne alle stesse società ed economie sottosviluppate) e alle teorie della dipendenza (in questo filone, il sottosviluppo è considerato, appunto, il risultato della situazione di dipendenza nella quale si trovano i Paesi Poveri nei confronti dei Paesi più sviluppati); ma il discorso, evidentemente, è decisamente più articolato. Il tema è estremamente ampio e in questa sede non ci si può che limitare a dei richiami. Una sintesi efficace dell‟evoluzione del concetto di sviluppo e delle teorie ad esso legato è presente in BOTTAZZI 2007, BOTTAZZI 2009 e MELLANO, ZUPI 2009.
113
Questo non significa che la crescita dell‟economia non abbia un peso nel processo di sviluppo: come sostiene lo stesso Sen «la crescita del PNL o dei redditi individuali può essere un importantissimo mezzo per espandere le libertà di cui godono i membri della società: ma queste libertà dipendono anche da altri fattori, come gli assetti sociali ed economici (per esempio il sistema scolastico o quello sanitario) o i diritti politici e civili (per esempio la possibilità di partecipare a discussioni e deliberazioni pubbliche)» (SEN 2001, p. 9).