PARTE SECONDA
4 ZANZIBAR: UN PARADISO IN VIA DI SVILUPPO 1 La sua storia e le sue gent
4.2 L‟arcipelago, ogg
4.2.1 Il quadro economico
Per quanto l‟economia zanzibarina negli ultimi anni sia cresciuta a ritmi sostenuti, la povertà nell‟arcipelago resta ancora a livelli estremamente alti.
Il PIL cresce a tassi elevati, da diversi anni e cresce conseguentemente anche il PIL pro- capite, passato dai 284 mila scellini del 2003 ai 518 mila del 2007 (l‟equivalente di 415$).491
Tabella 5 – Crescita del PIL
ANNO 2002 2003 2004 2005 2006 2007
PIL 8,6% 5,9% 6,5% 4,9% 6% 6,5%
Fonte: ZIFA 2009
L‟inflazione si attesta su valori elevati e negli ultimi anni è cresciuta sensibilmente. Se nel 2007 è stata del 13,1%, nel 2008 ha superato il 20%. Inoltre l‟aumento dei prezzi ha riguardato soprattutto il cibo (in particolare il riso importato e il pesce – due prodotti alla base della dieta locale). Le esportazioni sono legate fondamentalmente ai chiodi di garofano e alle alghe; le importazioni aumentano e aumenta anche il deficit della bilancia commerciale492.
L‟aumento del PIL si traduce in una maggiore disponibilità monetaria ma non necessariamente in un miglioramento delle condizioni di vita. LHCR sottolinea che la crescita è nei dati, è teorica più che pratica: le condizioni di vita degli zanzibarini negli ultimi anni si sarebbero fatte più dure.
La povertà è estremamente diffusa e riguarda, su soglie diverse, gran parte della popolazione493. Lo stesso salario minimo nel settore governativo è di appena 60 mila scellini (poco più di 40$), cifra insufficiente anche solo a coprire i costi del cibo necessario ad una singola persona.494
490 Separazione di Said Ahmed Mohamed. Separazione (titolo originale Utengano) è un romanzo scritto nel
1980 da Said Ahmed Mohamed, autore zanzibarino (nato nel 1947 e cresciuto a Pemba). Il romanzo – come scrive la traduttrice Flavia Aiello Traore – è un‟opera decisamente rilevante per almeno due motivi: lo stile linguistico (l‟uso elaborato della lingua Swahili) e i temi trattati (Separazione è un ritratto critico e realistico della società zanzibarina post-rivoluzionaria).
491 ZIFA 2009, p. 1; OCGS 2006. 492
ZIFA 2009, p. 3.
493
OCGS 2008.
494 60 mila scellini mensili equivalgono a 2 mila scellini al giorno. Per poter comprare lo stretto necessario si
spendono almeno 5 mila scellini – LHCR prende in considerazione un paniere di beni essenziali (riso, pesce, zucchero, cherosene, legna da ardere). Solo per lo stretto necessario quindi servirebbe un salario di 150 mila scellini – cifra che comunque non basterebbe a coprire altre spese quali acqua, scuola, affitto etc. (LHCR 2009, p. 218).
La crescita demografica si mantiene alta, cresce la disoccupazione (soprattutto quella giovanile) e l‟attività economica oggi più importante – il turismo – ha effetti contraddittori sulla condizione della popolazione locale.
Nel 2007, il terziario era il settore di gran lunga più importante del PIL zanzibarino (il 43,9%) seguito a lunga distanza dall‟agricoltura495
.
L‟economia zanzibarina ha cambiato volto negli ultimi trent‟anni per via di una progressiva liberalizzazione e dell‟apertura ai mercati internazionali. Il cambiamento più significativo è stato sicuramente la crescita del turismo e il conseguente passaggio da un‟economia basata sull‟agricoltura ad un sistema economico ormai quasi dipendente dal turismo.
Sono le attività legate all‟ecosistema marino le più rilevanti/significative: sul mare sono basate attività come il turismo e la coltivazione delle alghe, attività che producono reddito in termini monetari. Dal mare però dipendono anche altre attività che non necessariamente generano reddito in termini monetari ma che sono fondamentali per la sussistenza stessa dei locali: la pesca, in primis.
Le attività economiche direttamente basate sull‟ecosistema marino contano per oltre il 30% del PIL496 e per la sussistenza di una parte importante della popolazione, specialmente nelle comunità costiere. Il valore del mare non è quindi quantificabile in termini puramente economici ma è strategico. Da una gestione sostenibile del capitale naturale dell‟arcipelago, in particolare dall‟ecosistema marino e costiero, dipende il futuro di diverse attività (ad oggi ancora) fondamentali497.
Lo stretto rapporto tra uomo e ambiente, a Zanzibar, è un‟evidenza.
Sarebbe riconducibile al turismo il 26% del PIL zanzibarino498. Gran parte della ricchezza prodotta dal settore non ricade però sulla popolazione locale che sembra non essere il primo e maggiore beneficiario.
Il modo in cui lo sviluppo turistico è stato condotto ha marginalizzato – o comunque non è stato in grado di coinvolgere – le comunità locali che invece hanno pagato e pagano le conseguenze negative dei cambiamenti indotti dal settore.
Il turismo è una voce importante del PIL ed una importante fonte di reddito per tanti zanzibarini. Affianco ad attività generatici di reddito, restano però, come già accennato, diverse pratiche che non generano reddito – in termini monetari.
Turismo, pesca e coltivazione delle alghe sono le tre principali attività legate al mare e all‟ecosistema marino. Mentre la pesca è un‟attività tradizionale che solo recentemente (con lo sviluppo turistico e in generale con la liberalizzazione dei mercati) è diventata, per alcuni, generatrice di reddito, la coltivazione delle alghe e il turismo sono attività decisamente più recenti. La convivenza tra queste attività non è sempre facile; per quanto – teoricamente e con una gestione oculata delle risorse – una non escluda necessariamente le altre e viceversa, i
495 ZIFA 2009, p. 1. 496 LANGE 2008. 497
La connessione e la dipendenza sono evidenti, come sottolineato anche da diversi autori (tra gli altri: LANGE 2008; GROOTENHUIS, LOPEZ 2003).
motivi di tensione e le preoccupazioni per il degrado crescente dell‟ecosistema marino non mancano.
Sebbene il peso del turismo in termini macroeconomici superi di gran lunga quello delle altre attività legate al mare, dal punto di vista delle comunità locali questa grande differenza non è sempre evidente: i locali, come già detto, partecipano marginalmente ai profitti generati dal settore.
La pesca
La pesca contribuisce per il 6% al PIL zanzibarino ma ha un peso decisamente più rilevante per la popolazione che dalla pesca trae sostentamento.499 Nell‟arcipelago, la pesca è quasi esclusivamente su piccola scala ed è un‟attività che interessa soprattutto il mercato locale.
Per quanto a livello globale i pescatori siano generalmente tra i più poveri, a Zanzibar il reddito medio di un pescatore nel 2007 si attestava sui 765$ pro-capite – decisamente superiore al reddito medio pro-capite (di 415$). Ci sono comunque squilibri all‟interno della categoria: il 22% dei pescatori per esempio non dispone di un‟imbarcazione e pesca a piedi, lungo la costa (di questa categoria fanno parte soprattutto le donne).500
A causa dell‟assenza di statistiche accurate e attendibili, è difficile stabilire come il reddito prodotto dalla pesca si distribuisca tra gli attori coinvolti. Uno studio di Coles, Lange e Jiddawi cerca di fare chiarezza, prendendo in considerazione i vari passaggi, dal pescatore al consumatore; lo studio analizza diverse attività: l‟asta del pesce negli approdi e nei mercati di Stone Town; il commercio all‟ingrosso (diversi consumatori e diversi hotel comprano il pesce in questo modo); la vendita al dettaglio nei mercati locali e nei principali mercati di Zanzibar Town; la lavorazione del pesce (primaria e secondaria)501.
Lo studio in questione mostra che sono le comunità locali a beneficiare di gran parte del reddito prodotto dalla pesca. A guadagnare poco sono i banditori (il pesce viene venduto all‟asta), il primo anello nella catena della commercializzazione del pesce. Commercianti e grossisti ottengono compensi maggiori rispetto alla media; a guadagnare meno sono le persone coinvolte nella lavorazione del pesce. La pesca è un processo non particolarmente regolamentato o regolare: la contrattazione è la norma. Una serie di accordi tra il proprietario dell‟imbarcazione, capitano ed equipaggio – parte del salario è spesso corrisposto in pesce. Una parte del lavoro è poi svolto dai familiari (la pesca, come molte attività economiche, è anche affare di famiglia) – il ché rende comunque più difficile quantificare guadagni e distribuzione degli stessi.
Sono pochi i non zanzibarini coinvolti e i beneficiari sono prevalentemente locali. I mercati locali possono applicare delle tasse su chi vende – ma si tratta di denaro speso per la manutenzione del mercato stesso.
499
OCGS 2006.
500 LANGE 2008.
Al Dipartimento della Pesca vanno corrisposte delle tasse (che variano a seconda delle dimensioni dell‟imbarcazione e del motore) non particolarmente elevate per avere una licenza – la pesca artigianale però non prevede tassazione e, in generale, i pescatori operano in regime di libertà; non ci sono restrizioni. La pesca artigianale è comunque volta all‟autoconsumo.
La coltivazione delle alghe
Introdotta alla fine degli anni ‟80, la coltivazione delle alghe era vista come un‟importante attività generatrice di reddito per le comunità costiere, in particolare per le donne. Fondamentalmente destinata all‟esportazione, la produzione è passata dalle 1.500 tonnellate del 1991 alle 8.485 tonnellate del 2007. Al contempo gli occupati nel settore sono passati dai 1.000 del ‟91, ai 16.206 del 2007.502
Nel totale del comparto agricolo, le alghe costituiscono solo l‟1% della produzione ma contano per il 23% del reddito prodotto dal settore agricolo.503
Questo perché, se buona parte dell‟agricoltura è volta alla sussistenza, la coltivazione delle alghe è decisamente rivolta all‟esportazione – è quindi una fonte importante di valuta straniera per il Governo e di denaro contante per chi ci lavora. Il settore è poi rilevante per le donne – visto che a lavorarci sono soprattutto loro.
Le regole per la commercializzazione sono stabilite dal Governo e dalle compagnie esportatrici. Ad ogni compagnia viene assegnato un determinato villaggio nel quale reclutare manodopera; spetta alla compagnia fornire il necessario per la coltivazione e poi comprare tutta la produzione ad un prezzo fissato congiuntamente da governo e compagnie. È, ancora, responsabilità della compagnia occuparsi della formazione della manodopera. Ai coltivatori viene imposto – in cambio di competenze e della garanzia di un prezzo di mercato – di non cercare altri acquirenti ma di vendere alla compagnia di riferimento.
Il settore è quindi monopolizzato da poche compagnie – che devono comunque reggere la forte competizione straniere (asiatica, in particolare).
La fetta del mercato mondiale detenuta dalla produzione zanzibarina è decisamente limitata il che significa che i prezzi a livello mondiale si stabiliscono altrove. La produttività (del lavoro) anche in questo settore è decisamente bassa, soprattutto rispetto ai livelli dei concorrenti. Nel 2007, più del 60% degli impiegati del settore ha guadagnato meno di 60$; il 25% ha guadagno meno di 6$ (durante tutto il corso dell‟anno) e solo il 6% degli addetti ha guadagnato almeno 148$.
Il prezzo pagato ai coltivatori è cresciuto ma non quanto l‟inflazione – il ché ha spinto il Governo, nel 2006, a rivedere al rialzo il prezzo minimo al quale il coltivatore deve vendere il prodotto. È inoltre decaduto l‟obbligo di vendere solo alla compagnia che si impegnava a formare i lavoratori e a fornire il necessario per la coltivazione.
L‟azione era evidentemente volta ad stimolare la concorrenza a favore dei coltivatori – ma il settore è comunque sottoposto a tensioni esterne. Le compagnie esportatrici risentono di infrastrutture inefficienti (strade e trasporti, in primis), della bassa produttività e delle quantità
502 SEN S. 1991; JIDDAWI, KHATIB 2007; OCGS 2008. 503 I dati si riferiscono al 2007 (OCGS 2008).
comunque limitate del raccolto. Inoltre la competizione globale è alta e i margini di profitto bassi.
Stando al lavoro di ricerca fatto da Lange e Jiddawi, a fronte di guadagni decisamente risibili degli impiegati (per i quali infatti la coltivazione delle alghe è un‟attività secondaria), il Governo nel 2007 ha incassato 46.129$ in tasse: le esportazioni sono infatti tassate all‟1% (o al 3% del guadagno generato). I coltivatori guadagno poco, così – apparentemente – le compagnie esportatrici; il Governo ha invece un tornaconto (praticamente a costo zero).
Produttività del lavoro e tessuto imprenditoriale
La produttività del lavoro è generalmente bassa e – dato rilevante e con implicazioni e conseguenze importanti – nettamente inferiore a quella del resto della Tanzania. Mentre nella parte continentale del Paese, il valore aggiunto per lavoratore è di duemila dollari, nell‟arcipelago tale valore si attesta intorno ai mille dollari.504
È lo stesso tessuto industriale ed imprenditoriale ad essere profondamente diverso: nell‟arcipelago le imprese sono prevalentemente di piccole e medie dimensioni.
Un censimento del settore nel 2001 registrava che il 79% delle imprese zanzibarine aveva in media meno di 20 impiegati ciascuna. I consorzi, le cooperative o comunque delle forme associative sono poco diffuse e diverse imprese operano nel settore informale: non sono registrate e formalmente non risultano.505
Una ricerca del 2004 della Banca Mondiale metteva a confronto un campione di imprese di Zanzibar, Dar es-Salaam e del resto della Tanzania506, in termini di numero di addetti, per studiarne la dimensione.
Da tale ricerca emergeva che il 54% delle imprese zanzibarine aveva tra i 10 e i 49 impiegati – contro il 49% delle imprese della Tanzania e il 37% di quelle di Dar es-Salaam.
Solo l‟11% delle imprese zanzibarine prese in esame aveva tra i 50 e i 99 addetti, la metà rispetto alle imprese di Dar es Salaam. Nessuna impresa operante nell‟arcipelago risultava avere più di 100 addetti (tabella 6).507
504 ZIFA 2009, p. 29. 505 Ivi, p. 31.
506
40 imprese per Zanzibar, 112 a Dar es-Salaam e 143 nel resto della Tanzania continentale.
507 I risultati della Investment climate surveys for Zanzibar and mainland Tanzania della Banca Mondiale del
Tabella 6 – Dimensioni delle imprese in Tanzania
ZANZIBAR DAR ES SALAAM TANZANIA (ALTRO)