5 PRO-POOR TOURISM PROJECT IN ZANZIBAR
RISULTATO 1 500 ABITANTI DEI VILLAGGI , ATTRAVERSO UNO SPECIFICO PERCORSO D
D. Il quarto e ultimo asse del progetto era indirizzato a creare relazioni partenariali stabili e
6.2.6 Un sistema debole e lo specchio di un sistema
Turismo e Qualità Ambientale offre diversi spunti di riflessione – come già accennato – rispetto a numerose questioni che vanno anche al di là del singolo progetto in sé623.
Alcune sono riconducibili alle caratteristiche più generali del donatore e del sistema della cooperazione finanziata dalla regione Sardegna. In particolare, le questioni probabilmente più controverse sono tre – esposte di seguito.
Accountability
Una delle prime critiche che si possono facilmente muovere al progetto, ma soprattutto al quadro della cooperazione regionale che lo ha finanziato, è – per dirla col gergo della cooperazione – la mancanza di accountability. Il termine – che nel settore è usato comunemente in inglese – sta ad indicare la controllabilità dei fondi dei donatori. «In particolare, viene tirato in ballo quando i critici accusano le organizzazioni umanitarie e i donatori di operazioni poco trasparenti e mancanza di risultati»624.
L‟accountability, fondamentalmente, consiste nel rendere conto del proprio operato, non solo in termini economici ma anche in termini di risultati.
A chi, i cooperanti che hanno realizzato Turismo e Qualità Ambientale, rendono conto di come hanno speso i soldi e dei risultati ottenuti dal progetto?
Fondamentalmente, alle proprie coscienze. La questione è più complessa ma i difetti del sistema sono evidenti. La Regione Sardegna non ha meccanismi di valutazione sui progetti di cooperazione che finanzia. Per anni i finanziamenti sono arrivati a pioggia, sono stati estremamente frammentati – cifre talvolta irrisorie, quasi ridicole se non fosse che si tratta di soldi pubblici e di ridicolo non dovrebbe esserci niente. Se sul fronte della frammentazione dei finanziamenti si è intervenuti, le questioni aperte restano e sono diverse.
I cooperanti, ancora oggi, rendono conto solo del fatto di aver speso i soldi: devono rendicontare le spese. Ma non si entra in merito ai risultati del progetto. Il progetto viene valutato a monte: se si decide di finanziarlo, il progetto va avanti da sé. Il ruolo del donatore praticamente si esaurisce in questa fase.
È una mancanza decisamente grave: i progetti vanno valutati per quello che hanno prodotto e producono. Senza valutazione è difficile poter capire cosa ha funzionato (ammesso e non concesso che il progetto abbia funzionato), che genere di interventi vanno promossi (e quindi finanziati), se gli enti o le organizzazioni che gestiscono i fondi li hanno spesi bene. Se la valutazione è un accessorio, la cooperazione rischia di essere un semplice trasferimento di fondi verso destinatari poco noti ai quali si chiede semplicemente di ricevere e spendere dei soldi.
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Una parte di queste riflessioni sono oggetto di questo paragrafo ma su diversi temi si torna più avanti, nel capitolo conclusivo.
A fronte di un sistema poco attento e strutturato, i cooperanti potrebbero comunque colmare questo vuoto investendo, per esempio, in trasparenza e allineando la propria condotta a delle buone pratiche, riconosciute tali a livello internazionale: anche se si ricevono fondi dalla regione Sardegna, non è necessariamente ad essa che bisogna ispirarsi. E del resto, se è vero che è al donatore che bisogna rifarsi, quando si parla di fondi pubblici – ed è questo il caso – è ai cittadini che si deve rendere conto. I soldi della Regione Sardegna sono i soldi dei sardi: comunicare direttamente con questi ultimi non significa saltare dei passaggi istituzionali; al contrario, far conoscere ai sardi come una parte dei loro soldi viene spesa in cooperazione aumenterebbe probabilmente la credibilità di chi fa cooperazione.
Evidentemente, la regione non crea stimoli in questo senso ma il cooperante può andare oltre, non essendo del resto un dipendente della regione in questione. Turismo e Qualità Ambientale ha investito in comunicazione e nella diffusione dei risultati del progetto – resta però difficile valutare l‟efficacia dell‟azione, anche in questo ambito. Lo stesso sito internet dedicato – pagato coi soldi del progetto – non è più attivo.
La sostenibilità
Un altro aspetto rilevante, tanto di un progetto in sé quanto della cooperazione nel suo complesso, è sicuramente legato alla sostenibilità degli interventi che si realizzano; ovvero: una volta concluso, in che forma il lavoro fatto continuerà ad esistere? In altri termini: da chi verrà raccolto quanto seminato e chi continuerà a seminare? Per riprendere una metafora nota: il progetto ha insegnato a pescare – ammesso e non concesso che si trattasse di insegnare qualcosa a qualcuno – o ha semplicemente regalato del pesce?
In merito a questo tema e al progetto Turismo e Qualità Ambientale, nella relazione finale si parla della sostenibilità dell‟investimento pubblico (ovvero dei soldi della Regione Sardegna) e a tal proposito si scrive che «il progetto è stato efficace e in grado di garantire la
piena sostenibilità dell’investimento pubblico, considerata la nuova progettualità sviluppata che consentirà la prosecuzione del percorso avviato». Il che equivale a dire che la
sostenibilità del progetto risiederebbe nel fatto che si siano avviati nuovi progetti – e anche questo è un passaggio delicato, non necessariamente condivisibile.
Sicuramente il fatto di aver ottenuto nuovi finanziamenti da altri donatori – decisamente e fortunatamente più esigenti – testimonia a favore delle nuove iniziative intraprese, della professionalità e della credibilità di chi le ha proposte – e questo è stato, in parte, già sottolineato. Allo stesso modo, è positivo che certe azioni abbiano continuità e che si trovino i mezzi per continuare ad implementarle – la continuità è un valore. Ciononostante, un progetto dovrebbe contenere in sé degli elementi, dei meccanismi, che permettano a certe azioni di esistere anche una volta che il progetto finisce. Questo non è sempre necessariamente possibile ma, allo stesso modo, questo pensiero deve comunque caratterizzare l‟ideazione di un intervento. Il cooperante, quando propone un progetto, deve porsi il problema di cosa rimarrà del proprio lavoro, di quale sarà il seguito e il destino di quanto la sua azione sta
creando. La questione – evidentemente – deve porsela il cooperante e deve porsela anche il donatore (anche se, in questo caso, si è già detto della debolezza del sistema regionale).
Ci sono comunque degli elementi di continuità che permettono di dire che quanto fatto e quanto imparato attraverso l‟implementazione di Turismo e Qualità Ambientale avrà un seguito. Sono già in corso di realizzazione alcuni progetti che ne riprendono i contenuti, negli stessi luoghi e con gli stessi protagonisti. Continuità e sostenibilità però, è bene ricordarlo, non sono sinonimi.
Il progettismo
Se la continuità, da un lato, ha sicuramente un valore positivo – perché si continua a lavorare su temi importanti che rispondono a dei bisogni reali – dall‟altro apre a un rischio, praticamente uno stereotipo della cooperazione: la moltiplicazione di interventi simili che si susseguono uno dopo l‟altro in una sequenza apparentemente infinita; il cosiddetto “progettismo”625
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Uno dei nuovi progetti nati grazie all‟esperienza di Turismo e Qualità Ambientale e già in corso di realizzazione è il Tour Med Eau, finanziato dall‟Unione Europea, che intende sviluppare un sistema per la gestione sostenibile delle acque nelle aree turistiche del Mediterraneo – a Djerba, nello specifico. Si riparte, di nuovo, dall‟esperienza in materia del Comune di Villasimius. «Un‟esperienza che vogliamo esportare»626
ha spiegato Remo Ghiani, tecnico del comune sardo. C‟è da chiedersi però per quanto tempo e quante volte ancora sarà ritenuto necessario esportare questa esperienza: quando il racconto di un‟esperienza e il trasferimento di competenze potranno dirsi avvenute?
Che l‟esperienza di Villasimius sia importante e degna di nota ma che soprattutto possa servire da esempio, non lo si mette in dubbio; scegliere come veicolo di diffusione di tale esperienza la cooperazione ha però dei costi che ricadono su tutti: i fondi messi a disposizione dalla Regione Sardegna o dalla Comunità Europea – repetita iuvant – sono soldi pubblici.
Prevedere degli elementi di sostenibilità e fare in modo che il lavoro di un progetto sia in grado, a progetto finito, di continuare ed esistere autonomamente – a prescindere dalla cooperazione – significa anche fare in modo che la cooperazione abbia fine e lasci finalmente spazio allo “sviluppo”, ad una condizione che si regge in equilibrio da sola.
Oltre a queste tre questioni, più legate al sistema della cooperazione sarda – ma comunque anche alle scelte dei cooperanti – su Turismo e Qualità Ambientale possono farsi altre considerazioni relative invece ad aspetti interni al progetto stesso. Di seguito, se ne
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Carrino lo definisce in questo modo: «Tendenza a richiedere o a finanziare progetti autonomi, separati e settoriali, che si svolgono ciascuno per conto proprio. Il progettismo provoca la frammentazione e la dispersione delle risorse della cooperazione e l‟impossibilità di far convergere gli apporti dei diversi attori in funzione degli obiettivi strutturali dello sviluppo umano» (CARRINO, p. 274).
626 Villasimius. Seminari in Tunisia e Marocco. Acqua, il Comune fa scuola in Nord Africa, L‟Unione Sarda, 25
propongono due ma sul progetto si ritornerà anche nel capitolo conclusivo – allargando il discorso.
Missioni ed emissioni
Un aspetto interessante è sicuramente quello delle missioni. A viaggi e missioni non si può destinare una cifra superiore al 10% del budget totale – dei limiti o comunque delle indicazioni di massima alle voci di spesa sono comuni tra i principali donatori.
Effettivamente, il 10% del budget di Turismo e Qualità Ambientale – per un totale di 13.910 euro – era destinato alle missioni: erano previste 13 trasferte, dalla Sardegna in Tunisia, della durata media di 3 giorni.
Per un progetto della durata poco più di anno, 13 missioni possono apparire eccesive. Il numero è sicuramente elevato e per quanto si possa giustificare con diverse motivazioni, la scelta non sembra delle più felici. Innanzitutto, pare elevato il costo medio del viaggio – a quel prezzo si riesce anche a volare ben oltre la Tunisia. Allo stesso modo appare decisamente elevato il costo giornaliero di vitto e alloggio a Djerba; ma il punto più discutibile sta nella durata media della trasferta: 3 giorni.
Allungando la durata media del soggiorno da 3 a 6 giorni e riducendo il numero di missioni da 13 a 6, si sarebbero ridotti i costi del 40%.
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