DIMENSIONI NUMERO DI OPERATORI N E NT
2. AFRICA E COOPERAZIONE: VITTIMA DELLA PROPRIA RICCHEZZA?
2.3 Una malattia africana?
2.3.4 Il ruolo della cooperazione e le responsabilità dell’Occidente
Non manca chi accusa la cooperazione internazionale di essere responsabile della condizione di attuale povertà del continente africano. Senza nascondersi dietro sofisticati giri di parole, la Napoletani – tra gli altri – scrive: «gli aiuti stranieri sono la vera causa del malessere africano, e si traducono in un virus economico contagioso e letale al pari dell‟Aids»303
.
Anche in questo caso, è bene distinguere i fatti dalle opinioni, i dati dalle considerazioni personali. «Buona parte dei 500 miliardi di dollari che l‟Africa ha ricevuto dagli anni sessanta è servita a finanziare golpe militari e guerre civili, non il progresso economico delle nazioni. Solo negli anni ottanta, l‟Africa sub sahariana è teatro di almeno 92 tentati colpi di Stato che interessano 29 paesi. Tra il 1982 e il 1985, lo Zimbabwe spende in armi e munizioni 1,3 degli 1,5 miliardi di dollari ricevuti»304. È indubbio che una parte importante degli aiuti abbia
296
SEN 2005, p. 52.
297 Deve il suo nome a Lee Kuan Yew, l‟ex presidente di Singapore. 298 SEN 2005, p. 52.
299 Ivi, p. 53. 300
«Di fatto, non c‟è alcuna testimonianza convincente che il governo autoritario e la soppressione dei diritti civili e politici favoriscano davvero lo sviluppo economico» (Ibidem).
301 MOYO 2010, p. 83. 302
«La democrazia ha esigenze complesse, fra cui, naturalmente, lo svolgimento di elezioni e l‟accettazione del loro risultato, ma richiede inoltre la protezione dei diritti e delle libertà, il rispetto della legalità, nonché la garanzia di libere discussioni e di una circolazione senza censura delle notizie. […] La democrazia è un sistema che esige un impegno costante, e non un semplice meccanismo […], indipendente e isolato da tutto il resto» (SEN 2005, pp. 61-62).
303 NAPOLETANI 2008, p. 191. 304 Ivi, p. 188.
finanziato negli anni una cattiva cooperazione; che la cooperazione bilaterale sia stata spesso (e sia ancora in troppi casi) antieconomica, uno strumento di penetrazione politica, economica e culturale, e che abbia favorito il clientelismo politico305. È altrettanto noto che spesso le organizzazioni internazionali abbiano licenziato iniziative volte a promuovere un‟idea di sviluppo poco attenta alle esigenze locali, quando non controproducente per gli stessi beneficiari.
È evidente, allo stesso modo, che gli aiuti siano finiti spesso, soprattutto in Africa, nelle mani sbagliate; che abbiano finanziato regimi corrotti e sanguinari; che abbiano avuto anche degli effetti estremamente negativi.
Gli aiuti in Africa hanno spesso foraggiato e tenuto in vita regimi tutt‟altro che democratici e sono stati erogati senza troppi riguardi rispetto ai comportamenti dei governi beneficiari.
Non avere vincolato con decisione l‟erogazione degli aiuti a criteri minimi di trasparenza306 (nel senso più generale del termine) ha fatto in modo che gli aiuti incoraggiassero il malgoverno: «grazie agli aiuti, la corruzione favorisce la corruzione, e le nazioni piombano in un circolo vizioso di assistenzialismo. I paesi esteri appoggiano governi corrotti, fornendo loro denaro da usare liberamente. Questi governi corrotti interferiscono con la legalità, la creazione di istituzioni civili trasparenti e la difesa delle libertà civili, scoraggiando gli investimenti sia interni che esteri. Maggiore ambiguità e minori investimenti riducono la crescita economica, che porta a minori occasioni di lavoro e aumenta i livelli di povertà. In risposta alla miseria crescente, i donatori offrono più aiuti, che fanno proseguire la spirale verso il basso»307.
La posizione estremamente critica della Moyo – e lo sono ancor di più le conclusioni del suo ragionamento (la fine degli aiuti) – racconta di un male che caratterizza diversi Paesi africani e che non va assolutamente sottovalutato. Diversi Paesi africani sono diventati dipendenti dagli aiuti internazionali – del fenomeno si è in parte già detto in precedenza, così come si è parlato più in generale delle conseguenze negative di troppa cattiva cooperazione.
Il fenomeno della dipendenza dagli aiuti è particolarmente problematico in Africa e ha portato a degli esiti nefasti. «Il risultato della dipendenza dagli aiuti è che l‟Africa invece di essere efficiente, gestita da africani per gli africani, rimane un continente in cui le decisioni fondamentali vengono prese da estranei. Data la situazione, non stupisce che la questione africana sia stata usurpata da pop star e da politici occidentali. […] La dipendenza dagli aiuti mina ulteriormente la capacità degli africani, qualunque posto occupino, di decidere le migliori strategie economiche e politiche»308.
La cooperazione non è riuscita ad aiutare i Paesi africani ad uscire dal sottosviluppo; ancora una volta però, per ricollegarsi a quanto già esposto in precedenza, i fattori da tenere in
305 «L‟aiuto pubblico bilaterale favorisce senz‟altro il clientelismo politico dei giovani stati e diventa
antieconomico quando finanzia progetti suntuari, o non riusciti, o paesi indigenti che fanno fatica a sopravvivere» (DROZ 2007, p. 248).
306 Dei vincoli, nel tempo, sono stati posti; le politiche di condizionalità sono state diverse e talvolta anche
stringenti (un esempio su tutti, l‟adozione dei Piani di Aggiustamento Strutturale). Ciononostante, è evidente come tali vincoli siano stati spesso poco incisivi.
307 MOYO 2010, p. 91. 308 MOYO 2010, p. 114.
considerazione sono tanti. Innanzitutto è difficile valutare la cooperazione nel suo complesso. In aggiunta: lo sviluppo non è riconducibile e delegabile alla sola cooperazione. Inoltre, la cooperazione è lontana dagli obiettivi quantitativi e qualitativi che la renderebbero (stando se non altro ai suoi sostenitori) efficiente ed efficace.
Di nuovo, senza cadere nel dibattito pro o contro la cooperazione, bisogna riconoscere che gli aiuti hanno avuto effetti spesso estremamente negativi. Pensare però che i problemi africani siano tutti riconducibili agli aiuti appare eccessivo e le evidenze sono tante. Sostenendo questa tesi si ricondurrebbe la questione dello sviluppo ad una dinamica esterna, mentre lo sviluppo è legato, per esempio, anche a precise scelte di politica interna. È poi abbastanza improbabile che il solo fatto di rinunciare agli aiuti condurrebbe gli Stati africani verso lo sviluppo.
Una cattiva cooperazione ha sicuramente il suo peso nel perdurare di certe situazioni – crea più danni che benefici – ma questa dinamica è legata non tanto all‟idea di cooperazione quanto semmai alle scelte e alla condotta di diversi Paesi occidentali nei confronti dell‟Africa (anche nel settore della cooperazione ma non solo).
La cooperazione – si è già detto e il tema sarà ripreso ancora in seguito – deve cambiare e diventare un reale strumento di promozione dello sviluppo e la cattiva cooperazione dovrebbe finire, condannata dall‟evidenza dei suoi fallimenti.