• Non ci sono risultati.

DIMENSIONI NUMERO DI OPERATORI N E NT

2. AFRICA E COOPERAZIONE: VITTIMA DELLA PROPRIA RICCHEZZA?

2.3 Una malattia africana?

2.3.1 Le ragioni del divario

Sono diverse le teorie e le analisi, così come le congetture, che sono state proposte per spiegare – più in generale – il divario tra Paesi ricchi e Paesi poveri (o più e meno avanzati e sviluppati). Alcune di queste spiegazioni si sono particolarmente distinte e – scrive Bottazzi – «hanno influenzato le idee dominanti ed oggi permangono spesso diffuse come – talvolta perniciosi – “luoghi comuni”»262, soprattutto in Occidente. Del resto, come nota Sachs, «quando una società è economicamente dominante, è facile che i suoi membri si convincano che questa posizione di dominio sia il riflesso di una superiorità più profonda – di natura religiosa, razziale, genetica, culturale o istituzionale – anziché un caso fortuito dovuto a coincidenze di fattori o a una geografia favorevole»263.

Largo seguito hanno avuto, nel tempo, le spiegazioni deterministiche legate ai fattori ambientali, dal clima alle caratteristiche geografiche, alla presenza maggiore o minore di risorse naturali.

Non è mancato poi chi ha cercato di spiegare il divario tra ricchi e poveri in termini di razza; tesi superata, se non dal buon senso o dalle lezioni della storia, dalla stessa scienza: «se di “razza” si vuole parlare, essa non è basata su differenze genetiche, ma, eventualmente, culturali»264.

Nel dibattito, ha trovato spazio anche il determinismo religioso, l‟idea che una certa religione sia più adatta a favorire lo sviluppo; tesi anche questa, decisamente discutibile265. La conclusione di Bottazzi in merito è probabilmente estendibile anche ad altri generi di determinismi: «che ci possa essere un legame tra sviluppo e religione, come più in generale tra religione e strutture sociali, è ipotesi da non scartare a priori, da studiare caso per caso. Ma le scorciatoie deterministiche rischiano di condurre a conclusioni del tutto fuorvianti»266.

Anche nello specifico del sottosviluppo africano sono state formulate diverse teorie, volte a spiegare le ragioni di tale condizione, che si richiamano a motivazioni diverse: geografiche, storiche, culturali, tribali e istituzionali. Quanto detto in precedenza vale, evidentemente, anche per le teorie rivolte all‟Africa. Come nota Moyo, «anche se prese singolarmente queste

262 BOTTAZZI 2007, p. 25. 263 SACHS 2005, p. 42.

264 (BOTTAZZI 2007, p. 45). Spiegare il diverso “successo” di un popolo rispetto ad un altro sulla basa di

elementi come il colore della pelle è decisamente fuorviante e, fondamentalmente, sbagliato: «[Le] “razze” sono difficili da definire, […] altrettanto difficile è classificare le diverse “razze” e […] ciò dipende dal fatto fondamentale che le distanze in termini di patrimonio genetico tra le diverse “razze” sono poco importanti e riguardano prevalentemente caratteri esterni (pigmentazione, forma del viso, tipo di capelli, ecc.) conseguenza di un processo di adattamento all‟ambiente» (Ivi, p. 47).

265 «Se è fuor di dubbio che la religione abbia forti legami con i valori dominanti in una società e quindi anche

con l‟etica e con i comportamenti economici, non appare affatto convincente una correlazione che, seppure possa apparire suggestiva a prima vista, diventa rozza e superficiale se sottoposta ad una discussione e ad un vaglio critico più attenti» (Ivi, p. 53).

cause spiegano in modo convincente lo scarso successo del continente, nel loro insieme non raccontano tutta la storia»267. Moyo suggerisce che in realtà a spiegare l‟incapacità dell‟Africa a dar vita a una significativa o duratura crescita di lungo periodo concorra non un elemento unico, una singola causa, quanto piuttosto la combinazione di vari fattori. Se da un lato, scrive la Moyo, «sarebbe ingenuo scartare del tutto l‟ipotesi che anche solo uno di questi elementi [geografici, storici, culturali, tribali e istituzionali] non sia corresponsabile della scarsa crescita finora sperimentata dall‟Africa»268, dall‟altro «è anche giusto però dire che nessun fattore dovrebbe condannarla in eterno a non crescere»269.

In altre parole, tenendosi lontani da derive deterministiche, è verosimile che la condizione in cui verte la maggioranza degli Stati africani sia riconducibile anche – per esempio – ad elementi geografici o istituzionali. Ciò che non va fatto è però pensare che tali elementi – che comunque non sono gli stessi per tutti i Paesi – presi singolarmente spieghino interamente la condizione di sottosviluppo (o la povertà di gran parte della popolazione) e debbano condannarli, come dice Moyo, in eterno a non crescere.

Del resto, in questa distanza tra Paesi ricchi e Paesi poveri non c‟è nulla di eterno, essendo essa stessa riconducibile a tempi recenti: «alla luce della paziente ricostruzione di una documentazione statistica comparata, si può affermare con sufficiente certezza che, fino alla metà del XIX secolo, lo scarto tra i diversi paesi nei livelli di sviluppo economico e tecnico fosse poco rilevante»270. Fino a non troppo tempo fa, dunque, non esisteva una grande differenza tra popoli in termini di condizioni di vita271: «fino all‟alba della Rivoluzione industriale l‟umanità aveva conosciuto solo l‟incessante lotta contro la fame, le malattie pandemiche e l‟estrema povertà, provocati da un ciclo infinito di guerra e dispotismo»272

. È stata l‟Inghilterra la prima a conoscere, con la Rivoluzione Industriale, la crescita economica moderna, grazie alla compresenza di una serie di fattori favorevoli: nuove tecnologie industriali, fonti di energia fossili, forze di mercato, scelte politiche, condizioni geografiche. Anche lo sviluppo, del resto, non è un processo riconducibile ad un singolo fattore.

La crescita si è poi diffusa in altre regioni; evidentemente non ovunque. Il divario tra Paesi ricchi e Paesi poveri è quindi anche una questione di tempistiche: «I paesi più ricchi hanno potuto godere di duecento anni di crescita economica moderna, i più poveri si sono incamminati lungo questo percorso con decenni di ritardo, e spesso gravati da ostacoli difficili da rimuovere»273.

Nel caso africano, gli ostacoli sono stati particolarmente numerosi. Lo sfruttamento coloniale, limiti geografici, scelte politiche sbagliate – le cause del sottosviluppo sono

267 MOYO 2010, p. 64. 268 Ivi, p. 71. 269 Ibidem. 270 BOTTAZZI 2009, p. 14. 271 BRAUDEL 2006. 272 SACHS 2005, p. 366. 273 Ivi, p. 53.

diverse; il che rafforza quanto già detto in precedenza: «non esiste un‟unica spiegazione alla persistente povertà di alcuni paesi del mondo né c‟è un unico rimedio»274

.

Documenti correlati